Azione antropica tra Colli Euganei e Laguna

Francesco Vallerani descrive la complessa e secolare azione che l’uomo ha compiuto nell’area che va dai Colli Euganei alla Laguna Veneta. Quest’area è caratterizzata da una strettissima relazione tra rete idrografica e dinamiche socio-economiche.

Qui la premessa e il capitolo 1.

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2. L’AZIONE ANTROPICA

La complessa e secolare evoluzione dei quadri antropici se da un lato ha progressivamente ridotto il libero espandersi delle dinamiche naturali, dall’altro ha sedimentato una suggestiva morfologia antropica per l’impiego delle opportunità offerte dalla presenza dei fiumi. Dalle fonti archivistiche emerge una strettissima relazione tra rete idrografica e dinamiche socio-economiche, con particolare riguardo ai progressi dell’ingegneria idraulica, finalizzati alla redenzione agronomica di vaste plaghe paludose, vera e propria costruzione della campagna antropizzata, in cui le fasi progettuali e operative, e i successivi esiti fisionomici, non riguardano mai solamente l’ambito produttivo e insediativo, ma anche i processi culturali della elaborazione simbolica che giustificano, celebrano e spiegano il ruolo della comunità nell’evoluzione ambientale. Non è inoltre da trascurare il consolidarsi di un gusto estetico che spinge le percezioni sociali verso convinti e condivisi apprezzamenti per i paesaggi fluviali; questi sono visti come un suggestivo patrimonio di scenari in grado di esprimere il complesso interagire tra condizioni naturali e interventi umani, tanto da costituire in tutta la cultura occidentale uno dei più ricorrenti temi iconici rinvenibili nella pittura paesaggista [Gibson, 1989]. La costruzione di uno specifico immaginario anfibio da cui avviare una efficace lettura dell’entroterra di Venezia trova infatti ampio riscontro nell’evoluzione iconografica della pittura veneta a partire dalla fine del XV secolo quando, cogliendo le potenzialità degli studi prospettici, si attribuisce grande importanza alla restituzione di accurati paesaggi che fanno da sfondo al prevalere delle scene religiose. E tra i lineamenti delle unità di paesaggio rinvenibili nelle tele di Giovanni Bellini, Cima da Conegliano, Giorgione fino a Jacopo Bassano non mancano ampie citazioni di ruscelli, sponde, fiumi, laghi, ma anche porti, città, mulini e zattere che, nei ben noti affreschi attribuiti alla scuola di Paolo Veronese, a decoro del piano nobile nella villa dei Barbaro a Maser, assumono quasi il compito di resoconto tipologico di specifiche geografie idrauliche (fig. 9).

Paolo Veronese, Capriccio fluviale, 1560-61, affresco. Villa Barbaro, Maser (TV).

Fig. 9 | Paolo Veronese: capriccio fluviale ambientato nel Veneto prealpino (piano nobile di villa Barbaro, Maser)

2.1 La navigazione in età veneta
Le relazioni nautiche nella terraferma veneta vanno poste in relazione non solo con la peculiare complessità della rete idrografica, ma anche con la ben distribuita presenza di centri abitati di modeste dimensioni, in gran parte ubicati a ridosso delle sponde di un corso d’acqua naturale o di una più o meno importante canalizzazione artificiale. Pur esistendo significative direttrici di navigazione fluviale che collegavano i principali centri dell’entroterra sia con le banchine di Venezia, fondamentale e strategico interfaccia tra le vie commerciali verso l’Europa centrale e il flusso di merci pregiate provenienti dall’Oriente, che con gli importanti itinerari in direzione di Lombardia, Emilia e Friuli, non bisogna trascurare il fittissimo fascio di connessioni secondarie che anima la rete idrografica minore. Si tratta di un sistema di relazioni per lo più locali, non sempre sufficientemente documentate, dove la pratica della navigazione implica trasporti brevi, da compiersi entro l’arco della giornata, connessi più alle quotidiane esigenze di uno stile di vita rivierasco (trasbordo da una sponda all’altra, pratica della pesca e della caccia, raccolta di erbe e canne palustri, trasporti ad uso domestico), che a scelte itinerarie per traffici di più ampio raggio.
Tutto lo Stato da Tera, fino alle banchine fluviali più interne, dove le merci lì giunte per via d’acqua venivano trasbordate dalle barche ai carri nel caso di successive destinazioni, era dunque solcato da un insieme di “strade di terra, strade dei fiumi e dei minori corsi d’acqua, immensa rete di collegamenti regolari e fortuiti, di distribuzione perenne di vita, quasi di circolazione organica.” [Braudel, 1986, p. 282]. E l’ampia documentazione cartografica tra XVI e XVIII secolo relativa alla cruciale territorialità anfibia tra Euganei e laguna meridionale lascia intendere un vivace sistema di percorsi di navigazione che, al di là del frequentato itinerario tra Battaglia e Chioggia, coinvolgeva anche modesti villaggi rurali come Pernumia, Cartura, Cagnola, Bovolenta, Correzzola e anche un centro di maggiori dimensioni come Piove di Sacco, collegato alla laguna dal canale Fiumicello. Ne consegue che un aspetto da non trascurare, e in piena sintonia con gli obiettivi previsti dal presente studio, è la ricognizione di ciò che resta a tutt’oggi della rete idrografica minore utilizzata nei secoli scorsi come sistema di relazioni vicinali, vera e propria dotazione infrastrutturale caratterizzata inoltre da una significativa e articolata peculiarità fisionomica, per cui la rete navigabile, intersecandosi con le finalità della bonifica e dell’irrigazione, ha in sé i caratteri di un pregiato paesaggio anfibio.
E in effetti, a questo proposito, fino alla diffusione tardo ottocentesca delle idrovore a vapore per il sollevamento meccanico delle acque, ampie estensioni nella bassa pianura qui in esame presentavano permanenti assetti palustri, talvolta intercalati da fitte boscaglie, in cui il sistema drenante di importanti collettori come la Fossa Paltana, la Fossa Berbegara e la Fossa Monselesana, certamente costituivano opportunità per i già menzionati collegamenti nautici di livello locale, vista l’obiettiva difficoltà di assicurare soddisfacenti trasporti via terra, resi poco agevoli dalle frequenti esondazioni e dal prolungato ristagno delle acque.
Durante l’età Veneta, dopo che la Serenissima volse uno sguardo più attento al suo entroterra, la dotazione di vie d’acqua per la navigazione interna suscita una costante e competente attenzione da parte delle specifiche Magistrature, in particolare a seguito del superamento della crisi politica causata dalle vicende belliche contro gli alleati della Lega di Cambray (pace di Bologna, 1516). In tal senso la navigazione fluviale si rivela come lo strumento più efficace per ricucire e potenziare le relazioni economiche tra Venezia e il suo entroterra, coinvolgendo non solo il potere commerciale dei mercati realtini o gli esclusivi vantaggi per i proprietari terrieri, ma anche tutto l’insieme delle relazioni di breve raggio a cui si è accennato in precedenza. Ecco che dalla seconda metà del XVI secolo in avanti si assiste a una generale rivalutazione della navigazione interna e la prova implicita di tale fermento è deducibile dal particolare rilievo attribuito nella cartografia corografica agli elementi idrografici, restituito nelle mappe con accurata precisione, evidenziandone inoltre il ruolo di preminente connessione tra la centralità della laguna e una terraferma prospera e ben popolata.
Focalizzando ora lo sguardo sulla posizione strategica del centro di Battaglia, è opportuno precisare che alla funzione di baricentro per i collegamenti nautici tra laguna e Veneto centrale, con importanti diramazioni verso il Po e gli itinerari de lumbardia, si affianca la vivace concentrazione di opifici idraulici. Si tratta di due importanti vocazioni che connotano Battaglia come un tipico centro rurale non agricolo, offrendo maggiori opportunità per i suoi abitanti, attirando investimenti, ma al tempo stesso creando i presupposti per frequenti conflitti d’uso dei deflussi veicolati dal canale di Battaglia. Si consideri, ad esempio, come la continuità di navigazione per natanti a pieno carico necessitasse di adeguate portate d’acqua, anche per far fronte al costante problema degli interramenti, e che quindi eccessive prese d’acqua per azionare i mulini sul canale Biancolino, sulla Seriola di Battaglia o sul Bagnarolo mettevano in seria difficoltà il passaggio dei grossi burci, impoverendo la portata del canale.
Alcune delle vie d’acqua minori defluenti dalle pendici orientali dei colli erano utilizzate per il trasporto di pietra trachitica e di altro materiale lapideo estratto dalle cave. In una mappa settecentesca del Poleni (A.S.Ve., Secr. Arch. Poleni, reg. 5, c. 56, denominata Territorio a sud di Battaglia, 1725), è raffigurato il canale di Lispida, identificato nel disegno come canaletto delle Pietre che va a Bovolenta (e da qui verso la laguna). Dalle didascalie che integrano il disegno si apprende che una prima navigazione per il trasporto delle pietre utilizzava natanti di modeste dimensioni (burchielle), adatte al modesto tirante d’acqua del canale di Lispida (fig. 10).

Incroci idraulici tra Battaglia e Monselice in un disegno del 1725.

Fig. 10 | Incroci idraulici tra Battaglia e Monselice, con il canale per il trasporto delle pietre di Lispida (A.S.Ve, Arch. Poleni, reg. 5, 1725)

Una volta superato il ponte canale, le burchielle attraccano a modeste banchine (nella mappa dette porti) per il trasbordo del materiale in natanti più grandi per la navigazione lungo il consueto itinerario verso il Bacchiglione [Pergolis, 1989].
Se si considerano ora i viaggi fluviali per i passeggeri, il canale di Battaglia può essere visto come un suggestivo prolungamento del ben più noto e prestigioso itinerario lungo la Riviera del Brenta, la quale si concludeva alle banchine in pietra d’Istria di fronte alla monumentale porta del Portello, l’accesso più elegante per entrare in Padova. E in effetti, come si vedrà nei successivi paragrafi, il canale da Padova a Monselice, a partire dalla seconda metà del XVI secolo, consentiva di raggiungere dopo comoda e breve navigazione alcune delizie rivierasche edificate man mano che proseguiva il miglioramento fondiario dei terreni bassi e torbosi compresi tra i versanti orientali degli Euganei e le alte arginature del tracciato pensile del canale di Battaglia. La notevole prossimità ai rilievi collinari arricchisce di molto la qualità estetica dei paesaggi rivieraschi qui in esame, costituendo una attraente unicità fisionomica. Il viaggio da e per Venezia effettuato dall’aristocrazia terriera evitava accuratamente l’itinerario verso il Bacchiglione e la laguna meridionale, non solo perché più lungo e monotono, ma anche perché doveva sottostare a una rigida regolazione delle portate, e in particolare con la tecnica del butà, ovvero il rilascio programmato di un’adeguata quantità di metri cubi per consentire la navigazione discendente di un convoglio di burci.

2.2 Ville e centri rivieraschi
Se si potrà fabricare sopra il fiume, sarà cosa molto commoda, e bella; percioche e le entrate con poca spesa in ogni tempo si potranno nella Casa [la villa] condurre con le barche, e servirà agli usi della casa, e degli animali, oltra che apporterà molta fresco la Estate, e farà bellissima vista, e con grandissima utilità & ornamento si potranno adacquare le possessioni, i Giardini, e i Bruoli, che sono l’anima e diporto della Villa. Ma non si potendo haver fiumi navigabili, si cercherà di fabricare appresso altre acque correnti, allontanandosi soprattutto dalle acque morte, e che non corono; perche generano aere cattivissimo.
[Palladio, 1570. Libro II,. p.45]

La citazione palladiana suggerisce un peculiare aspetto della seduzione campestre e cioè la presenza dell’idrografia. Durante la pax veneta, in tutta la terraferma il placido scorrere dei fiumi, il rapido gorgogliare dei ruscelli sorgivi, la regolare orditura dei fossi scolanti, le vivaci polarità quotidiane dei siti di mulini, delle conche di navigazione, delle banchine d’attracco per il carico e scarico delle merci sono tutte situazioni in cui l’acqua contribuisce in modo essenziale alla definizione culturale di “bel paesaggio”, assecondando in tal modo una millenaria tradizione di estetica del paesaggio [Dardel, 1986; Sorcinelli, 1998]. Le molteplici tipologie di appropriazione culturale dell’acqua, visto il suo connotato di primaria necessità, costituiscono indubbiamente tra i momenti più significativi dell’inserimento dell’uomo nella natura. In seguito, nella transizione dal feudalesimo al capitalismo, si sono poste le basi tecniche per una sempre più accurata e distribuita modifica del rapporto tra terra e acque, superando i ristretti orizzonti del localismo di età comunale che aveva caratterizzato gli interventi idraulici nell’Europa medioevale.
Ma gli effetti dell’antropizzazione idraulica facilitano anche una più sicura abitabilità degli ambiti territoriali, nella maggior parte dei casi ampliando la maglia insediativa e perfezionando la rete di trasporti, sia terrestri che fluviali. Dalla gestione dell’acqua al miglioramento fondiario: nel Veneto del XVI secolo, ad esempio, si attua il paradigma neoplatonico dell’armonia naturale conseguita grazie all’ordinata separazione degli elementi acqua e terra a seguito delle canalizzazioni drenanti. È il consolidarsi di un paesaggio campestre che riunisce in sé la tradizione classica del pastoralismo, le istanze dell’Arcadia rinascimentale e il lucido pragmatismo di una possidenza terriera in espansione [Ciriacono, 1986]. Ed ecco che vale la pena ricordare ancora una volta l’elogio che Palladio fa dei siti fluviali per la costruzione della villa di campagna [Cosgrove, 2000]. I deflussi regolati con le conche, contenuti tra arginature, orlati da ombrosi filari di alberi, oltre a facilitare le relazioni tra città e campagna, e non solo nella piatta terraferma veneziana, sono essi stessi armoniosi elementi del paesaggio, occasione di svago che allieta l’animo di chi passeggia lungo le sponde, ma anche di chi vi naviga.
Le peculiari vicende della storia agraria tra il canale di Battaglia e la laguna presentano significativi esempi di investimenti terrieri, il cui esito territoriale è facilmente valutabile anche grazie al diffondersi di più o meno rilevanti edifici per la residenza padronale. Il ben noto fenomeno delle ville di campagna [Ackerman, 1992] ebbe nel territorio veneto un prestigioso antefatto nella dimora collinare di Francesco Petrarca ad Arquà [Luciani, Mosser, 2009] raggiungibile da Padova proprio grazie alla facile navigazione lungo il canale di Battaglia fino al ponte-canale di Rivella [Bortolami, 2009, p. 135]. La successiva diffusione di eleganti residenze tra gli ameni pendii del versante orientale degli Euganei costituisce un unicum nelle articolate tipologie dei collegamenti tra i palazzi di città e le residenze estive di collina, per il fatto che in questo caso esse sono direttamente raggiungibili per via d’acqua, salvo una breve ascesa per carrareccia.
In genere le vie navigabili, una volta mollati gli ormeggi dalle banchine urbane, consentivano di raggiungere un numero elevato di ville di campagna, navigando attraverso suggestivi percorsi tra il verde dei paesaggi di pianura, godendo del lento e confortevole fluire del natante, tutt’altra cosa rispetto ai sobbalzi delle carrozze. Nel Veneto della seconda metà del XVI secolo si intensifica la consuetudine dei viaggi fluviali da parte dell’aristocrazia che sta incrementando gli investimenti agricoli, giovandosi inoltre della parallela espansione dei programmi di bonifica che hanno contribuito a una più generale e coordinata riorganizzazione dei deflussi, in particolare nei settori della bassa pianura.
Esplicite referenze a un uso ricreativo delle vie d’acqua sia come opportunità di diporto nautico che come scelta itineraria per raggiungere le “delizie” agresti ben distribuite nella Terraferma, iniziano infatti a seguito della pax veneta consolidatasi dopo il secondo decennio del Cinquecento. Rilevante è infatti a questo riguardo il percorso fluviale che il giurista padovano Marco Mantova Benavides utilizzava per raggiungere la sua villa sui rilievi euganei di Valle S. Giorgio. La sua residenza urbana in Padova era poco lontana dalla banchina portuale di S.Giovanni; da qui, dopo aver caricato i bagagli sulla “barca per Este”, iniziava la navigazione “chetamente solcando le chiare e lucid’onde” [M.L. Corso, S. Faccini, 1984, p. 271] del canale Battaglia fino a Monselice. Da qui, risalendo il lento defluire del sinuoso fiume Bisato, il percorso fluviale si concludeva allo scalo di Rivadolmo, attracco di notevole importanza economica specialmente per l’imbarco, su piccoli burci, delle pregiate derrate ricavate dall’agronomia di tipo mediterraneo dei colli Euganei da destinare ai mercati di Padova e Venezia [Selmin, 1999, p. 47].
Ma a giudicare dal numero considerevole di prestigiose residenze edificate tra il XVI e XVIII secolo lungo le sponde o a breve distanza dalla rotta fluviale tra Padova e Este [Verdi, 1989], è agevole constatare il ruolo del corso d’acqua nell’elaborazione delle coeve aspettative ricreative, perfezionandosi in tal modo il ritorno alla natura e i piaceri della vita in villa, con inoltre gli affettuosi spunti memoriali, tanto cari agli umanisti patavini, suscitati dalla prossimità ai luoghi in cui soggiornò Petrarca negli ultimi anni della sua vita. A tale suggestiva espansione di eleganti dimore campestri concorre dunque non solo la felice combinazione geografica di un ameno gruppo collinare lambito lungo buona parte del suo perimetro da un susseguirsi di canalizzazioni e di deflussi naturali che rendono vantaggiosi gli investimenti per il miglioramento fondiario di vaste plaghe circostanti gli Euganei, ma soprattutto il fatto che tali territori sono raggiungibili seguendo un articolato sistema di vie d’acqua che connette Padova, i colli, Venezia e il settore meridionale della sua laguna [Vallerani, 1983]. È in questo senso che il taglio medioevale del canale di Battaglia, che collega Padova a Monselice, può definirsi una riviera, vero e proprio “tipo” geografico indicante l’apoteosi dell’antropizzazione lungo un corso d’acqua [Marinelli, 1948, p. 68/2], ma al tempo stesso rapida e proficua connessione tra città e campagna ed elemento di decoro paesaggistico ampiamente utilizzato nella costruzione scenica dei luoghi per la villeggiatura [Vallerani, 1989, p. 154].
L’idea del canale di Battaglia come riviera presenta interessanti assonanze con i consimili assetti antropici lungo le idrovie delle riviere della Brenta e del Sile. Anche se in misura minore rispetto a queste ultime, lungo il tracciato pensile da Padova a Monselice è possibile imbattersi in alcuni significativi esempi di ville nobiliari, con le facciate prospicienti l’attracco sull’argine. Si pensi ad esempio a villa Molin-Kofler (fig. 11), in località Mandriola, il cui pronao su disegno di Scamozzi insiste sulla sponda sinistra del canale, al sito dell’imponente Cataio e anche a villa Selvatico-Capodilista.

Fig. 11 | Vincenzi Scamozzi: villa Molin, in località Mandriola, con affaccio sul canale di Battaglia

Di tutti questi casi la tradizione iconografica (dipinti, mappe e incisioni) e letteraria celebra i vantaggi del sito fluviale, sottolineando la componente scenica dell’accesso all’acqua. Meno altisonanti e più strettamente connessi alla prassi agronomica sono i numerosi edifici padronali e i contermini aggregati insediativi rilevabili lungo il prosieguo della via d’acqua da Battaglia al mare. Di particolare rilievo sono i centri fluviali di Bovolenta e Pontelongo. Una menzione particolare merita la corte benedettina di Correzzola, a pochi passi dal corso del Bacchiglione, pertanto facilmente raggiungibile con la navigazione da Padova.