Ricordi di guerra dei soldati battagliensi (4)

Quarta parte delle interviste effettuate da Bruno Savin ai soldati battagliensi che hanno combattuto durante la seconda guerra mondiale. Le interviste qui pubblicate riguardano i soldati nati negli anni 1921 e 1922. Insieme a ogni intervista, la scheda relativa al servizio militare prestato da ciascun soldato.

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Bonafè Giuseppe
Caonero Giuseppe
Destro Stelvio
Magarotto Luigi
Tasinato Orlando

Sigle e abbreviazioni
Alp. Alpina; Art. Artiglieria; A.M. Aeronautica Militare; Btg Battaglione; C.A.R. Centro Addestramento Reclute; Comp. Compagnia; D.M. Distretto Militare; Div. Divisione; Ftr Fanteria; Lic licenza; Matr matricola; O.M. Ospedale Militare; PM Posta Militare; Rgt Reggimento; t.o. titolo onorario.

BONAFÈ GIUSEPPE

Intervista al Caporale Autiere BONAFÈ GIUSEPPE, classe 1922 – 9 ottobre 2003

Seconda guerra mondiale, l'autiere Giuseppe Bonafè a Macerata nel 1942.

L’autiere Giuseppe Bonafè a Macerata, 1942.

Dove lavorava quando fu chiamato sotto le armi ?

Io lavoravo come apprendista in Galileo; quando fui avvisato che era giunta la cartolina precetto mi trovavo a Fiume con il caporeparto Cardi Roberto per montare una gru nel porto di quella città. Dovetti abbandonare tutto e tornare a casa.

Dove fu mandato?

Mi presentai al Distretto Militare di Padova. Qui mi assegnarono al 9° Reggimento Autieri che era provvisoriamente di stanza a Macerata. Con la tradotta arrivai nella zona dell’aeroporto di quella città e fui alloggiato con tanti altri in un hangar. Fu una sistemazione quanto mai precaria: l’hangar veniva completamente aperto al mattino lasciando che l’aria gelida girasse dappertutto; non c’erano lavandini. Bisognava accontentarsi di un tubo che portava acqua nel piazzale. L’acqua calda nemmeno ci permettevamo di chiederla. Per fortuna che in maggio ci trasferirono a Trani in casermette più confortevoli. Dopo l’addestramento di base, frequentai la scuola guida militare e alla fine diventai anche istruttore di scuola guida.

Seconda guerra mondiale, il Caporale Giuseppe Bonafè del 9°Rgt Autieri a Trani nel 1943.

Il Caporale Giuseppe Bonafè del 9°Rgt Autieri a Trani, 1943.

Cosa ricorda dell’8 settembre 1943?

Fu una situazione davvero strana, oltre che pericolosa. Forse non ci rendemmo nemmeno conto dei pericoli che correvamo. Comunque per me ed altri due caporali, uno di Ancona e uno di Piazzola sul Brenta, andò così. Da qualche notte avevamo deciso di non dormire in caserma perché questa era stata presa come bersaglio dei bombardamenti degli aerei alleati. Ci allontanavamo dalla caserma e passavamo la notte all’aperto, ma al sicuro.
La mattina del 9 settembre tornammo in caserma e non trovammo nessuno; non c’erano nemmeno i materiali perché i civili avevano già portato via tutto. In sostanza i soldati erano tutti partiti con i mezzi per ignota destinazione. Noi tre decidemmo di allontanarci da Trani e ci portammo a Corato, nella speranza che le truppe americane arrivassero al più presto. Invece non fu così. Fummo ospitati in alcune masserie disabitate e restammo in attesa per una decina di giorni. Non vedevamo Americani e la paura di essere presi dai Tedeschi aumentava. Decidemmo di muoverci verso il nord per raggiungere casa nostra. Sempre a piedi ci dirigemmo verso l’interno della Puglia; passammo per Foggia, San Severo e arrivammo a Pescara. Ci nutrivamo di frutta e di qualche pezzo di pane che i contadini ci regalavano.
Una volta provammo a barattare due coperte per un po’ di cibo. Il contadino prese le due coperte e poi ci disse che aveva solo un pezzo di pane. Insomma ci aveva imbrogliato. Un giorno vedemmo arrivare una camionetta di soldati tedeschi; facemmo in tempo solo a spostarci dalla strada. Uno di loro ci lanciò due scatolette di carne. Restammo a bocca aperta: di certo non ci aspettavamo un aiuto proprio da loro. Però ci spartimmo volentieri quel po’ di carne. Non si può mai sapere da dove può arrivare la Provvidenza. In ogni modo sempre a piedi arrivammo a Pescara e qui fummo catturati dai Tedeschi che ci portarono subito a lavorare alla stazione ferroviaria.
Durante un’incursione aerea alleata riuscimmo a fuggire. Decidemmo allora di abbandonare le strade e di seguire la linea ferroviaria, nella speranza di approfittare di qualche convoglio per raggiungere Ancona. Il nostro amico ci lasciò e noi due proseguimmo in treno fino a Ravenna. Qui leggemmo per le strade il bando col quale il generale Graziani, ministro della Guerra della Repubblica di Salò, ordinava a tutti i soldati di ripresentarsi in servizio. Cercammo di raggiungere al più presto le nostre case. A Ferrara trovammo i Tedeschi che perquisivano tutti alla discesa dai treni. Ci vennero in aiuto alcune ragazze che ci presero sottobraccio e si misero a parlare con noi come se fossimo i loro fratelli. I Tedeschi ci lasciarono perdere e così arrivammo a Battaglia Terme. Il mio amico proseguì ed io finalmente giunsi a casa, accolto da mia madre con un sospiro di sollievo. Infatti tanti altri soldati erano tornati a casa da ogni parte prima di me e i miei cominciavano a disperarsi.

Cosa fece dopo?

Rimasi nascosto per qualche tempo: poi nel febbraio del 1944 fui assunto alle Officine Galileo che era uno Stabilimento Ausiliario e fui esonerato dal richiamo alle armi. Ricordo che dopo i bombardamenti dell’ottobre del 1944 un reparto delle Officine dovette traslocare in una fattoria nelle vicinanze del cimitero di Monselice. Qui si montavano le centrali di tiro per l’artiglieria e per la Marina. In sostanza noi che lavoravamo in questo stabilimento eravamo militarizzati come i barcaioli che trasportavano materiale per le forze armate con i loro burci. Sia nell’officina che nelle barche la vita non era affatto tranquilla: infatti i bombardamenti furono frequenti, intensi e violenti e ci furono morti anche fra di noi.

BONAFÈ GIUSEPPE di Florindo e di Sammartinaro Augusta nato l’1-11-1922 a Battaglia T. ed ivi residente in Via Galzignana 376 – Matr. n. 38169 – Lavoro: aggiustatore Meccanico; Scuola: 1^ cl. Avviamento professionale.
Altezza cm. 168 Torace cm. 84 – Capelli neri lisci – Occhi castani.
Visita di leva il 30-6-1942.
Il 6-9-1942 è chiamato alle armi e giunge al deposito del 9° Centro Automobilistico, denominato 9° Rgt Autieri, IV Gruppo in Macerata. Diventa Soldato scelto il 15-12-1942. Il 23-1-1943 è nominato Caporale. Presta servizio presso il 9° Rgt Autieri II Gruppo 12^ Comp. in Trani. L’8-9-1943 si trova in Trani. Il 2 ottobre viene dato per disperso in seguito ad azione nemica in Trani (Bari). In seguito viene accertato che era sbandato a causa degli avvenimenti sopraggiunti all’armistizio. Il 28-4-1945 viene considerato in servizio dal 2/10/43 al 28/4/45 e lasciato in licenza illimitata senza assegni in attesa di disposizioni. Viene congedato il 5-8-1949.

CAONERO GIUSEPPE

Intervista al fante CAONERO GIUSEPPE, classe 1922 – 6 febbraio 2004

Seconda guerra mondiale, il fante Giuseppe Caonero a Gradisca nel 1942.

Il fante Giuseppe Caonero a Gradisca, 1942.

Dove fu destinato quando fu chiamato alle armi?

Il Distretto Militare di Padova mi mandò al 24° Rgt Fanteria a Gradisca. C’era una grande caserma; non c’era sola la fanteria ma anche reparti di altre armi. Ricordo di avere incontrato nella stessa caserma, al di là di una rete che ci separava, Giovanni Bellini del Genio che era un anziano. Molte sere lo incontravo alla rete e lui mi passava una gavetta di minestra o pastasciutta che da noi invece scarseggiava.

Seconda guerra mondiale, plotone del 24° Reggimento Fanteria a Gradisca.

Plotone del 24° Reggimento Fanteria a Gradisca. Caonero Giuseppe è nella fila di mezzo, il terzo seduto da destra.

Quali compiti le vennero assegnati?

La mia partecipazione alla guerra non fu molto lunga. Dopo due mesi a Gradisca fui assegnato ad un reparto di cavalleria appiedato in una località della Croazia. Noi svolgemmo compiti di ordine pubblico. Poi mi ammalai e fui ricoverato prima all’Ospedale Militare di Monselice, che sorgeva nei locali dell’attuale scuola “Poloni”, poi a quello di Gorizia ed infine a quello di Padova. A fine novembre del 1942 fui rimandato a casa.

Riprese subito a lavorare?

Trascorsi un lungo periodo di convalescenza. Poi rientrai alle Officine Galileo di Battaglia Terme. Ricordo che nel nostro paese erano sfollati diversi reparti delle Officine Galileo di Firenze. Erano ospitati in capannoni sparsi in paese, mentre la Direzione era alloggiata presso il Castello del Cataio. Io svolgevo il compito di fattorino. Da una finestra del Cataio assistetti al bombardamento dello stabilimento del 30 ottobre 1944.
Diversi macchinari furono nascosti in una galleria costruita sotto il monte dietro al Cataio. Comunque gli operai della Galileo si sobbarcarono anche il compito del rifacimento dei tetti del castello versando piombo fuso nelle fenditure delle terrazze. Le nostre Officine erano il bersaglio degli aerei alleati perché esse erano considerate “stabilimento ausiliario” dove si costruivano carrelli per le fotoelettrice del genio, ponteggi ed apparecchiature per la Marina. Ad esempio nelle nostre officine furono costruite le torrette della corazzata “A. Doria”.

Seconda guerra mondiale, manifesto distribuito dagli Alleati nel 1942.

Manifesto distribuito dagli Alleati nel 1942.

Comunque lei ha vissuto la guerra sia come soldato che come operaio civile.

In effetti gli operai delle Officine Galileo erano considerati dei “militarizzati”. Ricordo che anche con l’avvento della Repubblica di Salò molti dei dipendenti delle nostre officine vennero esonerati dalla chiamata alle armi, perché necessari alla produzione di materiale bellico. Comunque vissi in paese tutti i drammi che la nostra popolazione sopportò fino all’aprile del 1945, in particolare modo a causa degli oltre 55 bombardamenti e mitragliamenti che il paese subì.

CAONERO GIUSEPPE di Luigi e di Boscolo Romilda nato il 20-10-1922 a Battaglia T. ed ivi residente in Via Galzignana 335 – Matric. n. 36481 – Lavoro: aggiustatore Meccanico – Scuola: 1^ cl. Avviamento professionale.
Altezza cm. 167. Torace cm. 85 – Capelli castani lisci – Occhi castani.
Visita di leva il 20-5-1941.
Chiamato alle armi il 27-1-1942, giunge al 24° Rgt Ftr a Gradisca in zona di guerra. Entra all’O.M. di Monselice il 25 maggio; il 10 agosto passa a quello di Padova. Viene dimesso dopo tre giorni idoneo ai servizi sedentari. Il 14 novembre viene aggregato al LVI Gruppo Appiedato Lancieri “Firenze” che si trova a Casteldobra (Croazia). Entra all’O.M. di Gorizia il giorno 30. Esce dall’O.M. il 28-1-1943 e va in licenza di convalescenza di gg. 150. L’8-6-1943 ritorna all’O.M. di Padova per un’operazione, per causa di servizio. Viene dimesso il 24 luglio e va in licenza di conval. di gg. 60. Il 24 settembre entra per controllo all’O.M. di Padova. Dimesso dopo dieci giorni, va in congedo.
Operazioni di guerra: dal 18/11 al 30/12/42 nel territorio della provincia di Gorizia con il LVI Gruppo Appiedato Lancieri “Firenze”.

DESTRO STELVIO

Intervista all’Aviere scelto DESTRO STELVIO, classe 1922 – 20 gennaio 2004

Tessera di pre-aeronautico di Destro Stelvio, 1941.

Tessera di pre-aeronautico di Destro Stelvio, 1941.

Come fu decisa la sua scelta di prestare il servizio militare in Aeronautica?

Io aveva frequentato la Scuola di Avviamento al lavoro e, al momento della visita di leva, ero occupato in un’officina meccanica. Contemporaneamente frequentavo un corso di specializzazione pre-aeronautica nella categoria motoristi presso l’Istituto Tecnico Industriale di Padova. La guerra era già incominciata da un pezzo e si avvicinava sempre più il giorno della mia chiamata. Pensai che il servizio militare in Aeronautica potesse essere per me più consono alla mia preparazione tecnica; infatti al termine del corso di motorista conseguii l’idoneità col punteggio massimo di 20/20. Così scelsi volontariamente l’arruolamento in Aeronautica. Inoltre non era da trascurare il fatto che il trattamento economico era molto migliore. Infatti la mia paga fu di Lire 108 al mese.

Seconda guerra mondiale, l'aviere motorista Destro Stelvio a Campoformido (Ud), 1942.

L’aviere motorista Destro Stelvio a Campoformido (Ud), 1942.

Lei ha prestato servizio in diversi aeroporti. Dove corse i pericoli maggiori?

Nel giugno del 1943 ero in servizio all’aeroporto di Finocchiaro S. Salvatore Gerbini, nei pressi di Catania. Gli Angloamericani si stavano preparando a sbarcare in Sicilia e i bombardamenti, sia diurni che notturni, erano continui. Un giorno suonò l’allarme e tutti i piloti corsero agli aerei per levarsi in volo per contrastare i bombardieri nemici. A dire il vero a volte capitava che qualche pilota prendesse il volo per svignarsela e non tornare più; ma quasi sempre quelli che non tornavano erano stati abbattuti.
Ebbene, al suono dell’allarme, assieme agli altri motoristi, corsi all’aereo al quale ero addetto, salii sull’ala e incominciai a girare la clipsmoltiplicatrice per avviare l’elica in modo che il pilota potesse far partire il motore. Era un compito assai faticoso, specie all’inizio. Ma ciò che mi preoccupava era l’avvicinarsi dei caccia bombardieri, mentre io ero allo scoperto. Fortuna volle che il motore partì alla prima prova. Saltai subito giù dall’ala e mi gettai a terra mentre una raffica di mitragliera sollevava intere zolle di terreno a venti centimetri dalla mia spalla. Mi raccomandai a tutti i Santi e riuscii a restare illeso. Quando ritornai a Padova mi recai al Santo e accesi un grosso cero. Poi mi recai alla chiesa dei Cappuccini a S. Croce a confessarmi da Padre Leopoldo, che poi diventò Santo. Forse quella volta in Sicilia mi aveva protetto lui!

Ricorda qualche suo commilitone in modo particolare?

Guardi, forse non ricordo quello che ho mangiato ieri sera; ma i ricordi del periodo di guerra sono ancora chiari e nitidi. Fra gli amici ne ricordo uno in particolare.
Veniva da Treviso ed era già Aviere scelto perché era della classe del ’20. Durante le ore di riposo io suonavo una spinetta (piccola armonica a bocca) ma non ero tanto esperto. Lui invece era molto bravo e finii per regalargliela. Qualche tempo dopo, durante il periodo del mio ricovero all’Ospedale “Buon Pastore” di Roma a causa della malaria che avevo contratto in Sicilia, fu bombardato l’aeroporto di Ciampino dove era rimasto in servizio questo mio amico. Ebbene del suo corpo non si trovò nulla, nemmeno la spinetta che gli avevo regalato. Scomparve nel nulla.

Cosa le accadde dopo l’8 settembre 1943?

Io mi trovavo in convalescenza. Al termine della licenza non mi presentai a nessun Comando. Dopo qualche tempo cominciarono a rastrellare i giovani e, per non farmi spedire al fronte dalla Repubblica Sociale, accettai di essere impiegato nei lavori della TODT.
Per un certo tempo scavai trincee e fossati anticarro nella zona di Arquà Petrarca e di Pozzonovo. Nel frattempo ero sfollato a Terradura, presso dei parenti per sottrarmi ai bombardamenti di Padova. Mi tornarono gli attacchi di malaria e mi tenni nascosto nei paraggi. Ai primi di gennaio del 1945 un mio conoscente, che lavorava alle Officine Galileo di Battaglia Terme, mi avvisò che in fabbrica si stava sperimentando un motore stellare per auto. Io mi resi disponibile anche perché avevo conseguito la specializzazione di motorista d’aerei. Così fui assunto e mi mandarono a lavorare nel reparto esperimenti che però, a quel tempo, era stato trasferito alla fattoria Trieste, nei pressi del cimitero di Monselice. Me la feci in bicicletta da Terradura a Monselice per parecchi mesi.
Qualche giorno prima della liberazione, assieme ad altri tre amici, me ne stavo andando a ritirare la paga, sempre in bicicletta. Giunti nei pressi di Pernumia fummo fermati da due soldati tedeschi in ritirata. Ci requisirono la bici e mi toccò farmela a piedi fino a Terradura. Due giorni dopo, mentre stavo in casa con i miei, sentii aprirsi la porta: ci apparve un soldato inglese: “Siamo liberi, è finita la guerra!!” gridammo tutti. E così fu.

Seconda guerra mondiale, il motorista Destro Stelvio su Macchi 202, 1943.

Il motorista Destro Stelvio su Macchi 202, 1943.

DESTRO STELVIO
di Natale e di Marchioro Anna nato il 27-4-1922 a Padova, ivi residente e poi a Battaglia T. – Matr. n. 39732/204401 A.M. Lavoro: aggiustatore meccanico – Scuola: 3^ classe avviamento.
Altezza cm.168 Torace cm.82 – Capelli castani lisci – Occhi castani.
Visita di leva il 17-2-1941.
Nell’anno scolastico 1940/41 frequenta il corso di specializzazione pre-aeronautico (categoria motoristi) organizzato dal Ministero dell’Aeronautica Ispettorato Scuole – Ufficio Pre-aeronautici presso la Scuola Tecnica Industriale di Padova risultando idoneo col punteggio di 20/20 in data 21-5-1941. Il 29-1-1942 è chiamato alle armi e si presenta al 2° Centro Leva e Reclutamento Arma Aeronautica in Padova quale aviere volontario per il ruolo specialisti in qualità di “allievo motorista” con la ferma di mesi 30 e con obbligo continuativo di volo. Il 30 gennaio viene mandato alla Scuola Specialisti presso l’Istituto Tecnico Industriale “A. Locatelli” di Udine, in zona di guerra, ed è ammesso al 27° corso motoristi. Supera il corso con votazione 15,875/20 classificandosi 19° su 80 allievi idonei. L’8 ottobre viene mandato al 1°Gruppo “C” (caccia) 5° Stormo 91^ Squadriglia “F. Baracca” presso il R. Aeroporto di Udine-Campoformido. Va in licenza breve di gg. 5 il 30 ottobre. È trasferito il 30-3-1943 al 10° Gruppo C.T. a Bresso (Mi). Il 5 aprile è in servizio col suo reparto, il 5° Stormo, all’aeroporto di Ciampino; il 10 maggio all’aeroporto di Furbara (Roma); il 7 giugno all’aeroporto n. 468 di Catania. Il 12 luglio ritorna, sempre col reparto, all’aeroporto di Ciampino. Entra il 17 luglio all’O.M. “Buon Pastore” di Roma per malaria. Viene dimesso il 24 luglio e portato al convalescenziario di Arpino (Frosinone). Il 30 agosto è mandato in licenza di conval. di gg. 30. Il 30-9-1943, allo scadere della licenza, sbanda in seguito agli avvenimenti verificatisi successivamente all’8/9/43 in territorio nazionale. Si presenta al C.A.R. di Padova il 14-6-1946. Il tempo compreso fra il 30/9/43 e il 24/4/45, data di liberazione di Padova, gli è riconosciuto come servizio militare a tutti gli effetti. Il periodo dal 24/4/45 al 14/6/45 è considerato licenza illimitata senza assegni. Poi viene mandato in licenza illimitata senza assegni in attesa di disposizioni ministeriali. Il 1°-7-1946 è richiamato in servizio e assegnato al P.A.R. (Presidio Aeronautico Regione) di Padova. Il 14-10-1946 è congedato. Il 1°-12-1965 è nominato motorista con la votazione di 17,958/20 ed è promosso al grado di Aviere scelto con anzianità dall’1-3-1943.
Operazioni di guerra: dall’8/10/42 al 16/7/43 sul fronte del Mediterraneo. Campagna di guerra: 1943.

MAGAROTTO LUIGI

Intervista al Caporale Art. Alpina MAGAROTTO LUIGI, classe 1921 – 1° marzo 2003

Seconda guerra mondiale, il Caporale di Artiglieria Alpina Magarotto Luigi in Albania nel 1943.

1943, il Caporale di Artiglieria Alpina Magarotto Luigi in Albania.

Al momento della chiamata in guerra dove era occupato?

Avevo trovato occupazione presso la Snia Viscosa di Torino; era una fabbrica di filati. Prima però avevo lavorato nella fabbrica di mattonelle stradali del sig. Revelan che esisteva in via Galzignana, poco distante dalla “Trattoria al mutilato” di mio padre.

Ha qualche episodio significativo, che ricorda con gioia o con tristezza del servizio militare?

Fatti che mi fanno pensare alle paure passate ce ne sarebbero tanti da raccontare, come anche c’è stato qualche momento di felicità. Desidero raccontare due episodi che ricordo ancora con sicurezza.
Il primo avvenne verso la metà di agosto del 1942 quando tutti i Reparti presenti a Perucin (Croazia) dovettero assistere alla fucilazione di un soldato del 10° Rgt Lancieri. Quel fatto mi sconvolse e mi si impresse nella memoria nei minimi particolari. Nella zona di Gospic e Perucin noi eravamo impiegati in compiti di presidio con frequenti azioni di pattugliamento. Da qualche tempo avevamo notato che spariva un certo numero di munizioni dal nostre fortino e non sapevamo come mai. Una sera rientrai con la mia pattuglia di una quindicina di soldati al forte: entrammo dal posto di controllo dando la parola d’ordine stabilita per quel giorno. Non mi era ancora allontanato dall’entrata del forte, quando vidi un’altra pattuglia che si presentava al posto di controllo. Il capo pattuglia si presentò fornendo le stesse nostre denominazioni e la stessa nostra parola d’ordine. Io rimasi un po’ perplesso perché non potevano esistere due pattuglie con lo stesso nominativo.
All’improvviso vidi il nostro capitano accorrere, prendere ed ammanettare il capo pattuglia appena arrivato. Si seppe così che questa nuova pattuglia era composta da partigiani titini che avevano indossato divise rubate del nostro esercito per entrare nel fortino e ucciderci tutti. Avevano avuto la parola d’ordine da un Caporale Maggiore del Reggimento Lancieri. Questo militare era solito frequentare una ragazza che era la sorella di due partigiani titini ed era lui che sottraeva le munizioni e le consegnava alla ragazza; e questa le passava ai partigiani. Il giorno dopo fu fatto il processo a Perucin: fu condannato a morte, previa degradazione. Tutti dovemmo assistere alla fucilazione. Uno spettacolo impressionante! Il plotone di esecuzione venne costituito da 13 soldati e da un Tenente che appartenevano alla stessa compagnia della pattuglia che aveva corso il rischio di essere distrutta dal tradimento del caporale maggiore. Era un soldato siciliano della classe 1910 e dunque uno degli anziani. Fu legato ad una sedia e fucilato alla schiena. Fui sconvolto da quella scena, come tanti altri che assistettero alla esecuzione.
Il secondo fatto avvenne verso la fine del 1942. Noi eravamo in Croazia, a Ogulin. In questi paesi però c’erano anche famiglie di origine serba. Ad un certo punto vennero organizzate dal governo croato le famose squadre di Ustascia, che erano dei fanatici nazionalisti. Una sera sentimmo diversi spari provenire da un villaggio non lontano dal nostre forte. Il giorno dopo, quando noi andammo verso la fontana per l’abbeverata dei muli, notammo che diverse case del villaggio erano distrutte. In una di queste trovammo un ragazzino serbo di circa 15 anni piangente e ferito ad una gamba. Tutti i suoi famigliari erano stati uccisi. Noi lo raccogliemmo e lo trasportammo all’ospedale dove rimase per due mesi. Poi lo vedemmo arrivare al nostro accampamento, alla 7^ batteria. Lo vestimmo con una nostra divisa e così restò con noi per sempre: era diventato la nostra mascotte. Mangiava e dormiva con noi, ci seguiva nelle esercitazioni. Quando ci muovemmo per rientrare in Italia ci seguì. Ma a Fiume, dove c’era il Posto Tappa, fu fermato.
Intanto arrivò l’8 settembre ’43 ed io riuscii a raggiungere Battaglia Terme verso la fine di settembre. Dopo una decina di giorni me lo sono visto arrivare davanti alla Trattoria di mio padre. Lo accogliemmo in casa e restò con noi, come un fratello più piccolo. Mio padre segnalò il fatto al Municipio che lo impiegò anche nella guardia alle linee telefoniche e gli assegnò la tessera annonaria per ritirare i viveri. Poi, fra il 20 e il 24 aprile 1945, volle andarsene. Lo rifornimmo di viveri e vestiario e partì. Non lo rividi più. Seppi più tardi che se ne era tornato in Jugoslavia con l’aiuto di alcuni partigiani nostrani. Per me è stata una gioia poter aiutare quel ragazzo: il bene si può farlo anche nelle condizioni più tragiche.

Come visse i fatti dell’8 settembre 1943?

Come dissi prima riuscii ad arrivare a casa verso la fine di settembre attraverso una serie di peripezie.
Noi avevamo lasciato la zona di impiego in Croazia per rientrare in Italia e accamparci nei dintorni di Roma. Già una parte della Divisione “Re” era partita dopo il 25 luglio. Noi partimmo verso il 10 agosto da Ogulin e l’8 settembre ci trovavamo nei pressi di Postumia. Il giorno dopo arrivammo ad Aidussina dove incontrai il mio compaesano Romeo Bettin e dove vedemmo i grandi magazzini militari già saccheggiati. Anche noi riuscimmo a recuperare qualche capo di vestiario.
Il giorno 10 settembre gli Ufficiali ci comunicarono che eravamo circondati dai partigiani slavi e che noi eravamo liberi: insomma fu dato il “Si salvi chi può”. Il giorno dopo fummo costretti a lasciare le armi ai partigiani che ci fecero passare. In dieci assieme ad un tenente medico riuscimmo ad arrivare a Gorizia. Qui però c’erano i Tedeschi che fermavano tutti. Così attraversammo a guado l’Isonzo e, nascondendoci di giorno nei fossi e camminando di notte, arrivammo nei pressi di Treviso. Riuscii a raggiungere alcuni parenti che mi accolsero per alcuni giorni. Poi ripartii in treno con abiti borghesi per Battaglia Terme.

MAGAROTTO LUIGI di Mario e di Ferrato Eleonora nato il 6-10-1921 a Battaglia Terme ed ivi residente in Via Galzignana 392 – Matricola n. 31575 – Lavoro: oste – Scuola: cl. 4^ elementare.
Altezza cm. 176 Torace cm. 84 – Capelli castani lisci – Occhi castani.
Visita di leva il 20-5-1941.
Viene chiamato alle armi il 6-1-1942 e si presenta al D.M. di Padova. Il giorno dopo è inviato al 6° Rgt Artiglieria “Isonzo” in Gorizia, zona di guerra, con l’incarico di “puntatore”. Il 16 marzo è nominato Artigliere scelto e riceve l’incarico di Capopezzo. Il 3 maggio si imbarca a Brindisi col III Gruppo del 6° Rgt Art. e sbarca a Durazzo. Tutto il Gruppo è aggregato al 3° Rgt Art. Alpina. Con la tradotta, attraverso la Grecia e la Macedonia, giunge a Sarajevo. L’11 luglio passa col Gruppo al 23° Rgt Artiglieria III Gruppo 7^ Btr Divisione “Re”, mobilitato in zona di guerra, a Perucin. Il Comando della Divisione è a Gospic (PM93). È nominato Caporale il 1° ottobre. Il 24-2-1943 ottiene una licenza di gg. 15+4 e parte da Gospic-Perucin. Al termine della licenza si presenta al Comando Tappa di Fiume; è trattenuto perché non è possibile raggiungere il suo Reparto. Il 20 giugno, dopo vari tentativi, riesce a rientrare con notevole difficoltà. Il 10 agosto, con la Divisione “Re” e il 23° Rgt Art., parte da Ogulin per rientrare in Italia e schierarsi nei dintorni di Roma. Al momento dell’armistizio di trova nelle vicinanze di Postumia. Il giorno 9 settembre giunge ad Aidussina e il giorno 11 è a Gorizia, dove sbanda per i fatti seguiti all’armistizio. Raggiunge la famiglia il giorno 17/9. Il 22-10-1943 è richiamato in servizio per presentarsi al V Btg c/a di Padova. Non si presenta. Viene invece inquadrato nella Organizzazione TODT per lavori a Peschiera e a Ventimiglia. Il 2-1-1944 riesce a fuggire dalla zona di impiego e ritorna a Battaglia Terme. Il giorno 16 viene comandato dal Podestà al servizio di guardia alle linee telefoniche tedesche. Il 6 ottobre è precettato per il servizio obbligatorio del lavoro. Il 29-4-1945 viene considerato in servizio dall’8/9/43 al 28/4/45 ed è mandato in licenza straordinaria senza assegni in attesa di disposizioni. Il 15-3-1946 è congedato.
Operazioni di guerra: dall’1/7/42 all’8/9/43 in Balcania (territori ex jugoslavi) con la 7^ Btr del III Gruppo del 23° Rgt Artiglieria Divisione “Re”. Campagne di guerra: 1942-1943. Croce al Merito di Guerra n. 1357 il 25/1/1965. Il 4-11-2005 è insignito dal Presidente Ciampi dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica. Con decreto del Ministero della Difesa III/8 (325/270 del 13-4-2006 è promosso Caporale Maggiore a t.o.

TASINATO ORLANDO

Intervista all’artigliere TASINATO ORLANDO, classe 1921 – 15 settembre 2003

Seconda guerra mondiale, l'artigliere Tasinato Orlando al 46° Reggimento Artiglieria nel 1942.

1942, l’artigliere Tasinato Orlando al 46° Reggimento Artiglieria.

Quale lavoro faceva quando fu chiamato in guerra?

Io lavoravo nelle Officine “Galileo” di Battaglia Terme ed ero impiegato come carpentiere in ferro. Questo fatto del “carpentiere” diventò importante per me quando mi trovai prigioniero dei Francesi. Infatti quando nel campo di concentramento in Marocco ci fu bisogno di un falegname, chiamarono me che ero carpentiere,
senza pensare che io sapevo lavorare il ferro ma non il legno. Per fortuna che da ragazzo avevo lavorato in una bottega di falegname. Così mi potei risparmiare lavori più pesanti.

Seconda guerra mondiale, l'artigliere Tasinato Orlando a Trento nel 1943.

1943, l’artigliere Tasinato Orlando a Trento.

Lei combatté in Africa Settentrionale per circa due mesi, inquadrato in una divisione motorizzata; come fu impiegato?

Sì, avevamo degli obici da 149/12 tirati da autocarri e fummo mandati in appoggio a vari reparti di fanteria, bersaglieri, paracadutisti del Battaglione S. Marco. Purtroppo si era nella fase della ritirata e dovemmo cambiare posizione molto spesso. Proprio durante uno di questi spostamenti corsi il pericolo di lasciarci la pelle. Stavamo ripiegando con tutta la batteria quando fummo attaccati da una squadriglia di aerei inglesi. Tutti cercammo rifugio per proteggerci dalle schegge dei mitragliamenti e saltammo dagli autocarri. L’autista del mio camion fu gravemente ferito, il capitano perse una mano. Quando gli aerei si allontanarono, tutti cercarono di ritrovare i loro amici per sentire come stavano.
Tutti mi cercavano e mi chiamavano ma non mi vedevano. Infatti, nella fretta di lasciare il cassone del camion, mi ero impigliato con i calzoni su un gancio del ferma-telone e restai per tutto il tempo a penzoloni con la testa in giù, senza la possibilità di allontanarmi dall’automezzo che rischiava di incendiarsi o di esplodere, e senza nemmeno avere la forza di chiedere aiuto. Corsi un grosso pericolo, ma ebbi anche fortuna perché non rimasi nemmeno ferito.

Vuole raccontare qualcosa della sua prigionia?

Non fu affatto facile, specialmente nel primo periodo. Si dice che i prigionieri fatti dai Tedeschi furono quelli più sfortunati, ma nemmeno noi che fummo presi dalle truppe marocchine della Legione Straniera, ce la passammo bene. Io fui catturato nei pressi di Enfideville a circa 20 Km da Tunisi insieme a tantissimi altri. Incontrai anche Vittorio Donà. Nel primo campo a Pont du Fahs, dove incontrai anche il mio concittadino Paolo Nanti, restammo un mese in uno stato di debolezza tale che solo pochi si azzardavano a camminare.
I più restavano sdraiati come morti, coperti di mosche e inondati di sudore. Finalmente ci destinarono al campo di concentramento n. XXV di Kasba-Tadla in Marocco a circa 590 chilometri di distanza. Sperammo di aver terminato le nostre tribolazioni! Invece ce li facemmo tutti a piedi quei chilometri.
Per i primi cinque giorni di marcia non ci dettero né cibo e né acqua; tanti rimasero sulla pista del deserto e morirono. Poi cominciarono a darci una fetta di pane da 30 grammi, un gavettino di brodaglia e un pezzetto di pecora lessa a mezzogiorno; questo doveva bastare fino al giorno dopo. Al nostro arrivo ci applicarono sulla tuta una “toppa rossa” per distinguerci dagli altri prigionieri ed anche per sorvegliarci meglio: una macchia rossa in mezzo al deserto si vede subito. Così fummo chiamati quelli della”Toppa rossa” e nel dopoguerra nacque il club “Toppa Rossa” fra tutti gli ex prigionieri dei Francesi in Marocco che pubblicò anche per un certo tempo un giornalino e che si prodigò per la sistemazione dei cimiteri di guerra italiani in quella terra.

L'area di Kasba Tadla, in Marocco.

Cartina del Marocco, l’area di Kasba Tadla.

Quale fu il suo lavoro?

Come dicevo fui mandato nella falegnameria dei magazzini vestiari delle truppe francesi proprio perché io avevo dichiarato di essere “carpentiere”.
Per alcuni mesi assieme ad altri 50 fummo mandati a lavorare nelle campagne del Senegal. Poi tornammo a Kasba-Tadla con la solita vitaccia: lavoro tanto, vitto scarso. Avevamo sempre sete perché l’acqua era scarsa. Per procurarci qualche borraccia da dividerci nella baracca mettevamo uno straccio attraverso un rigagnolo che proveniva dall’accampamento dei soldati francesi. La poca acqua che giungeva veniva filtrata ed in una notte riuscivamo a recuperare anche una borraccia di quell’acqua che non era di marca “Sangemini”, ma ci levava un po’ la sete.

Buono da 100 franchi per l’acquisto di generi vari, spendibile solo all’interno del campo di Kasba Tadla.

Buono da 100 franchi da poter spendere per l’acquisto di generi vari solo all’interno del campo di concentramento di Kasba-Tadla.

Aveva qualche amico che poi incontrò dopo la guerra?

Un amico fu Antonio Merlin da Bastia di Rovolon (Pd) che passò le mie stesse esperienze in guerra ed in prigionia. Ci siamo rivisti alcune volte dopo la guerra. Un altro amico fu Ravioli Angelo da Milano che ebbe l’incarico di cuciniere al campo di concentramento. Col suo aiuto e a suo rischio, riuscivo ad avere qualche supplemento del vitto. È venuto a trovarmi una volta. Queste amicizie restano per tutta la vita perché nascono nella sofferenza e nel bisogno.
Devo dire però che un aiuto grande mi venne dalla speranza di ritornare e dalla fiducia nell’aiuto di Dio. Poi c’era sempre il pensiero dei familiari e dei miei fratelli che erano in guerra. Di uno di loro, Antonio, ero preoccupato perché non dava più notizie di sé. Quarant’anni dopo la fine della guerra riuscii a conoscere la sua sorte: era morto in campo di concentramento ed era stato sepolto nel cimitero del lager di Lades Anstalt Sorau N. L. Grab n. 98, in Germania.

Mostrine del 46° Rgt Art della Divisione Motorizzata ”Trento”, seconda guerra mondiale.

Le mostrine portate dal 46° Rgt Art della Divisione Motorizzata ”Trento”, conservate come reliquie dall’artigliere Tasinato Orlando.

TASINATO ORLANDO di Giovanni Battista e di Altieri Romilda nato il 5-12-1921 a Carrara S. G. e residente a Battaglia T. Via Ortazzo 88 – Matricola n. 31574 – Lavoro: meccanico – Scuola: cl. 4^ elementare. Altezza cm. 159 Torace cm. 81 – Capelli castani scuri – Occhi castano grigi.
Visita di leva il 20-5-1941.
Il 25-1-1942 viene chiamato alle armi al 46° Rgt Artiglieria Pesante Campale per Divis. Motorizzata “Trento” a Trento – 118° Gruppo – 1207^ Btr (PM27). Il 16 agosto è trasferito al 110° Gruppo Art., in zona di guerra, a S. Nicola di Caserta. Il 15-3-1943 parte per via aerea da Castelvetrano col 335° Gruppo Artiglieria e giunge a Tunisi. È impiegato in varie località del fronte: Zarat, Maret, verso l’interno del deserto. Il 13-5-1943 è catturato e fatto prigioniero dalle truppe francesi (Legione Straniera) mentre si trova a Enfideville-Zaguaf in Tunisia. Viene rinchiuso nel campo di Costantina e poi di Kasba-Tadla e di Casablanca, con matricola di prigioniero n. 52161. Viene rimpatriato il 10-5-1946; parte da Casablanca e giunge a Napoli. Va in licenza di gg. 60 con assegni. Il 10-7-1946 è congedato.
Operazioni di guerra: dal 15/3 al 13/5/43 in Africa Settentrionale col 335° Gruppo Artiglieria. Campagna di guerra: 1943. Croce al Merito di Guerra n. 26227 il 29/8/1990. Ha titolo all’attribuzione dei benefici di legge per essere stato prigioniero dei Francesi dal 13/5/43 al 10/5/46.

Interviste di Bruno Savin

E noi... chi siamo!? 1939-1946, Battaglia Terme nella 2a Guerra Mondiale, copertina.

Le interviste ai soldati e le schede relative al loro servizio militare sono tratte da: Bruno Savin, “E noi… chi siamo!?” 1939-1946, Battaglia Terme nella 2a Guerra Mondiale, Battaglia Terme, 2006, alle pagine 404-408, 412-418. Sono inoltre qui pubblicate le relative immagini.