Alcuni dei soldati battagliensi che hanno combattuto durante la seconda guerra mondiale sono stati intervistati da Bruno Savin. Pubblichiamo la prima parte di queste interviste, che sono state ordinate secondo l’anno di nascita dei protagonisti. Insieme a ciascuna intervista, la scheda relativa al servizio militare prestato da ciascuno di questi soldati.
Assereto Angelo
Bettin Romeo
Ongarello Aldo
Degan Natale
Nanti Paolo
Sigle e abbreviazioni
Art. Artiglieria; Btr Batteria; C.A. Corpo d’Armata; C.R.E.M.M. Corpo Regio Equipaggi Militari Marittimi; Comp. Compagnia; DICAT Difesa Contro Aerei Territoriale; G.a.F. Guardia alla Frontiera; Gr. Gruppo; lic. licenza; O.M. Ospedale Militare; O.M.M. Ospedale Militare Marittimo; P.M. o PM Posta Militare; R.N. Regia Nave; R.T. Radiotelegrafisti; Rgt Reggimento.
ASSERETO ANGELO
Pro-memoria del 2° Capo R.T. ASSERETO ANGELO, Classe 1910
Il Secondo capo Assereto Angelo ha lasciato un pro-memoria di suoi ricordi di prigionia che la figlia ha gentilmente messo a disposizione.
1942 – Il Sergente Maggiore Assereto in Grecia.
Fui preso prigioniero ad Istmia (Corinto-Grecia) alle ore 7.00 del 9 settembre 1943. Verso le ore 17.00 fummo caricati su alcuni camion e ci portarono ad Atene. Là restammo fino al giorno 19 settembre, poi ci fecero salire su una tradotta e partimmo per Salonicco dove arrivammo il giorno 21.
Il giorno 23 arrivammo a Skopie, il 24 a Nissa, il 25 passammo per Sofia. Nel pomeriggio del giorno 27 settembre, dopo aver oltrepassato Zagosa, Karnobat e Sumen, passammo il confine Bulgaro-Rumeno alle ore 01.00 del 28 settembre. Alle ore 9.25 attraversammo il Danubio. Passammo per Fetesti, Budesti, Favrei, Braila e Galati.
Il giorno 29 fummo a Comanesti. Alle ore 9.30 giungemmo alla frontiera Rumeno-Ungherese a Madefalau. Il giorno 30 proseguimmo per Marosvasarhely e arrivammo nuovamente alla frontiera Ungherese-Rumena alle ore 19.00. Alle ore 8.00 del primo ottobre fummo ancora alla frontiera Rumeno-Ungherese e proseguimmo per Kolozvar, Nagyvarad. Il giorno dopo attraversammo Seghed, Subotica e passammo il Danubio. La tradotta proseguì il suo viaggio i giorni 3-4-5 e 6 ottobre 1943 attraversando le città di Komarom, Vienna, Linz e giungendo a Lipsia.
Il giorno 7 arrivammo a Berlino verso le ore 6.00. Fui portato al Campo di concentramento Stalag III D e mi fu assegnato il n. 57110 di matricola. Il giorno 9 ottobre fui portato a Berlino-Spandau al Lager 780. Iniziai a lavorare come aiuto manovale l’11 ottobre nelle off. Stablindustrie. Il giorno 8 novembre 1943 passai al servizio interno del campo. Il 25 agosto 1944 ci passarono civili e il giorno 28 dello stesso mese ripresi il lavoro nell’officina in qualità di montatore elettricista.
1944 – Tessera di riconoscimento del prigioniero Angelo Assereto.
Il giorno 3 maggio 1945, verso le ore 2.00, arrivarono al nostro lager le truppe russe. Partii e mi fermai a pernottare a Tempelof. Arrivai il giorno 6 maggio a Bisdorf e il 10 a Muchemberg. Il 18 maggio ci portarono a Landsberg dove rimanemmo fino ad ottobre del 1945.
Il 5 ottobre alle ore 9.00 ripartii e arrivai a Kustrin alle ore 15. Alle ore 13 del 6 ottobre mi trovai ancora a Berlino. Il giorno dopo proseguii per Zossen. L’8 ottobre attraversai Luckau e Ansterwalde e giunsi a Senftemberg alle ore 19.30. Fatte poche centinaia di metri (800), per errore di manovra, ci mandarono in un binario morto. La macchina urtò sui paraurti e cadde dalla scarpata trascinando quattro vagoni; altri due furono fortemente danneggiati. Io mi trovavo nel settimo vagone; fra feriti e morti si contarono 40 uomini. Nella notte si ripartì. Il giorno 9 ottobre si raggiunse Bautzen, Bischofswerda, Radeberg, e alle ore 19 giungemmo a Dresda. Ripartimmo il giorno dopo alle ore 7.30; attraversammo Chemnitz, Galuchau, Meerane, Gera e alle ore 17 arrivammo a Trieb. Il giorno 11 ottobre 1945 alle ore 15.30 si ripartì per Tausa.
Il 12 ottobre giungemmo a Sconberg e alle ore 16 passammo il controllo dei soldati americani a Guenfurt. Raggiungemmo Bamberg. Il 13 ottobre alle ore 7.00 ripartimmo per Norimberga, Weissenburg, Donauworth e Monaco. Il 14 ottobre 1945 fummo a Garmisch, Mittenwald, Innsbruck e Brennero. Il giorno 15 ottobre arrivammo a Verona verso le ore 22.30. Il giorno 16 ottobre 1945 alle 4.00 giunsi a casa.
Il percorso seguito da Angelo Assereto dalla partenza per il servizio militare, alla deportazione in prigionia, fino al rientra a casa: dal 21-8-1939 al 16-10-1945.
N.d.R.: I confini citati sono quelli esistenti alla situazione politica del 1945.
Altezza cm.175 Torace cm.= Capelli biondi lisci – occhi celesti.
Visita di leva il 24-1-1930.
1940, Angelo Assereto e Giuseppe “Pino” Gallinaro.
Campagne di guerra 1942-1943-1944-1945.
BETTIN ROMEO
Intervista al Caporale Artiglieria Alpina BETTIN ROMEO, classe 1916 –
15 maggio 2002
1938 – L’Artigliere Alpino Bettin Romeo al 6° Reggimento Artiglieria.
Quale lavoro svolgeva al momento del richiamo? Dove si è presentato?
Quando sono stato richiamato lavoravo già alle Officine “Galileo”. Mi sono presentato alla Caserma Spaccamela di Udine. Là mi hanno consegnato il vestiario, il moschetto automatico, la borraccia, il gavettone, ecc. A proposito di gavettone, che era una gavetta grande il doppio di quella normale e che veniva assegnata alle truppe da montagna, ricordo che tempo dopo riuscii a fonderla e a ricavarne un’impugnatura da bastone a forma di aquila. Questo però quando ero riuscito a procurarmi una gavetta di ricambio; non era difficile trovarne una dato che c’erano sempre dei morti. Quel bastone ce l’ho ancora.
Si parlava già di guerra?
Arrivato a Udine non si sentiva ancora parlare di guerra, anche se sapevamo che c’era già in Europa.
Dove si trovava allo scoppio della guerra?
Col mio reggimento mi trovavo a Villa del Nevoso. Quando l’Italia ha attaccato la Jugoslavia nell’aprile del 1941 ci siamo trasferiti a Bikac in Croazia con gli obici e i muli; pensi che ogni batteria da 6 pezzi aveva al seguito 218 muli.
Ha mai incontrato qualche paesano?
A Bikac una domenica, andando alla Messa, sono passato davanti alla caserma della Milizia. Allora davanti alle caserme c’era sempre una sentinella e tutti i militari che le passavano davanti erano obbligati a salutarla. E così ho fatto anch’io. Ma proprio nel momento del saluto ho riconosciuto nella sentinella un ragazzo di Battaglia, un certo Parpaiola Alessandro della classe 1913 e allora ho gridato:”Ciao Parpaiola!” Restammo tutti e due con la bocca aperta; ma lui non poteva parlare.
Ha vissuto dei momenti particolarmente pericolosi?
Dopo due anni dal richiamo gran parte degli artiglieri aveva la divisa a brandelli ed il sarto del reggimento non ce la faceva a far fronte a tutte le richieste anche perché gli mancava una macchina da cucire. Di questa situazione è stato informato il Ten. Col. Ferrazzi che era l’aiutante del Gen. Roatta, comandante della 2^ Armata di stanza nei territori ex jugoslavi. Così un giorno mi è stata concessa una licenza e assieme al sarto del reggimento tornai a Battaglia per prelevare una macchina da cucire a casa della moglie del Col. Ferrazzi. Per il ritorno ci siamo serviti del cassone di un camion militare. Giunti nelle vicinanze di Otociak siamo stati circondati dai partigiani titini che hanno cominciato a mitragliarci. Abbiamo abbandonato tutto e ci siamo riparati in un fossato lungo la strada. Dopo parecchio tempo sono arrivati i rinforzi e abbiamo potuto recuperare la macchina da cucire e salvarci la pelle.
Quali erano i momenti più felici?
Non c’erano tanti momenti felici. Uno dei momenti più attesi era l’arrivo della posta. A noi arrivava con l’aereo per evitare le imboscate; molte volte il pacco cadeva su qualche sasso della montagna e le lettere si sparpagliavano in mezzo al vento e alla neve, andando in parte perduta.
Come ha vissuto gli avvenimenti dell’ 8 settembre 1943?
Noi fummo avvisati dell’armistizio la mattina del 9 settembre. Già erano in arrivo alla nostra caserma le truppe tedesche. Così gli ufficiali ci hanno lasciati liberi. Io avevo l’incarico di operaio di artiglieria; il mio tenente si è ricordato che la nostra batteria aveva due pezzi in deposito nella caserma del 3° rgt alpini in Gorizia. Così siamo corsi là, abbiamo smontato gli otturatori degli obici e li abbiamo seppelliti dietro una palazzina e poi siamo scappati. Abbiamo incontrato i partigiani di Tito che volevano portarci con loro; siamo riusciti a saltare il muro della caserma; abbiamo passato a guado l’Isonzo.Sempre a piedi e passando per strade di campagna, giunsi a casa.
E poi?
Sono rimasto alcuni giorni a vedere e poi sono stato riassunto alle Officine “Galileo” dove rimasi fino alla fine della guerra. Ricordo che molti lavoratori della “Galileo” furono esentati dal servizio militare perché la nostra officina era stata dichiarata “Stabilimento ausiliario” anche durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana.
Come ha avuto la nomina a trombettiere?
È stato un fatto proprio curioso. Io avevo sempre desiderato prestare il servizio militare in aeronautica. Invece sono stato inviato, già in servizio di leva, in artiglieria di montagna. Quando sono entrato in caserma mi sono visto davanti una distesa di muli da strigliare. Dopo poco si è presentato un maresciallo che ha chiesto se c’era qualcuno che sapeva suonare la tromba. Io mi sono presentato subito, pensando così di evitare i muli. Per mia fortuna ci fu chi mi ha aiutato e così ottenni la qualifica di trombettiere ed ebbi anche qualche centesimo in più nella decade. Non ho mai suonato perché mi hanno messo a fare l’operaio di artiglieria.
Altezza cm. 172 Torace cm. 84 Capelli castani ondulati – occhi castani.
Visita di leva: 23-9-1936.
Operazioni di guerra: con il 23° Rgt Art dal 6 al 18-4-41 alla frontiera italo-jugoslava; dal 19-4 al 15-10-41, dal 5-11-41 al 18-8-43 e dal 6-9 all’8-9-43 in Balcania (territori ex jugoslavi).
Campagne di guerra: 1941-1942-1943. Croci al Merito di Guerra n.17199 e 17200 il 27-9-73.
ONGARELLO ALDO
Intervista al Sergente Maggiore ONGARELLO ALDO, Classe 1917 –
26 gennaio 2005
1940 – Il Sergente Artiglieria Pesante Campale Ongarello Aldo in Libia.
Lei è stato chiamato di leva prima dell’inizio della guerra, dove fu mandato?
Ero stato destinato al Rgt Artiglieria controaerei di Padova; ma, per uno scontro verbale con un maresciallo del Distretto, fui dirottato al 5° Rgt di Artiglieria di Corpo d’Armata a Pola. Allora avevamo i cannoni da 108/28 per artiglieria pesante campale.
Come mai durante la guerra si trovò in Libia fra le truppe mehariste cammellate?
È una storia lunga da raccontare e le avventure sarebbero molte; però alcuni fatti li ricordo bene. Da ragazzo e da giovane, come tantissimi altri in quegli anni, frequentai i corsi dell’Opera Nazionale Balilla e diventai “cadetto” e capo centuria. Quando iniziai il servizio di leva fui subito selezionato per accedere al grado di sergente, grado che mi fu attribuito dopo un anno e mezzo. Ero ancora a Pola: poco prima dell’inizio della guerra, mentre prendevo il rancio assieme ai soldati, fui ripreso in malo modo da un capitano, forse perché familiarizzavo troppo con i militari semplici e non frequentavo la mensa sottufficiali. In quel momento reagii in maniera istintiva contro il capitano e… Fatto sta che non mi beccai una denuncia al Tribunale Militare, ma mi vidi trasferito in pochi giorni in Libia, verso il confine con l’Egitto. Fui inquadrato nei gruppi meharisti; ogni gruppo era formato da una trentina di soldati indigeni e da un tenente, un sergente e un caporale italiani. Il compito assegnato ai gruppi di meharisti, che si spostavano con i cammelli, era quello di preparare ed eseguire attacchi improvvisi a posti di sentinella o avamposti nemici isolati e neutralizzarli; una specie di incursori insomma.
Cosa ricorda della sua lunga prigionia?
Mi trovavo nei pressi di Sidi Barrani-Tobruk quando, alla fine del 1940, iniziò la prima controffensiva inglese in Egitto; ci ritirammo fino a Bardia dove cercammo di resistere. Dopo più di un mese di assedio eravamo allo stremo, assetati e affamati e non ci restava che la capitolazione. Proprio in quei momenti il capo dei soldati indigeni del mio gruppo mi avvicinò e mi disse:”Sergente, da oggi noi da amici diventiamo nemici. Quindi attento!” Mi fece il saluto militare e sparì; non lo vidi più.
1940 – Aldo Ongarello ed un pezzo dell’artiglieria meharista.
Fummo assaliti da un forte reparto di soldati australiani; uno mi puntò la sua lunga baionetta alle costole. Cercai di sottrarmi alla cattura afferrandola con le mani. Ma la lama mi segò il palmo della mano destra; ne porto ancora la cicatrice. Così dovetti arrendermi. Fui portato con molti altri in un campo di concentramento in Egitto; era un grandissimo recinto, una gabbia circondata da alte reti di filo spinato, con postazioni di sentinelle ogni cinquanta metri. Nel campo poi c’erano altre gabbie per gli ufficiali. Dentro a questa gabbia erano scavate delle buche, coperte da una tenda: quella buca era il nostro letto. Tentai varie volte di scappare, specialmente quando ci mandavano fuori a lavorare. Una volta, vicino a Porto Suez, riuscii a fuggire e trovai una famiglia di siciliani che mi aiutò per qualche giorno. Poi, per non comprometterli, mi riconsegnai agli Inglesi. Un’altra volta fui mandato al porto per scaricare una nave. Riuscii a nascondermi nella stiva e, dopo un lungo viaggio da clandestino, raggiunsi Londra. Vi rimasi per circa sette mesi, sempre lavorando per delle famiglie inglesi. Poi mi riconsegnai alle guardie inglesi, perché i nascondigli cominciavano ad essere troppo pericolosi. Fui ricondotto sempre allo stesso campo di concentramento in Egitto.
Come apprese dell’armistizio dell’8 settembre 1943?
A noi non arrivavano molte notizie; però notammo che fra gli ufficiali italiani prigionieri si era diffusa una certa delusione. Inoltre noi avevamo visto giungere al campo un numero sempre crescente di prigionieri italiani e capimmo che ormai la sconfitta era vicina. Duranti i primi due anni di prigionia sia noi che gli ufficiali mantenemmo sempre la fiducia nella vittoria; poi crollarono tutte le speranze e non restò altro che pensare a salvare la pelle. Gli Inglesi poi non ci trattavano proprio da gentiluomini: la dissenteria era diffusissima e così l’ameba. In più c’era sempre il pensiero della famiglia a casa. Tentai di far giungere mie notizie a casa. Ricordo di aver scritto un biglietto a mia madre e di averlo consegnato ad un soldato inglese che lo introdusse in un pacchetto di sigarette. Mi disse che ci avrebbe pensato lui; ma non ne seppi più niente.
Lettera di A. Ongarello alla moglie dal Campo di prigionia inglese il 29-7-1943. Si riconosce il timbro della censura tedesca, apposto all’arrivo a Pola.
Comunque riuscì a farcela e a tornare a casa. Come fu il ritorno?
Fu un ritorno amaro… e mi spiego. Verso la fine di maggio del 1946 partimmo da Alessandria d’Egitto con un sacchetto sulle spalle, un paio di pantaloncini corti ed una camicia di finto cotone che portava ancora la scritta POW (Prigioniero di guerra) sulla schiena. Sbarcammo a Napoli e da qui, con una tradotta, fummo accompagnati fino a Bologna. Da quel momento dovemmo arrangiarci. Riuscii ad avere un passaggio dall’autista di un camioncino B.L. con le ruote a gomma piena che mi portò fino al piazzale, nei pressi del mulino. Era un giorno di mercato e mi sentii “spaesato nel mio paese”, vestito a quel modo, davanti alle macerie dei bombardamenti; sentii una voce gridare: “fascista!!!”. Era un ex galeotto che mi chiamava e che mi dava il bentornato a casa in quel modo. Fui amareggiato, perché non mi sarei aspettato, dopo tante tribolazioni, essere ancora deriso villanamente. Non risposi e mi avviai verso casa mia in Via Pescheria, senza niente: avevo solo un fagottino con dentro un piccolo rasoio per la barba, un fazzoletto e alcune lettere. Ma la mia amarezza continuò ancora per molto perché non fui certo facilitato per poter ritornare a lavorare alle Officine Galileo, dove era impiegato prima di partire per il servizio militare. Ci fu chi mi osteggiò a lungo; poi trovai il farmacista Masini che mi diede una mano e ripresi il mio posto in fabbrica. Tuttavia devo riconoscere che con l’aiuto della mia famiglia riuscii a riprendere la mia vita normale di buon cittadino e di buon Italiano. E… voglio aggiungere che quel famoso pacchetto di sigarette col biglietto a mia madre, fu lanciato da un aereo inglese sopra Battaglia, fu trovato e recapitato a mia mamma che così aveva saputo che non ero morto nel deserto. Un grazie lo devo a quel soldato inglese per questo suo aiuto: vuol dire che l’amicizia può nascere anche fra due nemici.
Altezza cm. 180 Torace cm. 90 Capelli castani lisci – occhi castani.
Visita di leva il 15-4-1937.
Il 23-3-1939 diventa specializzato puntatore scelto ed il 1° aprile è promosso Caporale Maggiore. Riceve l’incarico di Capopezzo. Ottiene anche l’abilitazione a condurre autocarri FIAT 18 B.L.R. con gomme gonfiabili. Il 22 dicembre diventa Sergente. Il 31 dicembre parte per una licenza straordinaria di gg. 30. Il 1°aprile 1940 parte per la licenza matrimoniale.
Il 23 aprile è trasferito al 30° Rgt Art III Gr. 9^ Btr della Guardia alla Frontiera del XXI C.A. della Libia XXX Settore L.O. (Libia Orientale). Si imbarca sulla nave “Aventino” a Napoli e sbarca a Bengasi tre giorni dopo. L’11-6-1940 si trova in zona di guerra fra Porto Bardia e Tobruk.
Operazioni di guerra: dall’11-6-40 al 3-1-41 in Africa col XXI C.A. Campagna di guerra: 1940. Croce al Merito di Guerra n.6878 il 22-4-67. Ha titolo ai benefici di legge per essere stato prigioniero degli Alleati dal 3-1-41 al 25-5-46.
DEGAN NATALE
Intervista al Geniere DEGAN NATALE, classe 1918 – 18 aprile 2003
1939 – Degan Natale al 2° Rgt Genio.
Dove si trovava quando è cominciata la guerra?
Da più di un anno mi trovavo sotto le armi. Ero in forza al 2°Reggimento Genio Compagnia Artieri e mi trovavo al forte di S.Anna di Vinadio in provincia di Cuneo.
Con noi c’erano anche i radiotelegrafisti del Genio e così eravamo sempre informati anche delle ultime novità. Perciò l’inizio della guerra ce lo aspettavamo. Noi fummo tra i primi a partire; ci mandarono al confine con la Francia a presidiare alcuni forti.
Poi dove fu mandata la sua Compagnia?
Io facevo parte della Compagnia Artieri e perciò eravamo impiegati in ogni luogo dove fosse necessario preparare fortificazioni e postazioni. Il periodo più duro lo passai in Sicilia, specialmente dopo lo sbarco degli alleati. Eravamo in zone povere dove facevano fatica anche ad arrivare i rifornimenti. Inoltre eravamo sempre in fase di ripiegamento finché non ci ritirammo in Calabria. Qui mi feci tutta la Sila a piedi fino a Cosenza.
Ci fu qualche momento in cui ebbe paura?
Tanti furono questi momenti! Però passai un brutto quarto d’ora in Sicilia quando in compagnia di altri militari ci stavamo ritirando da Caltanissetta per raggiungere Enna. Il nostro camion, che trasportava anche dei fusti di nafta, fu mitragliato da un aereo americano. Riuscimmo a saltare a terra e a rifugiarci in un cunicolo che passava sotto la strada. Purtroppo uno dei fusti cadde dal camion e la nafta che fuoriusciva cominciò ad invadere il cunicolo dove ci trovavamo. Bastava una scintilla e noi saremmo finiti arrostiti. Ognuno di noi invocò la protezione di tutti i Santi e ci andò bene.
Lei ricorda anche i particolari della sua esperienza militare. Ricorda ancora qualche amico?
Dei miei amici ho molte foto e li ricordo tutti. Purtroppo in tanti se ne sono andati. Però, alcuni anni fa, ho avuto la soddisfazione di rivederne due: Ugo Malchiodi di Corso e Augusto Dall’Asta di Monticelli Terme. Eravamo rimasti sempre assieme, nella stessa compagnia artieri, da Casale Monferrato fino in Sicilia, dal 1939 al 1943. Le vicende seguite all’armistizio dell’8 settembre ci separarono. Ma la nostra amicizia rimase viva e nel 1977, dopo 55 anni, riuscimmo ad incontrarci a Monticelli Terme (Parma), accompagnati dalle nostre famiglie. È una grande gioia e una soddisfazione enorme poter conservare delle amicizie così a lungo e penso che solo le vicende sofferte e difficili della guerra trascorse assieme abbiano potuto mantenere salda la nostra stima reciproca.
Altezza cm. 159 Torace cm. 89 Capelli castani lisci – occhi castani.
Visita di leva il 28-4-1938.
Operazioni di guerra: con la 20^ Compagnia Artieri del Genio dall’11-6 al 25-6-40 alla frontiera occidentale; dal 18-11-42 al 14-4-43 nello scacchiere mediterraneo (difesa costiera) e dal 15-4 al 12-8-43 in Sicilia.
Campagna di guerra 1943 Croce al Merito di Guerra n. 24962 il 26-7-1984.
NANTI PAOLO
Intervista al Caporale Maggiore Artiglieria NANTI PAOLO, classe 1918 –
6 febbraio 2004
1939 – Nanti Paolo al 10° Rgt Artiglieria.
Dove lavorava prima della chiamata alle armi?
Lavoravo presso le Officine Galileo di Battaglia Terme. Facevo il fabbro-meccanico. Già prima della guerra le nostre officine lavoravano per la Marina Militare ed anche per pezzi di artiglieria. Forse per la mia specializzazione di meccanico fui destinato in Artiglieria, prima presso l’officine del Reggimento e poi come operaio di batteria.
Come avvenne il suo impiego nell’artiglieria contraerei?
Già prima dello scoppio della guerra il mio Reggimento, che era il 10° Art. pes. campale del 26° Settore Guardia alla Frontiera, era posizionato nei pressi del confine con la Jugoslavia a Clana e a Villa del Nevoso.
Si parlava già della costituzione di un reggimento di artiglieria celere. Finita la campagna di Jugoslavia fui trasferito a Pordenone dove era il deposito del 1° Rgt Articelere. Io fui assegnato al Gruppo artiglieria contraerei e fui inviato a Sabaudia dove fui addestrato all’uso dei pezzi contraerei e al loro traino. Poi tornai a Pordenone. Durante il 1942 fui trasferito a Caserta dove c’era un centro per truppe corazzate, in vista del nostro impiego in Libia.
1942 – Il Caporale Maggiore Paolo Nanti.
Nel gennaio del 1943 giungemmo all’aeroporto di Castelvetrano, in Sicilia, per passare poi in aereo a Tunisi. Invece, a causa dei bombardamenti, fummo spostati all’aeroporto di Sciacca. Da là partimmo e giungemmo a Tunisi col 102° Gruppo Art da 100/17 della Divisione “Ariete”. In Tunisia fui fatto prigioniero e cominciò per me e molti miei amici un periodo di sofferenze fisiche e morali.
Ricorda in particolare qualche suo compagno d’armi?
Vorrei dire che mi ricordo di tutti: quando sei nel pericolo oppure quando ti trovi nel bisogno di aiuto, ti ricorderai per sempre chi ti ha dato una mano. Comunque ricordo i miei amici della squadra di calcio del 10° Reggimento sia a Trieste che a Fiume. Giocavamo con squadre di altri reggimenti che erano nelle zone di confine, e in quegli anni erano tanti e di tutte le armi. Io avevo giocato anche prima di partire per il servizio militare e, devo dire, me la cavavo abbastanza bene nel ruolo di mezz’ala sinistra. In caserma si organizzarono dei tornei e, quando vincevamo, quale ricompensa, ottenevamo qualche permesso di prolungare la libera uscita oppure venivamo esonerati dai servizi. Ecco ricordo quegli amici della squadra di calcio perché con loro ho passato dei momenti allegri. Ma ricordo ancora meglio altri miei compagni d’armi che hanno passato con me i dolori del campo di concentramento. Ricordo l’amico Ottavio Polato da Solesino e Aldo Marchesi di Tortona, che da civile faceva il cassiere in banca e che sapeva il francese. Il primo, da autentico solesinese, si industriava in mille modi per trovare qualcosa da mettere sotto i denti. Quello che riusciva a portare nella baracca lo divideva con noi. Il Marchesi invece ci era utilissimo nei rapporti con le guardie francesi. Ricordo che, mentre ci trovavamo nel campo di Orano, gli Americani vennero alla ricerca di meccanici ed autisti; quelli che venivano scelti erano tolti dai gravosi lavori di costruzione di una ferrovia, dove il nostro amico Marchesi non ce la faceva più. Io, che facevo l’autista, e Polato ci presentammo subito. Il Marchesi, senza noi due, si vide abbandonato. Lo facemmo passare per meccanico e così restammo ancora assieme.
Nel 1966, dopo 20 anni dal ritorno dalla prigionia, un centinaio di appartenenti al 102° Gruppo Artiglieria contraerei si ritrovò a Parma. Rividi Marchesi che mi disse:”Tu e Polato mi avete salvato la vita. Senza il vostro aiuto sarei morto in mezzo alle rotaie di quella maledetta ferrovia di Orano!” Ricordo anche un’altra persona che passò con me alcuni mesi di prigionia: si tratta del campione del ciclismo Fausto Coppi. Dopo parecchi anni il Giro d’Italia fece tappa a Padova. Io volli andare a salutarlo mentre era ospite in un albergo di Abano Terme. Fu un incontro commovente perché lui riuscì a ricordarsi di me, anche se era diventato un grande asso delle bicicletta.
Altezza cm.168 Torace cm.93 Capelli neri lisci – occhi neri. Visita di leva il 23-6-1938.
Operazioni di guerra: col 2° Rgt Art XXVI Settore G.a.F. dal 6-4 al 18-4-41 alla frontiera italo-jugoslava e dal 19-4 al 31-7-41 in Balcania (territori ex jugoslavi); con Gruppo Art. da 100/17 14T.M. in Africa Settentrionale dal 1-2 al 12-5-43.
Campagne di guerra: 1941-1943. Croce al Merito di Guerra n. 17050 dell’11-5-1973. Ha titolo ai benefici di legge per essere stato prigioniero dei Francesi dal 12-5-43 al 13-4-46.
Interviste di Bruno Savin
Le interviste ai soldati e le schede relative al loro servizio militare sono tratte da: Bruno Savin, “E noi… chi siamo!?” 1939-1946, Battaglia Terme nella 2a Guerra Mondiale, Battaglia Terme, 2006, alle pagine 107-108, 130-133, 141-144 e 148-149. Sono inoltre qui pubblicate le relative immagini.