Battaglia si forma di due lunghe borgate

Sono qui riportate le pagine che riguardano il paese di Battaglia, tratte da Il territorio padovano illustrato, importante lavoro del paleografo e storico Andrea Gloria pubblicato nel 1862.

Battaglia.

Non è casale antico Battaglia, che si forma di due lunghe borgate partite dal naviglio. Innanzi il secolo XIII era soggetto alla dizione civile ed ecclesiastica di Pernumia (1). Ma poichè il 1201, secondo la cronaca Muratoriana (2), o 1204 secondo la Mantissa aggiunta al Monaco Patavino (3), fu aperto quel naviglio da Monselice a Padova, detto Canale di Battaglia, e poichè lunghesso si costruì la via che ne forma il contrargine ed è più breve dell’antica via Romana che da Este per S. Pietro Montagnone ed Abano a Padova giungea, cominciò Battaglia, fatta perciò scala della navigazione e del commercio tra Padova, Monselice, Rovigo, la Romagna da una parte, Este, Montagnana, Legnago dall’altra, a divenire più abitata, che prima non era, anzi crebbe sì presto di abitazioni, che uno statuto del 1235 circa (4) vi addita già il ponte per congiungere le case surte in ambe le rive.
Quello statuto e l’altro intorno ai molini, che si dirà, mostrano ad un tempo, come sia erronea la tradizione, che fa provenire il nome. Battaglia da un conflitto tra i principi da Carrara ed i Veneziani avvenuto a Catajo presso la chiesetta del Pigozzo, mercecchè i da Carrara non signoreggiarono Padova innanzi il 1318. Nè pare ammissibile, che tal nome derivi dall’urtarsi che fanno in quel luogo il Frassine che viene da Este e Monselice, ed il Bacchiglione che scende da Padova componente il naviglio antedetto, per riversarsi uniti nel Canale di sotto. Nè in fine credo, ciò che altri asseriscono, aver originato quel nome dalla famiglia Battaja, essendo più proprio dell’età di mezzo, che le famiglie si nomassero dai luoghi, non i luoghi da esse, tanto più che non era allora comune l’ uso dei cognomi. Onde non so dire da che Battaglia si appelli così (5).

Battaglia, stampa del 1862.

BATTAGLIA

Il Canale di sotto da questo casale corre a Bovolenta, a Pontelongo ed al mare, e riceve il naviglio antedetto per una cateratta detta Arco di mezzo. La Republica di Padova vi avea costrutto un edifizio a modo di ponte, a tre luci presidiate da saracinesche per regolare la navigazione, non per dare passaggio alle barche, ciò che interviene dei sostegni a porte ed a conca. Quell’edifizio fu ristorato più fiate, duranti le signorie dei da Carrara e dei Veneziani, ma fu d’uopo alfine redificarlo il 1830. La odierna cateratta è lunga metri 24, larga 13, alta 12:10. La sormonta una fabbrica, dalla quale a mezzo d’ingegnoso congegno si alzano ed abbassano agevolmente nove pesanti saracinesche che serrano le tre luci. Di queste le due laterali hanno la corda di metri 5 e servono per animare i molini posti ai fianchi. La mezzana ha la corda di metri 5:20, serve a scaricare il naviglio nelle sue piene, e da essa venne il nome di Arco di mezzo. Le muraglie di questo superbo edifizio sono rivestite di macigno. Lo architettò Gian-Antonio Volpi con lo spendio di austriache lire 140,000 (6).
I molini furono posti dalla Republica padovana avanti il 1232. Quest’anno ne vendette una parte al monastero di Padova, che più tardi si titolò delle sante Agata e Cicilia (7); e con uno statuto anteriore al 1236 (8) vietò altri molini nel Vighenzone diretto a Pernumia, nel naviglio e nel Canale di sotto. Altra parte dei molini di Battaglia possedea il principe Marsilio da Carrara, com’egli assevera nel suo testamento del 1338 (9). Oggi sei ruote con grandiosa pila da riso spettano alla baronessa Maria Esckles maritata Wimpffen, e quattro al Faccanoni.
Fa stupore e paura la cascata dell’aqua quando si apre la luce mezzana della cateratta, essendo sopposto l’alveo del Canale di sotto niente meno che metri 7:20 al letto del naviglio. Questo è anche più alto delle campagne vicine e si alza ognora più. Onde il 1856 la piena dell’aqua sormontò in Battaglia. fino a 40 centimetri sulle rive, e parve miracolo l’avervela tenuta chiusa mediante sacchi di terra, finchè squarciò l’argine a Mezzavia. Salveranno il bel casale di Battaglia e quelle ubertose terre da future inondazioni l’apertura del nuovo taglio da Bassanello a Roncajette, e la proposta costruttura del sostegno all’incile del naviglio a Bassanello.
Presso la cateratta ed i molini della Wimpffen è la contrada delle Chiodare, ove nella casa Mincio esisteano anche negli ultimi tempi fabbriche di carta linea, che si estinsero per le crescenti torbide dell’aqua. Siffatta industria recò ed istituì appo noi Pace da Fabriano verso il 1340 (10) col suffragio del principe Ubertino da Carrara. Sembra Pace della famiglia dei Penacci, come che in due istrumenti del 1405 serbati nell’Archivio Notarile di Padova tra i rogiti di Sicco Polentone (11) leggiamo: Nicolò Penacio cartaio q. Pace della contrada di Pontecorvo. A prova delle fabbriche padovane di carta linea, istituite in quel tempo, additiamo i volumi primi degli ufficii Sigillo, Aquila e Vittuarie dell’Archivio civico di Padova, composti di carta· tutta linea e solida, ma grossolana, ciò che mostra i primi vagiti dell’arte di comporla. La carta di quei volumi porta originali scritture degli anni 1351 e seguenti, e con altre marche ha quelle del carro, stemma dei da Carrara, e del cimiero col saraceno alato, proprio a Francesco I ed a Francesco II di quei Principi (1350-1388). Ora, avendoci provato il Tiraboschi nella seconda edizione della sua storia della letteratura (12), che i Fabrianesi aveano fabbriche di carta linea nello scorcio del secolo XIII, e non constando altre indubbie fabbriche di tal carta anteriori alle fabrianesi, chè non ponno ammettersi come certe le prove di quelle in Sativa, ora S. Filippo di Valenza esibite dall’Andres nella sua opera della Letteratura, ed essendo fuor di questione, che da Fabriano vennero in Padova lavoratori a trasportarvi quell’arte, mercecchè oltre a Pace sunnomato due altri originali documenti del 1376 parlano di certo maestro Francesco dalle carte q. Ser Presente da Fabriano allora vivente in Padova (13), ed infine non risultando aver istituite dopo Fabriano altre città in Italia fabbriche di quella carta, innanzi che Padova, è forza di accordare il primo posto ai Fabrianesi ed il secondo ai Padovani nella gloria della propagazione di sì importante scoperta, all’Italia dovuta. Imperciocchè riflettendo al caro prezzo della pergamena, segnatamente negli andati secoli, al mitissimo costo della carta di lino, ed alla sua durata, capiremo di leggieri che tale scoperta fu madre alla invenzione della stampa, perchè questa non avrebbe avuto senza quella la divulgazione, che la rende sì vantaggiosa al progresso delle scienze e delle arti, ed allo sviluppo intellettuale dei popoli. Non saprei dir poi, se le prime fabbriche padovane siensi istituite in Padova o Battaglia. Attenendomi ai su citati documenti terrei più tosto in Padova e probabilmente nella contrada di Pontecorvo. Però credo molto vetuste anco le fabbriche di Battaglia.
Al di là della cateratta trovansi a manca della via una sega, una ferriera, il giardino del co. Ferri con rare peregrine piante e la parrocchiale di S. Jacopo.
Questa fu eretta nel 1332 per testamento di Fina e del suo figlio Jacopo de’ Zachi, che la dotò di porzione dei molini a destra della cateratta (14). Era governata da un cappellano avente cura di anime il 1454 (15), e soggetta alla pieve di Monselice il 1587 (16). Possiede con altri dipinti, taluno buono, due grandiosi, figuranti il martirio di S. Lorenzo e l’Adorazione dei re magi, ed una buona statua di Maria. Novera anime 1430 ch’erano 740 il 1587 (17). Nel suo cimitero riposano il generale D’Almeida portoghese morto da pochi anni, ed il pittore Calisto Zanotti bolognese defunto il 1857. Tiene soggetti parecchi Oratorj (18) e le campestri di S. Maria del Pigozzo, e dell’Assunta del Monte delle Croci. Dietro l’altare maggiore sta la cappella della Trinità, di cui è cenno nella Visita vescovile del 1689.
La campestre di S. Maria del Pigozzo è lungo la via verso Catajo. II suo benefizio, detto abaziale, indizio di antico monastero, passò in commenda prima del 1668, e finì nel Vicario parrocchiale del Carmine in Padova (19).
La chiesetta dell’Assunta sorge in vetta al colle delle Croci. Era l’antichissima parrocchiale di quei dintorni. Poscia fu unita ad un monastero, ch’esistea il 1216 e 1237 (20), fu dato il 1383 da Francesco I da Carrara ad eremiti camaldolesi col monastero di S. Maria dell’Alto di Monselice (21), ed in fine coi suoi beni estimati di lire 12,222 (22) passò in commenda. Li godea nel 1616 il cardinale vescovo di Cesena (23). Vennero al Barbarigo, che il 1670 li donò al Seminario vescovile di Padova (24). Egli vi pernottò il 17 maggio 1683 e 4 giugno 1696 (25). Ora trovi la chiesetta, ma pochi avanzi del monastero.
Di là del naviglio a destra è lo Stabilimento dei bagni termali di S. Elena posseduto dalla Wimpfen, e munito di grandioso portico che ne copre la facciata. Rimpetto stanno il giardino, la pescheria ed il boschetto, donde· passi alla via fiancheggiata da doppia fila d’alberi, che va parallela all’altra carrozzabile terminante ai pie’ della collinetta. Quì scatta l’aqua termale che serve ai bagni, e quì si ergono grandiosi edifizj addetti al palazzo della proprietaria con altro giardino ed ampia serra di agrumi e di fiori. II palazzo torreggia maestoso in sulla vetta del colle, finito in alto da merlature e da cuppolino. Vi ascendi per una scalea di 128 gradini di macigno. È questa una dimora signorile, gaja, romanzesca, tenuta splendidamente (26). La Wimpfen successe in quei possedimenti al Meneghini e questo agli Estensi Selvatico.
Della collina di S. Elena, anticamente detta Stupa, Stufa, e dei suoi bagni parlai nella Parte I. Aggiungo che la nota Speronella lasciò nel suo testamento del 1199 lire 100 (franc. 2000 circa) per ·la costruzione di una casa sopra la stessa collina ad ospizio dei poverelli (27). «Nel secolo decimoquinto, scrive il co. Andrea Cittadella Vigodarzere (28), cercò salute a questi bagni il celeberrimo Francesco Carmagnola capitano della repubblica veneta, del quale è famosa la pena e incerta la colpa. Ma solo nel secolo decimosesto incominciarono queste terme a rivaleggiare colle aponensi. Venuto in proprietà della famiglia Selvatico, l’illustre medico e prof. Benedetto Selvatico rifece nel 1648 la casa che sta a cavaliere del colle; e nel 1692 fu ristaurata quella che al piano accoglie i forestieri. Sul chiudersi del secolo decimottavo la stessa famiglia de’ marchesi Selvatico eresse nuove abitazioni sulla riva del fiume nel luogo detto Battaglia sopra descritto, distante un quarto di miglio dalle sorgenti, conducendovi l’onda salubre per sotterranei aquedotti. Fu disputato se le aque termali di S. Elena avessero la medesima potenza curativa che le altre di Abano e de’ luoghi vicini, e fra le contrarie opinioni vinse quella che loro consente la stessa efficacia. Il calore delle sorgenti di S. Elena fa salire il termometro di Reaumur a gradi 54» (29).

O rara illustre
Villa, che al tuo Signor bella mercede
Rendi per tanto merto, ond’ei ti volle
Fortunata colmar d’ogni diletto!
Che non pur l’alta mole, opra ammiranda
Di novello Esculapio, onde s’onora
De’ Selvatici il nome e degli Estensi,
Il turrito palagio al colle in cima,
Ricca d’insigni fregi, e prospettante
Vaga di poggi teatral corona;
E non le doppie a cento gradi e cento
Marmoree scale, per lo dosso al monte
Vie via saglienti e declinanti al piano;
E non le solforose aque fumanti,
Vetusta gloria dell’euganee Terme,
Farmaco agli egri membri; e non le vaste
Campagne intorno e le feconde valli,
Opimo censo, al Carrarese antico (30):
Ma portici, viali, e tetti ed ombre,
E tepidarii e frigidarii, e sale
A’ conviti, alle danze, e gabinetti
D’ospizio e di trastullo, zampillanti
Polle, e limpidi lachi, e quanto puote
Giovar la salma, ricrear lo spirto,
Gli onesti ozii blandir, ma quella in fine
Maravigliosa inenarrabil scena
Che a piè del colle vien sorgendo, in atti
Varii distinta e storiata, i mirti
Della selva amorosa, i fortunati
Boschi d’Eliso, e le beate sedi
Dell’anime felici (31); e d’altra parte
Il Tartaro profondo, e l’ardue soglie
Del negro Dite, e i ribollenti stagni
Del torbido Acheronte, e le campagne
Tristi del pianto: figurata imago,
Che il cigno mantovan traea nei carmi,
Segno d’alta Sofia: tutto che vedi,
Tutto plaude alla man, risponde al core
Del novello Signor, tutto fa certa
La presenza d’Apollo e delle Muse (32).

Battaglia fu sede di un Commissariato nel corrente secolo. Oggi per l’ultimo compartimento del 1853 fa parte del Commissariato di Monselice. Vi ebbero i natali Alvise Guerra professore d’jus ecclesiastico nella Università di Padova morto il 1792 (33); Carlo Leonati arciprete di Montagnana, autore di poesie e dissertazioni di diritto civile, defunto il 1761 (34); Gian-Antonio Leonati fratello a Carlo, che fu medico e scrisse varie operette (35), ed Angelo Schiavetti professore nel Seminario di Padova, poscia canonico di Monselice, indi professore nella Università, morto il 1783 (36).
Frequentatissimi sono i mercati e la fiera annua di questo allegro casale per la sua fortunata postura. Il Portenari dice che a’ suoi tempi vi si vedea un continuo mercato pel concorso delle barche da Padova, Este, Chioggia, Ferrara e altri luoghi (37).
Forma Battaglia un Comune con Catajo, Montenovo, Pigozzo, Granze di Mezzavia, S. Pietro Montagnone e Montegrotto. Vi hanno estesi possedimenti Francesco V duca di Modena, la baronessa su nomata ed i fratelli Giacobbe e Leone Trieste (38).

Note

(1) Gennari, Corso de’ fiumi, p. 43.
(2) T. IV. Antiq. Italic. c. 1124.
(3) Rer. Ital. Script. T. VIll. c. 735.
(4) Cod. Stat. Repub. c. 185.
(5) Notiamo, che in Battaglia dimorò parecchi giorni Massimiliano imperatore nell’agosto 1509 prima di andare all’assedio di Padova (Gloria, Di Padova dopo la lega stretta in Cambrai. Padova 1863, p. 38).
(6) Gazzetta Veneta, An. 1832, N. 201.
(7) Arch. Civ. Corona. Capsula II. N. 78 c. 1, e N. 79 c. 11, e Caps. III. N. 93 C. 1. .
(8) Cod. Stat. Repub. c. 230.
(9) Documenti Carraresi N. 35 presso la Bibl. Civica.
(10) I Cortusii dicono I’anno 1340, e la Mantissa aggiunta al Monaco Patavino l’anno 1339 (Muralori, Rer. Italic. Script. T. VIII. c. 739, e T. XII. c. 903).
(11) T. I. p. 294, 295).
(12) Venezia 1795, T. V. p. 90.
(13) Archivio notarile di Pad. T. II. P. 74 e 80 dei rogiti del notajo Bandino de’ Brazzi.
(14) Vis. vesc. del ·1822 c Salomonio Inscript. Agr. p. 368.
(15) Vis. vesc. del 1454.
(16) Vis. vesc. del 1587.
(17) Doc. XXXI.
(18) Le Visite vescovili parlano degli oratorj: 1.o di S. Elena sopra il colle della Stupa presso i bagni, a cui un soldato di nome Scaramuccia da Forlì lasciò 60 ducati il 1449, spettante ai Selvatici (1665-1781); 2.° del Crocifisso dei Dottori presso i molini di Rivella (1665-1747); 3.° dell’Assunta dei Canal presso il loro palazzo (1734-1822); 4.° di S. Filippo Neri in Montenovo dei Massimi (1683), poi dei Bettini (1734-1762), indi dei Valier (1822); 5.° della Nascita di Gesùu degli Obizzi presso il palazzo su descritto a Catajo, ricostrutto nel secolo scorso, sacrato dal vescovo Giustiniani il 29 settembre 1781 e titolato a S. Michele (1665-1822); 6.° dei Selvatici presso il loro palazzo non distante dalla parrocchiale (1699-1781); 7.° di S. Marta dei Pasta (l699-1822); 8.° dell’Annunziata presso il palazzo dei Contarini vicino alla parrocchiale (l734-1747); 9.° dei Palazzi (1734-1781); 10.° dei Grimani (1762-1822); 11.° dei Zeni (1683-1689); 12.° di S. Francesco di Paola e de’ Santi patroni della citta spettante ai Patrecca (1822); 13.° di S. Gaetano del Calappo (1822).
(19) Vis. vesc. del 1587, 1668, 1734, 1747, 1781, 1823.
(20) Orologio, Diss. VII. p. 8, 45, 54.
(21) lvi, Diss. VIII. p. 123.
(22) Arch. Civ. Polizze d’estimo.
(23) Vis. vesc. del 1616.
(24) V. Carceri in quest’opera e Vis. vesc. del 1683.
(25) Vis. vesc. del 1683 e 1696.
(26) II Coronelli ci diede inciso questo palazzo con quelli de’ Dottori e Andrei nello stesso tenere di Battaglia.
(27) Verci, Stor. degli Ezelini, T. III. p. 137.
(28) Guida di Padova 1842, p. 504.
(29) Abbiamo a stampa intorno ai bagni di S. Elena:
Vol. III. Descrizione degli stabili del cav. Benedetto Selvatico alla Battaglia, cioè colle di S. Elena, palazzo, campi e bagni esposti al lotto. Venezia 1637.
BARBIERI GIUSEPPE – I bagni di S. Elena, versi. Padova, 1819.
DORIGHELLO AB. FRANCESCO – Notizie storiche fisiche sui bagni di S. Elena ai colli euganei, con aneddoti relativi alla loro celebrità e virtù ed all’uso delle stesse aque. Venezia 1796.
MENEGAZZI GIUSEPPE – Della efficacia delle aque termali di S. Elena presso alla Battaglia e dei vantaggi della località di quei bagni. Padova 1804.
(30) Nel 1310 iI colle ed i terreni circostanti ebbe in fondo Nicolò da Carrara q. Ubertino da Federico II imperatore (Salomonio, Inscript. Agri Patav. p. 371).
(31) L’architetto Giuseppe Jappelli ricopiò nel giardino il sesto libro dell’Eneide di Virgilio.
(32) Barbieri, I bagni di S. Elena.
(33) Giornale Lett. Ital. Padova 1828, T. 48, p. 156.
(34) Vedova, Biogr. degli scrittori padovani.
(35) Ivi.
(36) Ivi. Ne stampò la vita il Ferrari, nel 1807 in Padova.
(37) Felicità di Pad. p. 63.
(38) Doc. xxx.

Andrea Gloria, Territorio padovano illustrato, Padova, Prosperini, 1862, vol. III – pagine 108-116.

È stata rispettata l’ortografia che appare a stampa. Le note, disposte a piè di pagina, sono state portate alla fine del testo.
L’illustrazione, posta tra le pagine 108 e 109, è opera di Marco Moro (1817-1855).