Cenni storici sulla chiesa di San Giacomo
Gli arredi della “nuova chiesa” di San Giacomo
Il restauro dei dipinti su tela
Pianta della chiesa con la collocazione delle opere
I dipinti restaurati
incolpando quello di troppa velocità, non s’accorgendo quello essere di
bastevole transito; ma la bona memoria, di che la natura ci ha dotati, ci
fa che ogni cosa lungamente passata ci pare essere presente”
Leonardo da Vinci
Ricordavo altresì che la Chiesa era, allora, chiusa al culto a causa della caduta di parte del soffitto provocata dalle infiltrazioni di pioggia, conseguenti alle precarie condizioni del tetto.
Facevo anche cenno alla necessità sopravvenuta del restauro del crocifisso ligneo, risalente al 1600, che era stato trafugato e fortunosamente ritrovato, ma con gravi danni ai quali si era posto rimedio con l’avvenuto restauro.
Non posso non ricordare, anche, che nell’autunno dell’anno 1990, a nome dei soci del Centro, comunicavo che avremo dato avvio alla costituzione di un “Comitato per il restauro della Chiesa Vecchia” che risultava sempre inagibile.
L’impegno dei Soci e dei componenti il Comitato è stato documentato, nel febbraio 2007, con la pubblicazione relativa al predetto restauro nella quale abbiamo riferito gli interventi realizzati, ed i costi riguardanti la redazione del progetto generale di restauro, i lavori eseguiti negli anni 1991-1997 relativi al I stralcio, con impegni di spesa ammontati a lire 520.022.333.
Il II stralcio di lavori, eseguiti negli anni 1999-2001, hanno comportato una ulteriore spesa di lire 288.460.194.
Infine, negli anni 2002-2003, è stato definitivamente completato il restauro con una spesa di euro 168.589,10.
Il tutto sempre comprensivo di I.V.A.
La Regione Veneto aveva erogato, su nostro interessamento, un contributo pari al 69,11% delle spese previste riguardanti parte del progetto generale di restauro; le offerte dei Cittadini di Battaglia avevano coperto le consistenti spese residue. Ai pagamenti degli importi relativi agli stati di avanzamento dei lavori, man mano che venivano liquidati dal Direttore dei lavori, veniva provveduto utilizzando una apertura di credito concessa alla Parrocchia dalla Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo su fidejussione personale rilasciata dal Parroco don Antonio e da alcuni componenti del Consiglio Direttivo del “Centro”.
Nel frattempo non era venuto meno il nostro impegno per il restauro delle “grandi tele”, conclusosi nella primavera del 2018 con il restauro della tela “Sant’Antonio da Padova in gloria con angeli”.
Siamo orgogliosi di presentare, ora, la documentazione sul risultato del nostro impegno per il restauro delle sei tele di seguito riprodotte.
Desidero qui richiamare quanto scritto nella presentazione della pubblicazione relativa al restauro delle “lunette”, nel 2003, sulla esigenza culturale e l’obbligo morale e civico che ci hanno spinto ad adoperarci per la salvaguardia di testimonianze – mantenendone con la bona memoria, il ricordo – di un comune patrimonio di fede e di cultura; testimonianze, come quelle qui presentate, di quella che potremmo definire parte della civilitas della nostra Comunità, che abbiamo voluto salvaguardare per trasmetterle alle generazioni che verranno dopo di noi.
Un ringraziamento ed un vivo apprezzamento rivolgo a Valentina e Valter Piovan, autori del restauro di tutte le tele e delle “lunette”, con i quali, credo di poter affermare, è maturata nel corso di questi molti anni un rapporto di cordiale amicizia.
Ed infine, come sempre da ultimo ma non per ultimo, un caloroso, sincero e cordiale ringraziamento, anche a nome di tutti i soci del “Centro per la Ricerca e documentazione sulla Storia Locale”, a quanti ci hanno sostenuto, e concretamente aiutato in tutti questi anni; i loro nomi sono elencati sulla Tabula gratulatoria che conclude la pubblicazione; senza il loro sostegno ed il concreto aiuto non avremmo potuto portare a termine l’impegno assunto.
CENNI STORICI SULLA CHIESA DI SAN GIACOMO
Nel 1569 il curato Marco Bonato da Lusiana riferisce di lavori iniziati “per grandar essa chiesa” davanti, verso la strada; si cita una bellissima Madonna (“statua lignea”) e un piccolo campanile con due bronzi.
Nel 1572 nella relazione del curato curato Giuseppe Ongaro, la chiesa è solida nelle strutture, ha la porta d’ingresso rivolta a ovest, tre altari, la Fraglia del Corpo di Cristo e della B. Vergine, la cui statua possiede una buona dotazione di vesti; campanile con due piccole campane: la sacrestia e la canonica sono rivolte a mezzogiorno. Il fonte battesimale è provvisoriamente collocato sotto l’altare della Madonna.
Nel 1587 è “cappella della Pieve di Monselice”; il curato Lodovico Massinoni ne lamenta le dimensioni insufficienti, cita la Fraglia più importante della SS.ma Trinità con oratorio contiguo all’abside e con essa comunicante; il Battistero è ora in fondo alla navata, sul lato sinistro, il campanile a destra, il cimitero oltre l’altare maggiore, a sud. Il SS.mo è conservato in un tabernacolo marmoreo e si comanda che venga approntata una “palla decenti” all’altare maggiore e si sostituisca con una “palla decens cum sacra imagine B. Maria” la statua lignea posta nella nicchia dell’altare dedicato alla Vergine.
Nel 1605 il cronista Andrea Cittadella descrive una chiesa lunga 29,5×8,2 con 5 altari, pavimento in cotto a spina di pesce, un soffitto dipinto a fresco come il catino absidale, doppio coro, organo, piccolo campanile e un orologio con due quadranti. Il rettore è l’emiliano Lodovico da Bussan.
Nel 1618 la chiesa conta 5 altari; si ordina di rifare il pavimento e le finestre con vetrate.
Nel 1667 per iniziativa del Massaro della Fraglia del SS.mo Andrea Ferrato e con le offerte del duca di Baviera ospite al Catajo, viene eretto il nuovo presbiterio coperto dalla cupola su base ottagonale con finestre. Così appare nel disegno del perito Iseppo Cuman, 1686 (vedi).
Nel 1675 con i legati Borgo e Stopazzolo i Massari Domenico Leonati e Francesco Borghi ottengono dal vescovo di far costruire un nuovo altare maggiore dedicato al SS.mo con tabernacolo lapideo e quattro altari laterali; i lavori terminano nel 1678 (si veda la targa ora in sacrestia).
Nel 1683 il rettore Andrea Schiavetti, nella sua relazione al vescovo Barbarigo, lamenta le dimensioni insufficienti della chiesa; l’altare maggiore è citato come “totum lapideum”.
Nel 1684 nell’oratorio della SS.ma Trinità viene collocata la pala di Antonio Garzatori su commissione del guardiano Pasquale Marcolini.
Nel 1689 il vescovo Barbarigo ordina di alzare il soffitto e di rifare il pavimento; il campanile viene descritto per la sua “elegantis forma”.
Nel 1701 i Massari Stefano Marcolini e Stefano Schiavetti incontrano il vescovo Cornaro per illustrare la gravità della situazione: la chiesa è cadente e piccola e si chiede di usufruire dei lasciti Borgo e Stopazzolo per i lavori di restauro.
Nel 1703 inizia la radicale trasformazione della chiesa con il parroco veneziano Antonio Gentili: si alzano le pareti della navata, si amplia l’edificio verso sud incorporando la vecchia sacrestia e la canonica e si progetta la nuova facciata; gli altari di fine ‘600 vengono sistemati alle pareti nella nuova spaziosa navata, cambiando la titolarità dei santi.
Tra il 1711 e il 1718 si provvede a completare l’arredo con 5 tele alle pareti, arricchite da 6 lunette poste al di sotto del cornicione lapideo su commissione di don Stefano Marcolini e don Francesco Rusca; nel 1717 il nuovo organo (vedi) viene collocato in controfacciata.
Nel 1734 i governatori Schiavetti, Marcolini e Borgo ottengono il permesso dal vescovo di rifare il pavimento della chiesa utilizzando il legato Stopazzolo.
Nel 1747 la chiesa è descritta come ‘“satis amplam… et splendida ornatam”, l’altare maggiore viene dedicato a San Giacomo ed è “totum marmoreum et magnificum”; i governatori della chiesa Giovanni Fabris, Giuseppe Marcolin e Giulio Sartori riepilogano al cardinale l’uso dei legati Borghi e Stopazzolo.
Nel 1748 la nuova chiesa viene consacrata dal cardinale Rezzonico (si veda l’iscrizione posta nel presbiterio).
Nel 1870-72 viene rifatto il pavimento della tribuna e la predella dell’altare maggiore da Francesco Cavallini di Pove; si restaurano la tastiera dell’organo e le due porte del Coro di accesso all’oratorio della SS.ma Trinità.
Nel 1897 la balaustra lignea dell’altare maggiore viene sostituita dall’attuale in marmo.
Nel 1923-26 si registrano molti interventi (vedi): il pavimento in broccatello rosso di Verona; la decorazione a foglia d’oro della cantoria; il nuovo mobilio in sacrestia e nuove panche; la nicchia per la statua del Sacro Cuore; l’apertura di porte laterali nella bussola d’ingresso; viene sostituita la campana maggiore. Infine, Attilio Bordin, pittore estense, decora la cupola e i pennacchi con le figure degli Evangelisti e di Angeli.
Nel 1928 si ripara il tetto dell’Oratorio della SS.ma Trinità e si aprono due porte in comunicazione con il cortile e con la via Androna.
Nel 1936 si ripulisce la facciata e si ripara il tetto danneggiato da una scossa di terremoto.
Nel 1945-46 si ripristinano il tetto danneggiato durante gli eventi bellici, parte del soffitto della navata e tutte le vetrate.
1991-1997 risanamento totale della copertura e del soffitto della chiesa e del fabbricato già “Teatro”; nuovo impianto di illuminazione; nuovi telai alle finestre; impianto antifulmine; nuovi pluviali.
1999-2001 rifacimento della facciata della chiesa e del campanile.
2002-2003 rifacimento dell’intonaco esterno (lato nord e sud) della chiesa e facciata della canonica.
GLI ARREDI DELLA “NUOVA CHIESA” DI SAN GIACOMO
In controfacciata viene collocato l’organo, a una sola campata con il frontone curvilineo spezzato della cassa e le canne a cuspide secondo il nuovo indirizzo del momento (1717); la decorazione è di gusto ancora seicentesco. Le pareti della navata vengono suddivise in 5 campate da lesene con capitelli corinzi terminanti in una cornice dentellata su cui si impostano le nuove finestrature a lunetta; una soluzione che contribuisce fortemente a creare l’impressione di uno spazio unitario, sino alla zona del presbiterio. La prima e la terza campata della parete, delimitate da un arco su paraste lisce leggermente aggettanti, sono arredate con un dipinto di formato rettangolare, sormontato da una lunetta; la seconda e la quarta ospitano gli altari a muro risalenti al 1662, di linea classica e in marmi vari. I teleri, eseguiti nell’ultimo quarto del ‘600, vengono dotati di cornici identiche a quelle delle lunette commissionate tra il 1711 e il 1718 a sancire il completamento dell’arredo della chiesa, ora descritta come “satis amplam… et splendide ornatam”.
Il rifacimento dell’edificio era iniziato nel 1667, nella zona absidale: si riprogetta la nuova tribuna e il coronamento della cupola (1678) come l’allestimento dell’altare maggiore con il ricco tabernacolo a forma di tempio ottagonale, ora addossato alla parete di fondo che ospita anche i due ingressi al retrostante oratorio del SS.mo Sacramento, ornati dalle statue di San Pietro e San Paolo. Nel segno poi di un allineamento al nuovo gusto pittorico, si decide di allogare ai lati del presbiterio, sopra i sedili, alcuni dipinti che arredavano la chiesa ‘vecchia’: tra questi, una Natività della Vergine attribuita a modi di Dario Varotari, di fine ‘900 e il telero con l’Adorazione dei Magi, firmato e datato 1634 da Carlo Ridolfi.
Nel primo quarto del ‘700 vengono installati ai lati della tribuna i banchi del coro, due pannelli all’incrocio con i muri della navata, il pergamo, i due confessionali al centro delle pareti e la copertura del fonte battesimale; la scelta dello stesso disegno e fattura per questi arredi in legno di noce, indicano la volontà di sottolineare un senso di unitarietà spaziale per tutta la chiesa, a “cucire” visivamente interventi eseguiti in epoche diverse. Per determinare l’ambito della bottega di marangoni attivi in San Giacomo, è utile osservare che l’elemento principale, il pulpito, ha un disegno che deriva, pur semplificato, dalla struttura di quello nel Duomo di Padova: progettato nel 1692-99 da Filippo Parodi viene adottato subito come modello in altre chiese della Serenissima. Il patrocinio dell’importante commissione padovana era del canonico Benedetto Selvatico: famiglia gentilizia tra le più prestigiose di Battaglia e quindi da considerare come probabile tramite per la scelta delle maestranze nella nuova parrocchiale.
La “nuova” chiesa di San Giacomo verrà solennemente consacrata nel 1748 dal cardinal Rezzonico, come ricorda l’iscrizione sul pilastro sinistro del coro.
IL RESTAURO DEI DIPINTI SU TELA NELLA CHIESA
DI SAN GIACOMO APOSTOLO A BATTAGLIA TERME
Assistenza allo stacco delle tele dalla parete; rimozione del deposito incoerente dal retro delle tele, con pennellesse morbide e aspirapolvere; trattamento contro insetti xilofagi con biocida liquido a base di Permetrina dei telai lignei; costruzione di nuovi telai in abete stagionato ad espansione manuale con biette e traverse di sostegno; schiodatura della tela dal telaio; pulitura meccanica con bisturi della tela originale per rimuovere sostanze estranee che possono provocare alterazioni durante la foderatura con gel rigido e soluzione acquose a ph adeguato; sistemazione delle lacerazioni e dei fori con cucitura dei lembi con adesivo Purbinder: disinfezione della tela per la prevenzione degli attacchi di organismi biodeteriogeni; velinatura di protezione della superficie; foderatura: applicazione di due tessuti di lino con colla di pasta alla tela originale; stiratura della superficie per adesione degli strati del supporto; tensionamento su un telaio provvisorio; svelinatura della superficie mediante rigonfiamento della colla animale utilizzata; tensionamento della tela sul telaio definitivo con sellerine in acciaio inossidabile.
Prima fase di asportazione del deposito incoerente sedimentato (particolato, polvere) al di sopra delle vernici, mediante spolveratura con pennellesse morbide, panni adeguati e con eventuale aspirazione; controllo dell’adesione degli strati durante la rimozione dei depositi incoerenti: eventuale fissaggio localizzato del colore con colla animale diluita; asportazione della sporcizia superficiale con soluzione acquosa calibrata su pH affine alla superficie pittorica (soluzione tampone/buffer stabilizzata) allo scopo di minimizzare l’interazione del mezzo acquoso; esecuzione di test di solubilità, ovvero provini di pulitura con miscele di solventi organici neutri dotate di crescente valore di polarità allo scopo di individuare il solvente (o miscela di solventi) più efficace nel solubilizzare lo strato di vernice da asportare a minor valore di polarità; rimozione della vernice di restauro con miscela solvente (metiletilchetone e white spirits denaturato) con utilizzo di impacchi con kleneex. Stuccatura: stuccatura con gesso e colla animale per colmare le lacune della preparazione; stesura di tempere per imitare la rugosità della tela. Integrazione pittorica con stile mimetico ma riconoscibile, condotto a puntinatura, effettuata con colori ad acquarello e per le finiture con colori a vernice non alterabili e reversibili (Gamblin). Verniciatura intermedia localizzata, a seguito della pulitura, mediante vernice urea-aldeide Laropal A81 e, a seguito dell’integrazione pittorica, verniciatura finale a nebulizzazione o a pennello con vernice alifatica Regalez 1094 addizionata Tinuvin 292 (stabilizzatore della resina rispetto ad azione radiazione luminosa UV), vernici a basso peso molecolare che rispondono ai criteri di stabilità nel tempo e reversibilità.
Realizzazione: Carmelo Donà.
I DIPINTI RESTAURATI
I numeri tra parentesi indicano la collocazione delle tele e delle lunette, in riferimento alla pianta della chiesa.
Il linguaggio stilistico sembra far riferimento a un pittore padovano intorno al 1670-80 che traduce faticosamente l’invenzione compositiva di Liberi.
Essendo però una tela di taglio orizzontale Zanella, con gusto teatrale, aggiunge nella parte superiore il bel gruppo di due angeli dolenti con cero e putti, ai lati di una nuvola irradiante luce sulla scena principale. Viene subito riconosciuta come opera di Zanella dagli intenditori d’arte Pietro Brandolese (1795) e G.A. Moschini (1809) che la descrive collocata “nel corpo della chiesa a destra, sopra un confessionale”.
L’iconografia commissionata al pittore, di ambito riconducibile a una cultura figurativa attardata tra Tintoretto e Palma, risponde ai dettami della Chiesa post-tridentina ed è molto rara nel territorio veneto. Si registra una prima adesione ali dettami conciliari subito dopo il 1580 quando, per la chiesa veneziana di San Giacomo dell’Orio, Palma il Giovane dipinse l’Eucarestia (“questo è il mio corpo”) come sacrificio della Messa e come sacramento: l’Eucarestia sulla mensa viene adorata dai 4 Evangelisti.
Qui l’artista, seguendo una composizione a più piani prospettici sovrapposti, pone in basso i santi patroni di San Giacomo sullo sfondo di un’ampia apertura paesaggistica, e su due assi divergenti; la zona superiore del dipinto è interamente occupata da una corona di nubi su cui risaltano i Padri della Chiesa e santi a semicerchio per lasciare la sommità del cielo alla gloria di angeli e all’esposizione dell’Eucarestia: immersi nella luce divina, tre putti sorreggono un ostensorio con la teca di forma ovale e copertura a cupolino. Nella seconda parte del ‘900, la devozione eucaristica delle Quarant’ore privilegia proprio la forma dell’ostensorio solare su quella a tempietto, per suggerire un’esperienza di luce divina che s’irradia sui fedeli.
L’umanità diretta evocata dagli sguardi e dai gesti dolenti e la gamma cromatica accesa dei panni (azzurro, rosa, giallo, rosso con tocchi di bianco) attirano l’attenzione sul letto posto in diagonale nell’oscurità della stanza su cui si staglia una finestra aperta sul cielo e la toccante natura morta in primo piano, la sedia con il vaso di fiori bianchi e un limone aperto a metà.
Il semplice impianto compositivo è riscattato dalla cura nella resa delle teste e delle fisionomie; insieme all’intonazione calda del colore e alla trattazione dei panneggi questi elementi sembrano ricondurre il dipinto a un pittore di cultura padovana.
La scena è orchestrata come un quadro teatrale: le figure campeggiano in primo piano e lo spazio è definito sommariamente dalle due quinte di muro in mattoni e dal tetto della capanna in paglia, qui con la pendenza tipica dei casoni veneti. Particolare attenzione suscita il pastore a sinistra che regge la pecora legata per le zampe come le vittime sacrificali: la foggia della giubba con la cintura, la borsa a tracolla e il bastone ricordano l’abbigliamento del pellegrino. Anche Giuseppe è raffigurato con il bastone che allude all’imminente fuga in Egitto. Nell’alone luminoso due angeli reggono il cartiglio con la scritta del “Gloria in excelsis Deo”.
La tela era stata tagliata lungo il telaio, avvoltolata e rubata. È stata trovata dai Carabinieri presso un ricettatore e restaurata a cura del C.R.D.S.L. Battaglia Terme.
Centro per la Ricerca e la Documentazione sulla Storia Locale – Battaglia Terme, Battaglia Terme. Chiesa di S. Giacomo Apostolo. Il restauro delle “grandi tele”, Battaglia Terme, Editrice C.R.D.S.L., 2020 ‐ 24 pagine.
Restauro: Laboratorio di Valter e Valentina Piovan ‐ Albignasego (Padova)
Foto: Fotostudio 23 ‐ Battaglia Terme ‐ PD
* * *
Centro per la Ricerca e la Documentazione sulla Storia Locale
Battaglia Terme
Consiglio Direttivo
Antonio Romano ‐ Presidente
Dino Grossi ‐ Vice Presidente
Giuseppe Bonafè ‐ Segretario / Tesoriere
Maria Elisabetta Assereto ‐ Consigliere
Lucia Boaretto ‐ Consigliere
Bruno Savin ‐ Consigliere