Azione antropica tra Colli Euganei e Laguna

2.3 Protoindustria e macinazione di cereali
Le peculiari condizioni di pensilità del canale di Battaglia, congiunte alla presenza di numerose intersecazioni con alvei di drenaggio posti a quote più basse, costituiscono vantaggiose situazioni per l’installazione di ruote idrauliche in grado di sfruttare la notevole energia dei numerosi e accentuati dislivelli. Gli opifici idraulici possono ritenersi tra i più espliciti indicatori del livello di antropizzazione di un territorio, evidenziando il conseguimento di un efficace controllo dei deflussi. Gran parte di queste strutture sono ancora rilevabili ai giorni nostri, meritando ormai senza ombra di dubbio la qualifica di bene culturale, in quanto prezioso elemento strutturale per comprendere l’evoluzione del paesaggio.
Per una prima analisi di questi manufatti giova avvalersi della copiosa cartografia storica dedicata al centro di Battaglia e al suo canale. Di particolare interesse sono le mappe redatte per corredare le richieste presentate alla Magistratura ai Beni Inculti per installare nuove ruote idrauliche o per potenziare opifici già esistenti. Dallo scavo d’archivio si deduce che tali richieste si fecero sempre più numerose a partire dalla metà del XVII secolo, non solo per la ripresa demografica dopo la peste del 1630-31, ma anche per il consistente aumento di produzione di cereali dovuto all’estendersi delle bonifiche. Tra i tanti casi documentati si consideri come anche la comunità di Monselice fosse interessata affinché li sia concessa facoltà di poter agionger una rotta di molino nelle pertinentie di Bagnarolo con l’acqua del fiume Bisato in lo stesso sitto dove sono altre tre rodde [A.S.Ve, Beni Inculti Pd-Polesine, rot. 328, m. 1, dis. 4, 1656]. Dalla carta disegnata da Zuane Ciprian a corredo della supplica e raffigurante appunto la diramazione del canale Bagnarolo (Fiume va à Pernumia), si può rilevare una interessante unità paesaggistica costituita dalla viabilità terrestre sulla sommità dell’argine, dal corso d’acqua (Fiume detto el Bizato va à Padoa), dal mulino e da altri edifici rurali, mostrando un proficuo e equilibrato rapporto tra uomo e fiume (fig. 12).

I mulini di Monselice in un disegno del 1656.

Fig. 12 | Mulini di Monselice sull’incile del canale Bagnarolo (A.S.Ve, Beni Inculti Pd-Polesine, rot. 328, m. 1, dis. 4, 1656)

Considerando il centro storico di Battaglia, la ricca documentazione disponibile consente di avviare una proficua lettura del patrimonio edilizio e dei manufatti idraulici ancora oggi rinvenibili, preziosi elementi strutturali per la promozione di un adeguato e stimolante sistema ecomuseale dedicato all’evoluzione della territorialità anfibia tra colli Euganei e laguna. Basti, in questa sede, rammentare che la struttura insediativa a schiere serrate che connota il nucleo antico di Battaglia costituisce tra i più significativi esempi di “riviera fluviale” della pianura veneta [Vallerani, 2004, pp. 24-26]. In una mappa di Alvise Scola del 1656 appare con evidenza la peculiare struttura urbana di Battaglia (fig. 13), distesa a ridosso delle arginature e quindi in posizione più elevata rispetto alle circostanti campagne [A.S.Ve, Beni Inculti Pd-Polesine, rot. 329, m. 2, dis. 10]. Anche questo disegno serve a documentare la richiesta per un cambio di attività, installando due ruote da mulino al posto di doi rode da guzar (arrotare lame e altri attrezzi). L’opificio è collocato su una modesta inalveazione artificiale (la seriola) derivata dalla sponda sinistra del canale attraverso una modesta paratoia.

La riviera di Battaglia in un antico disegno.

Fig. 13 | La riviera di Battaglia: le due manine indicano le prese per alimentare gli opifici idraulici) [A.S.Ve, Beni Inculti Pd-Polesine, rot. 329, m. 2, dis. 10

In un disegno successivo (1686), realizzato dal perito Iseppo Cuman, lungo la suddetta seriola si intensifica la presenza di opifici, il che dimostra come verso la fine del XVII secolo si stia affermando in terraferma una consistente orditura di localizzazioni protoindustriali, distribuite in gran parte lungo i corsi d’acqua con adeguate pendenze (fig. 14).

Il centro di Battaglia in un disegno del 1686.

Fig. 14 | Battaglia: interessante raffigurazione dell’intensa attività proto industriale alimentata dal canale artificiale (A.S.Ve, Beni Inculti, 1686)

La mappa restituisce quindi l’immagine di un centro abitato dove si è sviluppata l’attività artigianale (maglio de fero e fusine, battirame, seghe da legname) e il supplicante proprietario della presa d’acqua, come indicato nel testo illustrativo del disegno, intende poter edificar una pilla da risi […] un edefitio da macinar oglio de lino. In un documento cartografico, realizzato da Stefano Foin nella seconda metà del XVIII secolo (1776) e relativo al tratto meridionale del Canal del Frassine ò della Battagia, si ha un’ulteriore conferma della notevole diffusione di mulini tra Monselice, Pernumia e Battaglia [A.S.Ve, Beni Inculti Pd-Polesine, rot. 331, m. 4, ds. 8]. Nel disegno si fa riferimento a lavori di drenaggio eseguiti nell’alveo del canale navigabile tra i salti d’acqua che alimentano i mulini del Bagnarolo e di Rivella (fig. 15). Tale escavazione risulta utile non solo al transito di natanti, ma consente un maggior afflusso d’acqua per favorire un migliore funzionamento di due importanti poste di macinazione poste una sul canale Bagnarolo e l’altra sulla derivazione di Rivella, entrambe da quatro rode.

Mappa con previsione dei lavori sul canale di Battaglia del 1776.

Fig. 15 | Manutenzione del canale di Battaglia: mappa che illustra la previsione di lavori di dragaggio (A.S.Ve, Beni Inculti Pd-Polesine, rot. 331, m. 4, ds. 8, 1776)

2.4 Agricoltura e bonifica
Tra gli obiettivi principali di questi importanti interventi ambientali va menzionata anche la redenzione agronomica di vaste plaghe paludose, vera e propria costruzione della campagna antropizzata, in cui le fasi progettuali e operative, e i successivi esiti fisionomici, non riguardano mai solamente l’ambito produttivo e insediativo, ma anche i processi culturali della elaborazione simbolica che giustificano, celebrano e spiegano il ruolo della comunità nell’evoluzione della base naturale. Si produce dunque un complesso ed motivato discorso retorico in perfetta sintonia con le classi dominanti e ciò appare molto evidente soprattutto dopo la seconda metà del XIX secolo, quando il progresso tecnico, incoraggiato dalle frenetiche dinamiche della rivoluzione industriale, consente una molto più incisiva capacità trasformatrice, fino ad allora sconosciuta, della base naturale [Cosgrove, Petts, 1990, p. 6].
La via d’acqua non tarda a ridefinirsi, specialmente a seguito dei progressi dell’idraulica europea, come sfondo attraente che arricchisce il tradizionale fascino della vita in campagna. Oltre a ciò, l’elemento fluviale afferma il suo ragguardevole valore iconico all’interno della pittura paesaggista che a partire dai veneti e dai fiamminghi del XVI secolo [Gibson, 1989] promuove un suggestivo linguaggio formale evocante armonia e serenità, ancora oggi ampiamente apprezzato e praticato all’interno degli infiniti vedutismi borghesi veicolati dalla sofisticata divulgazione mediatica. L’elogio della campagna non tarda dunque a identificarsi anche con il regolato distribuirsi dei deflussi naturali sui quali si innesta una sempre più complessa orditura di canalizzazioni artificiali, di stabili insediamenti, di attracchi per la navigazione.
Per quanto riguarda gli interventi di miglioramento fondiario sussistono delle evidenti differenze tra il contesto morfologico ai piedi dei colli Euganei orientali e quello che connota il progressivo degradare delle pendenze verso le aste terminali di Bacchiglione, Brenta Nova e Novissima. Se nelle depressioni poste più a monte si cercava di favorire senza esitazione alcuna i lavori per il drenaggio dei suoli anfibi, le scelte tecniche per il prosciugamento dei terreni a ridosso della laguna dovevano invece sottostare alle poco negoziabili esigenze espresse dal punto di vista veneziano, dominato dalla visione progettuale mirante alla conservazione del cratere lagunare. Si trattava di una strategia che confliggeva con gli obiettivi dei promotori del prosciugamento delle basse terre precostiere, ben rappresentati dall’azione pratica e dagli scritti di Alvise Cornaro, possidente padovano che può ritenersi certamente tra i protagonisti, durante la prima metà del XVI secolo, della rinascita agricola dell’Europa moderna [Puppi, 1980]. A lui si deve la promozione di una innovativa idea di paesaggio rurale in cui le atmosfere arcadiche sfumano, consolidandosi invece più concreti e meno estetizzanti elogi della vita in campagna, che confluiscono nella stesura del breve trattato sulla vita sobria scritto dal Cornaro verso la fine della sua lunga vita [Fiocco, 1965, pp. 171-190]. Ne consegue che i suoi possedimenti non solo restano estranei al prevalente carattere umanistico di scenografia pastorale o di sfondo per effimere trasfigurazioni arcadiche, ma vedono anche attenuarsi parte della loro gradevole vocazione di dotto romitaggio per l’ozio culturale e la contemplazione.
A ovest del canale di Battaglia tra i rilievi di Galzignano e Monselice, dopo la metà del XVI secolo, furono avviati numerosi interventi per drenare i ristagni d’acqua che impedivano una proficua agricoltura: si tratta del retrato de Monselese, tra i primi consorzi di bonifica istituiti in questo territorio (1557). La discreta consistenza della documentazione d’archivio e la cartografia consentono una soddisfacente ricostruzione dei quadri ambientali, potendo così delineare un’accurata indagine dei successivi fatti evolutivi che hanno determinato gli odierni assetti dei paesaggi. Si considerino, solo come probante esempio, gli estimi relativi al suddetto retrato e il libro delle affittanze dei beni posseduti dalla famiglia Selvatico entro quei limiti consorziali, da cui si deduce che se agli inizi del ’600 [A.S.PD, Estimo, 1615] i terreni erano ancora sottoposti a frequenti esondazioni (con conseguente permanenza di acque stagnanti), verso la fine di quel secolo i contratti d’affitti indicano l’ormai consolidata presenza della piantata, ovvero i campi delimitati da filari arborati, con vigneti, prati stabili e rotazione cerealicola [A.S.PD, fondo Selvatico, b. 1261, “Affitto del 1694”].
Tale miglioramento della qualità dei suoli agrari è riscontrabile anche verso i territori del conselvano e del piovese dove, ancora a seguito delle indicazioni tecniche e organizzative promosse dalla Magistratura ai Beni Inculti, furono individuate ulteriori ripartizioni consorziali a seguito della terminazione in Pregadi del 23 giugno 1604 per la preservazione della laguna e cioè Monforesto, Sesta Presa, Settima Presa Superiore e Inferiore (fig. 5). Di questo contesto ambientale meritano particolare attenzione le pertinenze della Sesta Presa, anche grazie alla eloquente testimonianza del prezioso catasto redatto dal perito Paolo Rossi nel 1675 (recentemente digitalizzato), in cui alla cartografia si associa una accurata descrizione della qualità dei terreni, delle proprietà, restituendo “con incredibile precisione l’assetto idraulico-fondiario di tutta l’area” [Grandis, 2000, p. 61].
In epoca napoleonica, con un Regio Decreto del 6 maggio 1806, si cercò di semplificare il frammentarsi dell’estensione dei consorzi, inglobandoli in suddivisioni territoriali più ampie, denominate Circondari. L’istituzione di questi organismi doveva facilitare il coordinamento degli interventi riguardanti non tanto il drenaggio dei terreni, quanto la manutenzione delle arginature dei principali corsi d’acqua, in modo che non cedessero in fase di piena [Sanfermo, 1810]. Con il ritorno all’Austria, la gestione idraulica fu restituita ai singoli consorzi, senza far più riferimento all’organismo dei Circondari. L’evento più rilevante in questi primi decenni di amministrazione austriaca è certamente la disattivazione della Brenta Nova, di cui si dibatteva già ai tempi del piano Artico (1787) a causa dell’accentuarsi del suo carattere di pensilità [Donà, 1981], rendendolo quindi inoperoso per lo scarico delle acque di piena e anche per la navigazione. Al suo posto fu realizzata la nuova inalveazione da Stra a Corte, conclusa nel 1858. Va ricordato che il rettilineo percorso della Brenta Nova era stato utilizzato come confine tra i consorzi di Sesta Presa, al di là della sponda destra, e di Settima presa, oltre quella sinistra, e, a seguito della disastrosa alluvione del 1882, costituì un serio ostacolo al deflusso dai terreni della Sesta Presa. La medesima criticità è ancora evidente in una relazione consorziale del 1889 [A.S.V., fondo genio Civile, b. 933], ma al tempo stesso si sottolinea che la presenza degli argini abbandonati costituisce una discreta barriera protettiva per difendere le colture della Settima Presa da eventuali esondazioni defluenti da ovest. Tra i provvedimenti per ripristinare la bonifica nella bassa pianura qui considerata fu ridefinito il percorso del canale denominato Cornio di Campagnalupia, costruendo inoltre l’impianto idrovoro a S. Margherita di Codevigo sullo scolo Schilla, drenante il margine inferiore della Sesta Presa. A quest’ultima unità consorziale fu aggregata nel 1940 la Settima Presa Inferiore, caratterizzata per la prevalente presenza di terreni posti sotto il livello del medio mare e “prosciugati meccanicamente a mezzo di un impianto idrovoro situato a ridosso del Canale Nuovissimo in località Vaso Cavaizze in comune di Codevigo.” [Aa. Vv., 1974, p. 287].
Altri importanti ambiti che riguardavano gli scoli più meridionali sono i consorzi Monforesto, Bacchiglione-Fossa Paltana e Foci Brenta-Adige, accorpati il 6 marzo 1972 nel consorzio di bonifica Adige-Bacchiglione, la cui operatività scolante si affianca alla sponda destra del Bacchiglione, asse portante della navigazione fluviale. E a questo proposito non si può non notare la straordinaria complessità del progressivo addensarsi di scoli, canali e fosse verso est, convogliando le acque agli imponenti edifici delle idrovore (Barbegara e Civè), a cui fa capo una rete infinita di ulteriori segmentazioni utilizzate non solo per le prevalenti necessità del prosciugamento, ma anche per le opposte, e sempre più urgenti, richieste di irrigazione. Si tratta insomma di un paesaggio anfibio la cui anatomia e fisiologia sono strettamente correlate alla produzione agricola intensiva e fino alla metà del secolo scorso le relazioni con la navigazione erano inscindibili, soprattutto se si considera l’ubicazione rivierasca degli zuccherifici di Pontelongo, Cagnola e Cavarzere e dell’imponente edificio per la macinazione di cereali a Battaglia, fondamentali polarità economiche a cui giovava la presenza di una attiva flottiglia fluviale (fig. 16).

I mulini di Battaglia con l'Arco di Mezzo e il canale Sottobattaglia, la cui navigazione permetteva di arrivare sino a Chioggia.

Fig. 16 | L’antica imponenza dei mulini di Battaglia, oggi abitazioni, con l’arco di mezzo e il bacino per l’attracco dei burci.

Francesco Vallerani

Tra Colli Euganei e Laguna Veneta, copertina.

Francesco Vallerani, Tra Colli Euganei e Laguna Veneta. Dal Museo della Navigazione al turismo sostenibile. Venezia, Regione del Veneto, 2013 – pagine 41-70 (Capitolo 2).