Villa o castello? La costruzione del Catajo

Il castello del Catajo: la storia dei vari corpi di fabbrica che costituiscono lo storico complesso e la loro analisi dal punto di vista architettonico.

Battaglia Terme, il Catajo.

Battaglia Terme, il castello del Catajo.

(Foto di Alessandra Lanza)

Adriano Verdi

Villa o castello?
Storia della costruzione
del Catajo e descrizione
della sua consistenza
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Il castello del Catajo, addossato al monte Ceva (o Siesa), è un maestoso insieme di edifici che non possiamo definire propriamente villa o castello. I corpi di fabbrica costituenti il complesso sono organizzati secondo linee ortogonali, a nord dell’asse stradale di via Catajo, perpendicolare al canale Battaglia e alle strade che lo costeggiano: la statale 16 e la provinciale 63 (fig. 1).

Castello del Catajo, veduta zenitale attuale.

1. Veduta zenitale attuale.

Gli edifici, intervallati da cortili e giardini, sorgono in piano o sulle ultime propaggini meridionali del colle Ceva, che proseguono a nord col parco dei daini. A sud, verso il centro di Battaglia, si estende il giardino formale e il parco.
Il complesso trae origine dalla prima costruzione che s’incontra a destra, entrando dal cancello orientale, dopo il ponte a tre archi sul fosso Rialto costruito nella seconda metà del Settecento dal marchese Tommaso, ultimo degli Obizzi. Questa fabbrica, chiamata casa di Beatrice (secondogenita di Giovanni Ludovico Pio di Savoia signore di Carpi, moglie del letterato Gasparo Obizzi e madre di Pio Enea I) è attestata già nel 1541, quando Gasparo fa testamento 1. Nel 1556 il perito Domenico Dall’Abaco la stima 1150 ducati 2. La casa − chiamata anche Palazzo di sotto o Castelvecchio − ha pianta rettangolare di 21,05 metri per 23,20 ed è costituita da due piani sopra un basamento bugnato e scarpato, che appare solo sul lato sud lungo la strada interna e nel quale sono ricavate solo quattro stanze per la custodia dell’ingresso (II livello, fig. 2).

Castello del Catajo, ingresso e casa di Beatrice, pianta del II livello del complesso.

2. Ingresso e casa di Beatrice, pianta del II livello del complesso.

Il piano inferiore della casa di Beatrice è attraversato da un andito centrale con quattro stanze per parte (III livello, fig. 3).

Castello del Catajo, pianta del III livello.

3. Pianta del III livello.

I due fronti a est e a ovest, collegati dall’andito, sono porticati per tutta la loro lunghezza, con volte a crociera dipinte a grottesche. La loggia orientale si presenta ora chiusa con vetrate; le sue ultime due arcate meridionali, già trasformate in oratorio con accesso diretto dalla strada nel XVII secolo, formano ora un locale con panneggi dipinti sulle pareti a trompe-l’oeil.
Delle stanze a monte solo la più grande a est presenta il soffitto decorato con una pergola illusionistica, mentre in un tondo centrale è raffigurato il Buon Pastore. Delle quattro stanze a valle solo le due maggiori hanno le finestre aperte direttamente all’esterno del fronte meridionale, mentre è decorato a grottesche il solo soffitto della stanza a nord-est, aperta sulla loggia verso il giardino pensile. Da una scala interna a L si può salire al piano superiore. L’arrivo è in una grande sala voltata che funge da disimpegno, trasversale rispetto all’andito del piano inferiore. Verso oriente sono disposti cinque camerini, già decorati nel Seicento con famose feste e tornei. A ovest della sala grande passante trovano invece luogo: una grande cucina a nord, una dispensa, un tinello e, verso sud, l’appartamento di due stanze intercomunicanti (fig. 4).

Castello del Catajo, rampe d’ingresso e casa di Beatrice, pianta del IV livello.

4. Rampe d’ingresso e casa di Beatrice, pianta del IV livello.

In soli tre anni Pio Enea I Obizzi (1525-1589) collaterale generale della Repubblica di Venezia e inventore dell’obice, a partire dal 1570 fa costruire il nucleo principale del Castello, compresa la ricca decorazione a fresco di Giovanni Battista Zelotti con le gesta della famiglia, terminata entro il 1573, quando Giuseppe Betussi la descrive 3. La copertura della casa della madre Beatrice viene trasformata in terrazza, con quattro garitte agli angoli, al livello del primo dei tre piani del castello e delle altre terrazze.
La mole apparentemente cubica del castello, di circa 30 metri di lato, è in realtà costituita da una pianta a L, simmetrica secondo la diagonale, completata a formare il quadrato con due volumi di servizio alti solo due piani con un cortile nel mezzo. Due corpi a torre sporgono di quasi quattro metri dal volume massiccio agli angoli di nord-est e di sud-ovest, ma la merlatura gira sul bordo superiore tutta alla stessa quota. Le pareti esterne mostrano ancora qualche traccia delle decorazioni a fresco originarie e dei contorni delle figure incisi nell’intonaco, rappresentate da I. Montalegre nel volume di J. Ch. Volkamer del 1714 4.
Il piano terreno, ma si tratta del V livello, presenta sei stanze e due logge, dipinte dal ciclo di affreschi di Giovanni Battista Zelotti sulle gesta degli antenati di casa Obizzi: per la loro descrizione si rimanda all’esaustiva Ragionamento di Giuseppe Betussi 5 (fig. 5).

Castello del Catajo, Pianta del I piano del Castello (V livello).

5. Pianta del I piano del Castello (V livello).

Il piano intermedio del castello (VI livello), l’unico abitato fino agli anni Ottanta del secolo scorso, è suddiviso in dieci stanze ed è stato decorato con vedute a chiaro scuro da Marino Urbani nel primo Ottocento (fig. 6).

Castello del Catajo, pianta del II piano e del Castello (VI livello).

Castello del Catajo, pianta del III piano e del Castello (VII livello).

6. Piante del II e III piano e del Castello (VI e VII livello).

Il piano superiore (VII livello) presenta un’altezza ridotta dei locali, nella previsione di una destinazione a soffitte e granai; ma, già in fase costruttiva, si è preferita la riduzione all’uso abitativo, con una maggiore suddivisione dello spazio rispetto alle ampie sale dei piani sottostanti. Sulle pareti, in parte visibili, in parte ricoperte da tinteggiature di calce o perdute per le efflorescenze dell’umidità dell’intonaco, sono affrescate pregevolissime vedute di città italiane ed estere, provincie d’Italia o isole, alla maniera di Egnazio Danti nella galleria vaticana delle Carte geografiche. Le due stanze sporgenti agli angoli contrapposti sono compartite ad imprese: scene allegoriche con i motti corrispondenti.
Più a ovest della casa di Beatrice e del castello di Pio Enea, attestato al muro che definisce il margine rettilineo settentrionale della via Catajo, viene costruito nel Cinquecento un edificio che era composto da un portico rustico aperto verso est, da stalle con sovrapposti granai e fienili e da cantine dalla parte del monte. Il tutto viene trasformato da Pio Enea II (1592-1674, nipote del primo) secondo un grandioso disegno d’insieme, descritto nel 1669 da Francesco Berni 6, che interessa anche altre zone del complesso e che ci è in buona parte pervenuto. Il piano terra, con accesso dalla via principale, viene destinato a sala per il gioco della pallacorda alla francese: ora vi si trova l’Oratorio di San Michele, voluto da Tommaso Obizzi e consacrato nel 1781, poi trasformato in stile gotico nella prima metà dell’Ottocento dall’arciduca Massimiliano, fratello di Francesco IV duca di Modena (livelli I e II, fig. 7).

Castello del Catajo, pianta del I livello dell’ala dell’Oratorio.

Castello del Catajo, pianta del II livello dell’ala dell’Oratorio.

7. Piante del I e del II livello dell’ala dell’Oratorio.

Secondo il progetto di Pio Enea II nel primo piano trova luogo l’armeria, poi biblioteca (III livello, fig. 8).

Castello del Catajo, pianta del III livello dell’ala dell’Oratorio.

8. Pianta del III livello dell’ala dell’Oratorio.

A nord, in testa alla sala da gioco e dell’armeria, da terra fino al tetto, viene costruito un «teatrino tutto vaghezza», formato da «quattro camerini uno sopra l’altro» divisi ciascuno da quattro gran finestre ad uso di 16 palchi, secondo la testimonianza del Berni: oggi il teatrino non è più riconoscibile. Sul fianco ovest di queste fabbriche, e da esse nascoste rispetto al palazzo, viene addossata la stalla per cavalli, col pavimento lastricato in trachite e con un portico laterale lungo 130 piedi (46,4 metri) aperto a ovest su un gran cortile rustico rettangolare, attorno al quale si allungano dei corpi di fabbrica destinati a rimesse per carrozze, fienili, camere per i carrozzieri e per le selle, che sono descritti più avanti.
Per collegare i luoghi del teatro, dei giochi e dell’armeria con il palazzo, Pio Enea II fa tagliare il monte ricavando un «corridore» coperto lungo 83,35 metri, parallelo a via Catajo, che regolarizza il lato setten­trionale del gran cortile dell’ingresso. Questo corridoio viene modificato nella prima metà dell’Ottocento e sostituito da una nuova ala con stanze per gli ospiti, chiamata foresteria (fig. 9).

Castello del Catajo, pianta del IV livello (III piano della foresteria).

9. Pianta del IV livello (III piano della foresteria).

Vista da sud è alta apparentemente tre piani: ma, in realtà, i primi due sono solo parzialmente esistenti, dietro il muro intero e continuo della facciata, per la presenza della roccia del colle, che viene lasciata affiorare agli angoli orientali dei primi due piani, lunghi rispettivamente 36,7 metri su 64,3. La copertura è piana e praticabile, alla quota delle altre terrazze del castello, ma da queste non direttamente accessibile: è invece collegata per mezzo di tre ponticelli al bosco recintato, ricavato sul monte a nord del castello, chiamato parco della Duchessa (Beatrice Maria, moglie di Francesco IV di Modena, che vi fa piantare cipressi e conifere).
Lo spazio aperto tra la casa di Beatrice e l’ala con la sala della pallacorda, tra il corridore e l’alto muro di cinta lungo la strada, viene definito da Pio Enea II con un sistema gradonato di tre cortili, studiato per migliorare l’accesso e per consentire lo svolgimento e la visione degli spettacoli all’aperto (fig. 10).

Castello del Catajo, sezione prospettica da sud.

10. Sezione prospettica da sud.

Rialzando progressivamente il livello della strada esterna verso il canale, si consente di entrare in una piattaforma interna attraverso il nuovo arco trionfale senza salti di quota. Questo cortile d’ingresso, che si trova a un livello intermedio tra il vasto cortile inferiore e il cortile pensile alla quota della casa vecchia di Beatrice, è delimitato da due sottoportici contrapposti: quello a sud, addossato all’interno dell’arco di trionfo, protegge l’ingresso e consente di salire ai piani superiori tramite una galleria e una scala, rimanendo sempre al coperto (si veda la pianta del III livello, fig. 3); nel sottoportico di fronte all’ingresso è collocata, invece, la grande Fontana dell’Elefante con due fontanelle minori, di Sesto e di Abido, ai lati (fig. 11).

Castello del Catajo, spaccato assonometrico del cortile d’ingresso.

11. Spaccato assonometrico del cortile d’ingresso.

Il cortile inferiore, liberato dallo sperone del monte, viene predisposto per lo svolgimento di tornei (con l’innesto della lizza) e per essere riempito d’acqua per le rappresentazioni navali. Le due lunghe pareti interne contrapposte del cortile vengono fatte affrescare da due pittori bolognesi: Antonio Cerva, che cura le partiture architettoniche, e Ippolito Ghirlanda, che tratteggia le grandi figure dentro le prospettive. Verso monte sono dipinti i parenti di casa Obizzi, di fronte quelli da parte della moglie Lucrezia. Da allora il cortile è chiamato Cortile dei Giganti.
I due muri di contenimento dei gradoni sono attraversati da due rampe a cordoni in trachite e sono ulteriormente ingentiliti da due coppie di fontane.

Castello del Catajo, il Cortile dei Giganti.

Il Cortile dei Giganti.

(Foto di Alessandra Lanza)

Salendo al cortile pensile s’incontrano: di fronte, al centro del portico, l’ingresso alla casa di Beatrice, a destra la fontana dell’Aquila e, a sinistra, guardato dalla fontana di Cerbero, il cancello che immette alle rampe a cordoni, che portano alle terrazze di accesso al castello. Dal fondo nord del portico parte poi la scala coperta con la fontanella della Vecchia Gabrina.
Un altro intervento di grande qualità di Pio Enea II si concentra a oriente del castello ed è costituito, anche qui, da un insieme di terrazzamenti. Le logge aperte al piano terra della casa di Beatrice (al III livello), alle quali si è già accennato, vengono prolungate per ben 17 arcate (61,25 metri) pari alla lunghezza di un giardino pensile, largo 25 metri e suddiviso da aiole di bosso alberate. La balaustra orientale di questo giardino prospetta sul Rialto, mentre quella meridionale guarda la via Catajo. A nord il giardino pensile è invece chiuso da un alto muro inclinato e merlato, un tempo dipinto a imitazione delle logge, che separa il giardino dal parco daini, dalla casa del Sacerdote e dalla conserva interrata «capace di cento carra di neve». Sul giardino pensile si affaccia a sua volta lo “scoperto lastricato” del IV livello, realizzato sopra la parte settentrionale delle logge. Questa terrazza, accessibile dalla sala grande al primo piano della casa di Beatrice, è a sua volta posta sotto la terrazza orientale d’ingresso al castello al V livello. Al centro del volume della struttura di quest’ultima terrazza è ricavata la grotta dell’Idra (fig. 12).

Castello del Catajo, pianta ricostruttiva delle quattro aiole con le armi di casa Obizzi.

12. Pianta ricostruttiva delle quattro aiole con le armi di casa Obizzi.

È sempre a partire dalla metà del Seicento che Pio Enea II cura l’impianto del grande giardino nella pianura a sud della strada d’accesso. Secondo la descrizione di Francesco Berni, di fronte all’arco d’ingresso al castello, Pio Enea II fa «ricamar la terra» con le siepi di basso, in modo da formare quattro grandi armi dei principi e degli stati ove possiede beni la casa Obizzi: «le chiavi di San Pietro, il Leon Veneto, le Palle Toscane e l’Aquila Estense».
Sono quindi descritte due peschiere delimitate da muriccioli, sui quali «molti piedestalli ed alcune balaustrate han sopra vasi di melaranci»; e, fra le due peschiere, un sentiero largo trenta piedi e lungo cen­toventi; e poi pergolati, una torre di gelsomini e vitalbe, una caduta d’acque larga dodici piedi a somiglianza di velo, un bosco d’olmi, un labirinto di bossi e, infine, «nel dritto alle stalle si è cavata un’altra gran pe­schiera, che per sotterranei riceve l’acque dalla Brenta».
Lungo il margine meridionale di via Catajo, in una fascia larga cinque metri, sono allineate le serre in muratura con un portale di passaggio intermedio; poi altre serre sotto tettoie più andanti e, infine, la casa del giardiniere alla quale, nell’Ottocento, è stata rifatta in stile gotico la facciata settentrionale su strada e, nel Novecento, una cabina elettrica nella prima stanza a est.
Come già accennato, attorno al gran cortile rustico rettangolare, a ovest delle scuderie di Pio Enea II, hanno trovato luogo, nel corso della seconda metà del XVII secolo, le rimesse per le carrozze, probabilmente nell’ala a ovest, fienili e cantine a nord, camere per il personale a sud. Circa un secolo dopo l’ala settentrionale, affacciata su questo cortile, viene ristrutturata dal marchese Tommaso, l’ultimo della stirpe Obizzi (1751-1803) per collocarvi le raccolte d’arte e d’antichità, iniziate già da Pio Enea II. Le collezioni vengono incrementate considerevolmente nel corso della seconda metà del Settecento, tanto da costituire un vero e proprio Museo, del quale è rimasto il ricordo nell’inventario steso nel 1803 dal notaio Giuseppe Bozza 7. In mancanza di sufficienti descrizioni planimetriche dei locali costituenti l’organismo museale menzionati in detto inventario, ci si limita a indicare la localizzazione di solo una parte delle raccolte, tenendo conto che, a causa dell’incuria, tra il 1990 e il 1996 alcune parti del tetto erano già crollate, mentre nel corso degli ultimi due decenni sono collassati anche i solai e gran parte delle murature (fig. 13 e fig. 14).

Castello del Catajo, pianta del II livello con la galleria del museo.

13. Pianta del II livello con la galleria del museo.

Castello del Catajo, pianta del I livello con gli edifici attorno alla corte rustica meridionale.

14. Pianta del I livello con gli edifici attorno alla corte rustica meridionale.

Nella testata settentrionale del portico, a ovest delle scuderie seicentesche, viene costruito al piano terra un nuovo portale monumentale (sul quale campeggia, a caratteri maiuscoli, la scritta «magazzino tabacco») attraverso il quale si entrava in un atrio con le scale sdoppiate che scendevano al magazzino lapidario o salivano ai locali d’ingresso, di anticamera e, quindi, alla galleria del museo, un vano lungo 76 metri e largo 6, affrescato a grottesche, ove erano raccolte le testimonianze archeologiche. Come l’ala con la sala da gioco della pallacorda e le scuderie, anche questa del museo era costituita da due lunghi fabbricati contigui, divisi da un muro di spina longitudinale. Infatti, contigue per una porzione lunga più di 60 metri, a nord del lapidario, vi erano le cantine. Accessibili dalla testata est (dal secondo cortile), erano costituite da un primo locale a doppia altezza di 21,5 per 7 metri, da un secondo vano di 32,6 per 7 metri parzialmente interrato e coperto con volta a lunette e da una bottiglieria nuovamente a livello terra di 6,85 per 7 metri. La parte restante verso ovest di questo corpo era completata con un portico a sei arcate a doppia altezza e da una piccola stalla per bovini con un fienile soprastante, già inserita nel volume d’angolo tra l’ala del museo e quella di chiusura trasversale occidentale. Anche il locale lungo 32 metri, posto al II livello sopra la cantina seminterrata e quello di 6,85 metri sopra la bottiglieria, dovevano avere destinazione museale. Assai curioso era il piccolo vano posto sul corpo sporgente verso nord, di altezza molto ridotta, con un soffitto a cassone romboidale decorato a grottesche e camino con pilastrini scanalati e architrave decorato a greche. Al secondo piano (III livello) le capriate di sostegno del tetto unificavano lo spazio sottostante, che ai piani inferiori si presentava invece diviso longitudinalmente dal muro centrale di spina. La porzione orientale con due lucernari alla fine del Settecento doveva presentarsi suddivisa in vari locali, terminando a ovest con una sala biabsidata, della quale vi era traccia solo nel pavimento (fig. 15).

Castello del Catajo, pianta del III livello dei locali attorno al cortile rustico meridionale.

15. Pianta del III livello dei locali attorno al cortile rustico meridionale.

L’ala meridionale degli edifici che definiscono il cortile rustico è allineata lungo via Catajo e termina a ovest in una torretta cilindrica, destinata a colombaia. Realizzata per ospitare gli alloggi per il personale su tre livelli, questa fabbrica presenta la facciata meridionale ritmata dall’iterazione del motivo di coppie di finestre ravvicinate. A causa della successiva destinazione a essicatoio di tabacco sono stati demoliti tutti i solai e innalzati alcuni muri di ancoraggio trasversali. Anche qui i tetti stanno crollando.
L’ala occidentale, destinata a rimessa per le carrozze, si presenta dal cortile con quattro ampi portoni ad arco ai lati di uno centrale. Quest’ultimo trova riscontro in un portale archiacuto sulla facciata esterna occidentale, con lunetta e tondi laterali dipinti, inseriti nella struttura lapidea di un muro merlato, a sua volta inglobato in una successiva sopraelevazione in muratura laterizia. Anche quest’ala si presenta senza solai intermedi.
A nord della corte rustica si è venuto formando un secondo cortile, probabilmente a partire dalla seconda metà del Settecento con le trasformazioni volute da Tommaso Obizzi. Il lato est di questa corte settentrionale non è chiuso da edifici ma dalle pendici del colle e col recinto del parco. Il lato nord è definito da un muro continuo in salita verso est sul quale sono attestati due edifici staccati (fig. 16).

Castello del Catajo, pianta dei fabbricati attorno al cortile settentrionale.

16. Pianta dei fabbricati attorno al cortile settentrionale.