L’azienda agraria del Catajo (1928)

La storia del Castello del Catajo, la bonifica della tenuta e la riorganizzazione dell’azienda agraria effettuate dall’Opera Nazionale Combattenti. La pubblicazione è del 1928.

Qui un altro testo riguardante il recupero della Tenuta Cataio.

L'azienda agraria del Cataio, testata.

A pochi chilometri da Padova, sulla strada che conduce a Monselice, alle ultime propaggini dei Colli Euganei, nei pressi delle Terme di Battaglia, sorge una sontuosa villa chiamata «Il Castello del Catajo» che fu per secoli residenza preferita della nobile famiglia degli Obizzi e successivamente dimora estiva dei Duchi di Modena e dei principi della I. R. Casa d’Austria-Este.

Il Castello del Catajo, Battaglia Terme.

Il Castello.

Come sorse il Castello.

La località ove venne costruito il «Catajo» era una zona montuosa ed impervia, le cui estreme pendici rocciose si spingevano fino al Canale di Battaglia Terme; sulla quale pareva impossibile poter edificare.
Le origini del Castello risalgono alla seconda meta del secolo XVI e precisamente al 1570 quando il marchese Pio Enea degli Obizzi, nobile padovano, ne iniziò la costruzione con l’intenzione di farne luogo di delizie, degno di ospiti regali; e però si valse dell’opera dei migliori artisti e costruttori italiani del tempo.
L’impresa si presentava irta di difficoltà e costosissima, e richiedeva lungo e ardito lavoro.
Basterà dire che si dovette spianare la roccia e mutare radicalmente la topografia del luogo per far posto ai vasti cortili ed al grandioso edificio.
Furono scavati nella viva pietra anditi e scale del palazzo; fu costruito un ponte levatoio sul canale all’ingresso del Castello, e venne aperta una strada carrozzabile di circa un chilometro in perfetto rettifilo che dal ponte conduce ai piedi del colle.
In posizione adatta, adiacente al Castello, sul pendio collinoso arricchito di piante e bagnato da fresche acque perenni, si costruì un magnifico parco recinto da un muro alto tre metri che fu popolato di selvaggina preziosa e specialmente di daini. Il parco esiste tuttora ed ha una superficie di circa 28 ettari.
Il Palazzo immenso e magnifico, turrito e merlato, e dilargantesi in ampie terrazze di pietra lavorata accuratamente, non è costruzione che si possa assegnare ad uno stile architettonico determinato.
L’ideatore ed il costruttore dovettero tener conto ed approfittare degli ostacoli naturali del terreno e furono quindi costretti a deviare dalle rigide norme scolastiche, per lasciarsi guidare un poco dalla fantasia che diede cosi corpo. ad uno di quei prodigiosi Castelli descritti nei poemi cavallereschi.

Ingresso principale del Castello del Catajo, Battaglia Terme.

Ingresso principale.

I fasti degli Obizzi.

Con questa opera il marchese Pio Enea degli Obizzi intendeva aggiungere lustro alla sua antica e nobilissima famiglia e perpetuarne la memoria.
Egli volle che nelle sale del Palazzo fossero raffigurati i fasti dei suoi avi «chiarissimi in toga ed armi» e ne affidò il compito ad un insigne maestro italiano, il cavaliere Battista Zelotti (allievo ed emulo dell’immortale Veronese), il quale, in quaranta pregevolissimi affreschi murali, illustrò in modo magistrale le gesta degli Obizzi, il cui capostipite, Obizzo I degli Obizzi, risale al principio del secolo undecimo.

G.B. Zelotti, Lo sposalizio di Roberto degli Obizzi con Negra de' Negri, Castello del Catajo, Battaglia Terme.

Lo sposalizio di Roberto degli Obizzi con Negra de’ Negri.
(Affresco del pittore veronese Zelotti).

Oltre alla illustrazione dei fasti della famiglia degli Obizzi, sul soffitto della sala maggiore furono dipinti tre grandi quadri rappresentanti la Repubblica Romana e le cause della sua decadenza e rovina (discordia, auri sacra fames, ecc.; vedi la nitida fotografia qui riprodotta); la Repubblica Veneziana e le ragioni della sua grandezza; la Monarchia della Religione Cristiana alla quale rendono omaggio tutte le Nazioni della terra.
Queste tre tele vengono attribuite al Veronese; tale ipotesi, peraltro, non è confortata da alcun documento, se si eccettui una iscrizione scolpita in una lapide posta sul fronte dell’ingresso interno del Castello, della quale non è ben certa l’origine.

Veronese (attribuito), La Repubblica Romana e la causa della sua decadenza e rovina, Castello del Catajo, Battaglia Terme.

La Repubblica Romana e la causa della sua decadenza e rovina.
(Tela attribuita a Paolo Veronese).

Altri quadri allegorici dipinse lo Zelotti in altre stanze del Castello, ammirevoli sotto ogni aspetto e di valore non certo inferiore alle tre tele sopraricordate, cosicchè appare assai più probabile che anche queste ultime siano fattura dello Zelotti.
Gravemente danneggiati dal tempo e dalle intemperie sono gli affreschi dipinti sui muri esterni del Castello, dei quali non rimangono che scarse tracce.
In soli tre anni di lavoro febbrile e continuo, fu compiuta gran parte della grandiosa costruzione, ivi compresi i dipinti di cui abbiamo parlato.
Il Castello fu dagli Obizzi denominato «Catajo» in ricordo della descrizione fatta da Marco Polo delle meravigliose regioni della Cina, esplorate dal grande navigatore veneziano.
Nel 1648 il Marchese Pio Enea degli Obizzi fece del «Catajo» la sua residenza preferita, e dedicò all’abbellimento del Castello tutte le sue cure arricchendolo di arredi artistici e preziosi, modificandone ed ampliandone la mole: quest’opera richiese ben 18 anni di ininterrotto lavoro.
Nel 1668 il Marchese Ercole Trotti di Ferrara, scrivendo del «Catajo» al Conte Francesco Berni, lo definiva l’ottava meraviglia del mondo.
Il Marchese Tommaso degli Obizzi, ultimo discendente della illustre Famiglia, verso la fine del secolo XVIII e sul principio del secolo XIX, raccolse ed ordinò nelle sontuose sale del Castello, una ricca collezione di armi antiche e di strumenti musicali di ogni età e di ogni parte del mondo; un prezioso museo di antichità, dotandolo altresì di una ricchissima raccolta numismatica e di una grande biblioteca di opere scelte, trattanti ogni ramo dello scibile.
In breve la fama delle meraviglie raccolte nel Castello del «Catajo» si sparse in tutto il mondo: vi affluirono visitatori illustri da ogni parte, ed il Museo e l’Armeria del «Catajo» furono meritatamente proclamate fra le prime d’Europa.
Sul Museo e sull’Armeria del «Catajo» furono scritte notevoli opere da letterati ed eruditi dell’epoca, come lo Speroni, il Cavedoni, il Betussi, che ancora si possono consultare nelle biblioteche di Padova, Ferrara, Venezia e Modena.
Il Marchese Tommaso degli Obizzi impiegò oltre venti anni a raccogliere e ad ordinare il materiale del suo Museo e dell’Armeria, dedicandovisi con grande intensità, coadiuvato da illustri scienziati ed archeologi. Egli morì nell’anno 1803 e con lui si estinse la stirpe illustre degli Obizzi che aveva avuti ben otto secoli di vita.

Il Castello passa agli Estensi.

Tommaso degli Obizzi, morendo lasciò il Castello del «Catajo» in eredità alla I. R. Famiglia Estense, in quel tempo rappresentata da Maria Beatrice d’Este, rimasta unica erede della famiglia Estense, e maritata all’Arciduca Fernando d’Austria che fu Governatore della Lombardia.
Francesco IV, che fu poi Duca di Modena dal 1814 al 1846, e possessore del Castello del «Catajo», era figlio primogenito di Maria Beatrice d’Este e di Fernando d’Austria.
A lui si deve l’ampliamento del Castello effettuato con la costruzione del cosidetto Castello Nuovo, che sorge più in alto ed a tramontana dell’antico edificio, con il quale travasi in comunicazione tanto esternamente che internamente.
Riordinò i parchi adiacenti al Castello ed arricchì di selvaggina il Parco dei Daini; migliorò le comunicazioni stradali coi paesi vicini di guisa che le popolazioni di essi se ne giovarono grandemente. Il Castello del «Catajo» divenne il luogo preferito di villeggiatura della famiglia Estense, che vi passava parecchi mesi dell’anno.
Una delle più importanti aggiunte fatte dall’Arciduca Francesco IV al Castello del «Catajo» è la cappella, costruita su disegno del fratello Arciduca Massimiliano, il quale ne volle dirigere personalmente i lavori e ne curò la costruzione fino nei minimi particolari della decorazione ed ornamentazione.
Questo Oratorio famigliare, che viene tuttora officiato per comodità del personale e della popolazione della vasta tenuta, è in perfetto stile gotico-tedesco. (Vedi la fotografia riproducente la tribuna dell’Oratorio).
A decorrere dal 1895, l’erede dei beni e dei titoli di Casa d’Este, Francesco Ferdinando, Principe ereditario d’Austria, fece trasportare nel Castello di Konopiste presso Praga, sua dimora abituale, l’Armeria ed il Museo al completo, che formavano la più ricca e suggestiva attrattiva del «Catajo». Con l’Armeria ed il Museo furono pure trasportate la miglior parte della ricchissima biblioteca, nonchè tutte le pitture e i quadri di maggior pregio, compresi quelli esistenti nella cappella, dove non rimase che un quadretto di notevole valore, che però era già stato elencato con altri oggetti rimasti e che dovevano a loro volta essere trasportati in Austria.
Le pitture che componevano il trittico dell’altare della cappella e quelle che ne adornavano le pareti, collocate in armonico ordine tra i fregi dorati in purissimo stile gotico, erano tutte antiche e di gran valore.

Particolare della tribuna dell'Oratorio del Castello del Catajo, Battaglia Terme.

Particolare della tribuna dell’Oratorio del Castello.

Da Carlo d’Absburgo all’O. N. C.

Con la morte di Francesco Ferdinando avvenuta a Serajevo nel 1914, il «Catajo» passò a Carlo Francesco Giuseppe, ultimo Imperatore d’Austria.
La fine del dominio della Casa Estense sui beni del «Catajo» fu caratterizzata da una metodica spogliazione di quanto di prezioso e di artistico esisteva nel Castello: tutto ciò che era trasportabile, veniva inviato nel Castello di Praga, oggi di proprietà della Repubblica Cecoslovacca; ed è da supporre che, se non fosse sopraggiunta la guerra, il saccheggio sarebbe stato completo.
La vittoria delle armi italiane, che travolse il vecchio Impero ed insieme la Dinastia imperiale e reale, restituì all’Italia il Castello con quanto eravi rimasto dalle sistematiche spogliazioni. In forza delle leggi promulgate negli anni immediatamente successivi alla guerra, nel fine di garantire allo stato la disponibilità di tutti i beni pei sudditi ex nemici, il Castello fu sequestrato e dapprima affidato in amministrazione, per conto del Demanio dello stato, ad un sequestratario erariale. Questa gestione ebbe termine in seguito al R. D. L. 10 maggio 1923, n. 1118, che affidò all’Opera Nazionale per i Combattenti il mandato di procedere, in nome e per conto del Demanio, alla liquidazione, realizzazione ed, in quanto occorra, alla messa in valore di tutti i beni appartenenti a cittadini di stati già nemici, nonchè di provvedere, nel frattempo, alla loro amministrazione. Ricordiamo qui anche il provvedimento 11 luglio 1923, con il quale il Governo affido all’O. N. C. anche il compito di provvedere all’amministrazione, ed, eventualmente, alla messa in valore, dei beni ex nemici, alla cui alienazione non si potesse procedere, in pendenza di decisioni di controversie, come è precisamente il caso del «Catajo».
Il Decreto Ministeriale che dispose che il «Catajo» venisse assunto, in amministrazione dall’O. N. C. reca la data del 24 ottobre 1923. Il verbale di consegna fu firmato a Venezia il 18 febbraio 1924.

La tenuta.

Superficie e confini. ― La tenuta del «Catajo» ha una superficie catastale di ettari 449.19.12, oltre ad ettari 2.35.86 di argini prativi in usufrutto temporaneo e di proprietà del Consorzio Bacchiglione e Colli Euganei.
Di questa superficie si trovano:
Ha. 339.76.86 in Comune di Battaglia Terme, e
Ha. 109.42.26 in Comune di Montagnon.
È attraversata da Nord a Sud dalla linea ferroviaria Padova-Bologna, per un tratto di circa 3 km. E 1/2 con 700 metri di galleria; i suoi confini possono così determinarsi:
a Nord: lo stabilimento Termale di Montegrotto ed alcune piccole proprietà in Comune di S. Pietro Montagnon;
a Nord-Ovest: lo spartiacque dei Monti Ceva e Spinefrasse (Colli Euganei) per scendere poi verticalmente fino alla località Grottarole, situata a Sud-Ovest del Castello sulla strada Battaglia – Galzignano;
a Sud e Sud-Ovest: la strada comunale Battaglia Terme-Galzignano;
ad Est e Sud-Est: il canale di Battaglia Terme;
a Nord-Est: alcune proprietà in Comune di S. Pietro Montagnon.
La tenuta è tutta un corpo, avente confini ben delineati e precisi. Soltanto un piccolo appezzamento di terreno con caseggiato rurale situato presso l’abitato del Comune di Battaglia, rimane fuori dei confini della tenuta.
Formazione e natura dei terreni. ― I terreni di pianura del «Catajo» come in genere tutti quelli della Valle Padana, sono di formazione del quaternario recente e provenienti da alluvioni; di medio impasto e di natura argillo-silicea; coperti da molto terriccio vegetale, e quindi particolarmente adatti alla coltivazione dei cereali in genere, e sopratutto del granoturco e del frumento.
I terreni collinosi e della zona pedemontana sono di natura vulcanica come tutti quelli dei Colli Euganei, con rocce trachitiche affioranti. Lo strato coltivabile è quindi assai ridotto e, tolte ristrettissime zone situate a piedimonte che si prestano alla coltura della vite, detti terreni non sono adatti a coltura di sorta. Infatti tutta la zona collinosa e montuosa della tenuta e coperta da bosco ceduo.

Opera Nazionale Combattenti, tenuta del Catajo, Battaglia Terme. Ripartizione dei terreni e delle colture.

Opera Nazionale Combattenti, la tenuta del Catajo, Battaglia Terme.

La tenuta del Cataio.

Terreni seminativi e prativi. ― Sono nella quasi totalità situati in piano e divisi in piccoli appezzamenti delimitati da filari di viti sposate ad alberi di diversa specie, e da gelsi che si utilizzano per la raccolta delle foglie che vengono vendute, mancando purtroppo nella tenuta l’allevamento del baco da seta.
I vigneti specializzati si riducono a piccoli appezzamenti attigui alle case coloniche ed hanno assai scarsa importanza.
Sulla collina, verso la strada di Galzignano, in località Monte Croce, esiste un oliveto di circa 1000 piante.
Parchi. ― Tre sono i parchi: 1°) – delle Delizie; 2°) – della Duchessa; 3°) – dei Daini.
Il Parco delle Delizie. ― Travasi di fronte al Castello dal quale è separato dalla strada rettilinea che dal ponte sul canale navigabile si prolunga fino ai piedi della collina; la sua superficie è di circa tre ettari e mezzo. All’ombra di numerose e magnifiche piante di alto fusto, fra le quali domina la magnolia, si celano un laghetto di fresche acque, la cui superficie è di mq. 5614, ed una vasca da bagno tutta in mattoni e cemento; di fianco alla vasca sorge un piccolo, civettuolo chiosco di tipo svizzero, che doveva servire da spogliatoio.
Il parco, propriamente detto, è preceduto da un giardino, con belle fontane di pietra ad alto zampillo; nelle aiuole, un tempo, si dovevano coltivare le più rare varietà di fiori. Un gran viale fiancheggia il parco sul lato prospicente il cancello, ed è tutto ornato da enormi vasi di terra cotta portanti lo stemma estense e contenenti piante di aranci, limoni e cedri.
Il parco è percorso da viali ombreggiati e freschi ed è ricco di bellissime piante conifere ed ornamentali.

Un viale del Parco delle Delizie. Tenuta del Catajo, Battaglia-Terme.

Un viale del Parco delle Delizie.

Il Parco della Duchessa. ― Ha una superficie di quasi 4000 mq. e si trova nel lato ovest del Castello con il quale comunica direttamente. È cintato da muro, ed è assai ricco di piante ornamentali e di conifere. Questo parco è chiamato della Duchessa perchè è attiguo ed in comunicazione diretta con l’appartamento che soleva abitare la Duchessa di Modena, quando soggiornava al Castello.
Il Parco dei Daini. ― Ha una superficie di circa 28 ettari, ed è tutto chiuso da un muro di cinta di tre metri di altezza. È così denominato perchè è riservato all’allevamento dei daini dei quali esistono tuttora circa 160 esemplari.
Bosco ceduo. ― Ha una estensione di circa 131 ettari, e con il Parco dei Daini occupa quasi tutta la parte collinosa della tenuta. È diviso in sette sezioni di circa 19 ettari l’una, in turno settennale di taglio. Le essenze legnose, che compongono il bosco, sono principalmente il rovere che si trova in grande prevalenza, il carpino, il castagno, la robinia, il corbezzolo, il frassino.
Naturalmente tali essenze legnose sono caratteristiche e dominanti nella flora euganea.
Paludi. ― Occupano una superficie di circa ettari 32 e non producono che canne palustri che servono per confezionare scope, e per lettiera al bestiame. Si trovano al centro della tenuta e cioè fra la ferrovia ed i Colli Euganei.

La zona paludosa bonificata dall'Opera Nazionale Combattenti. Tenuta del Catajo, Battaglia Terme.

La zona paludosa che l’O. N. C. si appresta a bonificare.