Ricordi di guerra dei soldati battagliensi (5)

Quinta parte delle interviste effettuate da Bruno Savin ai soldati battagliensi che hanno combattuto durante la seconda guerra mondiale. Le interviste qui pubblicate riguardano i soldati nati negli anni 1922 e 1923. Insieme a ogni intervista, la scheda relativa al servizio militare prestato da ciascun soldato.

prima parteseconda parteterza parte Quarta parte.

Businaro Armando
Fasolato Sergio
Marcante Giuseppe
Pistore William
Salmaso Lodovico
Scalzotto Otello Ugo

Sigle e abbreviazioni
Avv. Prof. Avviamento professionale; Btg Battaglione; Btr Batteria; Comp. Compagnia; Div. Divisione; FF.AA. Forze Armate; Ftr Fanteria; G.a.F. Guardia alla Frontiera; Lic. licenza; Matr. matricola; O.M. Ospedale Militare; PM Posta Militare; Rgt Reggimento; RSI Repubblica Sociale Italiana.

BUSINARO ARMANDO

Intervista al fante BUSINARO ARMANDO, classe 1923 – 18 febbraio 2004

Armando Businaro all’81° Reggimento Fanteria. maggio 1943.

Maggio 1943, Businaro Armando all’81° Rgt Ftr.

Quando è stato chiamato alla visita militare la guerra era già cominciata; fra voi giovani ne parlavate?

Certo che se ne parlava! Ma nei primi momenti pareva che andasse tutto per il verso buono.
Alla visita quel giorno eravamo in un bel gruppo di Battaglia Terme. Qualcuno, all’interno della sala, fece un accenno alla possibilità di essere esonerato. Fu fulminato da un’occhiata di un ufficiale presente e così si tappò la bocca. Al termine della mattinata ci comunicarono che eravamo stati ritenuti idonei al servizio militare e di tornare a casa in attesa della chiamata. Fra i coscritti, da sempre, circolava un detto: “Chi è abile per il Re è anche abile per la Regina.” In sostanza sembrava che ci venisse data ufficialmente la patente di “uomini”, con le relative prerogative. Qualcuno perciò si sentiva autorizzato a fare un salto, prima di tornare al paese, in una di quelle case che allora erano dette “chiuse”. Ricordo che quel giorno, con i miei amici, passammo solo davanti alla porta di una di quelle case e ce ne tornammo a Battaglia Terme, con nella testa il pensiero della prossima chiamata in guerra, il cui andamento in quei mesi già dava pensieri di preoccupazione.

Il suo servizio all’81° Reggimento Fanteria si svolse fra addestramenti e marce in vista di un impiego sul fronte russo, dove la Divisione “Torino” già era impegnata. Ma tutto fu interrotto dalla firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943. Cosa ricorda di quella data?

Io mi trovavo nella Caserma “Monti” di Parma. Al mattino del nove settembre successe a noi quello che avvenne per migliaia di altri soldati italiani in Patria e nei Balcani. Fummo circondati dalle truppe tedesche. Ci fecero consegnare le armi e ci caricarono su un treno merci, trenta per ogni carro. Ci portarono via tutti, compresi gli Ufficiali. Nel carro merci dove mi trovai io c’erano anche alcuni nostri sergenti. Capimmo subito che per noi sarebbe iniziato un periodo di prigionia. Nessuno ci aveva dato qualche segno di speranza.
Viaggiammo per circa quindici giorni, costretti, sempre chiusi nel vagone, a lunghe soste su binari morti e senza la possibilità di scendere. Per soddisfare i nostri bisogni fummo costretti a togliere una tavola dal pavimento del carro. Non era ancora stata approvata la “legge sulla privacy”! Durante le soste, qualche donna delle campagne che attraversavamo ci lanciava una pagnotta o qualche patata. Arrivammo in un campo nei pressi di Berlino, dopo aver attraversato mezza Europa in quelle condizioni.

1943, il fante Armando Businaro a Parma.

1943, Armando Businaro a Parma.

Come trascorsero i lunghi mesi di prigionia?

Quando tornai dalla prigionia, sentii i racconti delle disavventure di molti amici. Devo dire che io fui alquanto fortunato, pur nella triste condizione in cui venni a trovarmi. All’interno del lager ci sistemarono in baracche da otto posti. Fummo subito avviati ai lavori di campagna dove si lavorava circa dodici ore al giorno. Si tornava alla sera stanche morti e trovavamo un po’ di brodaglia per cena. Era una vita faticosa e si faceva di tutto per trovare qualcosa da mettere sotto i denti. Ricordo che cercavamo di raccogliere anche le bucce di patata che venivano gettate nei bidoni della mensa delle sentinelle tedesche. I Tedeschi ce lo proibivano perché non era igienico e poteva essere pericoloso per la nostra salute. È certo che noi cercavamo di sopravvivere, anche col rischio di prenderci delle brutte infezioni. Fortuna volle che, dopo tre mesi, fui destinato a lavorare in una fabbrica di armamenti. Fui adibito al funzionamento di una alesatrice.
Ogni mattino, dopo aver bevuto un caffè lungo, annacquato e amaro, si percorrevano a piedi tre chilometri e si giungeva alla fabbrica. Là trovavo il capo squadra tedesco che mi assegnava i compiti della giornata. Dopo 12 ore di lavoro si tornava al campo. Una settimana avevo il turno di giorno e la settimana dopo quello di notte. Quel caposquadra era abbastanza giovane e riuscii a non farmelo nemico. Ogni tanto mi chiamava e, di nascosto, mi passava due fette di pane. Qualche domenica mi invitava a casa sua e si cenava in compagnia della moglie e dei due figli. Verso la metà del 1944 quel caposquadra fu chiamato al fronte. Prima di partire mi raccomandò la moglie e i figli, nel caso avessero avuto bisogno di aiuto. Forse aveva già capito che la guerra non si sarebbe conclusa bene per la Germania e, prevedendo il peggio, cercava di preparare una protezione per la famiglia. Comunque, per debito di riconoscenza, io mi sentii di rassicurarlo e, nei mesi seguenti, percorrendo a piedi quasi quattro chilometri, mi recai a casa sua e cercai di rendermi utile. Purtroppo la giovane moglie cominciò a desiderare troppo insistentemente la mia vicinanza. Mi sentii in dovere, proprio per non tradire la fiducia del giovane caposquadra, che mi aveva tante volte aiutato, di interrompere le mie visite. Non ebbi più notizie di nessuno di loro.

A Berlino arrivarono le truppe russe e fu liberato dalla prigionia. Come andarono poi le cose?

Fummo liberati dai Russi ai primi di maggio del 1945. Ci ordinarono di continuare a lavorare come prima; tuttavia eravamo liberi di circolare dentro e fuori del campo. In quei mesi, fino a fine settembre, ebbi l’occasione di incontrare alcuni di Battaglia Terme che erano partiti anni prima per lavorare nelle fabbriche della Germania. Ricordo di aver salutato Cavazzana Marino, Ventura Tiziano e Pedrazzoli Dario. Fra gli ex prigionieri incontrai anche Angelo Asseretto.
Finalmente a metà settembre ci trovarono una tradotta e partimmo per l’Italia. Attraversammo il Brennero senza particolari accoglienze. Ci fecero festa invece allo scalo di Pescantina di Verona. Rividi Battaglia dopo circa 24 mesi. Sceso dal treno, incontrai una donna che mi riconobbe e che corse avanti ad avvisare la mia famiglia. Davanti alla chiesa in Via Maggiore abbracciai i miei genitori e cominciò una gran festa in tutta la zona Pescheria.
Il giorno dopo mi recai all’Ufficio Postale, dove lavorava la madre di Angelo Asseretto, per avvisarla del prossimo ritorno del figlio. Lui sarebbe rientrato dalla prigionia qualche giorno dopo; sua madre, finché non lo rivide, pensò che avessi voluto prenderla in giro. Così era finita la mia esperienza di guerra. Dopo qualche giorno ritornai alle Officine Galileo, reparto Serramenti, dove avevo cominciato a lavorare a 14 anni.

BUSINARO ARMANDO di Ignazio e di Burattin Amalia nato il 31-1-1923 a Battaglia T. ed ivi residente in Via Androna 136 – Matricola n. 44121 – Lavoro: tornitore meccanico-Scuola: 5^ elem. Altezza cm. 175 Torace cm. 87 – Capelli castani lisci – Occhi castani.
Visita di leva il 30-6-1942.
Il 2-9-1942 è chiamato alle armi e giunge all’81° Rgt Ftr “Torino” 4^ Comp. in S. Michele Extra (Vr). Trasferito poi a Gaeta ed infine alla caserma “Monti” di Parma. Viene catturato e fatto prigioniero dai Tedeschi il 9-9-1943 mentre si trova in servizio presso l’81° Rgt Ftr in Parma. È portato a Kustrin-Tege (Berlino) Stalag III C. con matricola di prigioniero n. 30925. Il 28-9-1945 è rimpatriato e il 9 ottobre va in licenza di rimpatrio di gg. 60 con assegni. Poi è lasciato in licenza straordinaria senza assegni in attesa di disposizioni. Il 20-7-1946 va in congedo.
Campagne di guerra: 1943-1944-1945. Croce al Merito di Guerra n. 23047 il 9/2/78; brevetto “Volontari libertà” n. 68 il 6/12/79. Ha diritto all’attribuzione dei benefici di legge per essere stato prigioniero dei Tedeschi dal 9/9/43 all’8/5/45 e trattenuto dalle FF. AA. Alleate fino al 28/9/45.

FASOLATO SERGIO

Intervista al fante FASOLATO SERGIO, classe 1923

Maggio 1943, Fasolato Sergio (a sinistra) a Metlika, in zona di guerra.

5/1943, Fasolato Sergio (in canottiera) a Metlika.

Quale lavoro svolgeva al momento della chiamata alle armi?

Allora lavoravo già alle Officine Galileo come falegname.

Dove fu chiamato?

Mi presentai al Distretto Militare di Padova ai primi giorni del 1943; da qui fui mandato a Trieste dove c’era il 73° Rgt Fanteria. Ci caricarono alla stazione di Padova sulla tradotta. Erano carri bestiame dove era stata stesa della paglia.

Quale era l’equipaggiamento?

Ci fu consegnato il fucile mod. 91 da fanteria; il vestito era quello di tutti i soldati ancora con le fasce gambiere. Ricordo che nel periodo di Trieste ho patito tanta fame.

Ci furono dei momenti in cui fu in grave pericolo?

Dopo due mesi, da Trieste ci spostarono al fronte. Io fui mandato a Metlika, nei pressi di Karlovac. La nostra caserma era una specie di castello fortificato. Avevamo il compito di presidiare il territorio. Frequenti erano i rastrellamenti per scoprire armi o guerriglieri. Durante uno di questi fummo attaccati all’improvviso. In quello scontro morirono cinque miei amici.

La cittadina di Metlika (Croazia) dove era di stanza Sergio Fasolato nel 1943.

La cittadina di Metlika (Croazia) dove era di stanza Sergio Fasolato nel 1943.

Cosa avvenne l’ 8 settembre 1943?

Nessuno sapeva più cosa bisognasse fare. Dopo alcuni giorni con altri due amici lasciai il forte e raggiunsi Basovizza a piedi. Gli altri due furono presi dai partigiani titini e non li rividi più. Io riuscii a raggiungere la stazione ferroviaria di Trieste. Qui fui aiutato dalla popolazione civile che ci dava indicazioni per non farci prendere dai Tedeschi. Salii su un treno con un altro ragazzo per giungere a Padova. Prima di arrivare alla stazione di Padova, durante un rallentamento del treno, scendemmo per evitare i controlli. Raggiunsi Battaglia attraverso i campi.

Cosa fece dopo?

Dopo pochi giorni mi presentai alle Officine Galileo e fui riammesso al lavoro.

FASOLATO SERGIO di Ettore e di Ferrato Maria nato il 22-10-1923 a Pernumia ed ivi residente in Via Granze 412 – Parrocchia di Battaglia Terme – Matricola n. 44064 – Lavoro: falegname Scuola: 5^ elementare.
Altezza cm. 170 Torace cm.84 – Capelli neri lisci – Occhi castani.
Visita di leva il 27-6-1942.
Il 4-1-1943 è chiamato alle armi e si presenta al deposito del 73° Rgt Ftr II Btg Comp. Reclute Caserma “Montebello” PM47 a Trieste, in zona di guerra. Il 7 marzo è mobilitato e mandato con la Comp. Reclute a Karlovaz. Il 2 maggio passa alla 2^ Compagnia. Il 18-9-1943 riesce a rientrare in Italia, si dà sbandato a seguito degli avvenimenti sopraggiunti all’armistizio e raggiunge la famiglia. Il 28-4-1945 viene considerato in servizio dal 19/9/43 al 28/4/45 e poi lasciato in licenza illimitata senza assegni in attesa di disposizioni. Va in congedo il 15-8-1946.
Operazioni di guerra: dall’8/3 all’8/9/43 in Balcania col 73° Rgt Ftr Divisione “Lombardia”.
Campagna di guerra: 1943. Croce al Merito di Guerra n. 17689 il 28/10/1968.
Annotazione della RSI, poi depennata: In data 3-5-1944 viene richiamato ed esonerato per malattia fino al 31-12-1944; poi è esonerato fino alla fine della guerra quale dipendente dalle Officine Galileo di Battaglia Terme -Stabilimento Aus.

MARCANTE GIUSEPPE

Intervista al Soldato Guardia alla Frontiera MARCANTE GIUSEPPE, classe 1923 – 27 novembre 2002

Marcante Giuseppe, fante delle Guardie alla Frontiera, 1942.

1942, Marcante Giuseppe, fante delle G.a.F.

Quale lavoro faceva quando è stato chiamato alle armi?

Io facevo il barcaiolo con il burcio dei Vettore. Questo lavoro l’ho ripreso quando sono tornato a casa dopo l’8 settembre 43.

Come si svolgeva il suo servizio nella zona del M. Calvario, località resa famosa dalle battaglie della prima guerra mondiale?

Sul M. Calvario c’erano numerose postazioni fortificate; inoltre c’erano diversi depositi di viveri e di munizioni. Molti depositi erano anche in gallerie sotterranee. Il nostro compito principale era quello della sorveglianza; infatti noi eravamo del Corpo della Guardia alla Frontiera. Ma il dovere più pericoloso era quello dei rastrellamenti. Infatti quella zona di confine era piena di partigiani che tendevano imboscate continuamente. In ogni fortificazione eravamo una cinquantina e a turno capitava a tutti questo servizio.

Cosa le pesava di più in quel periodo?

Ricordo che ho sofferto molto la fame; una pagnotta ti doveva servire per tutta la giornata, ma prima di mezzogiorno era già mangiata. Per fortuna che nelle vicinanze c’erano dei boschi di nocciole e che in qualche modo potevamo mettere qualcosa sotto i denti. Tanti giorni pativamo anche la sete perché il rifornimento d’acqua avveniva con delle cisterne. Quando i partigiani riuscivano a colpirle, restavamo a secco per tutto il giorno. Da casa non si avevano tante notizie: l’unico col quale era in corrispondenza era mio fratello Isidoro, anche lui al fronte.

Cosa avvenne l’8 settembre del 1943?

Il giorno 9 di settembre la nostra zona fu invasa da una marea di soldati che veniva dalla Slovenia e dalla Croazia; tutti scappavano e cercavano di arrivare a casa. I Tedeschi fermavano tutti quelli che incontravano e i partigiani di Tito volevano che andassimo con loro. Io sono rimasto in canottiera (per fortuna non faceva ancora freddo) e mi sono diretto verso casa. Mi muovevo solo di notte e dopo 27 giorni sono arrivato a Battaglia.
Dopo pochi giorni ho ripreso il lavoro di barcaiolo; i Tedeschi avevano requisito tutte le barche e perciò siamo stati come operai militarizzati.

MARCANTE GIUSEPPE di Alessandro e di Guolo Maria nato il 18-10-1923 a Carrara S. Stefano e residente a Battaglia T. in Via Terme 254 – Matricola n. 44762 – Lavoro: barcaiolo – Scuola: 4^ elementare.
Altezza cm. 162 Torace cm. 85 – Capelli neri lisci – Occhi castani.
Visita di leva il 27-7-1942.
Il 27-7-1942 è arruolato e giunge al deposito Guardia alla Frontiera XXV Settore Fanteria a S. Pietro del Carso. L’8 maggio è inviato alle fortificazioni e ai depositi sotterranei sul M. Calvario q. 850, in zona di guerra. L’8-9-1943, rimasto senza ordini superiori, assieme ad altri commilitoni, lascia la zona del fronte per non farsi prendere prigioniero dai Tedeschi o dai partigiani slavi. Dopo 27 giorni arriva a casa. Il 28-4-1945 è considerato in servizio dall’8/9/1943 al 28/4/1945 e lasciato in lic. illimitata senza assegni in attesa di disposizioni. È congedato il 15-7-1946.
Croce al Merito di Guerra n. 663/2002 l’11/11/2002.

PISTORE WILLIAM

Intervista al fante PISTORE WILLIAM, classe 1922 – 16 ottobre 2003

1942, Pistore William al 94° Fanteria Batteria Armi Accompagnamento.

1942, Pistore William al 94° Ftr Btr Armi Accompagnamento.

Quando è stato chiamato in guerra lavorava già?

Sì, ero occupato alle Officine Galileo di Battaglia Terme come meccanico tornitore.

Dopo parecchie peripezie fu inviato a Rodi. Quali compiti le furono assegnati?

Noi avevamo il compito di sorvegliare uno dei due aeroporti di Rodi, quello di Kalato. A me vennero affidati compiti di capoposto dei turni di sorveglianza, anche se non mi hanno mai promosso caporale. La situazione in quell’isola, che era diventata italiana da quasi vent’anni, non era proprio difficile. Era sempre comunque una vita dura. Per procurarci qualcosa in più nel vitto imparammo a vendere il sale. Infatti le coste dell’isola di Rodi sono sassose. Quando l’acqua si ritirava per la bassa marea, lasciava depositato sulle rocce un sottile strato di sale. Con una buona dose di pazienza imparammo a raccogliere quel sale e barattarlo con la gente del posto in cambio di frutta o verdura.

1943, Pistore William (col secchio) nell’isola di Rodi. in zona di guerra.

1943, Pistore William (col secchio) nell’isola di Rodi.

Cosa avvenne nell’isola con l’8 settembre 1943?

Io posso raccontare quello che capitò al mio reparto e non tutto quello che avvenne nel resto dell’isola. La mattina del giorno nove il Comandante ci informò dell’armistizio e ci parlò della nostra situazione, lontani da casa e dalle vie di rifornimento. Il giorno dopo cominciarono i micidiali mitragliamenti degli Stukas tedeschi che ci costrinsero sulla difensiva. Ben presto arrivarono delle autoblinde germaniche e diventammo prigionieri. Rimanemmo a Rodi per circa tre mesi, obbligati a lavorare su ordini degli Ufficiali tedeschi. Poi ci portarono in aereo ad Atene e da qui al Campo di concentramento in Germania.
Ogni giorni ci portavano, anche con marce di 10-15 km, in città e paesi bombardati per liberarli dalle macerie e recuperare i morti. Dopo alcuni mesi ebbi la fortuna di essere richiesto per lavorare in una fabbrica meccanica, dato che io ero tornitore. Si lavorava dieci, dodici ore al giorno. La domenica ce la lasciavano libera per le pulizie che per noi, senza sapone e con poca acqua, si limitavano alla spidocchiatura. Posso dire di essere stato fortunato, perché in seguito sentii di altri soldati italiani che furono sfruttati come bestie e molti ci lasciarono la pelle.

Come avvenne la sua liberazione dal campo di concentramento?

Una mattina, verso la fine di marzo del 1945, ci fu dato ordine di metterci tutti in fila e lasciare in fretta il campo dirigendoci verso est, cioè verso l’interno della Germania. Noi tutti sentivamo i colpi di cannone delle truppe americane che si stavano avvicinando. Perciò pensammo subito di trovare il modo di svignarcela. Con altri quattro amici riuscii a nascondermi in un fossato di un bosco. Passata qualche ora e non vedendo più alcuna guardia tedesca, cominciammo a raccogliere delle patate che erano state seminate in alcuni campi vicini. Poi accendemmo un fuoco per cuocerle. Forse i soldati americani di una colonna di carri armati che stava avanzando videro il fumo di quel fuoco e si avvicinarono a noi. Rimanemmo a bocca aperta quando uno di loro ci chiese in italiano: “Chi siete? Dove sono i Tedeschi? Quanto è lontana la città?” Fra gli Americani c’era chi parlava la nostra lingua. La nostra gioia fu immensa: rispondemmo subito alle domande e in cambio di rifornirono di cioccolato, sigarette, biscotti.
Noi continuammo la nostra strada verso le linee alleate. Ad un certo momento arrivammo alla famosa città di Heidelberg. Qui ci fermarono, ci consegnarono delle divise americane nuove di zecca e ci portarono con loro a trasbordare carichi di viveri da una riva all’altra del fiume Reno. Insomma facemmo la bella vita. Ma eravamo sempre lontani da casa e questo ci addolorava.
Venne finalmente l’ordine di tornare. Ci portarono in treno fino ad Innsbruck e poi in corriera fino a Padova. Finalmente una città che conoscevo: e mi avviai verso Battaglia a piedi. Giunto al Bassanello, incontrai un gruppo di amici in bicicletta, fra i quali ricordo Giuseppe Bonafè e Danilo Burattin. Grande festa! Caricammo le biciclette su un camion che ci portò a Battaglia Terme. Ero arrivato a casa!

Riprese a lavorare?

Mi riposai per poco tempo. Ebbi l’occasione di essere richiamato alle Officine Galileo e mi presentai immediatamente per riprendere il mio lavoro di tornitore meccanico.

PISTORE WILLIAM di Riccardo e di Turon Maria nato il 30-12-1922 a Battaglia Terme ed ivi
resid. in Via Androna 145 – Matricola n. 36494 – Lavoro: meccanico tornitore – Scuola: 2^ cl. avv. prof.
È chiamato alle armi il 10-1-1942 e giunge al 94° Rgt Ftr Batteria accompagnamento: prima al deposito di Fano per la vestizione e poi a Senigallia. Entra all’O.M. di Ancona il 3 maggio. Esce dall’O.M. il 15 maggio e va in lic. di convalescenza di gg. 30. Viene ricoverato all’O.M. di riserva di Castelfranco V. il 13 giugno e dopo due giorni passa all’O.M. di Padova. Rientra al Reparto il 18 giugno con gg. 90 di esenzione dalle fatiche di guerra. Al termine della licenza rientra al reggimento che si trova a Fossombrone. Il 29 ottobre passa al Comando Supremo Truppe Egeo per la Divisione “Regina” che si trova ad Atene-Pireo. Per raggiungerlo parte con la tradotta militare e attraversa tutta la Balcania. Il 20 dicembre raggiunge con la nave la zona di guerra con il 9° Rgt Ftr “Regina” 19^ Comp. Mitraglieri Costiera Autonoma PM550 a Rodi. Il 13-3-1943 entra all’Ospedale da campo n. 234 per una ferita al piede. Rientra al Corpo il 27 luglio. Il 12-9-1943 viene catturato dalle truppe tedesche nell’isola di Rodi mentre si trova con la 19^ Comp. Mitraglieri Costiera del 9° Rgt Ftr “Regina” in servizio di sorveglianza all’aeroporto di Kalato. È portato prigioniero prima ad Atene, poi al campo di smistamento di Forbach ed infine al campo 200 B di Frankenthal in Alsazia con matricola di prigioniero n. 16487. Ritorna in Patria il 9-6-1945 e viene inviato in licenza di gg. 60 con assegni. Poi è lasciato in licenza illimitata senza assegni in attesa di disposizioni. Il 15-7-1946 è congedato.
Campagne di guerra: 1943-1944-1945.
Croci al Merito di Guerra n. 23143 e 23144 il 24/5/1978.
Concesso distintivo d’onore “Volontari della libertà” n. 896 il 26/5/80.

SALMASO LODOVICO

Intervista al Soldato Portaferiti SALMASO LODOVICO, classe 1922 – 1 febbraio 2003

Febbraio 1942, Salmaso Lodovico alla 14^ Compaglia Sanità.

Febbraio 1942, Salmaso Lodovico alla 14^ Comp. Sanità.

Quando è stato chiamato alle armi dove lavorava?

Io facevo il barcaiolo sul burcio “S. Giuseppe” di proprietà del sig. Benelle. Avevo la funzione di capobarca. Trasportavamo da Battaglia al mare il sasso di trachite e altre pietre dei nostri Colli; ma facevamo anche altri giri nella laguna veneta e nei fiumi e canali del Veneto fino al Po.

Giunto al Distretto dove fu destinato?

Siamo stati mandati ad Este dove abbiamo passato alcuni mesi per l’addestramento di base da soldato. Là ho fatto amicizia con Gastone, un ragazzo del Bassanello di Padova che faceva anche lui il barcaiolo. Con lui sono sempre stato assieme fino alla liberazione dal campo di concentramento in Germania. In tante occasioni ho avuto modo di constatare quanto vale un vero amico, sia nei momenti di pericolo che in quelli più sereni dello svago. Dopo la guerra, tornati a casa, ci siamo rincontrati diverse volte.

3 luglio 1942, Lodovico Salmaso alle esercitazioni di tiro a Calaone.

3 luglio 1942, Lodovico Salmaso alle esercitazioni di tiro a Calaone.

Quando sono arrivato in Albania a Pristina avevo l’incarico di portaferiti e trasportavo i feriti più gravi fino all’imbarco su una nave ospedale che li riportava in Italia per le cure che non si potevano dare negli ospedali da campo. Avevo assieme agli altri anche il compito di montare e smontare l’ospedale ogni volta che ci spostavano per seguire i reggimenti della Divisione “Puglie” a cui appartenevo.

Settembre 1943, Lodovico Salmaso alla Divisione ”Puglie” in Albania.

Settembre 1943, Lodovico Salmaso alla Div. ”Puglie” in Albania.

Ci siamo spostati diverse volte fra l’Albania, la Grecia, la Bulgaria e il Montenegro. Ho avuto sfortuna quando stavo partendo per una licenza in Italia e sono stato preso dai Tedeschi al momento dell’imbarco.
Sono stato portato a Kossovo-Poljie e il giorno 16 settembre siamo partiti con la tradotta di carri bestiame, prima per il campo di smistamento di Wizendorf, dove siamo arrivati il 25 settembre. Dopo due mesi ci hanno trasferito in altri lager fino a quello definitivo di Lubecca. Abbiamo passato 15 giorni da incubo; in ogni carro eravamo in circa 80 e non c’era possibilità di movimento; lascio immaginare in quali situazioni vivemmo. Al campo di concentramento venivo impiegato negli ospedali; eravamo sempre pieni di fame. L’ultimo anno l’ho passato a lavorare in campagna dove ci davano qualcosa in più da mangiare.

1943, Lodovico Salmaso invitato ad un matrimonio albanese, in zona di guerra (1). 1943, Lodovico Salmaso invitato ad un matrimonio albanese, in zona di guerra (2).

1943, Lodovico Salmaso invitato ad un matrimonio albanese.

Ha passato qualche momento di grande paura?

In guerra si ha sempre paura; comunque ho passato un brutto momento quando fui ferito. Eravamo a Pristina e portavamo il nostro vestiario da lavare ad una signora del paese che aveva tre figli piccoli e in cambio noi le portavamo qualche pagnotta. Una sera nel ritornare all’ospedale sentimmo delle scariche di fucile sparate dai partigiani. Una pallottola mi prese al gomito sinistro e me la cavai con qualche punto. Però la paura fu tanta.
Molta paura avemmo anche quando fummo portati nei lager e arrivavano gli aerei alleati a bombardare. Mi ricordo di un grosso bombardamento americano quando ero al campo di Sandbostel. Io mi trovavo in baracca sulla branda al secondo piano ed in un attimo mi sono trovato sotto la baracca a proteggermi dalle schegge.

1944, Lodovico Salmaso nel lager di Sanbostel.

1944, Lodovico Salmaso nel lager di Sanbostel.

Ci fu qualche momento di allegria?

Un momento di vera gioia, oltre ai giorni dell’arrivo della posta da casa, fu quando lavoravo come prigioniero in Germania. Tante volte eravamo impiegati a piantare patate e di notte tornavamo nei campi di nascosto per prenderne alcune e sfamarci. Ma il rischio era troppo alto. Un giorno stavamo spostando della balle di fieno quando queste, cadendo sul pavimento del fienile, provocarono come dei tonfi. Abbiamo pensato che sotto il fieno ci fosse del vuoto. Infatti, dopo aver spostato il fieno, ci accorgemmo di una botola che portava al magazzino viveri della fattoria. Era pieno di patate. La nostra allegria fu enorme: avevamo trovato il modo di mangiare qualcosa di più e portarne anche ai nostri amici del campo.

Cosa avete fatto dopo la liberazione dal campo di concentramento?

Quando sono arrivati gli Inglesi a Lubecca ci hanno detto che eravamo liberi; però siamo rimasti nel campo e abbiamo cominciato ad essere riforniti di vestiario e cibo. Nell’attesa del rimpatrio ci organizzammo per trascorrere delle serate in compagnia anche degli altri ex prigionieri che non conoscevamo. Così un capitano italiano che aveva suonato anche con il Prof. Armando Burattin in Italia ha costituito un piccolo complesso con alcuni strumenti musicali. Abbiamo addobbato una baracca del campo e alla sera si ballava in allegria: Venivano gli Inglesi, gli Americani, i Russi e tutti gli ex prigionieri italiani, russi e polacchi e francesi. Facevamo pagare l’entrata con 5 sigarette. Un po’ alla volta cominciarono a venire anche delle ragazze tedesche e così cominciammo noi a preparare l’Europa unita.
Alla fine di agosto del 1945 finalmente arrivai in Italia e allora la gioia fu immensa. Di tutte queste mie vicende di guerra e di prigionia ho ancora due oggetti, oltre ad alcune foto: lo zaino che mi hanno dato ad Este e che mi ha accompagnato fino al ritorno a casa dopo la prigionia e un paio di stivali di cuoio, ormai senza suola, che sono il ricordo di un brutto giorno. Poco dopo il nostro arrivo al lager di Lubecca scoppiò una epidemia di tifo petecchiale. Fummo tutti incolonnati, spogliati completamente e rasati a zero. Il nostro vestiario fu mandato alla disinfezione e noi alle docce disinfettanti. Pensi che eravamo in novembre. Usciti dalla disinfezione trovammo i nostri vestiti. Purtroppo le mie scarpe si erano talmente deformate che erano inservibili e così rimasi scalzo a guardarmi attorno. Un soldato tedesco si accorse di quello che mi era successo e dopo cinque minuti mi portò un paio di stivali interamente di cuoio che ho portato sempre, tutti i giorni fino alla liberazione. Anche in mezzo al quell’inferno c’era un’anima buona.

SALMASO LODOVICO di Ottorino e di Pegoraro Elisa nato il 2-2-1922 a Pernumia e residente a Battaglia Terme in Via Terme – Matricola n. 36496 – Lavoro: barcaiolo – Scuola: cl. 4^ elementare.
Altezza cm.155 Torace cm.85 – Capelli biondi lisci – Occhi grigi.
Visita di leva il 20-5-1941.
Il 3-2-1942 è chiamato alle armi e si presenta alla 14^ Comp. di Sanità in Padova e viene assegnato alla 56^ Sezione nella Divisione “Puglie” con l’incarico di portaferiti (PM12). Parte per l’Albania il 9 luglio e giunge dopo sei giorni a Pristina. Il 3-7-’43 viene ferito al braccio sinistro ed è ricoverato all’Ospedale da campo n. 835. Rientra alla Sezione il 6 luglio e viene aggregato all’Ospedale da campo n. 835 che opera fra la Grecia, l’Albania e il Montenegro. Il 6 settembre ottiene una licenza e parte per imbarcarsi verso l’Italia. Il 10-9-1943 è catturato dalle forze tedesche prima che possa imbarcarsi ed è tradotto al campo di concentramento in Germania con matr. di prigioniero n. 179260. Giunge prima a Wizendorf, poi a Sanbostel, Bremen, allo Stamlager X B a Lubecca ed a Evetin. È impiegato negli ospedali dei campi e nei lavori in campagna presso una fattoria, quando ottiene il riconoscimento di “libero lavoratore straniero”. L’8-5-1945 è liberato dagli Inglesi mentre si trova a Lubecca. Rientra in Italia l’1-9-1945 e va in licenza di rimpatrio di gg. 60 con assegni. Poi resta in lic. illimitata in attesa di disposizioni. Il 15-7-1946 è congedato.
Operazioni di guerra: dal 18/11/42 all’8/9/43 in Balcania (territori ex jugoslavi) con la 56^ Sezione di Sanità. Ha titolo per l’attribuzione dei benefici di legge per essere stato prigioniero dei Tedeschi dal 9/9/1943 all’8/5/1945 e trattenuto dalle FF.AA. Alleate fino al 31/8/1945.
Campagne di guerra: 1943-1944-1945.
Croce al Merito di Guerra il 05/10/1965 n. 25676 e distintivo di “Volontario della libertà” n. 898 il 26/5/1980.

1943, i soldati della 56^ Sezione di Sanità montano un campo sosta nel Kossovo (Albania), in zona di guerra. Foto 1.

1943, i soldati della 56^ Sezione di Sanità montano un campo sosta nel Kossovo (Albania), in zona di guerra. Foto 2. 1943, i soldati della 56^ Sezione di Sanità montano un campo sosta nel Kossovo (Albania), in zona di guerra. Foto 3.

1943, i soldati della 56^ Sezione di Sanità montano un campo sosta nel Kossovo (Albania).

Il soldato Salmaso parla di canzoni che i prigionieri improvvisavano adattando le nuove parole, dettate dalla loro triste situazione, a musiche di altri tempi e di altri stati d’animo. Si riportano i testi di alcune di queste, che egli stesso ha portato a casa dal campo di concentramento.

IL CANZONIERE DEGLI I.M.I.
(Internati Militari Italiani)

Soldati di Badoglio
(versi del Ten. Tincani sul motivo “La famiglia Brambilla”)

Siamo soldà di Badoglio
è così che ci chiaman quassù
ed è per questo che voglio
dir di loro frasarie e virtù.
Cominceremo dal campo
ch’è di quattro baracche e non più;
di trenta stube soltanto
composta è la tribù.

Quando torniamo alla sera
la rivista senz’altro ci fan;
un nuovo rifugio si spera
che almen questo non possan trovar.
Ma se ci pescan son guai
che purtroppo dobbiamo passar;
friseur, alles veck, post swai
ed il brot ci fanno saltar.

Reticolati
(versi del Ten. Tincani sul motivo “Terra lontana”)

Prigionieri noi fummo
il mattino del giorno fatal,
umiliati e da loro derisi
dovemmo marciar.
Per raggiungere i reticolati
che stanno quassù
già di fame
compagni son morti e non tornano più.
O Patria tanto bella e lontana
in quest’ora suprema tu non ci abbandonare
vendicarti vogliamo e sarà
il bel giorno in cui si trionferà.
Con la morte dovranno pagare il lor danno
e senza pietà.
Genti non vi date più pena
presto questa catena certo si spezzerà.
Mamma, Tu sei nella preghiera
che diciamo ogni sera per l’Italia e per te.

Staffilate, torture,
calunnie, ci fanno provar,
sopportiamo soltanto con fede
di poter tornar.
Non ci lasciano in pace un momento
neppur sul lavor,
se ammalati, dobbiam faticare,
anche senza mangiar.
Italia, terra nostra d’amore,
t’abbiamo sempre nel cuore,
di te spesso parliamo
ricordando le tue tradizion,
i motivi di mille canzon,
prati e campi fioriti,
profumi infiniti di mandorli in fiore
Mamma, penso solo a quel giorno,
al felice ritorno, io ti stringerò al cuore.

Bombardieri
(versi del Ten. Tincani sul motivo “Fiorellin del prato”)

Due strisce bianche fuggon in cielo, fuggon veloci,
rombo di motori, son ricognitori;
dell’obiettivo colgon le posizioni,
anche se i cannoni vogliono sparar.
Urlan le sirene, oggi come ieri,
ecco le formazioni di bombardieri,
sono ad alta quota, sembrano sparvieri.
Quando li vediamo, quanta gioia in cuore,
mentre i testoni fuggono con terrore,
volano serrati, sono indisturbati.

Ah…Ah…vanno su Berlino
doman, certo si saprà.
Corrono al rifugio,
con le borse piene,
e già sono cominciate le cantilene,
dureranno a lungo, questo non si sa…
Cadon già, si senton le dirompenti
tremano le mura, mamma che paura!
Piovono gli spezzoni, già tutto brucia,
ma i feroci Stukas in letargo stan.

Prigioniero
(versi del Ten. Pacifico sull’aria di “Signorinella…”)

O prigioniero pallido
che un tempo ti mostravi tanto gaio
ora sei diventato triste e lugubre,
ti è certo capitato un grande guaio
Negli occhi tuoi or passano
una speranza, uno sogno, una certezza,
che un dì ritornerai ad essere libero
giorno di grande gioia e di dolcezza.
E il tuo piccino
inginocchiato presso un altarino
con la mammina prega il buon Gesù,
e pregano, sapessi come pregano,
perché ritorni tu!

E i giorni e i mesi passano,
uguali e grigi con monotonia,
è vita questa che non si dimentica,
o prigioniero che malinconia!
Tu vivi un’ora tragica,
lontano dalla casa tanto amata
e volgi il tuo pensiero triste e memore
alla tua Patria tanto martoriata.
Aspetta e spera
che presto finirà questa bufera
e il sole ancor più bello splenderà
e tornerai dai tuoi che tanto aspettano
e che felicità!!!

Pidocchio Alpino
(versi del Ten. Pacifico sull’aria di “Firenze sogna…”)

Pidocchio, compagno fedele tu sei dell’alpino,
che in maglie e mutande tu vivi piccino, piccino,
nell’ombra tu vivi contento
e spesso ti sento che vai su e giù
nell’ombra mi dai gran prurito,
ti prendo col dito, ti schiaccio così…

Pidocchio d’argento, tu sei un gran tormento,
quando prurito tanto mi dai qua e là;
dormi pidocchio sulla pelle e sulla maglia,
lascia dormir l’alpino, nel letto suo di paglia.

Lettera dalla mamma
(versi del Ten. Pacifico sull’aria di “Signorinella…”)

O figlio mio carissimo
dopo un’attesa lunga e disperata,
mi giunse finalmente una tua lettera
che insiem mi ha sorpreso e confortata.
La stringo a me nel leggerla,
mi sembra di tenerti a me d’accanto,
così lontan da te non posso vivere
e son sempre triste e soffro tanto!

O figlio mio
io giorno e notte prego il grande Iddio
che ritornar ti faccia a me d’accanto
ricevi dalla mamma un bacio tenero!
Io penso sempre a te.

SCALZOTTO OTELLO UGO

Intervista al fante SCALZOTTO OTELLO UGO, classe 1922 – 15 settembre 2003

1942, Scalzotto Ugo (a sinistra) con l’amico Milesi al porto di Volos (Grecia).

1942, Scalzotto Ugo (a sinistra) con l’amico Milesi al porto di Volos (Grecia).

Stava già lavorando quando fu chiamato alle armi?

Sì, lavoravo a Sesto Calende (Va) presso la ditta Savoia Marchetti che costruiva idrovolanti. Allora si era nel pieno della produzione per esigenze di guerra che era iniziata da quasi due anni.

Dove fu mandato?

Dopo un breve periodo di addestramento a Macerata, fui mandato in Albania e in Grecia. Dopo una ventina di giorni dall’arrivo in Grecia mi assegnarono l’incarico di autista del Colonnello Comandante del Reggimento. Guidavo una Fiat 1100 di tipo coloniale. Fummo impiegati in azioni di controllo del territorio e di rastrellamento; in sostanza eravamo in servizio di ordine pubblico.

1943. Scalzotto (terzo in piedi da sinistra) con la Squadra Autisti del Comando di Reggimento a Kostumitza (Grecia), in zona di guerra.

1943. Scalzotto (terzo in piedi da sinistra) con la Squadra Autisti del Comando di Rgt a Kostumitza (Grecia). Dietro alla Squadra si intravede uno SPA 38 e sulla destra la 1100 FIAT del Comandante di Rgt, guidata da Ugo.

Cosa ricorda dell’8 settembre 1943?

Ho dei ricordi abbastanza precisi e dolorosi. Da quando ero stato chiamato alle armi non ero mai andato in licenza. Me ne fu concessa una ai primi di settembre del ’43 anche perché ero stato colpito dalla malaria. Dovevo partire dall’aeroporto di Larissa, dove c’era il Comando della Divisione, proprio il giorno 8. Io stavo a letto con la febbre; ma aspettavo l’arrivo di un aereo per l’Italia. Purtroppo quell’aereo non giunse mai; arrivarono dopo due giorni i soldati tedeschi che ci caricarono tutti sui carri bestiame di un treno e ci trasportarono a Mauthausen. La licenza tanto attesa me la concessero dopo 24 mesi, al rientro dalla prigionia.

Vuole raccontare qualche sua esperienza della vita da prigioniero?

Non auguro a nessuno le tribolazioni e le umiliazioni che subii; eppure facevo il possibili per non farmi rimproverare e cercavo di eseguire gli ordini nel miglior modo possibile, date le circostanze. Intanto bisogna dire che ero sempre affamato: la razione di vitto consisteva nella distribuzione, una volta al giorno, di una fetta di pane ricavata dividendo in 16 parti una focaccia e di una gavetta di brodaglia dove trovavi, se eri fortunato, qualche pezzo di patata e di carota. Quello doveva bastare fino al giorno dopo. Quando fui liberato dalle truppe russe, nell’aprile del 1945, pesavo 42 chili. Nel lager fui adibito alla guida di un camion di marca francese per trasportare i prigionieri ai campi di lavoro: questi campi si trovavano alquanto sparsi in una zona dove si facevano perforazioni per impiantare pozzi di petrolio. Durante uno di questi viaggio, attraversando un passaggio sulla linea ferroviaria, il camion si rovesciò e si incendiò; nessuno venne in mio soccorso. Da solo, ustionato alle mani e al viso, riuscii ad uscire dalla cabina e a raggiungere l’ospedale del campo di concentramento, dove rimasi per due mesi. Corsi un gravissimo pericolo anche perché sul camion c’erano delle bombole di gas che potevano scoppiare.
Ma vorrei anche raccontare un episodio che è legato alla gran fame che patii. Durante una sosta in attesa dell’arrivo dei prigionieri che dovevano rientrare al lager, mi accorsi di una barbabietola da zucchero abbandonata al bordo di un campo. Visto che il mio guardiano in quel momento non c’era, raccolsi quel “prelibato ed inaspettato regalo” e mi misi a rosicchiarlo. All’improvviso fui aggredito dalla guardia che mi tolse la barbabietola e me la sbatté in faccia: mi si ruppero due denti e mi si spostò la mandibola, oltre a ricevere una razione di bastonate. Ancora oggi risento di quella botta e non posso dimenticare quell’episodio.
A raccontare questi fatti ai giovani d’oggi, quasi quasi non ci credono. Eppure è la verità!

SCALZOTTO OTELLO UGO di Odoardo e di Baraldo Vittoria nato il 2-3-1922 a Monselice e residente a Battaglia T. in Via Rivella-Matricola n. 36836 – Lavoro: meccanico automezzi – Scuola: 4^ elementare.
Altezza cm. 166 Torace cm. 82 – Capelli castani lisci – Occhi castani.
Visita di leva il 29-5-1941.
Il 30-1-1942 è chiamato alle armi e si presenta al deposito del 50° Rgt Ftr a Macerata. Il 1° aprile passa al 313° Rgt Ftr “Pinerolo” sempre in Macerata con l’incarico di autista nella Comp. Comando Reggimentale. Parte per l’Albania il 24 aprile: si imbarca a Bari e sbarca a Durazzo in zona di guerra. Col reggimento raggiunge Argirocastro, Gianina e Larissa. Alla data dell’8-9-1943 si trova all’aeroporto di Larissa (Grecia) dove c’è il Comando della Divisione “Pinerolo”, con l’incarico di autista del Comandante del 313° Rgt Ftr. L’11-9-1943 viene catturato dalle truppe tedesche e portato prigioniero ad Auschisetten e a S.Valentino in Austria. Il 4 ottobre arriva al lager 17/B a Mauthausen in Germania con matricola di prigioniero n. 146251. Il 28-9-1944 è considerato “libero lavoratore”, ottenendo un buono di pane in più di prima. Viene liberato dalle truppe russe il 20 aprile 1945; è portato a Bratislava dove rimane per circa cinque mesi. Rientra in Italia il 10-9-1945 e va in licenza di rimpatrio di gg. 60 con assegni. Al termine viene lasciato in licenza illimitata senza assegni in attesa di disposizioni. Il 15-7-1946 è congedato.
Operazioni di guerra col 313° Rgt Ftr “Pinerolo”: dal 18/11/42 all’8/9/43 in Balcania (territori greci e albanesi); dall’8 all’11/9/43 in Balcania (territori greci) contro i Tedeschi.
Campagne di guerra:1943-1944-1945.
Croci al Merito di Guerra n. 12667 e 12668 il 22/8/1967. Ha titolo all’attribuzione dei benefici di legge per essere stato prigioniero dei Tedeschi dall’11/9/43 all’8/5/45 e trattenuto dalle FF.AA. delle Nazioni Unite fino al 10/9/45.

Interviste di Bruno Savin

E noi... chi siamo!? 1939-1946, Battaglia Terme nella 2a Guerra Mondiale, copertina.

Le interviste ai soldati e le schede relative al loro servizio militare sono tratte da: Bruno Savin, “E noi… chi siamo!?” 1939-1946, Battaglia Terme nella 2a Guerra Mondiale, Battaglia Terme, 2006, alle pagine 424-431, 434-436, 438-439 e 485-486. Sono inoltre qui pubblicate le relative immagini.