Veneto e Commedia di Dante. Introduzione

Il Veneto nella Commedia di Dante. In questa introduzione, le date e i luoghi dell’esilio di Dante, il Veneto al tempo del sommo poeta e i luoghi del Veneto in cui si possono ancora trovare tracce del suo passaggio.

PRESENTAZIONE

di Giovanni Ponchio

Questo saggio rappresenta una stratificata memoria.
È innanzitutto un modo per ricordare il suo autore, Franco Marchioro. Docente di letteratura italiana, esperto di storia locale, appassionato divulgatore dell’opera dei tre grandi della letteratura italiana: Dante, Petrarca e Boccaccio. Il suo spirito parla ancora in questo testo, colto, raffinato, sensibile, come nella sua scrittura, ampia, precisa, strutturata e plastica.
Vi è poi la doppia memoria di Dante. Quella dei luoghi del Veneto che, ancor oggi, riportano traccia delle sue permanenze e dei suoi viaggi continui, dei suoi incontri e dei suoi scontri. Ne sono testimonianza lapidi, citazioni marmoree, statue che costellano le strade e le piazze del Veneto. Come il ritratto di Dante sulla facciata di palazzo Moro ad Oriago di Mira (Venezia).

Palazzo Moro ad Oriago di Mira (VE). Sulla facciata, la lapide in cui sono riportati alcuni versetti del Purgatorio e, subito sopra, il bassorilievo con l’effigie di Dante.

Di Threecharlie [CC BY-SA 4.0], da Wikimedia Commons con modifiche.

Ma soprattutto dalle pagine di Franco Marchioro emerge la memoria di Dante che nella Commedia fissa in versi immortali le esperienze paesaggistiche, umane e culturali di quella parte d’Italia, posta tra Rialto e le fontane di Brenta e che Tagliamento ed Adice richiude. Ma si tratta di una memoria che non è esposta al ripensamento, alla revisione, alla rimozione, alla dimenticanza, come quella che ognuno di noi sperimenta tutti i giorni.
Quella dantesca è una memoria immobile, fissata in eterno dal giudizio divino.
Scendendo nel profondo Inferno, salendo il monte del Purgatorio o immergendosi nella luce de Paradiso, Dante compie un viaggio nel passato che non passa. Perché ogni essere umano è fissato per sempre a ciò che nella sua vita mortale è diventato. Un animale grufolante e rancoroso, come Reginaldo Scrovegni che non ha occhi se non per la sua borsa piena di denari. Un lamento doloroso e sgomento, come Jacopo del Cassero che si dissangua nella palude tra Oriago e Mira. Un sorriso amoroso, come Cunizza da Romano che, spogliata d’ogni bellezza terrena, palpita rivestita di luce dalla bellezza divina.
Il Veneto svelato e cristallizzato in eterno dalla poesia del grande fiorentino è, con tutta evidenza, assai diverso da quello dei nostri tempi. In 700 anni l’acqua passata sotto i ponti, non è passata per nulla.
Eppure a rileggere le vite e gli amori, le lotte, gli odi e i tradimenti, gli inganni ed i malefici, i peccati e le glorie dei Veneti di allora si possono intravvedere controluce quei caratteri antropologici e culturali che fanno del Veneto una realtà unica nello spazio e … nel tempo.

INTRODUZIONE

1. L’esilio di Dante in Veneto

Il primo novembre del 1301 entra in Firenze, con la lancia con la qual giostrò Giuda, Carlo di Valois, fratello del re di Francia Filippo IV il Bello, chiamato dal papa Bonifacio VIII per riportare ufficialmente la pace tra Guelfi Bianchi e Neri. Ma Carlo favorisce il partito dei Neri i quali, dopo essersi abbandonati per una settimana ai saccheggi, costituiscono un governo presieduto dal podestà Cante dei Gabrielli di Gubbio con lo scopo di distruggere il partito dei Bianchi.
Il 27 gennaio 1302, Dante, appartenente al partito dei Bianchi, viene condannato, fama pubblica referente, per aver commesso per se vel per alium barattarias, lucra illicita, iniquas extorsiones in pecunia vel in rebus, a restituire le cose estorte, a pagare 5000 fiorini piccoli, a rimanere per due anni fuori dai confini di Toscana e a perdere per sempre ogni diritto civico. Con la sentenza del 10 marzo gli vengono confiscati i beni e, per non essersi presentato entro il tempo imposto, lo si condanna a morte in contumacia.
Negli anni che seguono i contrasti tra il governo di Firenze e l’illustre e orgoglioso esule si radicalizzano a tal punto da vanificare sul nascere le poche occasioni di una riappacificazione.
Dopo un infelice tentativo di rientrare in patria con la forza e il conseguente abbandono dei compagni di sventura, la compagnia malvagia e scempia, Dante sceglie di far parte per se stesso ed inizia quel lungo e faticoso peregrinare che per tre lustri lo renderanno come legno sanza vela e sanza governo, portato a diversi porti e foci e liti dal vento secco che vapora la dolorosa povertade.
Non è sempre facile seguirlo nei suoi spostamenti ed individuare con precisione quali siano i porti, le foci e i liti che egli tocca, perché non sempre ci soccorre adeguata documentazione. L’abbondante aneddotica fiorita subito dopo la sua morte, che lo fa presente dovunque, induce alla prudenza, né le sue parole ci aiutano molto dal momento che appaiono fin troppo generiche. Comunque, quando scrive di aver peregrinato per le parti quasi tutte a le quali questa lingua si stende, sembra autorizzarci a pensare, al di là di un possibile, ma improbabile viaggio a Parigi, soprattutto alla parte nord orientale di un territorio compreso tra l’Arno e le Alpi: Verona, Treviso, Padova, Milano, Venezia, Ravenna sono comunque tappe abbastanza sicure, anche se non sempre documentate, del suo vagabondare.
Scopo della presente ricerca è la raccolta e l’esame delle tracce che nella Commedia ha lasciato la sua permanenza in Veneto. Occorre, a questo proposito, una breve precisazione. Nel De vulgari eloquentia sembrerebbe che il poeta intenda per Veneto la Marchia trevisiana cum Venetiis, la parte d’Italia posta tra Rialto e le fontane di Brenta e di Piava e che Tagliamento e Adice richiude. Non figurano la Marchia Veronensis appartenente alla Lombardia, il Forum Iulii … et Ystria, nonché il Principato vescovile di Trento. Accantonate le complesse questioni storico-amministrative che hanno condizionato la nascita e poi modificato i confini dell’attuale regione, dovendo pur delimitare l’indagine, intendiamo qui comprendere con il termine Veneto le tre Venezie e la penisola istriana che per molti secoli è stata veneziana.
Dati i limiti che ci siamo imposti, appare inopportuna una ricostruzione minuziosa del suo esilio al di fuori del Veneto, ma una sintetica cronistoria dei suoi spostamenti ci sembra doverosa comunque.
Le date seguite da (?) sono verosimili, ma non documentabili.

1304. Dante è ospite di Bartolomeo della Scala, signore di Verona. Nel mese di maggio sembra accertata la sua presenza ad Arezzo.
1304-1305 (?). È ospite di Gherardo da Camino a Treviso. Vi sono tracce della sua presenza in varie città del Veneto e del Trentino. Soggiorna a Padova.
1306. È ospite dei Malaspina in Val di Magra. Il 6 ottobre compare a Sarzana, in Lunigiana, quale procuratore dei Malaspina.
1307-1310 (?). Mancano notizie certe. In questo periodo si collocano, comunque, il suo presunto viaggio a Parigi, un soggiorno a Milano probabilmente con Moroello Malaspina per rendere omaggio all’imperatore Arrigo VII, un breve soggiorno a Genova e, forse, un altro a Venezia.
1311. Nel mese di Marzo si trova nel Casentino, ospite dei conti Guidi di Porciano e forse ospite anche della contessa Gherardesca dei Guidi di Battifolle nel Castello di Poppi.
1312. Si trova a Pisa, al seguito di Arrigo VII che ha cinto la corona imperiale a Roma.
1313. Dopo la morte dell’imperatore avvenuta il 24 agosto, ritorna a Verona, ospite di Cangrande della Scala, ove rimane fino al 1319 (?).
1319 (?). Si trasferisce da Verona a Ravenna, ospite di Guido Novello da Polenta, signore della città.
1320. li 20 gennaio è ancora a Verona per la seduta accademica che diventa occasione per la composizione del saggio Questio de aqua et terra.
1321. È inviato a Venezia da Guido Novello. Durante il viaggio di ritorno viene colto da febbri malariche e si spegne a Ravenna tra il 13 e il 14 settembre.

Dante quindi, se pur in modo discontinuo, soggiorna in Veneto per cinque, sei anni. La documentazione, però, è scarsa e tende ad intrecciarsi con quella ridda di tradizioni e leggende ottocentesche, e ancor prima rinascimentali, sorte per appagare vanità locali e falsi culti municipalistici.
Prendiamo come esempio la presenza di Dante a Padova. Un documento del 27 agosto 1306 cita tra i testimoni di una transazione di denaro un Dantino q. Alligerij de Florentia et nunc stat Padue in contracta Sanctij Laurentij. Nel 1865, in occasione delle celebrazioni della nascita del poeta, il volume Dante e Padova si apre con un saggio dello storico A. Gloria che, in base al documento citato e ad un presunto incontro del poeta con Giotto nella Cappella degli Scrovegni, desunto da Benvenuto da Imola, segna addirittura i limiti precisi del soggiorno padovano di Dante.
Sulla scia del Gloria c’è perfino chi immagina lo spirito sdegnato di Dante aggirarsi tra le mura dell’odierno palazzo Romanin-Jacur e detta l’epigrafe:

FAZIONI E VENDETTE
QUI TRASSERO
DANTE
1306
DAI CARRARA DA GIOTTO
EBBE MEN DURO LO ESILIO

Ma, dopo attente ricerche d’archivio, G. Da Re dimostra nel 1890 che il Dantino del documento del 1306 non può essere l’Alighieri, e un altro studioso padovano, A. Belloni, dimostra con ampia documentazione che nell’uso veneto del Trecento Dantino vale in un documento come unità onomastica autonoma, e non come vezzeggiativo, assolutamente fuori luogo.

Padova, il palazzo Romanin-Jacur con l’iscrizione dantesca.

Analoghe osservazioni si potrebbero fare sul presunto soggiorno di Dante a Treviso per cui le lapidi che oggi ricordano il passaggio del poeta e, in particolare, quella apposta nel punto in cui il Cagnano confluisce nel Sile,

DANTE ESULE
MIRANDO QUESTI DUE FIUMI SCRISSE
“E DOVE SILE E CAGNAN S’ACCOMPAGNA”

sarebbero, secondo Gianfranco Folena, tipiche manifestazioni del turismo romantico dantesco.
Ma se risulta sfuggente la presenza fisica di Dante in Veneto, non lo è altrettanto la presenza topo grafica e storica del Veneto nelle sue opere e, soprattutto, nella Commedia. Già nel De vulgari eloquentia aveva tracciato un sintetico ma illuminante quadro delle più importanti parlate venete, ma è nella Commedia che il Veneto, almeno in venti occasioni, compare in immagini poetiche, in descrizioni paesaggistiche, in rievocazioni di vicende storiche e di cronaca i cui protagonisti formano un gruppo ben definito: Ezzelino III da Romano e la sorella Cunizza, Obizzo II d’Este e il figlio Azzo VIII, Jacopo da Sant’Andrea, Gherardo da Camino e i figli Gaia e Rizzardo, Reginaldo Scrovegni, Alberto della Scala e i figli Bartolomeo, Giuseppe e Cangrande, un vescovo di Feltre e uno di Vicenza, un abate di San Zeno.
Ed è appunto su tali presenze che si focalizza la presente ricerca. Molto numerose nell’Inferno, si dimezzano nel Purgatorio e sono appena presenti nel Paradiso. Non poteva essere diversamente. Più il poeta si avvicina a Dio, più si allontana dalla terra. Dio è l’Assoluto ineffabile ed il Paradiso è il suo regno: i ricordi della vita terrena sono solo scorie che ne offuscano l’eterna bellezza.

2. Il Veneto al tempo di Dante

La parte nord orientale della penisola italica, quella che sommariamente possiamo chiamare Veneto, è partecipe, salva qualche eccezione, di quella evoluzione politica, che molti chiamano crisi, che coinvolge interamente tutta l’Italia centro settentrionale tra il finire del secolo XIII e l’inizio del secolo XlV.
L’impetuosa spinta della borghesia comunale ha sconfitto l’impero. Le città italiane sono diventate liberi comuni, ma la vita dei comuni è tutt’altro che pacifica. Le furibonde lotte intestine tra fazioni contrapposte per il governo della città e le continue guerre con i comuni vicini per il predominio territoriale favoriscono la nascita di governi forti che si trasformano spesso in tirannidi.
Di fatto si assiste al passaggio, spesso violento e drammatico, dalle libertà comunali all’instaurarsi delle Signorie. È un momento alquanto convulso nella storia dell’Italia centro settentrionale – nave sanza nocchiero in gran tempesta la definisce Dante -, ma anche un momento cruciale in quanto si radicano quelle strutture politiche particolaristiche che caratterizzeranno nel bene come nel male la nostra storia fino al Risorgimento.
Da un punto di vista culturale il Veneto tra il Duecento e il Trecento è un affollato crocevia della cultura europea nel quale si incontrano e si scontrano l’occidente latino e l’oriente bizantino e slavo. Le molteplici correnti di idee e di lingua configurano un paesaggio culturale assai diversificato nel quale trovano posto gli ultimi echi della cultura trovadorica, arroccata nelle corti, quella franco-veneta in pieno rigoglio e la penetrazione dei prestigiosi modelli toscani. L’Università di Padova registra la presenza contemporanea di Albertino Mussato, Pietro d’Abano e del giovane Marsilio ed è il crogiolo in cui la cultura cavalleresca francese si fonde con quella letteraria latina e con quella scientifico-aristotelica.
Da un punto di vista politico il Veneto, si diceva, non fa eccezione rispetto alle altre regioni dell’Italia centro-settentrionale e la sua storia è contrassegnata dal ribollire di quelle forze economiche, politiche e culturali cui abbiamo accennato. I più importanti attori di questa complessa e frammentaria vicenda che fa da sfondo all’esilio di Dante e a molte terzine della sua Commedia sono la Repubblica di Venezia, le città di Padova, Treviso, Verona, Vicenza e, in secondo piano, il Principato ecclesiastico di Trento, la Contea del Tirolo, il Vescovato di Feltre e il Patriarcato di Aquileia.

La cartina mostra il territorio veneto al tempo di Dante.

La cartina mostra il Veneto al tempo di Dante.

Venezia

La Repubblica oligarchica di Venezia occupa il litorale veneto tra il Tagliamento ed il Po e le coste sud orientali dell’Istria. Conquistata la stabilità interna mediante un complesso sistema che garantisce il predominio delle classi patrizie, è una potenza economica e militare che si gode il ricchissimo bottino della Quarta Crociata (1204). Completamente assorbita dalla politica estera, lotta furiosamente contro la rivale Genova che era riuscita, con l’aiuto di Michele VIII Paleologo, a strapparle Costantinopoli (1261) e a batterla qualche decennio più tardi presso l’isola di Curzola (1298). Nel 1302 i Veneziani saccheggiano gli insediamenti genovesi di Costantinopoli e forzano l’imperatore Andronico II a riaprire i mercati bizantini e a restituire parte della preda strappatale dai Genovesi. Impegnata in oriente e nel Mediterraneo, appare astutamente estranea a quanto avviene alle sue spalle in terraferma.

Padova

Prima tra le città a cacciare il vicario imperiale, è tra i comuni promotori della Lega Veronese contro il Barbarossa. Dalla prima metà del secolo, nonostante un’esistenza tumultuosa per l’alternarsi al governo di Guelfi e Ghibellini, aumenta progressivamente la sua ricchezza e la sua potenza, ma dal 1237 al 1256 subisce la tirannia di Ezzelino III da Romano. Quindi combatte contro gli Scaligeri che miravano ad occuparla. Nel 1318 passa sotto la dinastia dei Da Carrara fino a quando, nel 1405, diventa possedimento veneziano.

I presunti volti (dall'alto verso il basso) di Dante, Giotto e Nicola Pisano.

Il poeta e critico fiorentino Alessandro Parronchi vede in questi tre volti affrescati nel Giudizio Universale di Giotto all’interno della Cappella degli Scrovegni a Padova i ritratti di Dante, Giotto e Giovanni Pisano.

Treviso

Ordinatasi in libero comune, dopo un iniziale atteggiamento favorevole all’impero, aderisce alle leghe Veronese e Lombarda avversando il Barbarossa. Il secolo XII e l’inizio del XIII rappresentano il periodo più fulgido della città, ma nel 1237 cade sotto la tirannia degli Ezzelini. Rimane quindi coinvolta nella lotte tra i Castelli ghibellini e i Da Camino guelfi. Nel 1283 i Da Camino con Gherardo hanno il sopravvento e governano la città. Morto nel 1312 Rizzardo, Treviso è governata dai conti di Gorizia e da altri vicari imperiali fino al 1328. In seguito viene occupata per circa un decennio dagli Scaligeri e, nel 1339, da Venezia.

Verona

Anima della Lega antimperiale, chiamata appunto Veronese, è travagliata al suo interno dalle solite lotte intestine tra partiti e fazioni contrapposte fino a che Ezzelino da Romano se ne impossessa tenendola nelle sue mani dal 1227 al 1259. Con l’elezione a podestà di Mastino della Scala, inizia per Verona uno dei più lunghi governi signorili del tempo. Esso dura fino al 1387 passando da Alberto, a Bartolomeo, ad Alboino e a Cangrande della Scala. La città quindi decade per l’inettitudine degli ultimi Scaligeri, passa a Gian Galeazzo Visconti nel 1387 e poi a Venezia nel 1405.

Vicenza

Alleata con altri comuni veneti contro Federico I di Svevia, dopo la vittoria di Legnano (1176) lotta con le vicine città di Padova e di Verona. Saccheggiata da Federico II nel 1236, cade sotto la signoria degli Ezzelini, dei Da Carrara, degli Scaligeri e dei Visconti. Nel 1404 passa a Venezia.

Trento

Il principato ecclesiastico del Trentino sorge nel 1027 per volontà di Corrado II il Salico. I vescovi-conti sono perennemente impegnati a difendersi dalle mire di Ezzelino, vicario imperiale di Federico II di Svevia, dalla volontà espansionistica degli Scaligeri e dalle pretese dei Conti di Tirolo, castello a breve distanza da Bolzano, sede di quei feudatari che mirano ad occupare tutto il bacino dell’Adige.

Tirolo

Nel XII secolo i vescovi-conti del Tirolo, i più potenti feudatari della regione, pur riuscendo con successo ad imporre il loro dominio di diritto e di fatto su gran parte della regione, sono costretti a frenare la loro azione espansionistica verso il meridione di fronte al potere temporale dei vescovi di Trento che trova sostegno nel sistema comunale e nella tradizione di spiccata autonomia tipica della popolazione delle valli. Attorno al 1300 i conti del Tirolo dominano una regione che comprende buona parte della valle dell’Inn, della bassa Engadina, della Venosta, dell ‘Isarco e della Pusteria.

Feltre

Già schierata contro il Barbarossa, si allea più tardi con Belluno per difendersi da Treviso e cerca inutilmente di salvarsi da Ezzelino, accettando la signoria di Biaquino da Camino. Cade nelle mani dei Da Romano nel 1284, è dominata per un breve periodo da Gherardo da Camino, quindi dagli Scaligeri e poi, dal 1336, dai Carraresi.

Aquileia

Il Patriarcato di Aquileia, sorto all’inizio del VII secolo, occupa tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo un territorio che si stende tra il Piave, l’Isonzo e la Carnia. Ricco di memorie romane e longobarde, non conosce se non in modo del tutto marginale, quelle lotte municipali che caratterizzano la realtà politica delle altre regioni venete e dell’Italia centro settentrionale.

Franco Marchioro

La copertina del libro "Il Veneto nella Commedia di Dante".

Franco Marchioro, Il Veneto nella Commedia di Dante, Grafiche RGM, Monselice, per conto della CRDSL – Battaglia Terme, 2017 – pagine 6-14.

CRDSL: Centro per la Ricerca e la Documentazione sulla Storia Locale.
Ringraziamo la moglie di Franco Marchioro, sig.ra Luciana, per averci dato il consenso alla pubblicazione.

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Franco Marchioro
(Este, 1941 – Battaglia Terme 2015)

Laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Padova, è stato per oltre tre decenni titolare della cattedra di Letteratura italiana e Storia negli Istituti Tecnici Statali.
Dal 1977 ha vissuto a Battaglia Terme. Nel 2007 gli è stato assegnato il Premio Speciale di Saggistica Veneta al Concorso Letterario Nazionale “Villa Morosini”.

Ha pubblicato:

Il Museo Civico della Navigazione Fluviale di Battaglia Terme, La Galiverna 2003.
Battaglia Terme: un piccolo, grande paese, La Galiverna 2004.
Battaglia Terme: paese d’acque, La Galiverna 2005.
Echi di storia nazionale nei Consigli comunali di Battaglia Terme, La Galiverna 2005.
Il viaggio di Dante, La Galiverna 2005.
Memorie di deportati, La Galiverna 2006.
Agri baptaliensis corpus inscriptionum, La Galiverna 2006.
Il romanzo di Ulisse, La Galiverna 2007.
Trent’anni dopo…, La Galiverna 2007.
Il breve sogno, (Canzoniere), La Galiverna 2008.
La commedia umana, (Decameron), La Galiverna 2011.

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Centro per la Ricerca e la Documentazione
sulla Storia Locale
Battaglia Terme

CONSIGLIO DIRETTIVO
Antonio Romano – Presidente
Dino Grossi – Vice Presidente
Giuseppe Bonafè – Segretario / Tesoriere
Gino Antico – Consigliere
Lucia Boaretto – Consigliere
Franco Marchioro † – Consigliere
Bruno Savin – Consigliere