L’azienda agraria del Catajo (1928)

Fabbricati. ― Il Castello ed i caseggiati urbani coprono una superficie di circa tre ettari di terreno e comprendono un gruppo di fabbricati indicati con il nome di Castello Vecchio e Nuovo nei quali si trovano, oltre gli appartamenti padronali affrescati, l’oratorio, la biblioteca, il bigliardo, il museo, gli appartamenti del seguito, del cappellano, del custode, i locali per l’amministrazione, i magazzini, le scuderie, le rimesse, la cantina, le stalle, il forno, la casa del giardiniere, la serra e la casa del guardia-portone; esistono inoltre alcune case di civile abitazione situate vicino all’abitato del Comune di Battaglia, attualmente assegnate a famiglie di contadini addetti alla tenuta.
Nel Castello si aprono grandi cortili divisi da ampi porticati; i cortili sono ornati di filari di ovonimus japonica, allevati a forma di vaso. Le grandi scale esterne, che danno accesso alle magnifiche terrazze dei piani superiori, sono tutte costruite in pietra viva, a dolce pendenza e con piccoli gradini formati da bassi cordoni sagomati e disposti in modo da permettere la salita a cavallo, fino alle terrazze più alte ed al Parco della Duchessa.

Cortile dei Tori. Castello del Catajo, Battaglia Terme.

Cortile dei Tori.

Fontana dell'Elefante nel Cortile dei Tori. Castello del Catajo, Battaglia Terme.

Fontana dell’Elefante nel Cortile dei Tori.

Bellissime fontane con figurazioni allegoriche in pietra, e con scherzi d’acqua a sorpresa, molto graziosi, adornano peristilii e scale, e numerose lapidi di marmo con iscrizioni latine ricordanti avvenimenti, date memorande e detti biblici, sono murate sul frontone degli ingressi al Castello e degli accessi alle terrazze.

Ingresso alle terrazze con la Fontana del Drago. Castello del Catajo, Battaglia Terme.

Ingresso alle terrazze con la Fontana del Drago.

I caseggiati rurali sono quaranta, distribuiti nelle varie parti della tenuta, a seconda della feracità del terreno e della intensità delle colture.
E però si trovano in grande maggioranza nella pianura, mentre scarseggiano nella zona collinosa.
Colture. ― I terreni in pianura sono a coltura intensiva asciutta; la rotazione delle colture è quella propria che nella zona è comunemente praticata, e cioè: frumento-grano turco – barbabietole da zucchero – prato artificiale (erba medica).

Condizioni della tenuta quando fu assunta in amministrazione dall’O. N. C.

Le condizioni deplorevoli in cui l’O. N. C. trovò la tenuta devono attribuirsi unicamente al sistema di amministrazione adottato dalla Casa d’Austria dal momento in cui l’ebbe in proprietà, ossia dal 1887.
Mentre fino ai Duchi di Modena la tenuta era a conduzione diretta, la Casa d’Austria la concesse in affitto ― fatta esclusione dei parchi e del Castello ― ad un grande affittuario che aveva l’obbligo di servirsi dei contadini abitanti nell’azienda, per i lavori colturali. Unico rappresentante del nobil padrone era un fattore che risiedeva in Castello e che aveva soprattutto l’incarico di curare l’allevamento dei daini, per soddisfare la passione venatoria di S. A. I. che tutti gli anni si recava al «Catajo» per la caccia. I canoni di affitto dovevano essere versati puntualmente all’Amministrazione generale di Casa d’Austria in Italia, che era rappresentata dal Console Generale d’Austria-Ungheria a Roma. Nei primi anni venne eseguita qualche piccola manutenzione ai caseggiati, ma in seguito più nulla: nessuna spesa fu più erogata per miglioramenti fondiari e colturali.
Nel 1895 la Casa d’Austria chiese ed ottenne, mentre l’Italia era impegnata nella guerra d’Africa, di poter trasportare in Austria collezioni ed oggetti d’arte. Così fino al 1914 emigrarono il Museo, l’Armeria, i quadri, le statue, parte della Biblioteca e dell’Archivio, ossia quanto formava la principale attrattiva della magnifica villa.
La morte di Francesco Ferdinando e lo scoppio della guerra europea impedirono che fossero asportati gli affreschi e quegli oggetti d’arte che ancora oggi attestano gli antichi splendori della residenza gentilizia.
Peraltro la guerra arrecò i più gravi danni al «Catajo». Il bosco ceduo, nel periodo bellico subì tagli irrazionali e devastatori, per provvedere di legna da ardere la popolazione civile e le truppe. Il Castello fu parecchie volte occupato dai nostri soldati e dalle truppe alleate, che venivano a riposarsi dalle fatiche del fronte.
Molti terreni rimasero incolti, perché le braccia valide si trovavano sotto le armi.
I danni maggiori si ebbero, però, subito dopo la guerra, e non da parte di estranei all’azienda.
Un oliveto di circa 700 piante, sito in località Grottarole, fu tagliato e venduto come legna da ardere. Ben 600 roveri secolari del Parco dei daini, oltre ad alcune centinaia di piante di diverse essenze dei Parchi della Duchessa e delle Delizie, furono tagliate e vendute. Lunghi filari di pioppi di alto fusto, che fiancheggiavano alcune strade campestri, furono anch’essi tagliati e venduti.
Numerose famiglie di contadini ed operai furono condotte nel «Catajo» ed alloggiate nelle case coloniche e, quando queste mancarono, nelle stalle, trasformate allo scopo ad uso abitazione. Porte e finestre furono asportate dal castello ed adoperate per altri usi. Il bosco ceduo fu ulteriormente devastato col pascolo dei bovini e con nuovi tagli irrazionali. Le serre furono in gran parte adibite a fienili ed a magazzini di legna. Molte piante di aranci, limoni, cedri e fiori in vaso morirono per abbandono, o perchè lasciate all’aperto durante l’inverno.
Le piante ornamentali dei cortili furono in gran parte danneggiate o distrutte dal bestiame ivi lasciatovi liberamente a pascolare. I cortili del reparto agricolo si empirono di letame e di materiali di rifiuto trasportati dalle stalle e dalle abitazioni.
Tutti i caseggiati (Castello e case coloniche) si ridussero in pessimo stato per l’assoluta mancanza di manutenzione.
Le campagne erano in parte incolte o malissimo coltivate da parte dei subaffittuari, sprovvisti di mezzi e di attrezzi di lavoro.
Il sorgere di una nuova coscienza, con l’ascesa al potere del Fascismo, provocò l’intervento dello Stato nella questione del «Catajo». Il sequestratario governativo diffidò gli affittuari a rilasciare il «Catajo» per ultimata locazione e danni, promuovendo la relativa causa davanti all’Autorità Giudiziaria. Il Tribunale di Padova prima, e la Corte di Appello di Venezia in seguito, stabilirono che i conduttori dovessero lasciare a completa disposizione dell’Opera il «Catajo» entro il 6 ottobre 1924. Fu in tale periodo che l’Opera potè prendere pieno possesso dell’Azienda, mentre fino allora la sua attività si era dovuta forzatamente limitare ad una semplice azione di controllo.

Attività svolta dall’O. N. C. dal 1924 al 1926.

Ben grave, pertanto, era il compito assegnato all’O. N. C. dallo Stato per la riorganizzazione di un’azienda completamente dissestata.
Il carattere di questa Rivista non consente una particolareggiata esposizione del lavoro compiuto nel breve periodo di due anni, ma i pochi dati che riproduciamo più sotto ci sembrano bastanti a dare una idea sufficientemente esatta di ciò che è stato fatto.
L’Azienda del «Catajo» nel 1924 era passiva. Le entrate (Lire 70.000) non erano sufficienti a pagare le imposte e le spese di amministrazione. Nel 1926, invece, gli utili netti sorpassarono le 150 mila lire.
La conduzione dell’azienda venne così ripartita:
Castello-frutteto, giardini, parchi-bosco ceduo, pari ad Ha. 176, in economia;
Ha. 50 a mezzadria;
Ha. 224 in affitto a 75 famiglie di coltivatori diretti in gran parte ex combattenti.
Per questi ultimi il canone di fitto fu portato a L. 90.000 dalle L. 62.000 che esse pagavano precedentemente.
Per le scorte, oltre a quelle che già esistevano, furono erogate 115 mila lire. A tutti i contadini che ne fecero richiesta, furono forniti sementi selezionate, bestiame ed attrezzi per i lavori agricoli e concimi, che pagarono a prezzo di costo, in parte subito, in parte a raccolto ultimato.
Nel 1925 il canone di fitto per gli stessi terreni fu portato a 120 mila lire. Le agevolazioni concesse nel primo anno furono non solo mantenute, ma intensificate.
Nel 1926, per l’anno agrario in corso, tale canone fu portato a circa L. 160.000. Ciò nonostante l’Opera ha mantenuto delle quote di fitto notevolmente inferiori a quelle medie della zona.
Nello stesso anno 1925, si ebbero i primi benefici effetti della intensificazione e razionalità delle coltivazioni: ben 26 quintali di frumento per ettaro si ottennero sulle mezzadrie, superando di gran lunga la media della zona e quella fino allora ottenuta nel «Catajo».
Tutti i contadini ne risentirono un gran beneficio e furono puntualissimi nel pagare il rispettivo canone di fitto, mentre nell’anno precedente l’affittuario non aveva potuto riscuotere che 5 mila lire sulle 62 che egli doveva riscuotere dai contadini.
Oltre le precise disposizioni contrattuali, a tutti i conduttori furono impartite istruzioni e norme verbali per le cure colturali alle piante erbacee e per la potatura e impianto delle viti e dei fruttiferi tenuti per lunghi anni in completo abbandono.
Lo stato disastroso in cui si trovavano i caseggiati urbani e rurali, alcuni dei quali costituivano un pericolo permanente per gli abitanti, imponeva urgenti provvedimenti per i quali furono erogate oltre 140 mila lire.

La fattoria Pasta. Tenuta del Catajo, Battaglia Terme.

La fattoria “Pasta”.
La fattoria Mazzucato. Tenuta del Catajo, Battaglia Terme.

La fattoria “Mazzucato”.

Alla fine di settembre del 1926 tutti i tetti del Castello e dipendenze, nonchè 40 caseggiati colonici, furono completamente restaurati. Altri 40 metri lineari (per 3 d’altezza) di muro del Parco dei Daini furono ricostruiti. Il laghetto del Parco delle Delizie, prospiciente il Castello, che per l’abbandono in cui era stato lasciato si era trasformato in palude, ove si era sviluppata un’abbondantissima vegetazione di canne palustri, fu completamente ripulito. Ben tremila metri cubi di fango furono estratti e in gran parte adoperati a concimare il vicino pescheto. Anche i muri perimetrali del lago furono ricostruiti. Le tubazioni che portano l’acqua dal canale di Battaglia al lago sopradetto, agli zampilli, alle scuderie, furono riparate ed in gran parte sostituite. I viali dei parchi e dei giardini furono ripuliti dalla vegetazione spontanea che li aveva in gran parte coperti. Tutte le piante ornamentali furono potate e sistemate, e quelle morte sostituite.

ONC-Lavoro di spurgo del lago nel Parco delle Delizie. Tenuta del Catajo, Battaglia Terme.

Lavori di spurgo del lago nel Parco delle Delizie.

I cortili furono sgombrati dai mucchi di immondizie e di letame accumulatovi precedentemente.
Nel bosco ceduo furono determinati di nuovo i confini delle antiche sezioni, ed in due anni si riuscì ad ottenere la normale rotazione di taglio.
Cure diligenti furono rivolte al caratteristico allevamento dei daini. Esso fu consegnato all’O. N. C. con soli 78 capi in gran parte vecchi e difettosi, perchè i migliori erano stati venduti dagli affittuari. In due anni furono eliminati 60 esemplari più scadenti, mentre da altri allevamenti furono importati dei buoni maschi per rinsanguare la razza. Attualmente il loro numero è salito, come abbiamo detto, a circa 160.
Altro lavoro di notevole importanza è la costruzione delle concimaie (finora tutte le stalle ne erano sprovviste), che verrà iniziata e condotta a termine entro il 1927 secondo le disposizioni emanate dal Governo Nazionale col R. D. Legge n. 1605 del 13 agosto 1926.

Il pescheto di tre anni piantato dall'Opera Nazionale Combattenti. Tenuta del Catajo, Battaglia Terme.

Il pescheto di tre anni piantato dall’O. N. C.

La bonifica dei paduli.

Riteniamo opportuno accennare ad un’altra opera di grande importanza e attualmente in corso di attuazione. Intendiamo riferirci alla bonifica della zona paludosa che, come abbiamo già accennato, comprende 30 ettari di terreno di ottima qualità. Tutti i canali di scolo sono già ultimati e si sta lavorando per la costruzione dello Stabilimento Idrovoro, che riverserà poi le acque nel canale sotto Battaglia. Tutti i lavori saranno completati nella primavera ventura.

Opera Nazionale Combattenti, la bonifica della tenuta del Cataio, Battaglia Terme.

La bonifica del Cataio.

Il relativo progetto fu predisposto ed alacremente eseguito dal Genio Civile di Padova.
Chiuderemo queste brevi note, formulando l’augurio che il Castello del «Catajo» possa, come monumento pubblico di altissima importanza, essere definitivamente destinato a qualche istituzione di carattere e importanza nazionali.

La presente monografia è stata pubblicata nel n. 2 – febbraio 1927 – v – della Rivista “ ITALIA AUGUSTA ”, edita dall’O. N. C.

Monografie pubblicate a cura dell'O.N.C. L'azienda agraria del Catajo.

L'azienda agraria del Catajo, copertina.L’azienda agraria del «Cataio», a cura dell’Opera Nazionale Combattenti, Roma, Opera Nazionale Combattenti, 1928.