La bonifica del “Retratto di Monselice”

LA BONIFICA
DEL “RETRATTO DI MONSELICE”

Negli anni 1557-1561 un ambizioso progetto di bonifica
tra Battaglia ed Este ridisegna il territorio
coinvolgendo molti proprietari, tra cui Bartolomeo Selvatico,
titolare di una vasta superficie attorno al colle di S. Elena.

Con il trattato di Noyon, firmato nel 1516, Venezia vedeva concludersi il tragico conflitto militare innescato nel 1508 dalle potenze europee riunite nella lega di Cambrai. Gli anni che seguirono furono segnati da ripetute carestie alimentari che misero in ginocchio le popolazioni delle campagne venete. Anni di fame, immortalati nei drammi teatrali del grande commediografo Angelo Beolco, il nostro amato Ruzante. Anni di fame, origine dei dissesti finanziari di numerosi piccoli proprietari, costretti a vendere i pochi campi posseduti pur di sopravvivere. Anni di fame, generatori di accesi dibattiti politici sull’opportunità di ridurre l’importazione di grano dalle regioni meridionali, promuovendo il riscatto delle tante terre incolte disseminate lungo l’Adige, i piedi dei Colli Euganei e nel Foresto, l’ampio territorio anfibio prossimo alla laguna meridionale. Bonificare e rendere produttive le lande abbandonate voleva dire soprattutto mettere mano alla complessa idrografia della pianura, riordinarne la rete scolante, scavare nuovi condotti, svuotare e prosciugare le vaste depressioni racchiuse tra il divagar dei fiumi e l’oscillar di conche nell’altalenante suolo alluvionale.

Interventi e formalità che poco si conciliavano con le competenze dei Savi Esecutori alle Acque, la magistratura veneta incaricata di assicurare il corretto equilibrio tra fiumi e laguna e tra laguna e lidi marittimi. Ci voleva ben altra struttura tecnico-amministrativa per attuare seriamente l’ambizioso progetto. Una struttura in grado di affrontare da una diversa angolatura il riassetto del delicato equilibrio tra acque pubbliche e proprietà fondiarie, interessi generali e finalità particolari. Bonificare, infatti, voleva dire manomettere sistemi e consuetudini radicate da tempo tra istituzioni pubbliche e diritti privati. Non è dunque un caso se il dibattito acceso senza troppa convinzione nel 1531, duramente ripreso nel marzo 1541 e ancora nel 1543 e nuovamente nel 1545 e 1549, trovò concreta soluzione solo il 10 ottobre 1556: quel giorno infatti il Senato decretò la nascita dei Provveditori sopra Beni Inculti 1.
Come detto, nel riscatto delle terre improduttive s’intravvedeva soprattutto una maggiore indipendenza alimentare per la popolazione della Terraferma, end contempo la possibilità di ridurre sensibilmente la dipendenza delle importazioni di grano dalle regioni straniere. Un segno di lungimiranza politica che ben si sposava col desiderio di convertire risorse finanziarie sempre meno attratte dal commercio marittimo. II riscatto delle terre incolte apriva infatti al patriziato lagunare la possibilità di investire cospicui capitali, capaci di generare sicuri interessi anche a breve termine.
Relativamente all’area euganea la presenza di ricche famiglie veneziane si registra già agli inizi del XV secolo, ma una differenza profonda distingue i primi investitori dagli acquirenti del Cinquecento. I primi rilevano nei Colli le terre confiscate ai Carraresi dopo il novembre 1405, favoriti in questo dalla rateizzazione dei pagamenti e dall’esenzione fiscale sui beni acquistati. Il governo in tal modo riesce ad insediare uomini affidabili nel cuore di un territorio potenzialmente ostile ai nuovi governanti. Tecnica sottile ed efficace dell’arte politica, in grado di assicurare dall’interno il controllo sul distretto padovano. L’attenzione che si riscontra invece nel corso della seconda metà del XVI secolo manifesta una natura più squisitamente imprenditoriale. Siamo di fronte alla riconversione di capitali mercantili, che le vecchie famiglie intendono impiegare diversamente con un immobilizzo meno rischioso, che la terra coltivata sembra garantire.

Nell’autunno del 1556 nasce dunque la nuova Magistratura. Dieci mesi dopo ai Provveditori viene affidata l’esecuzione di un ambizioso progetto: il riscatto delle terre vallive dell’ampia fascia pedecollinare situata nel quadrante sud-orientale dei Colli Euganei. li progetto è battezzato col nome di “Retratto di Monselice”. Nella parte (deliberazione) del 6 agosto 1557 i terreni da riscattare sono quelli compresi dalla Battaglia fino a Este, che confinano con il fiume, over canal de Moncelese, et con li Monti intorno delle Valli de Garzignan de Val S. Zibio de Arquà et di Baon 2.

Carta del territorio padovano eseguita da Nicolò dal Cortivo nel 1534, particolare.

Particolare della grande carta del territorio padovano disegnata nel 1534 da Nicolò dal Cortivo. In evidenza le valli e le paludi tra Galzignano, Lispida e Marendole. A sinistra di Battaglia il colle di Sant’Elena di proprietà della famiglia Selvatico.
Qui si può consultare la stessa carta, intera e a colori.

A rendere singolare il progetto è il criterio nuovo introdotto per attuare la bonifica. Non confisca dei terreni privati da prosciugare (o retrarre, che letteralmente significa liberare dalle acque, riscattare, togliere acqua dalle conche naturali prive di scarico), bensì coinvolgimento di tutti i proprietari mediante finanziamento diretto dell’opera. L’esproprio rimane pertanto circoscritto alle aree non riscattate dai proprietari per manifesta insolvenza. Coloro che non parteciperanno, vale a dire i proprietari che non rifonderanno la spesa sostenuta, si vedranno spogliati della terra non riscattata.
Che li particulari, et communanze, che hanno da far in quei fondi fra termine de zorni XV possano haver depositato quel danaro, che per essi Proveditori sarà indicato, con il parer de periti, che debba andar nella spesa, leggiamo sempre nella parte del 6 agosto 1557. Un capitolo del provvedimento che trova esecuzione nel puntuale censimento dei proprietari, dei fondi coinvolti nell’opera. A dare l’adesione, nello stesso mese del 1557, e a versare due ducati per ogni campo denunciato, sono solo quarantun proprietari, che dichiarano complessivamente il possesso di appena 1.631 campi padovani, l’equivalente di 630 ettari attuali, meno di un quarto dell’intera superficie del Retratto. Una denuncia ampiamente in difetto, formulata probabilmente per contenere l’esborso anticipato di denaro. Una denuncia che tuttavia tradisce, per altre ragioni, la scarsa conoscenza dell’esatta estensione di quelle antiche valli, lasciate spesso al pascolo e raramente coltivate. Tra i fondi di maggior superficie, anch’essi largamente in difetto, alla data del 18 agosto 1557 troviamo quella di Bartolomeo Selvatico che così è registrata: Io Bartolomio Salvadego, de messer Ieronimo, ho depositado ducati cinquecento per campi dusento e cinquanta de valle poste in la contrà de Lispia, confina da una banda el fiume che va a Monzelese, dal’altra el fiume che va a Galzignan et dal’altra quello che va ad Arquà et di driedo le rason delli fratti de Lispia et le raxon del comun de Galzignan 3. Tralasciamo le implicazioni topografiche contenute nella denuncia di Bartolomeo poiché ci porterebbero fuori ambito e torniamo sui nomi degli altri aderenti.

Bonifica delle valli tra Battaglia ed Este, proclama a stampa del 1557.

Il proclama a stampa contenente il testo della parte (deliberazione) presa dal Senato il 6 agosto 1557 per la bonifica (retratto) “delle valli che sono dalla Battaglia fino a Este”.

A far buona compagnia ai Selvatico, in termini quantitativi, incontriamo Antonio Saviolo nella contrada dei Regazzoni, a ridosso di San Bartolomeo dei Bagni tra Galzignano e Turri, con un centinaio di campi. Gli fa seguito Galeazzo Orologio che anticipa la spesa per i suoi trecento campi ubicati tra Meggiaro e Baone; dal canto loro anche i fratelli Giovanni e Andrea Placca − economicamente impoveriti dalla bonifica − accreditano il corrispettivo per i trecento campi situati “sotto Arquà in la contrà della Costa”. II padovano Battista Dottori aderisce all’invito versando l’equivalente per i centoventi campi disseminati in villa “de Baon in diverse peze”, imitato dal concittadino Francesco Buzzacarini, il quale versa per conto della madre quattrocento ducati corrispondenti ai “campi dusento de valle posti in Merendole”. Rimanendo sopra quota cinquanta campi, l’ultimo possidente dell’elenco è Cristoforo Pisani che il 25 agosto 1557 sborsa duecento ducati per i suoi cento campi in Este.
Come detto, l’intenzione dei Provveditori è dar corso ai lavori mediante finanziamento diretto dei titolari delle aree interessate. Il progetto del resto prevede di ridisegnare completamente la geometrica ragnatela dei campi, avviando l’escavo di nuovi canali di scolo, la sistemazione e la costruzione di manufatti idraulici di regolazione delle acque (rifacimento dell’Arco di Mezzo a Battaglia e costruzione del Ponte-Canale alla Rivella) 4.
L’esecuzione dei lavori si snoda tra la fine del 1557 e l’inizio del 1561. Ad opera compiuta i magistrati dei Beni Inculti procedono alla rendicontazione delle spese e al relativo conguaglio. Operazioni accompagnate dalla puntuale rilevazione topografica di quanto retratto, cioè di quanto bonificato. Un delicato lavoro affidato a tecnici del calibro di Nicolò dal Cortivo e Domenico dall’Abaco. Operazioni solo apparentemente tecnico-contabili, viste le numerose contestazioni seguite al consuntivo, capaci di dar vita ad una lunghissima coda polemica di controversie e rivendicazioni tra Provveditori e proprietari. Un contenzioso che occuperà per lunghi decenni magistrati e giudici 5.

1) Archivio di Stato di Venezia (ASV), in Guida degli Archivi di Stato, voI. IV, Roma 1995, p. 962-964.
2) Archivio di Stato di Padova (ASP), Certosa di Padova, b. 16, fasc. 6 (proclama a stampa del 6 agosto 1557).
3) Ibidem, quaderno dei proprietari che nel 1557 versarono la quota per il Retratto, c. 2r.
4) Sul canale Padova-Monselice, le opere idrauliche e il loro utilizzo, rinvio a P.G. Zanetti (a cura di), La riviera Euganea. Acque e territorio del canale Battaglia, Padova 1989.
5) Segnali delle controversie sono in ASP, Archivio civico antico − Territorio, b. 46, negli archivi delle corporazioni religiose coinvolte nella bonifica e nei fascicoli conservati in ASV, Provveditori sopra Beni Inculti, b. 811 e seguenti.