La navigazione interna e i barcari

ASPETTI ECONOMICI DELLA NAVIGAZIONE INTERNA
a cura di Paolo Giaretta

Battaglia, palazzo Dottori. Incisione su rame di M.V. Coronelli, 1690.

Incisione su rame di M.V. Coronelli. 1690.

La navigazione nei secoli scorsi
Non occorre risalire al mito della fondazione di Padova (l’arrivo di Antenore attraverso il Brenta) per spiegare l’essenzialità del rapporto del territorio padovano con i suoi fiumi, né occorre in questa sede risalire le vicende che hanno portato Padova e il suo territorio a svolgere un ruolo importante fin dall’epoca romana come punto nodale di traffici, anche grazie alle sue vie d’acqua.
Per i nostri più modesti scopi è certo però interessante rileggere come il Gloria, il famoso storico del “Territorio Padovano Illustrato” apre le pagine dedicate a Battaglia:
“Non è Casale antico Battaglia, che si forma di due lunghe borgate partite dal Naviglio. Innanzi il secolo 13° era soggetto alla dizione civile ed ecclesiastica di Pernumia. Ma poiché il 1201… fu aperto quel naviglio da Monselice a Padova detto canale di Battaglia e poiché lungh’esso si costruì la via che ne forma il contrargine ed è più breve dell’antica via Romana che da Este per S. Pietro Montagnone ed Abano a Padova giungea, cominciò Battaglia, fatta perciò scala della navigazione e del commercio tra Padova, Monselice, Rovigo, la Romagna da una parte, Este, Montagnana, Legnago dall’altra, a divenire più abitata, che prima non era, anzi crebbe sì presto di abitazioni, che uno statuto del 1235 circa vi addita già il ponte per congiungere le case surte in ambo le rive”.
Esattamente 790 anni fa, nel 1189, i Padovani decidevano dunque di iniziare lo scavo di quel canale, terminato nei primi del 1200, che doveva unire Battaglia a Padova e Monselice.
Più o meno dello stesso periodo, anche se con successive sistemazioni, sono i canali di Sottobattaglia, Cagnola-Pontelongo che collegano Battaglia alla laguna di Chioggia e quindi a Venezia.
Nel corso dei secoli questo insieme di vie d’acqua mantenuto e migliorato attraverso gli attenti interventi prima dei Carraresi e poi della Repubblica di Venezia, ha costituito una importante via di comunicazione sufficiente alle esigenze di una economia agricola che trovava cosi il modo di affacciarsi ai grandi mercati dei porti di Chioggia e di Venezia, offrendo le proprie merci: soprattutto materiali da costruzione, legname, prodotti agricoli, prodotti tessili.

La realizzazione della conca di Battaglia

Lavori di costruzione della conca di navigazione. di Battaglia, 1922.

Battaglia Terme, 1922. Lavori di costruzione della conca di navigazione. Si sta completando l’argine sinistro del mandracio inferiore.

All’inizio del XX secolo, con l’avvio dapprima di una timida industrializzazione, poi della grande iniziativa di Porto Marghera, si riscopre il ruolo che questa via d’acqua può svolgere al fine di garantire una più ampia integrazione tra gli insediamenti lagunari in forte sviluppo ed il retroterra.
Già nel 1902 una relazione della Commissione Ministeriale per lo studio della navigazione interna sottolineava l’importanza di unire per via d’acqua i “floridissimi centri commerciali di Este, Monselice e Padova col porto di Chioggia e con la grande linea di navigazione padana”.
A questo scopo veniva suggerita la realizzazione di una conca a Battaglia, che avrebbe consentito ai natanti il salto d’acqua esistente tra i canali di Battaglia e Sottobattaglia e giungere direttamente al mare.
I lavori, su un progetto all’avanguardia per quei tempi, vennero iniziati nel 1919 e terminati nel 1923, con un impegno finanziario notevole. L’importanza attribuita a questa opera è testimoniata dal fatto che fu inaugurata con una grande manifestazione dallo stesso Mussolini, da poco capo del governo, il 10 giugno del 1923.
In tal modo Battaglia veniva a trovarsi al centro di un insieme di vie di navigazione, tutte tra di loro collegate:
– il canale Este-Monselice, con una lunghezza di oltre 13 Km., con una larghezza media di circa 11 metri, prolungamento del canale Bisatto, peraltro pressoché inadatto ad un traffico commerciale, per i fondali insufficienti e per i ponti e manufatti esistenti;
– il canale Monselice-Battaglia-Padova percorribile da natanti da 120-150 tonnellate;
– il canale Battaglia Bovolenta-Brondolo, con una lunghezza di oltre 46 Km. percorribili da natanti da 300 tonnellate fino a Pontelongo e da 200 tonnellate fino a Battaglia.
Questo insieme di vie di navigazione erano poi naturalmente collegate attraverso i canali litoranei della laguna, con le grandi vie fluviali del nord-Italia.
Modesti erano gli impianti portuali e i servizi: una banchina di 160 metri a Monselice, costruita nel 46-47, una teleferica a Mezzavia, di proprietà della ditta Bonetti, per il carico diretto della trachite, una gru sul canale di Cagnola a servizio della distilleria, il porto interno dello zuccherificio di Pontelongo con 700 metri di banchine e con quattro gru.

I dati del traffico sui canali di Battaglia e Pontelongo

Questo insieme di strutture hanno assicurato, tra il ’23 e la prima metà degli anni ’50, un flusso abbastanza costante di traffico, dai 700 ai 900 natanti all’anno in transito, trasportando in gran parte trachite, carbone, zucchero e barbabietole per lo zuccherificio.
Ancora nel 1958 erano 884 i natanti che avevano caricato e scaricato merci negli approdi di Monselice, Battaglia e Pontelongo. Da quell’anno si ha una rapida caduta del traffico: 635 natanti nel ’59, 265, meno della metà, due anni dopo, 151 nel ’63, 107 nel ’65, 31 nel ’66, limitatamente al solo tratto fino a Pontelongo. Dal ’67 in poi il traffico cessa pressoché completamente.

Navigazione nei canali Monselice-Battaglia e Battaglia-Pontelongo-Brondolo negli anni 1954-1967.

Perché è cessata la navigazione?

Quali le cause di questo rapido declino?
La principale è consistita certamente nell’inadeguatezza strutturale dei canali; come abbiamo visto, nonostante alcuni importanti interventi, essi restano praticabili solo da natanti di piccolo tonnellaggio; si tratta poi di canali in alcuni punti tortuosi, sottoposti a facili interramenti, con argini deboli, con ponti con insufficiente altezza, poco adatti, quindi, ad una intensa navigazione commerciale.
La navigazione restava poi fortemente limitata dallo scarso fondale; per consentire un utilizzo a barche di un certo tonnellaggio si doveva ricorrere alla pratica, già conosciuta in tempi remoti, della “butà”.

Barche in attesa di partire per Chioggia. Battaglia Terme, anni '50.

Battaglia Terme, anni ’50. Mandracio inferiore; flottiglia di barche in attesa della butà per partire verso Chioggia.

Le acque del Bacchiglione, raccolte nel bacino del Bassanello, venivano immesse due volte alla settimana attraverso i canali Scaricatore e Roncajette nel canale Pontelongo; contemporaneamente le acque del canale Battaglia, che con la chiusura del canale Scaricatore avevano raggiunto il massimo livello, venivano immesse attraverso l’Arco di Mezzo nei canali Sottobattaglia e Cagnola; in tal modo le barche cariche potevano avere fondali sufficienti per la navigazione.
Questo sistema, oltre che costituire un rilevante spreco di acqua, limitava però fortemente il numero di giorni di navigabilità certa, ostacolando quindi un adeguato sviluppo della velocità commerciale.
Progetti per la rettifica, l’allargamento, l’escavo dei canali, il consolidamento degli argini ecc. se ne fecero molti; di particolare rilevanza fu il progetto, ripreso anche in tempi recenti, di una conca e di un sostegno a Pontelongo, che avrebbero consentito l’innalzamento del livello dell’acqua e permesso una navigazione più agevole, oltre a risolvere i problemi irrigui di una vasta zona della bassa padovana. .
Di tutto questo non si fece niente; anzi la stessa ordinaria manutenzione venne a diradarsi, cosicché sempre più difficile fu l’uso dei canali per la navigazione commerciale.

Barca trattenuta al Ponte Nuovo in attesa di passare sotto il ponte. Battaglia Terme, anni ’50.

Battaglia Terme, anni ’50. Barca trattenuta al Ponte Nuovo con un cavo legato all’argana. L’Arco di Mezzo è aperto; appena il livello dell’acqua permetterà il passaggio della barca sotto il ponte, l’Arco verrà chiuso e la barca potrà partire.

Un secondo ordine di problemi è costituito dalla mancanza di adeguate opere portuali, che consentissero un carico-scarico a costi competitivi; i costi di facchinaggio sempre crescenti rendevano proibitivi i costi complessivi di trasporto, rispetto allo stesso valore delle merci trasportate e rispetto ai costi che con lo sviluppo della rete ferroviaria e stradale si potevano avere con i mezzi concorrenti; occorre anche dire che uno dei motivi ricorrenti di lamentela delle associazioni di barcari ai convegni sui problemi della navigazione fluviale che particolarmente nei primi anni del dopoguerra si tennero con una certa frequenza, era la particolare politica tariffaria praticata dalle Ferrovie dello Stato per incentivare il trasporto merci e che finiva per rendere non competitivo il trasporto per barca; così come influì molto sulla decadenza dell’attività dei barcari, la grossa disponibilità, negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, di autocarri, residuati delle operazioni belliche, con la presenza quindi di innumerevoli operatori di trasporto disposti a praticare, per sopravvivere, tariffe estremamente basse.

Un terzo ordine di problemi è costituito dal mancato ammodernamento del parco dei natanti. Dai dati disponibili si desume che l’intero patrimonio di natanti idonei al trasporto di merci per via fluviale nell’Alta Italia fosse costituito alla fine degli anni ’40 da circa 350 natanti non motorizzati in legno, con portata tra 150 e 280 tonnellate, da una cinquantina di natanti motorizzati sempre in legno e da poche decine di natanti in ferro. Si rendevano quindi necessari rilevanti investimenti per motorizzare gli scafi in legno esistenti e realizzare nuovi tipi di natanti in ferro.
Non mancarono dei provvedimenti fiscali e finanziari nei confronti dei barcari per facilitare tali trasformazioni, ma certamente essi furono insufficienti a promuovere un consistente ammodernamento del naviglio.

Nota letta in occasione dell’apertura della mostra “Battaglia Terme e la navigazione fluviale” tenutasi dal 16 giugno al 15 luglio 1979.

IL CORSO DELLE 150 ORE E LA SCOPERTA DEI BARCARI
a cura di Elio Franzin

Palazzo Andrei, Battaglia. Incisione su rame di M.V. Coronelli, 1690.

Incisione su rame di M.V. Coronelli. 1690.

Quando nell’autunno del 1977 mi arrivò dal Provveditorato agli Studi la nomina per l’insegnamento in quattro classi delle cosiddette 150 ore andai subito a visitare i paesi, Battaglia e Bresseo, nei quali avrei dovuto lavorare per un anno.
Mi resi conto abbastanza rapidamente del carattere complesso ed articolato del paese di Battaglia, quasi una piccola città. La fabbrica Magrini-Galileo, lo stabilimento termale, i due canali di sopra e di sotto con l’Arco di Mezzo, il ponte canale del Pigosso, la chiusa con le porte vinciane ormai in disuso, lo squero abbandonato con qualche barcone semiaffondato, le due ville Selvatico e Cataio, l’edificio con la macchina idraulica, erano tutti elementi che rinviavano ad una storia densa e complessa.

Sulla base della perlustrazione e con l’aiuto dell’indispensabile volume “Il territorio padovano illustrato” del vecchio Andrea Gloria iniziai le mie conversazioni con l’unica classe delle 150 ore di Battaglia, composta nella maggior parte da operai della Galileo, sempre puntualissimi, e da dipendenti dello Stabilimento Termale. L’esposizione sommaria delle tesi di Antonio Gramsci sulla necessità per la classe operaia di conoscere la storia d’Italia per raggiungere la sua egemonia indubbiamente facilitò l’accordo sulla opportunità e l’utilità di conoscere il passato di Battaglia. Al riferimento gramsciano aggiunsi una critica serrata e provocatoria nei confronti del nucleo più omogeneo della classe, gli operai della Magrini-Galileo. Li accusai ripetutamente di non conoscere e di non voler studiare i problemi, il passato e il presente dei paesi agricoli che circondano Battaglia. Il rifiuto della realtà contadina e cattolica era una delle cause, secondo me, dell’isolamento del comune di Battaglia gestito dalle sinistre unite e soprattutto degli operai in lotta per la difesa della fabbrica.

E poiché la classe operaia, quella vera, è modesta, le mie critiche furono accettate. In classe arrivarono rapidamente quattro pubblicazioni: quelle di P. Cattani e di P. De Gregoris su Battaglia, la storia di Montegrotto Terme di G. Migliolaro e un opuscolo illustrativo della cerimonia di inaugurazione della chiusa avvenuta alla presenza del cavalier Benito Mussolini. Quasi tutti gli allievi erano molto curiosi di sapere soprattutto come si fa a studiare la storia di un paese, da che parte si comincia. Nel 1977 la mia ipotesi era che uno dei problemi centrali di Battaglia fosse quello del ponte canale del Pigosso, la cui insufficiente dimensione provoca danni gravissimi alle campagne di una vasta zona ai piedi dei colli. Il canale che passa per il ponte canale del Pigosso nasce nel parco della villa Papafava a Frassanelle. Negli Archivi propri, segreta, di Giovanni Poleni a Venezia vi sono delle miscellanee con le carte relative al pontecanale del Pigosso. Io riferii ai miei allievi i risultati della mia ricerca veneziana. Purtroppo le fotocopie dei disegni poleniani relativi ai due pontecanali del Pigosso e della Rivella che segnano i confini di Battaglia mi furono spediti dall’Archivio di Stato veneziano quando ormai la scuola era chiusa. Potrebbero, da soli, essere oggetto di una mostra sulla storia di Battaglia.

La mia proposta di promuovere un incontro di studio su: “I progetti per la botte (sottocanale) del Pigosso e il degrado idrico del territorio dei colli Euganei” fu accettata. E in effetti il convegno si svolse il 27 maggio del 1978 in un cinema del paese. Ero convinto, e lo sono ancora, che quello del pontecanale era un problema attorno al quale avrebbe potuto iniziare una collaborazione molto interessante fra l’amministrazione “rossa” di Battaglia e quelle della zona interessata, tutte bianche naturalmente. Ma intanto gli interventi degli allievi si stavano polarizzando attorno al problema della navigazione fluviale ormai scomparsa, al modo di vita dei barcari. A questo punto la ricerca storica doveva subire una correzione. Date le mie incertezze mi recai in parrocchia. La risposta del parroco fu netta e precisa: “Battaglia è un paese di ex-barcari”. A questo punto feci scrivere delle relazioni ai miei allievi su tutto quanto sapevano sulla navigazione fluviale e sui barcari. Fu estremamente facile constatare il grande interesse che esse presentavano. Non fu facile riuscire a convincere gli allievi, almeno la maggior parte di essi, ad andare dai vecchi barcari in osteria o a casa in modo da avere le loro risposte ad un questionario che formulammo assieme in classe. I vecchi barcari temevano di essere derisi. Con un foglio ciclostilato annunciammo al paese la nostra intenzione di organizzare per il pomeriggio del primo sabato di aprile un incontro con i barcari. Esso iniziava con la perentoria affermazione che: “Per secoli il ruolo economico del paese di Battaglia Terme è stato caratterizzato soprattutto dal traffico fluviale che si svolgeva sui due canali (Canale della Battaglia e Canale di Sotto) che al paese facevano capo”. Il volantino continuava denunciando le ” incomprensioni fra i lavoratori” dovute alla “sottovalutazione del significato che ha avuto la navigazione fluviale per lo sviluppo del paese” e criticando gli intellettuali tradizionali del luogo per non aver studiato la storia della navigazione fluviale. Questo volantino fu distribuito assieme al questionario diretto ai barcari. Le risposte furono numerose ed interessanti. Intanto il Centro culturale C. Marchesi si era inserito nell’iniziativa didattica. L’anno scolastico si stava concludendo. Era evidente che il discorso appena iniziato, sui barcari di Battaglia, scoperti con entusiasmo dalla stampa locale e in particolare dall’Eco di Padova e dal Mattino, avrebbe avuto un suo futuro. I miei allievi ed anche gli animatori culturali di Battaglia tentarono di coinvolgermi più direttamente nei loro progetti entusiasti di una mostra fotografica sui barcari. Sapevo che quasi sicuramente non avrei insegnato in paese l’anno successivo, l’anno della mostra, la prima, se non erro, sui barcari in provincia di Padova. L’unica mia preoccupazione fu allora che l’iniziativa non andasse dispersa nel limbo delle buone intenzioni, che non si creassero delle divisioni fra i promotori. L’incontro con i barcari dell’aprile lo ricordo ancora. E ricordo ancora che alcuni miei allievi formularono l’ipotesi che il mio interesse per i barcari fosse dovuto alla mia parentela con quelli del Sile. Questa parentela non esiste. Vi è stata invece una appassionata frequentazione del fiume trevigiano sulle barche della Canottieri Sile. Ho dei vaghi ricordi di barconi e della vita che in essi si svolgeva osservata sul tratto di fiume verso Fiera, Silea. Ma l’importanza della navigazione fluviale per la storia e la civiltà veneta me l’hanno fatta scoprire e capire i miei allievi di Battaglia. Quando sono ritornato in paese, la sera in cui la mostra sui barcari stava per chiudere, assieme a Ettore Bentsik, ho capito il valore degli allievi delle 150 ore. In queste settimane a Padova stiamo costituendo il “Comitato amici del Piovego”. Anche a Padova stiamo progettando una mostra sui barcari del Portello e di San Giovanni delle Navi. Ne sto parlando da tempo con Sandro Zanotto. Ma non so se riusciremo a realizzare quello che la gente di Battaglia ha già fatto. Scrivo queste brevi note per il catalogo con qualche speranza. Ma se non ci riuscirà, vorrei tanto che i miei allievi di Battaglia mi promuovessero non per la mia capacità ma per la mia sincera “buona volontà”.

Canali e burci, copertina.

G.F. Turato, F. Sandon, A, Romano, A. Assereto, R, Pergolis, Canali e burci, Battaglia Terme, La Galiverna, 1992, Quaderni del Centro Sociale e Culturale “C. Marchesi” 4.