Ricordi di guerra dei soldati battagliensi (6)

Sesta e ultima parte delle interviste effettuate da Bruno Savin ai soldati battagliensi che hanno combattuto durante la seconda guerra mondiale. Le interviste qui pubblicate riguardano i soldati nati negli anni 1923, 1924 e 1925. Insieme a ogni intervista, la scheda relativa al servizio militare prestato da ciascun soldato.

prima parteseconda parteterza parte Quarta parte Quinta parte.

Bozza Sergio
Fattore Remo
Maran Bruno
Sbettega Italo
Zilio Antonio

Sigle e abbreviazioni
All. Allievo; Art. Artigliere o Artiglieria; Btg Battaglione; Btr Batteria; Cl. Classe; C.L.N. Comitato di Liberazione Nazionale; Comp. Compagnia; C.A.R. Centro Addestramento Reclute; Conval. Convalescenza; Div. Divisione; D.M. Deposito Misto; FF.AA. Forze Armate; Ftr Fanteria; O.M. Ospedale Militare; Rgt Reggimento; RSI Repubblica Sociale Italiana; Uff. Ufficiale.

BOZZA SERGIO

Intervista al Sergente Maggiore del Genio BOZZA SERGIO, classe 1924 –
2 aprile 2003

Quando fu chiamato alle armi lavorava?

Sì, cominciai a lavorare già a 14 anni. Facevo l’elettricista alle dipendenze del Sig. Silvio Bevilacqua che aveva un negozio e un laboratorio a Monselice. Quando partii per il servizio militare avevo già acquisito una buona preparazione come radiomontatore.

Poco dopo il suo arrivo al Reggimento Genio di Belluno ci fu l’armistizio dell’8 settembre. Quali furono le sue vicende in quei giorni?

Ricordo che il Colonnello Comandante fece distribuire a tutti le armi; poi ci tenne chiusi in caserma fino alla domenica successiva 13 settembre. In quella domenica ci fu permesso, se lo volevamo, di andare in libera uscita. Almeno così avevo capito. Di Tedeschi ancora non ne avevo visto. Poi capii che ognuno doveva arrangiarsi come poteva per non farsi deportare in Germania. Io avevo ancora gli abiti civili con i quali ero arrivato al reggimento. Li indossai, presi il treno con un biglietto di I classe per essere sicuro di salire e arrivai alla stazione di Battaglia Terme verso mezzanotte. Dopo pochi giorni tornai al mio posto di lavoro di elettricista.

Tutto si concluse bene, allora?

Non proprio. Anzi: dovevo sempre stare attento a non dare nell’occhio. Quando poi la Repubblica di Salò chiamò a presentarsi di nuovo ai Distretti, dovetti nascondermi in rifugi improvvisati perché c’erano sempre controlli e rastrellamenti per catturare i renitenti. Tante volte se non trovavano l’interessato, rinchiudevano in prigione il padre.
Proprio la vigilia di Natale del 1943 fui pescato e rinchiuso nelle carceri mandamentali di Monselice. Ci stetti per più di un mese e poi mi portarono alla caserma del 20° Rgt Artiglieria di Padova per poi essere mandato in Germania dove già erano stati portati prigionieri quelli della mia classe che non erano riusciti a scappare dalle caserme.

Come andò a finire?

Riuscii a scappare dalla caserma e tornare in famiglia. Per fortuna in quei giorni c’era a casa mia un parente: Gaetano Bozza della classe del 1899, che aveva l’incarico di Vice Direttore del Consorzio Agrario di Bolzano. Col suo aiuto ebbi un documento che mi qualificava come dipendente del campo di concentramento di Bolzano e che mi autorizzava a compiere viaggi per conto del Consorzio Agrario. Questo parente mi portò con lui a Bolzano. Mi fece prendere la patente e cominciai anche a guidare i mezzi per trasportare derrate alimentari. Mi mandarono anche per qualche tempo in Austria nel Voralberg come elettricista radiotecnico.
Ma la cosa non poté durare a lungo perché qualcuno si era accorto che i miei documenti non erano validi. Così, prima di essere arrestato, lasciai Bolzano e ritornai in famiglia verso la fine di settembre del 1944. Ai primi di ottobre presi contatto con degli amici che operavano con i partigiani locali e così mi unii a loro per potermi meglio nascondere e dare una mano in caso di bisogno.

Come si concluse la sua vicenda militare?

Io credevo che finita la guerra fosse finito anche il periodo della divisa. Invece, forse per la specializzazione di radiomontatore che avevo, fui richiamato in servizio nel 1946 e mi feci un altro anno di naia prima a Modena e poi a Roma ed infine in Sicilia. Svolsi sempre l’incarico di addetto ai collegamenti radio e, anche se non ne avevo il grado, espletai i compiti di un sergente maggiore, specialmente quando dovetti mantenere i collegamenti radio fra la Sicilia e Roma.

BOZZA SERGIO di Giuseppe e di Curto Elvira nato il 21-7-1924 a Pernumia, ivi residente e poi a Battaglia Terme – Matricola n. 51393 – Lavoro: elettricista – Scuola: cl. 5^ elementare – Altezza cm. 169 Torace cm. 85 – Capelli biondi ondulati – Occhi castani.
Visita di leva il 27-1-1943.
Il 18-8-1943 è chiamato alle armi e giunge al 14° Rgt Genio 12^ Comp. a Belluno, in zona di guerra. Dall’8 al 13 settembre 1943 rimane chiuso in caserma, dove a tutti sono consegnate le armi. Alla domenica riesce a prendere un treno e, viaggiando in abiti civili e in prima classe, riesce a raggiungere Battaglia e a rientrare in famiglia. Il 24-12-1943, durante un rastrellamento dei nazi-fascisti, viene catturato e portato alle carceri mandamentali di Monselice. Vi resta per 40 giorni e poi viene destinato al lavoro in Germania. Il 26-2-1944 riesce a fuggire e a ritornare in famiglia dove si incontra con un parente (Bozza Gaetano cl. 1899) che svolge l’incarico di vice direttore del Consorzio Agrario di Bolzano. Il 7 marzo riesce ad ottenere un documento che attesta la sua dipendenza dal Consorzio Agrario di Bolzano che, fra l’altro, rifornisce il lager di quella città. Parte per Bolzano e svolge numerosi incarichi, compresi viaggi di lavoro in Austria (Felkir) dove passa qualche mese. Il 10 ottobre, non sentendosi più sicuro a Bolzano, in quanto stanno scoprendo la irregolarità dei suoi documenti, fugge in bicicletta. Percorrendo strade secondarie raggiunge la famiglia. Entra nella formazione partigiana Brigata “Garibaldi” 4° Btg “Falco”. Il 28-4-1945 viene considerato in servizio dall’8/9/43 al 13/2/44; dal 14-2-44 è considerato in licenza illimitata in attesa di disposizioni. Il 1°-5-1945 cessa l’attività di partigiano.
Il periodo passato come “partigiano” gli viene equiparato come servizio militare. È richiamato alle armi il 27-3-1946 e si presenta al C.A.R. di Modena. Il 3 maggio è trasferito alla Scuola Collegamenti Genio della Cecchignola (Roma) Divis. “Cremona” con l’incarico di radiomontatore. Il 10 novembre viene assegnato alla Comp. Comando della Brigata “Reggio” a Messina. Dovendo mantenere i collegamenti fra la Sicilia e Roma e non essendo disponibili sottufficiali specializzati per tale compito, gli è assegnato l’incarico corrispondente al grado di Sergente Maggiore. È congedato il 30-3-1947.
Campagna di guerra: 1945. Croce al Merito di Guerra n. 25747 l’8/5/1986. Conferita la qualifica di “Patriota” per aver fatto parte della Brigata partigiana “Garibaldi” 4° Btg “Falco” dal 10/10/44 all’1/5/45,operante nel territorio collinare del padovano e del vicentino. Annotazione della RSI, poi depennata: In data 14-2-1944 viene chiamato dalla R.S.I. e deve presentarsi al 20° Rgt Artiglieria di Padova per il servizio di geniere.

FATTORE REMO

Intervista all’Allievo Ufficiale Caporale Alpini FATTORE REMO, classe 1925 –
9 ottobre 2003

1944, Fattore Remo nel X Battaglione Alpini ad Ancona, dove sarà soggetto ad azioni di guerra.

1944, Fattore Remo nel X Battaglione Alpini.

Quale fu la sua prima destinazione dopo l’arrivo al Distretto Militare nel dicembre del 1943?

Io non ero destinato al corpo degli Alpini; dato che avevo la licenza di Istituto Tecnico dovevo essere assegnato all’artiglieria. Inoltre mi fu fatto obbligo di frequentare il corso per Allievi Ufficiali. Ma nella situazione di emergenza in cui si trovava la Repubblica di Salò fui assegnato al X Battaglione Alpini con sede a Bassano del Grappa. Molti però erano le compagnie e i manipoli (squadre) dislocate in vari posti. Io fui spedito nella zona di Faenza e Rimini e poi in quella di Ancona. Fummo sempre impiegati per la vigilanza contro i sabotaggi, nei rastrellamenti e nell’ordine pubblico. I pericoli furono enormi in quanto eravamo soggetti ad incursioni aeree continue, diurne e notturne.

1944, Fattore Remo (primo a sinistra) ed altri commilitoni del X Battaglione Alpini nella zona di Ancona, dove sono soggetti ad azioni di guerra.

1944, Fattore Remo (primo a sinistra) ed altri amici del X Battaglione Alpini nella zona di Ancona.

Come andò col suo corso per Allievo Ufficiale?

Ad un certo punto, nel marzo del 1944, mi fu concessa una licenza premio al termine della quale sarei dovuto partire per la Germania per frequentare il corso per Allievi Ufficiali. Nessuno, o quasi, desiderava andare in Germania perché si diceva che il mese dopo ci avrebbero spediti sul fronte russo; e noi sapevamo cos’era accaduto ai soldati dell’Armata italiana in Russia. Su consiglio del dott. Masini e con l’aiuto di un infermiere (che poi era un partigiano e che avrebbe ottenuto la medaglia d’oro) mi feci ricoverare all’O.M. di Padova. Al termine della degenza ottenni una licenza di convalescenza di quattro mesi circa. Allora non avevo ancora diciannove anni e non mi curai tanto della prudenza.
Finché ero in licenza di convalescenza un giorno me ne andai a vedere una partita di calcio ad Este. All’improvviso il campo di calcio fu circondato dai Tedeschi che erano alla ricerca di renitenti. Anch’io fui controllato. Mostrai la mia licenza di convalescenza. L’ufficiale tedesco guardò il foglio che gli presentavo e gridò: “carta da cesso!” E mi mandò nel gruppo da portare in prigione per l’interrogatorio. Fu un momento terribile: rischiavo la fucilazione per diserzione. Un ufficiale repubblichino italiano che era presente, con un’occhiata ed una parola, mi indicò un gruppo di altri ragazzi in attesa. Mi unii a loro. Era il gruppo dei fermati che dovevano essere rilasciati. E così mi salvai anche dalla deportazione in Germania.

Ma come riuscì a non farsi mai prendere?

Ebbi anch’io una specie di Angelo custode. Il sig. Benelli, che era il responsabile per Battaglia Terme del nuovo Partito Fascista Repubblicano, mi avvisò che ero ricercato per diserzione e che mi tenessi nascosto. E così feci. Infatti, allo scadere della licenza di convalescenza, non mi ero più presentato né al Reparto né all’Ospedale Militare.

Cosa ricorda dei giorni della Liberazione?

Furono giorni pericolosi ma anche entusiasmanti. Voglio raccontare quello che capitò a me e al mio amico Menegolli in quei giorni. Mi trovavo a Galzignano come tanti sfollati. Fra i primi soldati alleati ad arrivare il 27 aprile del 1945 c’era un gruppo di neozelandesi. Il grosso della colonna inglese, che sarebbe giunta il giorno dopo, era fermo alla Rivella perché c’era una mitragliatrice tedesca che sparava dal campanile di Battaglia. Noi andammo a salutare i neozelandesi che cominciarono a parlarci in inglese per avere informazioni sulla posizione dei Tedeschi, sulle strade per giungere a Padova, ecc. Io un po’ di inglese lo parlavo e così ci invitarono a salire sulla loro autoblindo perché li accompagnassimo. Noi accettammo anche perché pensavamo di giungere ad Abano dove c’era stato il magazzino dei materiali tedeschi nella speranza di ritrovare una ruota di bicicletta che un soldato tedesco aveva rubato a mia sorella il giorno prima. Siccome faceva ancora fresco ci consegnarono dei teli mimetici per proteggerci dal vento. Così imbacuccati partimmo. Ma non ci fermammo ad Abano; proseguimmo fino a Padova e ci trovammo in Prato della Valle circondati da una folla enorme che ci applaudiva e ci baciava come “liberatori”. Certo che ci trovammo in una situazione ben strana. Ma in una situazione avvilente e raccapricciante fui coinvolto due giorni dopo. Mi ero recato in Piazza Garibaldi per cercare un tram che mi portasse verso il Bassanello e cercare così di tornare a casa. Fui preso nella confusione di una folla urlante che proveniva dal Tribunale di Via Altinate dove era stato prelevato un gerarca fascista. Questo disgraziato era spinto in testa alla folla; era sanguinante e si reggeva a fatica. Davanti a dove si trovava un tempo il Supercinema lo fecero inginocchiare davanti al figlio di un patriota che era stato giustiziato qualche mese prima dai fascisti, e gli spararono alla testa; gli fu sparato un secondo colpo alle spalle e il poveretto cadde riverso in avanti venendo a sbattere con le mani sui miei piedi. Rabbrividii e mi allontanai in fretta disgustato cercando la strada per raggiungere la mia casa. A Battaglia non accaddero cose simili; si cercò di comprendere le situazioni e non vi furono atti violenti. Qualche giorno dopo fui chiamato a testimoniare in favore del sig. Benelli che ho nominato prima. Questi era stato rinchiuso in caserma in attesa di processo. Io riferii alle autorità del C.L.N. quanto lui aveva fatto per aiutarmi quando ero ricercato dai tedeschi. Nei suoi occhi vidi un lampo di sollievo e di riconoscenza.

FATTORE REMO di Marcello e di Benelle Maria nato l’11-5-1925 a Battaglia Terme ed ivi residente in Via I. Balbo 36 – Matricola n. 59298 – Lavoro: studente – Scuola: Licenza Istituto Tecnico – Altezza cm. 174 Torace cm. 89 – Capelli neri lisci – Occhi castani.
Visita di leva il 1°-7-1943.
In data 12-6-1948 viene richiamato; è dispensato e congedato.
Annotazioni della RSI, poi depennate: In data 8-12-1943 è chiamato alle armi e giunge al D.M. di Padova; viene assegnato al 25° Deposito Misto di Padova per l’Artiglieria. È nominato Caporale il 10-1-1944 ed è comandato a frequentare l’addestramento come allievo ufficiale. Il 18 febbraio è assegnato al X Btg Alpini di Bassano del Grappa ed è promosso Caporale Maggiore. Viene impiegato nella zona di operazioni a Faenza e a Rimini dove subisce un bombardamento nelle vicinanze del campo di tiro a segno. In seguito è spostato nella zona di Ancona (M. Conero e Pietra la Croce) con compiti di vigilanza e rastrellamenti. Il reparto è soggetto a bombardamenti quotidiani da parte di caccia alleati. Il 23 marzo ottiene una licenza premio di gg. 10 al termine della quale deve essere inviato in Germania per la frequenza del Corso Allievi Ufficiali. Il 2 aprile entra all’O.M. di Padova. Viene dimesso il 26 aprile e va in licenza di conval. di mesi quattro. Il 23 agosto, allo scadere della licenza di convalescenza, non si presenta né all’O.M. né al Reparto. Viene dichiarato disertore.

MARAN BRUNO

Intervista al Fante MARAN BRUNO, classe 1924 – 7 giugno 2005

1943, Maran Bruno al 63° Fanteria a Vercelli.

1943, Maran Bruno al 63° Fanteria a Vercelli.

Quando fu chiamato alle armi dove lavorava?

Io facevo il barcaiolo; ho navigato con le barche del sig. Cappellozza Demetrio. Di alcune ricordo ancora il nome: “Nuovo Sergio”, “Marco Polo”, “Maria”.

Dopo poco il suo arrivo a Vercelli arrivò l’8 settembre 1943; come visse quelle dure giornate?

La mattina presto del giorno nove settembre fummo bloccati tutti in caserma; eravamo tanti, dai 10 ai 15 mila. Noi ultimi arrivati avevamo ancora con noi la valigetta con i vestiti borghesi; e tutti ce la tenevamo stretta. I Tedeschi ci condussero alla stazione ferroviaria e ci fecero salire su una tradotta costituita da numerosi carri merci. In ogni vagone eravamo circa 150. Ci dissero che eravamo diretti verso casa, ma sentimmo subito, quando si avvicinava qualche ferroviere italiano, che non era proprio così. Mi feci coraggio: indossai i vestiti civili, scesi dalla tradotta e mi infilai su un treno passeggeri proveniente da Torino. Ad un rallentamento del treno nei pressi del fiume Sesia, mi lancia dal vagone e mi nascosi fra i cespugli. Temevo che i Tedeschi controllassero anche quel treno alle fermate nelle stazioni. Con un po’ di fortuna e tanto camminare, arrivai a casa. Ma mi tenni nascosto in campagna, nei pressi del “Monteseo” in Via Mincana di Carrara S. Giorgio.

Riprese, alla fine della guerra, il suo lavoro di “barcaro”?

Alla fine della guerra fui chiamato a prestare il servizio militare che avevo interrotto l’8 settembre, come tutti i miei coetanei. Furono esonerati solo quelli che erano stati portati prigionieri in campo di concentramento. Penso che la vita durante il mio servizio militare nel dopoguerra sia stato di gran lunga migliore di quella passata da diversi miei amici nei lager. Comunque mi successe un fatto singolare: mi trovai a prestare il servizio nella stessa caserma di Vercelli che avevo lasciato il 9 settembre di tre anni prima, con la differenza che davanti avevo un periodo di pace e non la guerra sulla testa. Ritornato a casa nel 1947 non ripresi il lavoro di barcaiolo; era un’occupazione che stava lentamente tramontando. Frequentati un corso per massaggiatore e fui assunto presso la Stabilimento Termale dell’I.N.P.S.

MARAN BRUNO di Luigi e di Piva Angela nato il 24-5-1924 a Battaglia Terme ed ivi residente in Via Androna 142 – Matricola n. 51338 – Lavoro: barcaiolo – Scuola: cl. 3^ elementare – Altezza cm. 164 Torace cm. 89 – Capelli castani lisci – Occhi castani.
Visita di leva il 26-1-1943.
Il 25-8-1943 è chiamato alle armi e si presenta al 63° Rgt Ftr Caserma “Conte di Torino”a Vercelli. L’8-9-1943 sbanda per gli eventi seguiti all’armistizio. Il 28/04/1945 viene considerato in servizio dal 9/9/43 al 28/4/45 e lasciato in licenza illimitata senza assegni in attesa di disposizioni. Il 18-3-1946 è richiamato alle armi e giunge al C.A.R. di Modena. Il 28 luglio è trasferito al 22° Rgt Ftr con sede in Torino, ma distaccato alla Caserma di Vercelli (la stessa caserma nella quale era giunto nell’agosto del 1943). Il 7-4-1947 è congedato.

SBETTEGA ITALO

Intervista all’Artigliere SBETTEGA ITALO, classe 1923 – 2 aprile 2003

1943, Artigliere Sbettega Italo.

1943, Artigliere Sbettega Italo.

Dove si presentò quando fu chiamato alle armi?

Quando mi arrivò la cartolina precetto io ero appena tornato da Pizzighettone (Cremona) dove avevo frequentato un corso pre-militare nell’artiglieria contraerea che mi permetteva di guadagnare qualcosa e nello stesso tempo mi consentiva di abbreviare il periodo di servizio militare; almeno così mi avevano detto. Quando capii che, con lo scoppio della guerra, questa possibilità era caduta, me ne ritornai a casa.
Mi presentai a Conegliano Veneto dove c’era un Reggimento di Artiglieria e fui assegnato alla 3^ Btr che era destinata poi all’artiglieria someggiata (con la dotazione di muli). La cosa non mi andò a genio e tanto feci e chiesi che mi assegnarono alla Batteria Comando che aveva in dotazione pezzi ippotrainati (cioè tirati da cavalli).

1943, Artigliere Sbettega Italo al Reggimento Artiglieria a cavallo.

1943, Artigliere Sbettega Italo al Reggimento Artiglieria a cavallo.

Poi fu trasferito?

Passai al 24° Artiglieria e partii con la tradotta per Patrasso in Grecia. Impiegammo 17 giorni per arrivare, passando in territori ostili e sempre sotto pericolo di imboscate. Ad Atene incontrai il mio amico Angelo Assereto che faceva servizio in Marina. Fummo impiegati in azioni di presidio con esercitazioni di maneggio ed anche di radiotelegrafia. Non avevamo contatti con i civili.

Ci furono momenti in cui temette per la propria vita?

I momenti di grande paura cominciarono con l’8 settembre 1943. Quel giorno dovevo recarmi al Comando di Atene per essere sottoposto agli esami per la promozione a Sergente Radiotelegrafista. Invece trovammo la caserma circondata dalle truppe tedesche. Ci fecero depositare le armi nel cortile. Poi un mezzo blindato vi passò sopra e le distrusse. Noi fummo obbligati a raccogliere i pezzi, caricarli sulle carrette e gettarli a mare. Ci tennero a Patrasso un mese. Poi, con una marcia di 15 giorni, ci condussero ad Atene. Ci avevano detto che dovevamo imbarcarci per tornare in Italia.
Durante questo trasferimento la nostra colonna fu attaccata dai partigiani greci. I Tedeschi si allontanarono e restammo da soli. Fummo presi da grande paura per quello che potevano farci i partigiani. Dopo poco però i Tedeschi ripresero il controllo della situazione. Giunti ad Atene, ci portarono, a gruppi, ad una quindicina di chilometri di distanza, a Fecta, a lavorare per la costruzione di un aeroporto. Da qui poi cominciarono a partire gli aerei tedeschi per bombardare le isole italiane del Dodecanneso, Corfù e Cefalonia. Nel gennaio del 1944 ci trasferirono a Zagabria. Ormai avevamo capito che in Italia non saremmo tornati. Anche a Zagabria ci fecero lavorare per la costruzione di un aeroporto. La fame era tanta, il lavoro faticoso.
Nel settembre del 1944 ci trasferirono con carri bestiame (45 ogni carro) in Germania in un lager dove eravamo in 8000. Ci impiegarono per costruire camminamenti nei boschi. Qui cominciarono le paure dei bombardamenti alleati. Ma il pericolo più grosso lo corsi all’inizio di aprile del 1945. Io ero ridotto a 48 chili e sempre affamato. Assieme ad altri quattro amici padovani mi imbattei in una baracca dove trovammo una pentola di patate, mezzo cotte e mezzo crude. Cominciai a mangiare in fretta e senza pensare a conseguenze spiacevoli. Fatto sta che mi venne una dissenteria da non potermi reggere in piedi. Guai però a lasciarsi cadere per terra! Saresti stato subito eliminato.
Ormai vedevo la mia fine. Per mia fortuna ci furono gli amici padovani che mi sostennero. Constatai quanto vale la vera amicizia, specialmente fra prigionieri. Fui preso di peso da un certo Candeo da Carceri, da un certo Brunello da Arquà, da Cecchinato da Terradura e da Gusella da Deserto d’Este; a turno mi portarono sulle spalle finché il periodo di crisi mi passò. Così mi salvai e ora posso raccontare questo gesto di solidarietà. Devo essere loro riconoscente finché campo!

SBETTEGA ITALO di Antonio e di Guariento Maria nato il 5-8-1923 a Battaglia Terme ed ivi residente in Via Montenovo 424 – Matricola n. 44138 – Lavoro: verniciatore – Scuola: cl. 5^ elementare – Altezza cm.168 Torace cm. 85 – Capelli biondi lisci – Occhi celesti.
Visita di leva il 18-5-1942.
È chiamato alle armi il 19-1-1943 e si presenta al 15° Rgt Art 3^ Btr con incarico di radiotelegrafista a Conegliano. Parte per la Grecia il 15 marzo e viene mandato in zona di guerra con il 24° Rgt Art. L’8-9-1943 cade prigioniero delle truppe tedesche a Patrasso ed è portato nel campo di concentramento di Muster-Essen in Germania. Feldpost 31448. Rientrato dalla prigionia il 13-9-1945, viene mandato in licenza di rimpatrio con assegni di gg. 60. Resta poi in licenza illimitata senza assegni in attesa di disposizioni. Il 15-7-1946 è congedato.
Operazioni di guerra: dal 15/3 all’8/9/43 in Balcania (territori greci e albanesi) con il 24° Rgt Artigl.
Campagne di guerra: 1943-1944-1945. Croce al Merito di Guerra n. 8841 il 24/10/1967. Brevetto “Volontari Libertà” n. 436 il 15/2/1980. Ha titolo all’attribuzione dei benefici di legge per essere stato prigioniero delle truppe tedesche dall’8/9/43 all’8/5/45 e trattenuto dalle FF.AA. Alleate fino al 13/9/45.

ZILIO ANTONIO

Intervista alla Guardia alla Frontiera ZILIO ANTONIO, classe 1923 –
22 novembre 2004

1943, Zilio Antonio.

1943, Zilio Antonio.

Dove lavorava quando fu chiamato alle armi?

Fui chiamato all’inizio del ’43; ero occupato nella falegnameria del sig. Milani in località Squero.

Quando giunse al Distretto Militare di Padova, quale fu la sua assegnazione?

Giunsi al Distretto che avevo da poco compiuto 19 anni; fui mandato con una tradotta a Vipacco per la vestizione e fui assegnato al corpo della Guardia alla Frontiera. Fra l’altro mi consegnarono un cappello da alpino, ma senza la penna. Da qui raggiunsi dopo pochi giorni Postumia dove rimasi 3 mesi per l’addestramento militare di base. Nel mese di aprile fui mandato in aggregazione ad un reparto di Alpini nei pressi del Montenegro.

Quali compiti le furono assegnati?

Con gli Alpini fummo impiegati in azioni di controllo del territorio: pattugliamento, guardie e rastrellamenti. Molto spesso dovemmo impiegare le armi, soprattutto per difenderci dagli attacchi di coloro che chiamavano “banditi” e che erano i “partigiani” slavi. Perciò passai circa quattro mesi in continuo pericolo.

Cosa ricorda della data dell’ 8 settembre 1943?

Da parecchi giorni con i miei compagni mi trovavo in una località isolata, lontano da città o paesi importanti; poco lontano da noi c’erano anche dei reparti di soldati tedeschi. Ricordo che nella tarda serata dell’8 settembre sentimmo un improvviso rumore di sparatorie: da una parte c’erano i partigiani che sparavano e dall’altra i Tedeschi. Non capivamo cosa stesse succedendo; ma qualche Ufficiale aveva sentito il comunicato di Badoglio che aveva annunciato l’armistizio e ci invitò ad attendere ordini. Verso la mattina del giorno dopo fummo attaccati dai partigiani che ci chiesero le armi; noi tentammo qualche resistenza, ma questa durò poco perché ci trovammo isolati.
I partigiani ci invitarono ad unirsi a loro ma nessuno li seguì, soprattutto perché non ci rendevamo conto della situazione; essi erano stati fino a poche ore prima i nostri nemici e adesso ci invitavano a combattere con loro contro i Tedeschi che erano stati per anni i nostri alleati. Comunque i partigiani vollero le armi e ci lasciarono andare. Qualche ora dopo eravamo in mano delle truppe tedesche. Ci fu allora promesso che ci avrebbero accompagnati in Italia con il treno. Molti non si fidarono e tentarono la fuga: qualcuno riuscì anche a raggiungere il mare e poi l’Italia.
Dopo 3 giorni ci portarono con la tradotta in un grande campo a Lubiana, dove incontrammo altri 3-4 mila soldati italiani. Noi attendevamo il momento di rientrare in l’Italia; i giorni passavano e ogni tanto una tradotta partiva, ma verso il nord, verso la Germania e la Polonia. Venne anche il mio turno: salimmo su un carro merci in 50 con un filone di pane da dividerci.
Giungemmo ad Aldam e poi a Stettino in Polonia. Qui c’era un grande campo di smistamento. Fummo rasati a zero e lavati. Poi ci divisero a seconda del lavoro che sapevamo svolgere. Io fui assegnato al lavoro in una fabbrica di aerei che si trovava a Danzica.

Come fu il lavoro in fabbrica?

Avrei fatto meglio dichiararmi contadino anziché falegname, almeno in campagna avresti avuto la speranza di trovare qualche patata da mangiare. Durante l’anno che rimasi a lavorare a Danzica soffrii molto la fame. Una gavetta di acqua che sapeva di orzo e cinque patate era la nostra razione giornaliera. Noi schiacciavamo le patate dentro alla gavetta e ingoiavamo quella poltiglia di acqua, bucce e pasta di patate e granelli d’orzo. Ci doveva bastare fino al giorno dopo. Alla sera tornavamo alle baracche del lager. In ogni baracca eravamo in 150 su tavolacci a castello ed un pagliericcio, ridotto a polvere. Per coprirci ci venne consegnata una coperta tanto leggera da essere quasi trasparente. Quanto rimpiansi la bella coperta pesante che avevo avuto dagli Alpini nel Montenegro! Ma quella fu una delle prime cose che i Tedeschi ci requisirono.
Il nostro lavoro fu spesso interrotto dai bombardamenti alleati e dalle chiamate per intervenire a liberare le macerie dei palazzi distrutti. La situazione migliorò un po’ verso l’ottobre del 1944, quando fra il governo di Mussolini della R.S.I. e il governo di Hitler decisero di considerarci “liberi lavoratori”. Ma tutto dipendeva dalle guardie che ci custodivano, perché le fatiche non diminuirono e il vitto non aumentò.

Come avvenne la sua liberazione?

Nel mese di aprile del 1945 ormai vedevamo i segni della sconfitta delle truppe tedesche; gli aerei americani ci passavano sopra, i cannoni delle truppe russe li sentivamo sempre più vicini. Noi fummo spostati da Danzica ad un’altra fabbrica a Stettino. Una sera poi fummo tutti incolonnati e avviati per la campagna verso il fiume Oder. All’imbrunire ci fu un grosso bombardamento: io mi riparai in una buca sull’argine del fiume e rimasi ad aspettare. Verso l’alba mi accorsi che non c’erano più guardie tedesche: eravamo soli. Una prigioniera russa si lamentava vicino a me. Era ferita. Io la accompagnai in un villaggio vicino dove fu curata dai contadini.
Intanto le truppe russe erano arrivate e fui accompagnato a Prezlau dove incontrai tanti altri Italiani; vi trovai anche dei paesani: Antonio Giraldin, Terra e Orietti. Fummo impiegati dalle truppe russe per circa cinque mesi a seppellire i morti che erano dappertutto, per le strade e nei boschi e poi a smantellare le fabbriche tedesche per trasportare i macchinari e gli impianti in Russia.

Quando riuscì a rientrare in Italia?

Verso la fine di agosto arrivò anche per noi Italiani una tradotta per rientrare in Patria. Passammo per Berlino, completamente distrutta, e fummo consegnati alle truppe americane. Fummo caricati su un’altra tradotta che ci portò a Innsbruck. Qui facemmo sosta forzata per un mese per tutte le visite mediche e per le vaccinazioni. Finalmente a metà ottobre arrivammo al Brennero. Qui fummo accolti da alcune organizzazioni religiose di carità che ci ristorarono e ci consegnarono alcuni abiti decenti.
Giunti a Verona ci fu consegnata la bella cifra di £.15.000= 1 quale paga del soldato che da agosto del 1943 non ci era stata più pagata. Il 22 ottobre 1945 con un camion giunsi a Padova e con un autobus a Battaglia Terme, a casa mia, nella mia terra. Per me fu una esperienza tremenda che durò circa 35 mesi; so che per tanti questa esperienza durò per 5-6-7 anni e che tanti altri non tornarono. Io ringrazio Dio di aver portato a casa la pelle.

1 £. 15.000 del 1945 corripondono a € 647,49 del 2023.

ZILIO ANTONIO di Carlo e di Businaro Santina nato il 16-10-1923 a Battaglia Terme ed ivi residente in Via Galzignana – Matricola n. 44140 – Lavoro: falegname – Scuola: cl. 4^ elementare – Altezza cm.159 Torace cm. 85 – Capelli neri lisci – Occhi neri.
Visita di leva il 30-6-1942.
Il 14-1-1943 è chiamato alle armi e giunge al XXIII deposito Settoriale Guardia alla Frontiera in Vipacco e poi a Postumia per l’addestramento. L’8-9-1943 viene catturato dalle truppe tedesche a Slivic, verso il Montenegro, e portato in campo di concentramento nei pressi di Danzica e poi di Stettino, con matricola di prigioniero n. 101-472. Rientra in Italia il 22-10-1945 ed è mandato in licenza di gg. 60 con assegni. Poi viene lasciato in licenza illimitata in attesa di disposizioni. È congedato il 15-7-1946.
Campagne di guerra: 1943-1944-1945. Croce al Merito di Guerra n. 17190 il 24-11-1967. Ha titolo ai benefici di legge per essere stato prigioniero dei Tedeschi dall’8-9-43 all’8-5-45 e trattenuto dalle FF.AA. Alleate fino al 22-10-1945.

Interviste di Bruno Savin

E noi... chi siamo!? 1939-1946, Battaglia Terme nella 2a Guerra Mondiale, copertina.

Le interviste ai soldati e le schede relative al loro servizio militare sono tratte da: Bruno Savin, “E noi… chi siamo!?” 1939-1946, Battaglia Terme nella 2a Guerra Mondiale, Battaglia Terme, 2006, alle pagine 493-494, 497-498, 503-504, 507-508 e 512-513. Sono inoltre qui pubblicate le relative immagini.