Vocaboli di idraulica e molinari del padovano

D

DÈGORA, canaletto di norma artificale, scavato a valle delle pendici collinari con funzioni di sgrondo delle acque. Buona parte delle degore euganee fu realizzata nei secoli delle bonifiche veneziane (sec. XVI-XVII).

DELFÌN, DELFINI, parete in legno posta a monte dello smergone (vedi), collocata nella parte fissa dei mulini galleggianti di Pontemolino, a Padova, con funzione di regolazione della caduta d’acqua sulle ruote.

DERIVAZIONE, è il punto da cui si devia un ramo d’acqua da un fiume; tali rami si dicono canali di derivazione. È più in generale l’estrazione artificale d’acqua da un canale per farla scorrere in una data direzione.

DESTRA IDRAULICA, il lato del corso d’acqua che sta alla destra di chi volge le spalle alle sorgenti e lo sguardo alla foce.

DESTÙRO, fosso pubblico: “nel sopra loco che era stato commandato per conoscer se il fosso che s’atrova tra li campi Bozza e Carraro sia consortivo, o’ desturo commune … osservato non solo il medesimo, ma li ponti pubblici per ivi riddur, e scolar le acque tuolte dal borgo medesimo di San Giacomo – di Monselice – , et ivi per luoci pubblici sempre scorrenti, dico esser desturo commune, sì come per carte fu fatto veder esser da centinara d’anni in qua sempre chiamato, et così affermo in mia conscienza et con mio giuramento. lo Giulio Riva sudetto” (AN. 1329, c. 547, relazione del 5 luglio 1695).

DISEGNO D’AVISO, sinonimo di disegno di metodo, cioè l’elaborato grafico riproducente in planimetria lo stato dei luoghi, di norma accompagnato da puntuali apparati descrittivi, realizzato da proti o pubblici periti, l’equivalente dei moderni tecnici (topografi, geometri, architetti, ingegneri, ecc.).

DIVERSIVO, apertura di uno scarico per le acque eccedenti, mediante l’incanalamento dell’acqua stessa in un altro corso così da favorirne lo scarico.

DOCCIA, DOCCE, DOCCIONE, DOZA, canale di terra, condotto di pietra o di legno, per il quale si fa scorrere l’acqua per convogliarla in un sito prestabilito.

DORMIENTE, la macina inferiore, poggiata sul basare (vedi), forata al centro per permettere il passaggio dell’inzignon (vedi), e leggermente convessa sulla superficie di lavoro, opportunamente rigata, sì da consentire lo scivolamento dei grani da macinare. Nei manuali ottocenteschi è detta anche fondo. In area padovana è indicata col termine sentà: “una ruota senta”; “mola sentà bresciana, grossa oncie 7” (A.S.P. Foro Civile, b. 204, c. 3, stima del 1744).

Macina dormiente.

Una macina dormiente.

Foto: Claudio Grandis (p. 32).

DRENAGGIO, prosciugamento di un terreno impregnato d’acqua.

DRIZZÀGNO, tratto di alveo artificiale di un fiume, scavato in linea retta lungo la corda di un’ansa del primitivo letto naturale, in modo da ottenere un accorciamento dell’alveo; in altre parole l’escavo di un nuovo alveo fatto per ridurre il corso di un fiume o di un canale nel tratto in cui questi esegue una curva pronunciata. Drizzagni vennero eseguiti sul Brenta (Altichiero, Ponte di Brenta), sul Bacchiglione (Selvazzano, Cervarese Santa Croce) e sul Roncajette (Ponte San Nicolò, Casalserugo) particolarmente nel corso del XIX secolo, lasciando tracce evidenti in corrispondenza degli antichi confini comunali.

DUCATO, la moneta veneziana di conto, da sempre riferimento nelle contrattazioni; nelle normali transazioni il ducato venne sempre considerato quale multiplo della lira e, a partire dal sec. XVI, un ducato era contabilmente formato da 6 lire e 4 soldi, dove una lira è pari a venti soldi. Nei secoli successivi diverse furono le modifiche e le correzioni apportate.

Ducato veneziano.

Il ducato veneziano. San Marco, patrono di Venezia, offre uno stendardo al doge inginocchiato; Cristo benedicente con in mano il Vangelo, inserito in una forma a mandorla (simbolo di gloria) con nove stelle.

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E

EMCEGNERIOS, ENZEGNÈRO, ingegnere, il perito che di norma interveniva nella stima dei mulini: “per emcegnerios ellectos per utramque partem” (BORTOLAMI 1988, p. 328, locazione del 19 luglio 1324).

EMISSARIO, nei laghi è propriamente il canale e tutta l’opera per dove scorre l’acqua che esce dal lago.

ENZIGNÓN, (vedi) inzignón.

EROGAZIONE, distribuzione, versamento. Bocche di erogazione sono quelle di uscita dell’acqua.

ERTA, pilastrino di sostegno in pietra, scanalato nella faccia interna (gargami) per consentire lo scorrimento verticale delle portelle: “Nel canaletto fuori, erte n° 6 con sopra il suo capeletto, manganelli n° 5 e cadene 5, portelle n° 5 con le braghe di ferro” (A.S.P. Foro Civile, b. 204, c. 4, stima del 1744).

ESCAVAZIONE, l’operazione compiuta dalle acque correnti quando corrodono la superficie del terreno sul quale prendono il loro corso, ne scalzano gli elementi costituenti il terreno stesso e li trascinano a valle. Tra Ottocento e Novecento l’espressione indicava anche l’estrazione della sabbia e della ghiaia dagli alvei di Brenta e Bacchiglione.

ESCRESCENZA, la quantità d’acqua che oltrepassa gli argini o che esce dall’alveo allagando i terreni, provocando contenuti allagamenti.

ÈSTIMO, in senso ampio l’Ufficio padovano che si occupava della tassazione di ogni sorta di beni e redditi (beni mobili, immobili, mercanzie, livelli, soccide e altro) determinati sulla base delle denunce (polizze) presentate dai titolari. In età veneziana era suddiviso in tre corpi: città, territorio, clero. Tutti i dati forniti venivano esaminati dagli estimatori che quantificavano la relativa imposizione. Fulcro del sistema di notifica e di tassazione non era però il bene, bensì la persona con il suo patrimonio.

F

FARO, FARI, gruppo di pali, di norma in legno di rovere, con funzione di segnale per la navigazione, piantati nell’alveo; ma anche impiegati per ormeggiare i mulini natanti “Quattro gran fari o gruppi di pali robustamente conficcati entro alle sponde dell’alveo, sporgenti tanto sopra lo stato d’acque magre quanto convenga ad esse catene d’ormeggio si trovino all’incirca al livello dell’acqua magra medesima”.

FAVA, pianta erbacea delle Papilionacee, diffusa anche nel Padovano e impiegata nella macinazione.

Migula, Walter; Thomé, Otto W. [Public domain], attraverso Wikimedia Commons, con modifiche.
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FAVALIVA, qualità di macine, dal colore chiaro e caratterizzate dalla presenza di ghiaie nell’impasto, impiegata soprattutto come girante (vedi).

FÀVARO, FÀVERO, fabbro, l’artigiano che in coppia con il marangon (vedi) costruiva e manuteneva il mulino.

FEDE, attestato di un’autorità pubblica, solitamente religiosa, richiesta dagli uffici centrali per la certificazione di dati, stati e fatti relativi a persone richiedenti suppliche al governo.

FERÀLE, lampione, lampada portatile, fanale.

FERAMENTA, l’insieme delle funi, delle catene, delle cime che tenevano ormeggiato il mulino galleggiante alle rive o alle strutture portanti dei ponti e delle passerelle; a volte indica pure l’insieme delle parti in ferro impiegate negli ingranaggi o usate per consolidare elementi portanti in legno. “Molin da bova, arca e sandon con sua feramenta”; “melo, scudo e roda con sua feramenta” (A.S.P. Praglia, b. 117, c. 441, stima del 4 dicembre 1753).

FILAGNA, trave orizzontale di collegamento fra le teste dei pali, alquanto intaccate in corrispondenza a questi e solidamente fissate ad essi con ferri (MARZOLO, p. 21). Nell’estrazione dei materiali lapidei indica la vena buona da seguire per ottenere i materiali migliori. Nell’ambito molitorio spesso indica la vena d’acqua principale battente sulle pale della ruota idraulica.

FINANZIALE, nel linguaggio burocratico applicato alla registrazione dei mulini natanti dell’Adige, sicuramente per la sponda padovana, identificava il contrassegno numerico (targa) apposto dall’Intendenza di Finanza sulla poppa degli scafi galleggianti, ed era formato da un numero nero dipinto su di un disco bianco. Verso il 1860 la numerazione dei natanti venne rifatta e sostituita da nuova numerazione preceduta da lettere identificative della provincia di appartenenza.

FIUME, corso d’acqua continuo, con portata più o meno costante. Si compone di tre elementi inscindibili: alveo, acqua e ripe o rive. Può essere arginato, quando nelle piene corre sopra il piano di campagna per cui si sono dovuti costruire ripari laterali di terra, detti argini; incassato, quando scorre sempre fra le sponde e sotto il piano di campagna; morto, quello che non ha corso e l’acqua resta stagnante; stabilito, quello che poco o nulla varia il suo fondo ed altezza nelle piene; vivo, quello che corre liberamente.

FLUITAZIONE, discesa da monte a valle del legname lungo i corsi d’acqua favorita dalla corrente dell’acqua. Si distingue in fluitazione libera e legata. La prima indica la fluitazione dei tronchi nei torrenti senza alcun legame; contrariamente la seconda intende il trasporto del legname legato in zattere.

FOCE, lo sbocco naturale o artificiale dei fiumi e dei canali.

FOGÀRA, il contenitore delle braci, scaldino.

FOLLO, FOLLÓNE, macchina idraulica a martelli per la follatura di feltri o tessuti, o per la macerazione degli stracci, nella fabbricazione della carta prodotta con fibre di lino, canapa e cotone.

FONTANA, FONTANILE, nell’ambito euganeo è sinonimo di sorgente naturale, a volte adornata da una costruzione di carattere funzionale per un migliore attingimento. È il getto qualunque d’acqua che zampilla dal seno della terra.

FÓNTEGO, deposito, magazzino, ma anche contenitore: “un fontego da butar dentro il formento” (A.N. 4412, c. 704, stima del 25 giugno 1640 di un mulino a Porte Contarine). Il gestore del fontego è il fonticaro o fontegaro, sinonimo di grossista.

FORMENTÌNA, qualità di macine bresciane, così chiamate dalla natura della pietra utilizzata.

FORMÉNTO, frumento.

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FORMENTÓN, mais, granoturco.

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FOSSO, FOSSA, FOSSÒNA, FÒVEA, di norma il canale d’acqua che per ordinario è scavato nella pura terra, senza rivestimento di muratura e di arginatura laterali, con funzioni di raccolta e deflusso delle acque campestri.

FRAGLIA, associazione di categoria professionale, con propria sede prossima ad un edificio religioso; le fraglie d’arti e mestiere vennero soppresse nel 1810.

FRANCO, è un’altezza maggiore di terra che si dà agli argini, al di sopra delle massime piene.

FURLANA, qualità di macina, estratta da pietre provenienti dal Friuli.

FUSO, FUSELLO A ROCCHELLO, (vedi) braelle.

G

GALLEGGIANTE, la tipologia del mulino ad acqua presente nei fiumi Brenta e Bacchiglione, attestato anche nel canale Bisatto fino al XVII secolo. A differenza del mulino natante dell’Adige, molto simile tipologicamente, che poteva essere spostato lungo le rive, il galleggiante era ubicato in un sito, o posta, ben definito e non poteva essere spostato.

Mulini galleggianti a Roncajette (Ponte S. Nicolò) in una foto del 1905.

Mulini galleggianti a Roncajette (Ponte S. Nicolò) in una foto del 1905.

Foto: raccolta Giulio Righetti (p. 20).

GARGÀMI, sono le guide, le scanalature di pietra, di legno o anche di ferro profilato entro i quali scorre la paratoia per chiudere o arrestare l’acqua; a volta è detto anche incastro tutta l’opera che serve a questa funzione: “munita di saracinesca scorrente in gargami di macigno” (A.S.P. Finanza, b. 5 num. 253).

GASTALDO, uomo di fiducia del proprietario fondiario, con funzioni di amministratore e riscossore degli affitti, sinonimo di fattore. Nell’organizzazione professionale la massima carica elettiva, con funzioni di gestore e rappresentante della corporazione.

GÀTOLO, GÀTTOLO, sinonimo di curiatolo (vedi), piccolo condotto di scarico realizzato attraverso una parete, ad esempio per scaricare le acque interne di un fabbricato alla scolina esterna corrente lungo la pubblica via, o anche attraverso un argine (“Provveditori sopra l’Adige contro Francesco e fratello Donà quondam Nicolò autori di un gattolo che attraversa un argine dell’Adige”, A.S.P. Acque, b. 151, num. 4, anni 1568-1769). “Fosso o scolo dai pratici viene chiamato gattolo” (CRISTIANI, p. 144). Il termine origina dal latino gutta, gocciolamento.

GATTINA, GATTINE, qualità di macine, di colore bigio, estratte nelle cave di Persen, nel Trentino.

GAVIGI, elementi in legno che uniscono tra loro i raggi della ruota idraulica e che servono per fissare le pale della ruota stessa. “Item grossos XII pro gavigis pro facienda rota dicto molendino” (A.S.P. S. Pietro, f. 20, c. 35, nosta spese del 1316).

GHEBO, GHEBBO, GEBO, alveo del canale, del fiume, del fosso. “Bisogna che sia allargato detto ghebbo di sotto dal monasterio, perché è troppo stretto, e che sia cavato più affondo, dovendosi cavare sino in capo il Borgo Padovano”; “essendo posto detto modello a sagoma nella medesima acqua, e fatta esperienza da ogn’uno di noi con gettare qualche rameta e paglia nel ghebbo di detta acqua ove habbiamo veduto che quando s’approssimano a detto modello si fermano et tratengono” (A.S.P. Cappuccine, vol. 21, fasc. 91, c. 16)

GHIÀRA o FAVALIVA, qualità di macina.

GIACENTE, la macina sottostante del palmento, detta anche dormiente (vedi).

GIÀRA, ghiaia, pietrisco di grana sottile.

GIOE, GIOVE, GOVE, nel mulino galleggiante e natante identifica il blocco centrale dell’ingranaggio sviluppato attorno all’inzignon: “gioe, brazole, mezale, pontesello e tramoza”; “gove, braele, mezale soto mezale con l’intramoza” (A.S.P. Praglia, b. 116 e 117, c. 219 e c. 71, stime del 1665 e 1539).

GIÓZZA, goccia, inteso anche come flusso moderato, di limitata portata. Ad Abano la Giozza era l’acqua termale di scarico proveniente dal colle di Montaon, ora Montirone, che alimentava il mulino a coppedello: “in nostra Giozza di Bagni” (A.S.P. San Daniele, vol. 23, c. 37, contratto del 24 agosto 1626).

GIRANTE, la macina superiore solidale all’inzignon (vedi) che con la sua rotazione macinava il cereale. La superficie di lavoro si presentava concava e dotata di incisioni radiali, diverse a seconda dei grani da macinare. Nei manuali ottocenteschi è detta anche corsoia o coperchio.

GOLÈNA, sinonimo di marezàna, fascia di terreno compreso tra la riva del fiume e l’antipetto (vedi) dell’argine di contenimento delle piene. È l’area che solitamente viene sommersa durante le piene stagionali del corso d’acqua, dove sussistono superfici coltivate e aree selvatiche; sui dossi golenali un tempo venivano edificate costruzioni agricole, ricoveri attrezzi e stalle per animali, oggi l’edificazione nelle fasce golenali è disciplinata da una rigida normativa statale.

GORA, specchio d’acqua di piccole dimensioni; in alcuni casi, estranei all’area padovana, è indicata anche come canale artificale per l’alimentazione dei molini.

GORGO, l’invaso artificale creato a monte del molino euganeo per raccogliere l’acqua. La sua superficie poteva oscillare tra i 300 e i 600 metri quadrati di superficie. È detto anche gorgo da salvar l’acqua, conserva, vasca. In ambito padovano gorgo non è sinonimo di vortice bensì di invaso artificiale, spesso a monte – ma non esclusivamente – di un impianto idraulico quale poteva essere il mulino. L’equivalente padovano di vortice, o mulinello, è bova.

Valnogaredo (Cinto Euganeo), il gorgo Ambrosi.

Valnogaredo (Cinto Euganeo), il gorgo Ambrosi.

Foto: Claudio Grandis (p. 68).

GÓRNA, grondaia, manufatto in pietra, legno o metallo con funzioni di raccolta d’acqua, spesso realizzato in più pezzi. Nei mulini euganei indica il tratto terminale del condotto recapitante l’acqua sulle coppe della ruota idraulica ed è sinonimo di doccia, doccion, gioza: “alla bocca di errogazione vi è applicata una doccia o gorna in tre pezzi, il primo di pioppa, gli altri di larice in buono stato lunga metri 9,20 con fondo e sponde assicurate da traversi di larice appoggiata a stanghette … scarica questa l’acqua nelle cassette di abete col fondo di rovere, largo centimetri ventisette di una ruota esterna a sei raggi”; “Una gorna o doccia nuova di larice lunga metri 1,45” (Raccolta privata, stima dei mulini di Rovolon del 1834). “Una gorna di larice con intestature di muratura in cotto, tanto sopra che sottocorrente … la gorna ha la luce di metri 0,20 x 0,20” (A.S.P. Finanza, b. 5, num. 253).

GRANO, vocabolo generico per indicare qualsiasi pianta dei cereali.

Grani diversi per macine diverse.

Grani diversi per macine diverse.

Foto: Claudio Grandis (p. 40).

GRAVÉZZA, tassa, imposta fiscale.

GRETO, la superficie ghiaiosa del letto di un fiume, asciutta nei periodi di magra. Nell’area collinare corrisponde al fondo dei calti e dei rii.

GROPPA DEL PONTE CANALE, o anche GROPPA DELLA BOTTE, il punto più alto dell’arco o del volto sotto cui scorrono le acque di un canale sotterraneo che interseca l’alveo di un altro canale posto ad un livello superiore, spesso pensile rispetto al piano della campagna circostante, come nel caso della Botte del Pigozzo a Battaglia Terme, della Botte di Corte a Piove di Sacco, delle Tre Canne a Vighizzolo d’Este, ecc.

GRÙPIA, mangiatoia. “La grupia deli cavali” (A.N. 4412, c. 704, stima del 25 giugno 1640).

GUALCHIÈRA, sinonimo di follone (vedi), macchina idraulica impiegata nell’industria tessile per sodare i panni. A Padova il ricordo di queste macchine è rimasta in via Gualchiere.

GUSELLA, grossa asta di legno cinta in testa da una vera di ferro e branchi biforcati “che serve al geloso maneggio delle porte dell’Arco di Mezzo della Battaglia” (A.S.P. Dipartimento Brenta, b. 11, anno 1808). A Battaglia ve ne erano due costruite con legno di olmo.

GUSSÀR, GUSSÀRE, GUZZÀR, (vedi) aguzare.

I

IDROGRAFÌA, lo studio delle acque, ma anche la configurazione e la distribuzione caratteristica delle acque di una determinata zona.

IDRÒNIMO, il nome proprio di un corso d’acqua.

IDRÒVORA, macchina a vapore, o ad energia elettrica, impiegata per il sollevamento delle acque.

IMBONIMENTO, interramento, riempimento del fondale di un canale, riduzione della sezione dell’alveo con conseguente riduzione della velocità e della portata d’acqua.

INCÌLE, il punto d’imbocco di un canale collaterale, di irrigazione o di bonifica, detto anche partiacque o sperone, solitamente così chiamato quando vi è un’opera manufatta che ne determina l’apertura.

INDENTÀR, la collocazione dei denti nello scudo (vedi). “Item spixi infar indentar el dito molin conputa i dente et manifatura” (A.S.P. S. Stefano, b. 51, mazzo 261, nota spese del 15 aprile 1546).

INGAVEGÀR, sistemare i gavigi, i raggi della ruota idraulica, letteralmente fissare fasciando. “Item spixi per far meter la mola in sul dito molin et ingavegarla” (A.S.P. S. Stefano, b. 51, mazzo 261, nota spese del 15 aprile 1546).

INPENOLÀRE, mettere le penole, i cunei; saldare le parti in legno: “Item spixi per far inpenolare el schudo et uno legno da far dele penole et indentar” (A.S.P. S. Stefano, b. 51, mazzo 261, nota spese del 20 febbraio 1545).

INSTROMÉNTO, atto notarile, rogito, titolo di proprietà.

INTERRIMÉNTO, l’effetto delle acque quando depositano sul fondale e o sulle sponde di un corso d’acqua le materie in sospensione portate a valle, per mancanza di forza sufficiente a trascinarle in avanti fino alla foce.

INTERZARE, alternare le assi di legno affinché le commessure non si dispongano una dietro l’altra.

INTESTADÙRA, sbarramento di un corso d’acqua che ne chiude l’estremità; ma anche argine o riparo per la quale l’argine stesso o riparo si unisce internandosi nella riva o in altro argine del fiume.

INTRAMÒZA, tramoggia, tramoza (vedi).

INVASO, delle acque; raccolta delle acque per naturale conformazione geografica o per opere manufatte. Di norma quando si parla di invasi d’acque si intende alludere a quelli artificialmente prodotti.

INZIGNÓN, INZIGNÒNE, l’albero verticale dotato in basso del rocchello ingranato nello scudo e in alto sorreggente la navicchia a farfalla, incastrata nella macina girante. “Item quatuor ferra cum quatuor nagigeis et quatuor incignoni et sedecim verie” (BORTOLAMI 1988, p. 327, locazione del 9 ottobre 1324). L’appoggio dell’inzignon era costituito da un cuscinetto, detto tagliola o tagiola, in pietra trachitica o porfidica: “Un rocchello od inzignone di ferro, incassato in un palo di ferro, appoggiato sopra mola o tagliola masegna”; “Palo diferro portante rocchello od inzignone di legno con otto brazzole” (Raccolta privata, stima dei mulini di Rovolon del 1834).

L

LA FERTÈ, qualità di macine prodotte in Francia e largamente usate nel corso degli ultimi due secoli nei mulini padovani. Dette anche pietre francesi e chiamate La Ferté, dalle cave di estrazione poste in La Ferté sous-Juarre. “Queste pietre sono di quarzo di tessitura uniforme alquanto traslucide e di color giallo rossastro: il loro peso per metro cubo sarebbe di Kilogrammi 2650,00; però essendo che le macine suddette son composte di pezzi di dette pietre unite con mastice e gesso, e frenate da fascioni di ferro, si ritiene che in media pesino Kilogrammi 1944,00 a metro cubo” (FLORIO, p.91).

LANTERNA, il rocchetto d’ingranaggio dell’inzignon, chiamato in padovano braèlle o brazòlle (vedi).

LETTIERA, il letto, il giaciglio del mugnaio collocato a ridosso delle macine. Nelle stalle di equini e bovini indica la paglia che si pone perché le bestie si corichino.

LETTO di fiume, è il fondo dell’alveo ove corre il fiume.

LEVARÌN, LIVIERA, leva, piede di porco impiegato per sollevare le macine in occasione delle sostituzioni e della periodica rabbrigliatura (vedi): “una liviera ferro” (S. Pietro Montagnon, inventario del 21 giugno 1713, Giudici, b. 410/75, num. 16); “due liviere di ferro del peso di libbre 26” (Raccolta privata, stima dei mulini di Rovolon del 1834).

LIVELLARE, operazione tecnica compiuta dai topografi per determinare la pendenza di un corso d’acqua, mediante rilievo delle altezze rilevate sul pelo libero del fiume rispetto ad un punto fisso o caposaldo.

LIVELLO, contratto a lungo termine, solitamente ventinovennale, su terreni o case od oggetti di valore. A seconda dei patti istitutivi poteva essere rinnovato alla scadenza con il pagamento di un simbolico prezzo, in denaro o in natura, poteva essere affrancato dal livellario se seguiva una vendita, poteva essere ceduto a terzi, commercializzato: in altre parole spesso costituiva una forma concreta di riscossione assicurata e annuale di un reddito prestabilito su un capitale concesso in uso a terzi. In questo significato non va confuso con lo strumento impiegato particolarmente nelle costruzioni edili e dai topografi. Livellante è colui che dà, investe, concede a livello il bene; livellario colui che viene investito, che riceve a livello il bene immobile o il capitale.

LIVIERA, (vedi) levarin.

LUBÉCCHIO, scudo (vedi).

LUNATA, meandro del fiume a forma di luna.

M

MÀCINA, MÀSENA, l’organo essenziale del mulino per grano, detto anche mola (vedi). Si distingue in girante (vedi) e dormiente (vedi) e dalla pietra di provenienza assume diversa denominazione (recoara, furlana, verdaccia, formentina, ecc.). A seconda della rotazione presenta una diversa rigatura; le macine dei mulini con ruota idraulica alimentata dal basso, hanno la rigatura opposta a quella dei mulini a coppedello, in quanto opposto è anche il senso di rotazione.

MAGISTRATO ALLE ACQUE, Organismo isituito nel 1907 con la legge num. 257, per il coordinamento delle opere di difesa dalle piene, di bonifica e di navigazione fluviale, con competenze sui porti di Venezia e Chioggia e sulle derivazioni idroelettriche, con propri Uffici tecnici per la raccolta e l’analisi dei dati relativi alla rete idrografica. È storicamente la prima autorità autonoma del Ministero dei Lavori Pubblici, con funzioni di riordino idraulico dello Stato unitario. Negli anni seguenti, servì da modello per il decentramento dei servizi tecnici del Ministero. La sua istituzione recupera in parte i poteri, i compiti e le funzioni di quella che in età veneziana (1415-1797) fu la magistratura dei Savi ed Esecutori alle acque e Collegio alle acque.

MÀGLIO, apparecchio formato da una parte mobile detta mazza e da un blocco metallico fisso detto incudine, impiegato per la lavorazione a caldo di pezzi di materiale vano.

MAGRA, MAGREZZA, tale è lo stato di un fiume o di un canale quando ha poca acqua.

MÀIS, granturco.

MALTEMPO, mulini dal Maltempo. Così erano chiamati i mulini dei Colli Euganei perché la loro attività era condizionata dal tempo, dalla stagione e dalla quantità d’acqua disponibile. Con questa designazione venivano sovente denunciati nelle polizze dell’estimo padovano dai diretti titolari: “li qual molini sono posti nel monte dove che non masina di continuo, anci bisogna sunar (vedi) laqua cum artificio et gran spesa onde che se adimanda molini dal Maltempo” (Estimo 1575, b. 16, num. 2621, polizza del 18 maggio 1569).

MANGANELO, il cilindro su cui si avvolge la catena delle paratoie: “le portele che si da l’aqua ali molini e manganeli e cadene” (A.N. 4412, c. 704, stima del 25 giugno 1640 di un molino a Porte Contarine); “per le erte e le portelle con il suo capeleto e manganelli” (AN. 2768, c. 153, stima di un pistrino del 22 febbraio 1665); (vedi) argano a manganello.

MANTELÉTTO, elemento dell’architettura militare collocato tra i merli delle cinte murarie; era costituito da una tavola mobile incernierata nella parte alta così da consentire agli assediati di poter scagliare frecce, o altro materiale bellico, proteggendo il lanciatore da eventuali proiettili scagliati dall’attaccante. Il vocabolo appartiene però anche al dizionario idraulico e definisce il tavolato mobile incemierato tra le fiancate in legno piantate nei corsi d’acqua per regolare il flusso d’acqua diretto sulle pale delle ruote idrauliche galleggianti. I mantelletti sono documentati in particolare a Pontemolino di Padova: “che i mantelletti che principiano alfine dei redesti, e si prolungano sino al melo o sia fuso della ruota” (S.E.A, b. 541, fasc. 4, relazione di Antonio Giuseppe Rossi del 5 giugno 1766); “il fondo di detto molino con suoi manteleti, pali, perfili, tavole” (A.S.P. S. Stefano, b. 50, mazzo 44, stima del 3 marzo 1763 di un mulino a Pontemolino).

MANUFATTO REGOLATORE, ogni opera idraulica con funzione di regolazione artificiale del deflusso delle acque, come bova, briglia, sostegno idraulico regolatore, ecc.

MAPPA, denominazione generale di ogni disegno, in cui sia delineata una parte più o meno grande della superficie del suolo. A seconda dell’estensione, della diversa forma e del particolare scopo assume denominazioni diverse: è una pianta quando rappresenta la base di un fabbricato o di quelli che compongono tutta una città; se rappresenta quella parte del suolo che costituisce una possessione privata o una tenuta agricola suddivisa in più parti è designata catastico, o cabreo nell’area toscana; quando comprende il territorio di un comune con l’indicazione della superficie delle singole pezze, dei campi, prati, boschi, ecc., cioè delle singole particelle appositamente numerate è detta mappa di catasto, o foglio di mappa; se riproduce l’insieme dei corsi d’acqua principali e secondari diventa una carta idrografica. La mappa che rappresenta una regione, una provincia o un comprensorio con l’indicazione di alcune particolarità di rilievo, come canali, ponti, case isolate, strade, molini, opifici, ecc., è detta carta o mappa corografica. Quella che, di minor estensione che non è la precedente, rappresenta il suolo di un luogo particolare e ristretto, vien chiamata topografica. Nel linguaggio tecnico veneziano sinonimo di mappa topografica è di norma disegno d’aviso, (vedi).

MARANGÓN DA MOLINI, falegname specializzato nella costruzione e riparazione delle ruote idrauliche e degli ingranaggi del mulino. L’abilità dei marangoni si misurava sulla capacità di costruire e calibrare con sapienza i pesi lignei delle ruote idrauliche e nel saper stimare il valore di ogni singolo pezzo degli opifici.

MAREZZÀNA, golena (vedi).

MARTELLINA, martello in ferro dotato alle estremità di lame da lavoro diversamente disposte tra loro.

MASÉGNA, vocabolo generico per indicare la pietra “viva” dei Colli Euganei, di origine vulcanica, come la trachite e il profido; è diversa per origine, forma e costituzione dalla scaglia bianca e rossa, altra pietra diffusa nell’area euganea.

MASENÀRE, MASENADÙRA, macinare, l’operazione principale dei mulini.

MASIÈRA, muro di sostegno realizzato con pietre e mattoni a secco. Masiera è anche la domestica di casa dell’età veneziana, che diventa masiero al maschile, e che si distingue dal vettore, il domestico di piazza.

MASSARO, nell’organizzazione professionale è il contabile della fraglia, incaricato della tenuta del denaro.

MASTELLO, MASTELLA, recipiente solitamente in legno usato sia come contenitore di liquidi, a volte anche di aridi, sia come antica unità di misura, della capacità di litri 71,2755. “Mastelle da butar susa, con due cerchi ferro” (A.S.P. Foro Civile, b. 204, c. 4, stima del 1744); “Mastello di ferro” (Giudici, b. 410/75, num. 16, inventario del 21 giugno 1713 del mulino di S. Pietro Montagnon); “Mastelle di abete con due fascie ferro” (Raccolta privata, stima dei mulini di Rovolon del 1834).

MASTRO, maestro, esperto, riferito ad un’attività professionale.

MAZZA, MAZZE, grosso martello impiegato sia nella rabbrigliatura delle macine, sia nelle cave di pietra.

MEANDRO, MEANDRIFORME, ampia sinuosità del corso di un fiume che ne caratterizza la parte terminale, dove la pendenza è minima. A seconda della loro minore o maggiore stabilità, si distinguono meandri divaganti (instabili) e meandri incassati. I primi, assai più diffusi, sono tipici di quasi tutti i corsi d’acqua impostati sulle pianure alluvionali, i secondi sono invece quelli incisi direttamente e profondamente nella roccia. Quando il corso d’acqua rettifica il suo alveo incidendo il collo del meandro, si hanno i meandri morti. In geologia è la fessura o il canaletto apertosi nelle rocce per cause diverse, attraverso cui le acque superficiali percolano all’interno e formano sorgenti.

MÈGIO, MÈJO, miglio (vedi). Erba annua delle Graminacee con carissodi piccole, tonde e di vario colore, diffusa nel padovano e spesso macinata per ottenerne farina.

MELO, MELLO, l’albero, o fuso, della ruota idraulica. Il nome deriva forse dall’essenza arborea con cui inizialmente venne realizzato, essendo per l’appunto il tronco di melo particolarmente resistente alla torsione provocata dalla ruota idraulica; in età moderna il legno più usato fu il rovere, come ben attestano le autorizzazioni rilasciate dai Provveditori all’Arsenale veneziano. “Item quatuor mellis cum quatuor rotis”; (BORTOLAMI 1988, p. 327, locazione del 9 ottobre 1324); “Item cum uno mello” (Ibidem, p. 328, locazione del 19 luglio 1329); “Una ruota esterna a sei raggi, vulgo crosare di rovere del diametro di metri 2,80 il cui asse o melo di rovere è armato di otto faccie di ferro” (Raccolta privata, stima dei mulini di Rovolon del 1834).

MENADÙRO, termine generico per indicare la manovella che azionava le mole per affilare: “la mola da guzar con el suo menauro” (A.S.P. Praglia, b. 116, c. 71, stima del 23 settembre 1539).

MEZÀLE, piano d’appoggio delle macine costituito da un tavolato solitamente realizzato con l’impiego di legno di diversa essenza, come l’albera (pioppo), il castagno. Lo scheletro portante, cioè il castello (vedi) o corpo del mulino, era invece costruito con legno d’olmo. Sopra il mezale stava il basare, sede d’appoggio della macina dormiente, mentre ai quattro lati erano fissate le sponde per trattenere la farina centrifugata dalle macine. “Item sedecim colonelli de arice de mecalle”; “Item quatuor mecalli de nogaria” (BORTOLAMI 1988, p. 327, locazione del 9 ottobre 1324); “cum mecalle et quatuor collonellis” (Ibidem, p. 328, locazione del 19 luglio 1329); “Sul mesale vi sta il basare, che porta la mola stabile”; “Sopra gli asenati appoggia il mesale di castagno con sponde di pioppa e vecchio poggio di noce”; “Sopra gli asenati vi appoggia il mesale con sponde e poggio di rovere in buono stato” (Raccolta privata, stima dei mulini di Rovolon del 1834).

MIGLIO, pianta delle Graminacee i cui piccoli semi rotondeggianti un tempo venivano macinati per produrre farina, mentre oggi sono riservati all’alimentazione degli uccelli.

Pubblico dominio, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche.
Pubblico dominio, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche.

MIRA, MIRE, paline di riferimento impiegate dai topografi per tracciare nuovi canali. Nel 1564 il perito veneziano Luca Zappati a proposito dello scavo di una seriola (vedi) destinata ad irrigare dei terreni a Giarabassa di Carturo scrive: “Habbiamo fatto metter le mire per dove si haverà da far il condutto novo sopradetto, dal principio dove si cavaria l’acqua fuori della seriola del molin, sino al loco di Giarabassa che intendono di adacquar” (B.I. Pr., b. 66, fasc. “Obizzi”).

MÒDIA, moza, mòggia, mòggio (vedi).

MÒDULO, unità di misura della portata d’acqua attualmente vigente, pari a 100 litri al minuto secondo. Introdotta nel Veneto nel 1867, regolata dall’art. 622 del Codice Civile del 1865, ha sostituito l’antica misura del quadretto veronese, utilizzata per tutta la prima metà del XIX secolo per determinare la quantità d’acqua assogettata a canone demaniale; oggi la sua definizione è regolata dall’art. 1081 del codice civile.

MÒGGIA, moza, mòggia, mòggio (vedi).

MOLA, MOLARE, macina, termine diffuso per indicare le macine sia dei mulini galleggianti sia di quelli a coppedello. Con lo stesso termine si indicano comunemente anche le vere e proprie mole in pietra abrasiva usate per affilare attrezzi e lame collegate con l’ingranaggio del mulino. In alcuni casi è pure sinonimo di tagiola, di cuscinetto, poiché il materiale impiegato per ricavarle è lo stesso delle macine. A partire dal secolo XVI le macine interamente in trachite euganea cominciarono ad essere sostituite con pietre provenienti da vicine aree geografiche (Recoaro, Belluno, Brescia, Trento, ecc.) a loro volta sostituite, a partire dalla seconda metà del secolo XIX, da macine di produzione francese. Le macine più grandi sovente erano protette con cerchi in ferro saldati sulla circonferenza esterna: “le mole del dito molin cerchiate, con un cerchio di ferro” (A.S.P. Praglia, b. 117, c. 219, stima del 7 gennaio 1665). Diminutivo è moletta, usato per indicare la mola abrasiva da affilare, o mola da guar.

MOLA DA GUÀR, mola abrasiva per affilare lame e martelli: “Una mola da guar” (Giudici, b. 410/75, num. 16, inventario del 21 giugno 1713 del mulino di S. Pietro Montagnon); “la mola da guzare li martej” (A.S.P. Praglia, b. 116, c. 137, stima del 18 dicembre 1579); “la moleta da guzzare fornida” (Ibidem, b. 117, c. 184, stima del 18 gennaio 1641).

MOLADÙRA, MOLLATÙRA, quantità di farina trattenuta dal mugnaio a titolo di compenso per la macinazione qualora la prestazione non fosse stata pagata in denaro. Sulla moladura, stimata all’incirca un quartiero per sacco, nel 1740 il Senato veneziano impose una tassa detta “dazio della Tina” o “dazio della moladura”. Nel 1741 si ritrova “dacio della moladura, che era quella portione di biade che per mercede veniva loro contribuita da particolari” ai mugnai. Quando il mugnaio doveva macinare i grani inviati dal proprietario, di norma non aveva diritto a prelevare la moladura, poiché la prestazione era solitamente regolata nel contratto d’affitto: “detti conduttori siano obligati di macinar … senza cavarli la molladura e senza premio e pagamento di sorte alcuna” (A.S.P. Praglia, b. 117, c. 303, stima del 24 luglio 1679). A volte all’interno del mulino c’era un apposito cassone per contenere la moladura: “item doi casoni dalle moladure” (A.S.P. Praglia, b. 116, c. 137, stima del 18 dicembre 1569).

MOLÉNTE, l’acqua che scorre tra la riva e il sandon (vedi) o mulino da terra, solitamente a velocità più lenta per la poca profondità dell’alveo prossimo alla riva.

MOLÌN BASTARDO, il mulino dotato di macine di diversa qualità, solitamente con dormiente Bressana (vedi) e girante Recoara (vedi).

MOLÌN DA BOVA, è il mulino posto nel centro del fiume, distinto dal molin da terra che invece è quello prossimo alla riva.

MOLINO DA BIANCO, il mulino adibito alla macinazione del frumento. “Secondo molin da bianco” (A.S.P. Foro Civile, b. 204, c. 3, stima del 1744).

MOLINO DA ZALO, il mulino adibito alla macinazione del formenton zalo, cioè del mais o granoturco. “Primo molin da gialo”; “Terzo molin da zalo” (A.S.P. Foro Civile, b. 204, c. 3, stima del 1744).

MOLLÌNA, MOLÌNA, MOLINÀRO, termini usati sovente per indicare i mulini natanti e i mugnai dell’Adige operanti sulla sponda padovana.

MONÀRO, MUNÀRO, MUNARÉTTO, MUNARÓN, ZAMUNÀRO, MOLENDINÀRIO, MUNARÌNI, MOLINÀRI, MUGNAÌNI, mugnaio, mugnai.

Padova, via Gualchiere. Bassorilievo che raffigura un mugnaio posto nel 1371.

Padova, via Gualchiere. Bassorilievo che raffigura un mugnaio posto nel 1371.

Foto: Claudio Grandis (p. 85).

MONOXILE, riferito al tronco intero, ricavato da un unico albero senza ulteriori aggiunte. È la caratteristica degli scafi più antichi dei mulini galleggianti di Brenta e Bacchiglione. I due reperti più noti in tal senso sono conservati nel Museo del Bacchiglione, allestito nel castello di S. Martino della Vaneza a Cervarese Santa Croce.

MÒRE VENETO, “secondo il calendario veneziano”, che iniziava l’anno solare il 1° marzo. Nella documentazione è di norma abbreviato in m.v.

MOZA, MOZO, MÒGGIA, MÒGGIO, unita di misura degli aridi, sementi, grani, ecc., della capacità di ettolitri 3,478016; un moggio equivale a 12 staia o staro o stara, ciascuno della capacità di 28,98 litri.

MURAZZO, MURAZZI, ampia e massiccia struttura muraria di sostegno a protezione dei lidi (nel caso di Venezia) o degli argini nel caso di fiumi e canali minori.

N

NAÌCCIA, NAÌGIA, termine padovano equivalente a navicchia.

NATANTE, imbarcazione, scafo, riferito a mezzo di navigazione. È anche il mulino dei grandi fiumi di pianura (Po, Adige), dotato di una sola ruota idraulica, capace di spostarsi da una piarda (vedi) a un’altra.

Badia Polesine, 1964. Un mulino natante appiardato sulla riva destra dell’Adige.

Badia Polesine, 1964. Un mulino natante appiardato sulla riva destra dell’Adige (p. 23).

NAVÌCCHIA, piastra in ferro a forma di farfalla sorreggente la macina girante del palmento. Disposta orizzontalmente era incastrata all’interno di un’apposita nicchia scavata nella macina, così da tenere quest’ultima sollevata e permetterne la rotazione, e contemporaneamente fissata alla sommità dell’inzignone. “Item quator ferra cum quatuor nagigeis et quatuor incignoni et sedecim verie” (BORTOLAMI 1988, p. 327, locazione del 9 ottobre 1324); “El palo del dito molin et inpir la naicia” (A.S.P. S. Stefano, b. 51, mazzo 261, nota spese del 15 aprile 1546); “Un rocchello od inzignone … in un palo di ferro portante superior navicchia” (Raccolta privata, stima dei mulini di Rovolon del 1834).

La nicchia a forma di farfalla ricavata nella macina girante per allocare la navicchia dell’inzignon.

La nicchia a forma di farfalla ricavata nella macina girante per allocare la navicchia dell’inzignon.

Foto: Claudio Grandis (p. 35).

NAVÌGLIO, canale navigabile (vedi).

NÒRIA, macchina composta di ruota e secchi per elevare l’acqua a notevole altezza.

NÒTTOLA IN FERRO, sinonimo di navicchia, con funzione di bloccare un organo meccanico ad un altro.

O

ODÒNIMO, nome proprio di una strada terrestre.

ÓNCIA, antica unità di misura lineare padovana, pari alla dodicesima parte del piede (vedi) ed equivalente a metri 0,0298.

ONORANZE, parte del canone d’affitto costituito di norma da animali da cortile, uova e porzioni di suini od ovini.

OPERA IDRAULICA, ogni costruzione, manufatto o simile diretto alla regimazione delle acque.

OPIFÌCIO, stabilimento industriale, fabbricato destinato ad attività produttive, o di trasformazione come il mulino.

ORDÉGNO, ORDÉGNI, espressione generica per indicare l’insieme dei pezzi che componevano il mulino: “Con il suo gorgo da salvar l’acqua con tutti li suoi ordegni cioè mole, rode et altri instrumenti ad esso spettante” (A.S.P. Orsato, t. 72 (IV) nuovo 129, c. 7-10).

OROGRAFÌA, l’aspetto che una regione presenta relativamente alla distribuzione dei rilievi collinari e montuosi.

ORZO, erba delle graminacee, largamente diffusa nel Padovano e impiegata nella macinazione.

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