La fabbricazione della carta a Battaglia

“LA CARTERA DI PUBBLICA RAGIONE NELLA VILLA DELLA BATTAGGIA” *

“…li interessi delle famiglie, e dello Stato, le cognizioni, e i diritti appartenenti alla posterità tutti sono, e per legge, e per costume, e per necessità consegnati alle carte, da cui dipende il regolato sostegno della società civile”
(DU TILLOT, Editto sopra le fabbriche e commercio della carta, Parma, 1762).

Battaglia nel primo Novecento. Nella foto, il canale Sottobattaglia con il porto.

Battaglia, primo Novecento.
Veduta del porto. A sinistra il mulino della Società Veneta di Macinazione (S.V.M.) già dei Quattro, al centro l’Arco di Mezzo e, a destra, l’edificio che ospitava il mulino dei Sei e la cartiera con il proprio approdo.
(Foto Fiorentini).

1. LA MEMORIA DI UN PRIMATO

All’estremo margine occidentale della vasta pianura stesa tra i Colli Euganei e la Laguna Veneta, all’incrocio di numerosi corsi d’acqua naturali e artificiali scavati e riordinati in epoche diverse, sorse e si sviluppò l’abitato di Battaglia, fino al secolo scorso unico vero ‘polo industriale’ della nostra provincia. Lungo la strada Padova-Monselice, nel punto in cui le acque del canale Battaglia si mescolano con quelle del canale Monselice per gettarsi nel Vigenzone, attorniato da laghetti d’acqua calda alimentati dal sottosuolo, circondato dalle basse colline di Montenuovo, Spinefrasse, Montecroce e Lispida, il piccolo centro termale fu sempre al centro dell’attenzione dei governanti che guidarono le sorti del territorio Padovano dal XII secolo in poi.

La coscienza di questa singolare vocazione industriale, unita ad una profonda attenzione verso il proprio passato, ben si coglie sfogliando una vecchia monografia edita nel 1925 e curata dall’allora sindaco Pietro Cattani [Primo Cattani, N.d.R.]. Accanto all’illustrazione del “nobile” passato del borgo fluviale, troviamo un ampio capitolo dedicato agli opifici potenzialmente insediabili nel territorio comunale, in considerazione di due elementi tipici di Battaglia: l’antica vocazione industriale del centro termale e la ricchezza idrica del luogo. A fianco di uno stabilimento elettrochimico, di uno zuccherificio e di due opifici per la trasformazione dei prodotti agricoli e dell’allevamento, il Cattani proponeva la costruzione di una cartiera 1. L’indicazione non era casuale. I secoli precedenti avevano infatti registrato l’ininterrotta attività proprio di una cartiera che sorta per volontà della signoria Carrarese, sostenuta giuridicamente dall’amministrazione veneziana sin dalla conquista del territorio Padovano (novembre 1405), venne chiusa sul finire del XVIII secolo, anticipando di un paio d’anni il definitivo tramonto della Repubblica stessa. Gli oltre 450 anni di attività avevano lasciato a Battaglia un ricordo vivo e indelebile ravvivato, sul finire del secolo scorso, da due studi dedicati rispettivamente alle filigrane che contrassegnavano i fogli di carta e alle origini della cartiera in età carrarese 2.

Nonostante siano trascorsi ormai quasi due secoli dalla chiusura dell’opificio le tracce di una così lunga e singolare attività produttiva sono tuttavia ancora leggibili in alcune testimonianze. Il complesso edilizio che ospitava la cartiera, seppur radicalmente ristrutturato, è ancora identificabile a ridosso dell’ex mulino che fiancheggia a nord la cascata dell’Arco di Mezzo, lungo la strada statale 16. La carta utilizzata nella nostra provincia dal XIV al XVIII secolo, sia per la stampa tipografica che per gli uffici pubblici e privati, fu quasi unicamente quella prodotta dai folli della Battaglia. Se proviamo ad immaginare quanti volumi sono stati stampati a Padova dalla seconda metà del XV secolo ai primi decenni del XVIII, quanti fogli di carta sono stati impiegati negli uffici della città e del territorio, della curia vescovile e delle parrocchie, nelle abitazioni private per la corrispondenza, la contabilità o per puro diletto, possiamo renderci conto dell’importanza della cartiera per la vita sociale e culturale della nostra provincia.

Battaglia, area occupata dalla cartiera e relativi fabbricati.

Area occupata dalla cartiera di Battaglia e relativi fabbricati.
Elaborazione: C. Grandis.

La storia dei folli della Battaglia assume maggior rilievo se pensiamo che in ciascuna provincia del Dominio Veneto operavano contemporaneamente più cartiere: a Treviso come a Vicenza, lungo la Riviera di Salò (Brescia) e in tutto il Veronese infatti non vigeva il regime monopolistico imposto al Padovano. Un’importanza del resto difficilmente commensurabile ma significativamente rappresentata dalle migliaia e migliaia di fogli che riuniti assieme oggi riempiono gli scaffali di archivi e biblioteche, per uno sviluppo lineare di alcune decine di chilometri: una testimonianza che non ha pari, un primato difficilmente eguagliabile.

Se innumerevoli sono le testimonianze concrete di ciò che nei secoli è uscito dalla cartiera battagliense, rappresentate proprio dalla carta impiegata per i libri o destinata agli antichi pubblici uffici, altrettanto non si può dire per i documenti che sono rimasti ad illustrarne la secolare attività. È lecito chiedersi ad esempio come funzionava tecnicamente la cartiera, da quali artigiani era gestita, quali furono i proprietari, quanto tempo era necessario per produrre un foglio di carta, con quali criteri venivano scelte le filigrane da stampare nella carta in segno di riconoscimento, quali erano le procedure contabili adottate nella complessa gestione della materia prima (stracci di cotone, lino e canapa) e del prodotto finito (carta e cartoni) smerciato nelle botteghe della città e del territorio. Interrogativi che nascono dall’esame della scarsa documentazione rimasta a raccontarci solo alcuni episodi ed altrettanti momenti della secolare attività, documenti in gran parte raccolti nelle tre buste 3 conservate presso l’Archivio di Stato di Padova, riordinate e inventariate nel 1975, ed ai quali dobbiamo aggiungerne altri dispersi nei fondi più disparati dello stesso e in quello più grande di Venezia. Documenti, inoltre, che registrano quasi esclusivamente vicende di natura patrimoniale (si pensi ai contratti di affitto della cartiera e agli atti di compravendita conservati tra le carte notarili) o giudiziaria e solo fuggevolmente annotano aspetti tecnici e contabili.

Le vicende narrate nelle pagine che seguono illustrano di conseguenza solo a grandi linee la storia della cartiera, anche se è doveroso sottolineare che un esame attento di tutta la documentazione conosciuta e sinora raccolta consentirebbe una trattazione più lunga ed articolata, ben oltre i limiti fissati per questa pubblicazione.

2. CARTOLAI E CARTAI

Nel linguaggio odierno il termine carta identifica un generico prodotto, quotidianamente utilizzato per molteplici attività ed usi. “Per abitudine non ci rendiamo più conto della sua presenza determinante in un numero considerevolissimo di casi. La carta oggi non rappresenta per noi una novità; è uno strumento che usiamo da secoli e che ha caratterizzato in modo fondamentale l’epoca moderna” 4. Ma quando fece la sua comparsa nella nostra provincia la carta detta bombasina o di papiro, ottenuta dalla macerazione degli stracci di cotone, lino e canapa, diversa da quella che oggi usiamo, ricavata invece dalla lavorazione della cellulosa opportunamente miscelata con sostanze di carica, collanti e coloranti? Un’altra domanda: la carta bombasina quando cominciò a sostituire la più antica e tradizionale pergamena sugli scrittoi di amanuensi e cancellieri?

La risposta non è semplice per un motivo ben preciso: in età medievale e fino a tutto il XIII secolo con l’espressione carta si identificava unicamente la pergamena, sottile e resistente pellicola animale ottenuta dalla concia delle pelli di agnello, capretto, pecora, montone, vitello o dalla membrana di maiale; resa idonea alla scrittura mediante raschiatura con rasoio (nobacula), immersione in acqua di calce, essicamento in luogo aerato e levigatura con un dente concavo (plana) o pietra pomice 5.

La presenza della carta bombasina nel Veneto è attestata già nei primi decenni del XIII secolo. Presso l’Archivio di Stato di Venezia è conservato un “Liber Communis” conosciuto come “Liber plegiorum”, compilato dagli scrivani del Minor Consiglio tra il 1223 e il 1228, composto di carta vergata. E che la carta fosse in uso a Venezia lo si desume pure da Marco Polo il quale nel suo passaggio per Arzinga nell’Armenia, nel 1271, narra senza stupirsi di trovarla in quel mercato, segno che l’aveva conosciuta nella sua città 6. Ma non erano solo i copisti e cancellieri veneziani ad impiegare i fogli provenienti dai mercati del Medio Oriente. A Padova, infatti, uno statuto cittadino. anteriore al 1236, stabiliva che gli instrumenti (atti notarili) redatti su carta bombicina non potevano essere prodotti in giudizio come titoli probatori. L’ordinanza recita testualmente “Statutum vetus conditum ante millesimum ducentesimum trigesimum sextum. Instrumentum factum in carta banbacina non valeat nec fides adhibeatur eidem”. Ma nell’uso pratico e quotidiano la carta doveva certamente essere utilizzata visto che tuttora nell’Archivio di Stato cittadino si conservano imbreviature notarili della fine del XIII e inizi del XIV secolo, anteriori di molti anni alla costruzione della cartiera di Battaglia. Un’attenta verifica, che per questo lavoro non è stata compiuta, delle carte notarili del XIV secolo, discretamente numerose, e delle relative filigrane anteriori al 1339, potrebbe sciogliere alcuni interrogativi circa l’esatta datazione dei folli di Battaglia, poiché lo studio delle filigrane, argomento sul quale ritorneremo più avanti, è ancora tutto da compiere.

Un ultimo rilievo, infine, sul caso Padovano. La presenza dell’antica disposizione anche nelle edizioni successive degli Statuti cittadini, comprese quelle a stampa del XVI secolo, può forse spiegare il largo uso della pergamena, oltre che per la redazione della documentazione ufficiale pubblica e privata, anche per la stesura di rilievi topografici delle proprietà fondiarie di enti religiosi e privati, che si riscontra fin oltre la metà del XVI secolo 7.

Prima di esaminare le origini della cartiera di Battaglia riteniamo necessaria un‘altra precisazione che riguarda l’attività di cartolari e cartari presenti a Padova nel XIV secolo. Si tratta di una precisazione doverosa in quanto, a partire proprio dal Trecento, si trovano diversi casi in cui le due figure professionali sono ricoperte da un’unica persona, a dimostrazione di una singolarissima abilità artigianale e commerciale presente nel panorama produttivo Padovano. Vediamo dunque, attraverso l’esame di alcuni documenti del tempo, di ricostruire brevemente l’ambiente commerciale e artigianale della Padova tardo medievale, direttamente interessato alla produzione ed allo smercio della carta.

Sul finire del XIII secolo troviamo attivi nella nostra città alcuni cartolai. È il caso, ad esempio, di Giovanni ricordato il 28 gennaio 1297 nel testamento di Dianessa, moglie del fu Patavino, in qualità di ex proprietario di un sedimen cum domo coperta et partim solerata, sito in città, nella contrada di Sant’Agostino lungo il corso del Bacchiglione 8.

Un altro cartolaio, il 21 ottobre dello stesso anno, compare nell’atto di investitura di un appezzamento di terra di proprietà del monastero di S. Giustina. Si tratta di Nicolò del fu Penacio che nel 1315 ritroviamo in qualità di proprietario di un terreno nella contrada di Ponte Gradiciorum 9. Per il secolo seguente le testimonianze sui cartolai si fanno più numerose. Un certo Bartolomeo del fu Azzo da Bertipaglia è ricordato tra i testimoni di un rogito notarile del 12 aprile 1311 10. Il figlio di mastro Giovanni Castelli, Bartolomeo Penacio notaio abitante a Padova nella contrada di Rudena, nel sottoscrivere gli atti, stesi nella seconda metà del XIV secolo, ci ricorda che il padre svolgeva l’attività di cartolaio 11. Al clan dei Penaci appartenevano pure Pace e il figlio Nicolò, titolari di una cartoleria sotto il Salone nella seconda metà del Trecento 12.

Le botteghe o “stationes” di cartolari non erano negozi di sola vendita, spesso assomigliavano più agli odierni laboratori artigianali di legatoria dove i banchi di lavoro si mescolano agli scaffali espositori. Sul finire del Duecento e per i due secoli seguenti accanto ai prodotti tipici commerciati in ogni cartoleria, cioè pergamena, carta bombasina o di papiro, quest’ultima importata verosimilmente attraverso il mercato veneziano 13, troviamo gli inchiostri da scrivere, di cinabro, minio o altri colori e gli strumenti ausiliari per la preparazione della scrittura e della miniatura – pietra pomice per rendere liscia la pergamena, corni d‘inchiostro e regoli per tracciare le linee –. Ma troviamo pure il titolare intento a rilegare quinterni, sistemare piatti e dorsi di libri, disegnare, incidere e colorare il cuoio delle copertine con arabeschi, foglie, fiori, animali o iniziali del committente; fissare chiodi, borchie, placche, fermagli e cantonali; cucire codici “squinternati” dal continuo uso. Un’attività che consentiva al cartolaio di poter vendere i libri prodotti negli scriptoria monastici o privati 14; di stimare ufficialmente libri e codici destinati ai lasciti testamentari della facoltosa nobiltà locale, dei professori dello studio Patavino o dell’alto clero 15.

Se al cartolarius spettava il compito di smerciare quanto prodotto nel territorio, dalla materia prima al libro finito, al cartaro era assegnata un’incombenza ben più delicata e importante: trarre dalla macerazione degli stracci di cotone, canapa e lino la carta bombasina destinata agli scriptoria o agli uffici amministrativi delle cancellerie locali. E noto da tempo che il perfezionamento della tecnica di produzione italiana della carta bombasina spetta ai maestri cartai di Fabriano, un borgo di antica origine attestato sulle colline marchigiane in provincia di Ancona 16. Il documento più antico relativo alla fabbricazione della carta fabrianese risale al 1264, mentre la costruzione dei folli per la produzione della carta a Padova, ricordata dalla cronaca dei Cortusii, risale a settantacinque anni dopo e precisamente al 1339 17.

Per questo lungo lasso di tempo è verosimile affermare che la carta bombasina utilizzata nella nostra provincia sia stata unicamente quella importata dall’esterno. La necessità di insediare un opificio, per la produzione in proprio, venne avvertita solo nel momento in cui lo sviluppo della cancelleria Carrarese coincise con l’isolamento dello Stato Padovano, impegnato in lotte fratricide con le provincie contermini di Venezia, Vicenza e Treviso, pronte a bloccare in qualsiasi momento ogni rifornimento in caso di guerra. Del resto al terzo decennio del XIV secolo risale anche la costruzione di importanti opere di difesa lungo i confini del territorio Padovano e tra i quali è il caso di ricordare il potenziamento del castello di Este e l’innalzamento delle mura di Montagnana a nord e a sud dell’abitato 18.

Per creare un centro di produzione cartaria però non erano sufficienti capitali e immobili, c’era bisogno soprattutto di abili maestri cartai, conoscitori delle tecniche e dei segreti di lavorazione: una necessità che poteva essere soddisfatta solo offrendo condizioni ideali di ospitalità e cittadinanza a quanti intendevano emigrare a Padova dagli altri centri produttivi della Penisola. Solo così possiamo spiegare l’arrivo e la permanenza nella nostra provincia per quasi due secoli di artigiani fabrianesi, occupati non solo a gestire i folli di Battaglia ma anche cartolerie cittadine 19.

In precedenza abbiamo ricordato che la costruzione di una cartiera a Padova è fatta risalire al 1339, gli anni della signoria di Ubertino da Carrara (1338-1345), mentre non sappiamo esattamente quando gli stessi signori misero a disposizione alcuni mulini di loro proprietà siti a Battaglia perché fossero riconvertiti in folli da carta. De resto del fulum ad faciendum cartas bombicinas positum et situatum in contrata Batalee eundo versus Montesilicem scarse sono le notizie per tutto il XIV secolo, sia per quanto concerne il suo funzionamento e l’entità della produzione che per il numero degli occupati tra mastri e garzoni. Unico dato certo la proprietà incontrastata della famiglia dei da Carrara, durata fino alla confisca veneziana del 1405 ed alla successiva vendita avvenuta il 12 settembre 1406.

Formati della carta prodotta a Bologna nel XIV secolo.

Misure dei formati della carta prodotta a Bologna nel XIV secolo, in un’iscrizione marmorea:
Imperialle  (cm. 73,5 x 50,5)
Realle  (cm. 61 x 44,5)
Meçana  (cm. 50 x 34,5)
Reçute  (cm. 44,5 x 31,5)
Nello stesso periodo la carta Imperiale, Reale e Mezana veniva prodotta anche a Battaglia.
(Museo Civico Medievale di Bologna)

All’attività cartaria in età carrarese Vittorio Lazzarini nel 1899 dedicò uno specifico studio, illustrando attentamente tutti i documenti all’epoca conosciuti e trascrivendone integralmente due in appendice, rispettivamente del 7 gennaio 1399 e dell’11 gennaio 1407 20. Dalla lettura di quest’ultimo – un contratto d’affitto – rileviamo che gli ufficiali della cancelleria carrarese annotavano in un apposito libro affictationis… fullorum le condizioni e i patti sottoscritti dai mastri cartai all’atto della presa di possesso dell’opificio. Di detto registro non conosciamo la sorte: è probabile che sia arso durante l’incendio del 1420 che distrusse buona parte del Palazzo della Ragione e dell’archivio comunale in esso conservato 21.

Nel quadro che segue riassumiamo l’elenco di cartai attivi a Battaglia nel corso del XIV secolo.

− 1351, luglio: mastro Sempri a cartis prende in affitto i folli da ser Francesco Frizimelega, agente di Jacopino III e Francesco I da Carrara 22;
− 1356, luglio: viene rinnovato il contratto a mastro Sempre che nell’atto questa volta compare in società con Enrico da Curtarolo 23;
− 1361, luglio: i maestri Francesco da Zara e Riccio marangone (falegname) stimano i folli di Battaglia per conto di Francesco I da Carrara, prima di rinnovare il contratto d’affitto con Francesco figlio ed erede di mastro Sempre 24;
− 1376, maggio 29: mastro Francisco a cartis del fu ser Presentis de Fabriano abitante a Battaglia acquista dal procuratore di Francesco il vecchio da Carrara, Manfredino de’ Conti, due cassi ( vani ) di case posti in Monselice 25;
− 1398, marzo 27: Nicolò Penacio cartolaio, figlio del defunto mastro Pace anch’egli cartolaio, abitante a Padova, subaffitta per sette anni i folli per la fabbricazione della carta di Battaglia a ser Jacopo a Cultris da Bologna (diventato cittadino padovano per decreto di Francesco da Carrara) 26.

Con Nicolò Penacio arriviamo all’epilogo della famiglia Carrara, definitivamente annientata dai Veneziani nel novembre 1405. Ma il XV secolo costituisce un altro capitolo della complessa storia della cartiera, sia per l’avvento della Dominante sia per l’introduzione dell’arte della stampa nella nostra provincia 27.

NOTE

* A.S.P., Cartiere e stamperie, b. 3, c. 529r (proclama a stampa del 30 aprile 1795).
1) P. CATTANI, Storia – Industrie e problemi di Battaglia Terme. Dal 1100 al 1925, Padova 1925, p. 101-109.
2) D. URBANI, Segni di cartiere antiche, Venezia 1870, p. 7, 37-40 e tav. IX; V. LAZZARINI, L’industria della carta nel Padovano durante la dominazione carrarese, “Atti e Memorie dell’Accademia di SS.LL.AA. in Padova”, n.s. XV (1898-99), p. 133-147, ristampato in ID., Scritti di paleografia e diplomatica, Padova 19692, p. 39-51.
3) “Un volume e due buste – annotano A. NARDOTTO e B. LANFRANCHI STRINA nell’introduzione all’inventario del fondo Cartiere e Stamperie presso l’Archivio di Stato di Padova – non possono certo esaurire il materiale rimasto attorno alla storia (complesso problema) della stampa a Padova, nell’arco dei secoli XVI, XVII, XVIII, a prescindere dal fatto che una busta è in parte depauperata dal pristino contenuto probabile”. Un giudizio che possiamo solo sottoscrivere. Busta nel vocabolario archivistico indica un contenitore rigido in cartone delle dimensioni di cm. 30 x 38 circa e di spessore variabile fra i 6 e i 15 cm., ove le carte sono fascicolate ma non legate assieme.
4) F. SPOSATO, La civiltà della carta, Roma 1985, p. 7.
5) A. GALLO, Il libro, Roma 1942, p. 42-49; G. BATTELLI, Lezioni di paleografia, Città del Vaticano 19493; (rist. anast., Modena 1981), p. 30-33.
6) R. PREDELLI, Il liber communis detto anche Plegiorum del R. Archivio Generale di Venezia, Regesti, “Archivio Veneto”, A. II (1872) p. 7, download gratuito: books.google.it; MARCO POLO, Il Milione, a cura di E. MAZZALI, Milano 19822, p. 13-14. Per un quadro complessivo sulla diffusione della carta in Italia si veda: G. GASPARINETTI, Carta, cartiere e cartai fabrianesi, “Il Risorgimento grafico”, n. 9-10 (1938) p. 373-431.
7) Statuti del comune di Padova dal secolo XII all’anno 1285, a cura di A. Gloria, Padova 1873, n. 178, p. 66. Download gratuito: books.google.it
8) A.S.P., Diplomatico, 4246, f. 29v.
9) LAZZARINI, L’industria della carta, p. 42.
10) Ibidem, p. 42 nota 3.
11) Atti di Padova dei secoli XIII-XIV, nell’archivio dell’Istituto di Storia (sezione di Leningrado) dell’Accademia delle Scienze dell’URSS, a cura di V. RUTENBURG, Leningrado 1987, doc. 60 p. 147-149 e doc. 85 p. 201-203.
12) LAZZARINI, L’industria della carta, p. 43.
13) La carta veneziana proveniva dal vicino Medio Oriente, dove attive erano le cartiere arabe. Anche l’aggettivo bombicino, attribuito alla carta, trae origine dall’antica città di Mambidsch, odierna el-Mambig, in Siria (BATTELLI, Lezioni, p. 36).
14) GALLO, Il libro, p. 51-53 ; P. SAMBIN, Ricerche per la storia della cultura nel secolo XV. La biblioteca di Pietro Donato (1380-1447), “Bollettino del Museo Civico di Padova”, A. XLIII – 1959, p. 60.
15) L. MONTOBBIO, Miniatori, “scriptores”, rilegatori di libri della cattedrale di Padova nel secolo XV, “Fonti e ricerche di storia ecclesiastica padovana”, V (1973), Padova (Istituto per la storia ecclesiastica padovana), p. 150-162. Numerosi i casi di religiosi che morendo lasciarono i propri libri alle biblioteche dei conventi cui appartenevano. Per un caso specifico si veda: L. GARGAN, Lo studio teologico e la biblioteca dei domenicani a Padova nel Tre e Quattrocento, Padova (Istituto per la storia dell’Università di Padova-Contributi, 6) 1971, p. 176-178.
16) A. ZONGHI, Le marche principali delle carte fabrianesi dal 1293 al 1599, Fabriano 1881 [rist. anast., Sala Borghese 1979], p. 8; GASPARINETTI, Carta, p. 375-386.
17) GASPARINETTI, Carta, p. 375-386. G. CASTAGNARI, Il lungo viaggio della carta. La fase italiana, in Charta. Dal papiro al computer, a cura di GR. CARDONA, Milano 1988, p. 107 e fig. 5.80 a pag. 106. LAZZARINI, L’industria della carta, p. 39-40; GALLO, Il libro, p. 51-53. Alcuni indizi fanno supporre che la prima cartiera padovana sia stata costruita utilizzando e adattando l’energia prodotta dalle ruote dei mulini di Pontecorvo. Dell’opinione sono il Gloria e il Lazzarini. La presenza di cartai a Padova è documentata ancora nel 1377, da magistro Matheo dicto Scofina (Atti di Padova doc. 85, p. 201-203).
18) A. SIMIONI, Storia di Padova. Dalle origini alla fine del secolo XVIII, Padova 1968, p. 502-507.
19) La presenza dei cartai fabrianesi, documentata a partire dalla metà del XIV secolo, giunge fino al secolo XVI. In proposito rinvio a: LAZZARINI, L’industria della carta, p. 43-45; MONTOBBIO, Miniatori, “scriptores”, p. 102, 105, 150, 155, 159-160, 168, 190 e 195; S. COLLODO OZOESE, Artigiani e salariati a Padova verso la metà del Quattrocento: il maestro cartaro Nicolò di Antonio da Fabriano, “Critica Storica”, 13 (1976), p. 408-428. Alcuni documenti sono pure pubblicati in A. SARTORI, Documenti padovani sull’arte della stampa nel secolo XV, in Libri e stampatori in Padova. Miscellanea di studi storici in onore di mons. G. Bellini – Tipografo editore libraio, Padova 1959, doc. XII p. 131, doc. LV p. 181 e doc. LXIII p. 189. La presenza di cartai provenienti da altre provincie è attestata per tutta l’età moderna. Al 1666 risale la trattativa di un cartaio vicentino per l’affitto della cartiera (A.S.P., Fraglie laicali diverse, b. 3, fasc. “Librai e stampatori 1664/1796”, c. non num.); nel 1725 troviamo il bassanese Lodovico Salieri (vedi più avanti testo corrispondente alle note 49, 54 e 70).
20) LAZZARINI, L’industria della carta, p. 49-51.
21) A. GLORIA, Dell’Archivio Civico Antico in Padova, Ivi 1855, p. 8; L. BRIGUGLIO, L’Archivio Civico Antico in Padova e l’opera dei suoi ordinatori (1420 – 1948), “Bollettino del Museo Civico di Padova”, A. XLV – 1956, p. 185.
22) LAZZARINI, L’industria della carta, p. 43.
23) Ibidem, p. 44.
24) Ibidem.
25)) Ibidem, p. 41.
26) Ibidem, p. 44.
27) Ampio e articolato il panorama di studi in proposito. Per un quadro riassuntivo rinvio a T. PESENTI, Stampatori e letterati nell’industria editoriale a Venezia e in Terraferma, in Storia della cultura veneta, 5/I, Vicenza 1985, p. 93-129.