Tra Colli Euganei e Laguna Veneta

Dettagliata analisi storico-geografica del territorio che va dai Colli Euganei alla Laguna Veneta; viene evidenziata la complessa idrografia che caratterizza quest’area.

English

PREMESSA

Ponti, argini, strade, opere idrauliche sono elementi che chi vive in questo territorio impara presto a conoscere, a far propri, ad assimilare, come i volti dei compaesani o le facciate delle chiese parrocchiali.
[Claudio Grandis, 2000, p. 17]

Laguna veneta e colli Euganei: due elementi geografici di notevole specificità geomorfologica, due significativi aggregati di paesaggi che contribuiscono ad arricchire la complessità fisionomica del nord est italiano. L’elevarsi repentino del gruppo di colline dal profilo mosso, reso ancor più peculiare dal prevalente e ritmico svettare di regolari forme coniche, dialoga facilmente con il settore meridionale della laguna di Venezia, da cui dista in linea d’aria poco più di venti chilometri. Tale reciprocità di relazioni si avvale del linguaggio del controllo visivo, della capacità narrativa degli sguardi, strumenti fondanti fin dalle più antiche espressioni della geografia descrittiva, sia che si trattasse di racconti di viaggio che delle prime timide e incerte restituzioni cartografiche. E in effetti guardando verso occidente dalle fondamenta del Lido di Venezia, di Malamocco o dal lungo bordo insulare tra S. Pietro in Volta e Pellestrina, appare in lontananza la sagoma articolata dei colli Euganei, che sembra emergere come un’isola dall’ampio specchio della laguna estesa verso lo sfrangiarsi delle barene che anticipano il margine dell’entroterra. Il tenue spessore della bassa pianura bonificata che occupa la prima terraferma, in buona parte con quote altimetriche sotto il livello del mare, amplifica l’effetto illusorio di una laguna che si espande a perdita d’occhio, avvolgente con un ingannevole abbraccio acqueo il gruppo collinare. È l’immagine di un’insularità fittizia, il miraggio di un approdo, che ha probabilmente attratto i primi naviganti provenienti dalla Magna Grecia, dalla Liburnia, nutrendo la geografia mitica degli eroi fondatori, come nel caso del troiano Antenore che pone fine alla sua odissea marina adocchiando ancora in mare aperto la rassicurante sagome dei colli, punto di riferimento per la successiva risalita di uno dei rami del Medoacus (la Brenta di oggi) fino all’attracco definitivo sul sito di ciò che sarà poi Patavium [Braccesi, 1997].
Per quanto riguarda invece gli sguardi dai colli verso la laguna è necessario ascendere i pendii, raggiungere i numerosi belvedere e balconate naturali accuratamente indicati fin dalla edizione del 1954 della Guida d’Italia del Touring Club dedicata al Veneto (le famose guide rosse). Si sa che “vedere Venezia” da qualunque rilievo del Veneto è una sorta di certificato di qualità che valorizza i siti panoramici e sul versante degli Euganei che guarda a oriente tali opportunità non mancano. La vecchia guida invita infatti il visitatore a raggiungere l’eremo del monte Rua da cui non resta che godere del “magnifico panorama” (con asterisco*, simbolo grafico che “è posto accanto alle cose di speciale interesse”) ove è possibile apprezzare Venezia e la laguna. Altro asterisco sottolinea il pregio della veduta dal monte Venda e dal monte Ricco, sopra Monselice, da cui, si precisa, è addirittura possibile distinguere il campanile di S. Marco [TCI, 1954, p. 350].
La già menzionata insularità illusoria attribuibile ai colli Euganei osservando l’orizzonte occidentale dai margini più esterni della laguna trova un ulteriore e più prestigioso riscontro nella intuizione geopoetica del letterato-viaggiatore inglese Percy Bysshe Shelley quando, nel 1818, dall’alto del monte Venda, il suo sguardo incontra lo strato di nebbia che avvolge il massiccio collinare e occulta la pianura, tanto da suggerirgli la trasfigurazione geografica degli Euganei in “isole senza mar”, elogiando la solitudine salvifica delle colline sovrastanti il nulla uniforme della nebbia padana, come di vaporosa vastità, che bene restituisce la metafora del mare della sofferenza utilizzata dal poeta.
Una volta evidenziata la stretta interazione fisionomica tra colli e laguna, dove il flusso intenso di reciproci sguardi stenta però a tradursi in concreti segni territoriali, il tragitto interpretativo del discorso geografico ha bisogno dell’escursione, dell’andare a vedere, del lavoro sul campo, della lettura del paesaggio come di un testo. Ecco che già da subito la bassa pianura che separa le alture euganee orientali dalla conterminazione lagunare tra Fusina e Chioggia si rivela come un palinsesto idrografico di rara complessità, dove deflussi naturali e interventi antropici hanno prodotto nei secoli un organismo territoriale in grado di sopportare il peso crescente delle attività umane, fino alle più recenti aggressioni del caotico deflagrare della città diffusa. Basti solo considerare l’andamento delle deboli pendenze, il carattere pensile dei corsi d’acqua, l’importanza delle arginature, l’accurato tracciato dei fossi di scolo, il ruolo strategico delle idrovore per comprendere la necessità vitale del controllo ingegneristico di questo settore di pianura. La rovinosa esondazione che ha colpito l’area di Bovolenta nell’autunno del 2010, autentico baricentro idraulico dell’area qui in esame, dimostra che anche nei paesi dotati dei più sofisticati strumenti per il controllo della complessità territoriale si possono rilevare crescenti criticità che coinvolgono i sistemi idrografici, sia nelle fasi di portate in eccesso che nelle opposte condizioni di deflusso minimo [Ercolini, 2012]. Data questa elementare osservazione, forse è opportuno esaminare la necessità di un nuovo umanesimo idraulico, individuando un possibile interfaccia di riflessioni ove affiancare alle più specifiche competenze ingegneristiche anche le discipline antropologiche e geostoriche.
Obiettivo di questo saggio è porre in evidenza come all’interno dello specifico interfaccia tra colline e lagune si sia consolidata fin dall’età medievale una proficua rete di relazioni nautiche soprattutto a seguito dell’apertura del canale di Battaglia, scavato sul finire del XlI secolo per collegare Padova a un importante itinerario di navigazione proveniente da Monselice e diretto verso la laguna di Chioggia [Zanetti, 1989]. Per evidenziare l’importanza di questi collegamenti è sufficiente menzionare la crescente richiesta di lastre di trachite da utilizzare per la pavimentazione di calli, campi e fondamenta di Venezia. Le cave di Monselice e di Lispida forniranno per secoli materiale lapideo, contribuendo al consolidarsi del mito urbano diffuso da uno tra i più importanti empori commerciali europei. È utile precisare che alla pregnanza del discorso squisitamente culturale si affiancano pressanti urgenze operative miranti alla tutela, al recupero funzionale e alla fruizione sociale delle reti idrauliche e in tal senso il caso qui considerato costituisce uno scenario privilegiato per l’innegabile evidenza della straordinaria varietà dell’idrografia e delle complesse e secolari dinamiche evolutive che connotano la coesistenza tra comunità e paesaggi d’acqua (fig. 1).

Mappa dei fiumi e dei canali tra la Provincia padovana e il mare.

Fig. 1 | L’area qui considerata in un rilievo rielaborato da Luigi Miliani nel 1939

Date queste premesse è possibile cogliere il senso dell’accurata analisi dei caratteri idrografici e geoantropici che seguirà, elaborata al fine di evidenziare la secolare evoluzione delle pratiche nautiche che hanno fatto di Battaglia uno dei centri portuali d’entroterra più importanti d’Italia. Il recupero della memoria storiografica consente di avere chiara consapevolezza del valore patrimoniale dei paesaggi rivieraschi rilevabili sia lungo i principali itinerari di navigazione che tra i segmenti secondari. Con questo approccio è possibile apprezzare il ruolo del Museo della Navigazione di Battaglia e le sue molteplici e suggestive potenzialità, con importanti ricadute non solo a livello culturale, ma anche ricreativo e turistico. Infatti Battaglia è in grado di assumere la funzione di centro propulsore della rinascita dei numerosi paesaggi marginali dislocati lungo le vie d’acqua della bassa pianura veneta. Dal Museo di Battaglia potrebbe, ad esempio, avviarsi la promozione del turismo a bordo di natanti tradizionali, stimolando un peculiare indotto legato alla cantieristica minore [Vallerani, 2009], in modo da fronteggiare le consuete e banali attitudini del diportismo motonautico sciocco e dissipatore, che sta cancellando gli antichi saperi nautici della voga alla veneta, della vela al terzo, del navigare parando, cioè con la propulsione che utilizza la pertica, come testimoniato nella iconografia pittorica dei Ciardi a cavallo tra XIX e XX secolo.
Il caso delle vie d’acqua dismesse dal traffico commerciale costituisce infatti tra i più interessanti e significativi segmenti di ciò che si è soliti indicare come attrattive per il turismo fluviale, tipologia ricreativa in espansione in tutto il mondo occidentale (e l’Italia in tal senso palesa un evidente ritardo) e non solo per il fascino della sua prerogativa “itinerante”, ma anche per alcuni rilevanti presupposti ideologici e culturali in sintonia con le aspettative della sostenibilità.

1. IL CONTESTO GEOGRAFICO

Anche da una speditiva analisi geografica, la quasi totalità degli attuali paesaggi terrestri costituiti da basse terre di origine alluvionale localizzati lungo fasce costiere sono fittamente intersecati da aste fluviali che scorrono pigramente verso il livello del mare, che spesso si ramificano in varie direttrici ben prima dello sbocco finale, delimitando lagune, modificando l’andamento dei meandri, variando l’assetto dei fondali e la quantità e distribuzione del trasporto solido, interagendo con l’azione delle maree e del moto ondoso, creando insomma quella straordinaria varietà delle morfologie sublitoranee che, ove non modificate e fissate dall’intervento umano, costituiscono tutt’oggi un indiscusso patrimonio di qualità ambientale, rifugio di biodiversità, irrinunciabile opportunità per tener viva la coscienza ecologica. In siffatti ambienti umidi, come nel caso della bassa pianura a oriente dei colli Euganei, si è consolidato un proficuo apprendistato idraulico, da cui sono derivati interventi via via più estesi e complessi che hanno modificato l’orditura naturale dei deflussi per meglio governare e dirigere lo spagliarsi delle alluvioni necessarie alla fertilità dei suoli, realizzando inoltre le canalizzazioni per irrigare, i tagli di scoli e collettori per il drenaggio e le barriere o le arginature per difendere campi e centri abitati dall’esubero delle acque.
A questo riguardo, in chiunque si occupi di vicende idrauliche non manca mai l’inevitabile citazione del famoso saggio di Karl Wittfogel, pubblicato nel 1957 e dedicato al dispotismo orientale, buon caposaldo storiografico che torna utile per leggere e interpretare sia eventi e ambienti così lontani nel tempo, che i fatti della locale realtà contemporanea. Ma spostandosi nell’area qui considerata, la lezione di Wittfogel lascia aperte delle possibilità per ulteriori precisazioni, riannodando sparse e sfumate testimonianze letterarie alla retorica di un edificio storiografico incerto, ma carico di suggestioni che ci conducono sul versante della creazione mitica. Si allude alla condizione pre-storica in cui versava la bassa pianura delimitata dai lidi, lagune e paludi bagnate dall’alto Adriatico, dove il prevalere delle condizioni anfibie consentiva un peculiare genere di vita a comunità di pescatori, di allevatori di cavalli, di naviganti che solcavano le aste terminali del variabile ramificarsi di fiumi, lagune e paludi. Ad esempio, quanto narrato da Tito Livio circa le origini di Padova antica, mostra infatti che la superiorità nautica, militare e organizzativa di Cleonimo, lo spartano che conduce le sue navi entro un’ampia laguna (identificabile con l’attuale laguna veneta) e attracca alla foce di un fiume profondo (la Brenta), può ben poco di fronte alla scarsa praticabilità dei luoghi rimasti allo stato naturale, cioè non trasformati da un sistema sociale ancora limitato alla semplice sussistenza. Le certezze del conquistatore, molto più a suo agio tra i porti, approdi e rotte assicurate dal “dispotismo” nautico della Magna Grecia, svaniscono quando volge le prue delle sue navi nel caos primevo delle lagune e paludi costiere, un incerto confine tra terre, acque e bassi fondali che gli impediscono di muoversi agevolmente verso l’entroterra. Tali difficoltà consentono alle popolazioni locali di avviare un rapido contrattacco a bordo delle loro piccole barche a fondo piatto, adatte a superare i bassi fondali (fluviatiles naves planis alveis fabricatae).
Questo breve cenno alla ben nota tradizione liviana valorizza il prestigio ambientale di un paesaggio scarsamente antropizzato, stimola la curiosità nei confronti di un territorio a tutt’oggi ritenuto mero supporto fisico per le monocolture intensive e la diffusione urbana di insediamenti residenziali, produttivi e commerciali, la cui vastità di orizzonti e il meno palese addensarsi della maglia insediativa accende la cupidigia delle urbanizzazioni speculative. Si tratta dunque di un contesto geografico ricco ancora di virtuose potenzialità, non compromesso dai più devastanti esiti del consumo di suolo e la cui antica vocazione nautica si carica di fascino aggiuntivo.

1.1 La bassa pianura
L’area qui considerata costituisce una porzione di pianura che degrada con deboli pendenze in direzione sud est, delimitata a occidente dal canale di Battaglia, a nord e nord est dal sistema Piovego-Brenta (taglio della Cunetta), a est dal margine lagunare e a sud dall’asta terminale dell’Adige. I caratteri geomorfologici delle pianure sublitoranee dell’alto Adriatico presentano prevalenti e spessi accumuli di sedimenti fini, limi e sabbie, che riducono la permeabilità dei suoli, favorendo in tal modo il prolungato ristagno delle acque nel caso di esondazione dei numerosi deflussi di alimentazione prealpina, come la Brenta e il Bacchiglione. Si deve alla forza delle dinamiche idrauliche, responsabili di azioni erosive, di trasporto e di sedimentazione, il progressivo consolidarsi di ciò che si suole definire pianura alluvionale (fig. 2). Tale processo di lunga durata, realizzatosi durante l’era quaternaria, si connette alla graduale erosione dei sistemi montuosi alpini e prealpini da parte degli agenti atmosferici, fornendo il materiale per il riempimento dell’ampio golfo pliocenico che l’Adriatico formava insinuandosi entro i limiti dell’attuale pianura padana. [Bondesan, Meneghel, 2004].

Carta geomorfologica della bassa pianura tra Colli Euganei e Laguna sud.

Fig. 2 | Carta geomorfologica della bassa pianura tra colli Euganei e laguna sud. Numerosi i dossi fluviali dovuti ad antiche sedimentazioni, che hanno rallentato i deflussi verso il litorale [Murst, 1997]

Fu durante il successivo alternarsi delle glaciazioni che si consolidò la costruzione della pianura, definendosi prima quella alta a ridosso della fascia prealpina. In seguito, allontanandosi dai rilievi, si riduce la pendenza dei letti fluviali e di conseguenza la capacità di trasporto si limita ai materiali più fini, che quindi si prestano per aggregazioni più compatte, rendendo i terreni poco permeabili. Tale processo fu particolarmente accentuato al termine dell’ultima grande glaciazione (würmiana), a seguito degli abbondanti deflussi di acque di fusione le quali, espandendosi liberamente nella bassa pianura, distribuirono enormi quantità di sedimenti aumentando così lo spessore dello strato alluvionale. È in questa fase evolutiva che lungo l’interfaccia terra-mare la presenza di detriti più minuti depositati dalle foci di numerose correnti fluviali danno origine a cordoni litoranei e a lagune, grazie anche alla ridistribuzione e accumulo dei materiali da parte delle correnti di marea e marine [Rotondi, Zunica, 1995]. La successiva evoluzione morfologica della bassa pianura, e in particolare nel peculiare settore tra colli Euganei e laguna, si deve del tutto al libero espandersi delle acque fluviali, con conseguenti variazioni dei corsi dei fiumi, formazione di dossi fluviali e ristagni d’acqua, spostamento di meandri [Zangheri, 1988-1989].
Il configurarsi della porzione di bassa pianura veneta qui in esame nel suo attuale aspetto è l’esito prolungato di alterne vicissitudini, che presero l’avvio fin dalla prima significativa presenza dei Benedettini del monastero padovano di Santa Giustina, documentata già nel XIII secolo tra i bassi corsi di Bacchiglione e Adige [Bandelloni, Zecchin, 1979, p. 19]. A quei primi interventi si deve il lento processo di controllo idraulico di un’area che fu senza dubbio tra le prime ad essere stabilmente tutelata dalle stagionali esondazioni e quindi organizzata per avviare proficui interventi di riordino fondiario. Questa predilezione e costante interesse per la messa a coltura della bassa pianura a oriente dei colli Euganei si deve certamente al suo essere delimitata dal vivace sistema urbano facente capo ai centri di Padova, Venezia, Chioggia e Monselice.
Fin dalle prime raffigurazioni cartografiche di questo territorio appare accuratamente delineata una significativa e ben articolata maglia idrografica che concorre a definirne con forza la specificità anfibia delle sue campagne, su cui ha agito l’azione coordinata dei primi grandi proprietari terrieri associatisi in consorzi. Il diffondersi di tali istituzioni tra il canale di Battaglia e il margine lagunare, fino alle foci di Brenta e Adige, si ha dopo l’annessione del territorio padovano alla Serenissima agli inizi del XV secolo [Cosgrove, 2000]. Venezia, da sempre molto attenta alla situazione idraulica dell’ entroterra, non tardò a perfezionare il controllo delle acque istituendo dal 1501 la Magistratura dei “Savi alle Acque” che si ampliò nel “Collegio alle Acque”, trasformandosi qualche decennio dopo nel “Magistrato alle Acque”, tuttora funzionante. Se a questa Magistratura aggiungiamo quella ai “Beni Inculti” (1556), specificatamente dedicata al miglioramento fondiario adottando le procedure del prosciugamento e dell’irrigazione, appare con chiarezza l’impegno istituzionale per il governo del territorio in età veneta, la cui secolare attività ha prodotto una mole immensa di documentazione e mappe rinvenibili sia nell’archivio centrale della Dominante che in quelli periferici [A.S.V., 1983 e 1984]. A questa abbondanza di memoria documentaria e cartografica si affianca una altrettanto cospicua eredità ambientale costituita non solo dai tracciati fluviali, ma dal complesso sedimentarsi di manufatti in grado di narrare l’antica familiarità delle genti venete con i corsi d’acqua. E nel caso specifico qui esaminato la rete idrografica tra colli Euganei e laguna non costituisce solamente una pregiata dotazione territoriale, ma è al tempo stesso un irrinunciabile marchio paesaggistico, fatto di argini, ponti, idrovore, conche, ville rivierasche, che connota l’identità storica e culturale di questo peculiare settore di bassa pianura.

1.2 La complessa idrografia
L’analisi delle relazioni nautiche tra i colli Euganei e la laguna veneta meridionale necessita di un’accurata prospezione dei principali itinerari della navigazione fluviale, poiché è proprio lo scalo fluviale di Battaglia che può ritenersi il vero fulcro dei collegamenti tra i fiorenti poli urbani di Vicenza e Padova con il porto di Chioggia, consentendo inoltre il trasporto di derrate alimentari ricavate dalle estese campagne bonificate della Bassa padovana verso le numerose ruote idrauliche installate proprio a ridosso del canale di Battaglia. Al progressivo definirsi di questa maglia idrografica ha contribuito un notevole impegno tecnico e finanziario che, a partire dalla fine del XII secolo con lo scavo del canale da Padova a Monselice, ha consentito rilevanti modifiche dei tracciati, sia per scopi pacifici che a seguito di vere e proprie strategie conflittuali per il controllo territoriale.
Si pensi in particolare alla contesa tra Padovani e Vicentini per l’uso dei deflussi del Bacchiglione: la comunità berica decise infatti, attorno alla metà del XII secolo, di derivare parte della portata di quel fiume dalla sua sponda destra in località Longare e di immetterla in un canale scavato in precedenza, che scorre in direzione sud, delimitando il margine orientale dei colli Berici, fino alla confluenza con un modesto alveo naturale, il fiume Bisato, poco a monte di Lozzo Atestino, che a sua volta raccoglie le acque eccedenti provenienti dalle pIaghe depresse tra colli Euganei e Berici. Da questo punto la via d’acqua si dirige tortuosa, a seguito dell’irregolarità delle pendenze, verso Este e Monselice. Da quest’ultima località è ancora oggi possibile individuare il meandriforme tracciato del canale Bagnarolo fino a Pernumia il quale, dopo pochi chilometri, va a confluire nel canale Vigenzone, che costituisce il principale collegamento nautico tra il porto di Battaglia e Chioggia. Il tracciato idrografico fin qui delineato consentiva quindi la navigazione da Vicenza alla laguna (fig. 3).

Relazioni nautiche nel Veneto centrale tra XIX e XX secolo.

Fig. 3 | Relazioni nautiche nel Veneto centrale tra XIX e XX secolo (in Grandis, 2008, p. 249)

Da uno sguardo a uno tra i primi esemplari della ricca documentazione cartografica da cui è possibile dedurre l’evoluzione della maglia idrografica connessa al canale di Battaglia, si nota come il corso del Bacchiglione a valle di Padova possa ritenersi l’asse portante di tutto il complesso sistema di vie d’acqua tra colli Euganei e laguna. Si sta alludendo alla mappa attribuita a Cristoforo Sabbadino, e redatta attorno alla metà del XVI secolo, raffigurante l’alto Adriatico (SEA, Diversi, di. 119), in cui è possibile ricavare una buona visione d’insieme di questi paesaggi (fig. 4).

Settore della bassa pianura tra Adige e Brenta. Mappa attribuita a Cristoforo Sabbadino.

Fig. 4 | Settore della bassa pianura tra Adige e Brenta attribuita a Cristoforo Sabbadino. Si noti il tracciato della Brenta Nova tra el Dolo e il porto di Brondolo. (ASVE, SEA. Diversi, dis. 119)

Archivio di Stato di Venezia

Altro significativo elemento idrografico che appare nella mappa è il corso della Brenta Nova, tracciato artificiale attivato agli inizi del XVI secolo per allontanare dalla foce di Fusina, versante nel tratto di laguna prospiciente Venezia, le acque di piena della Brenta cariche di torbide, a lungo andare responsabili di minacciosi interramenti. La Brenta Nova inizia il percorso a Dolo dirigendosi verso sud, e a pochi chilometri dalla foce di Brondolo riceve le acque del Bacchiglione. La scelta di questo percorso, individuato dai tecnici dei Savi alle Acque, fu decisamente criticato da Frà Giocondo, insigne umanista e ingegnere, il quale dimostrò con accurate misurazioni l’inadeguata pendenza del nuovo canale [Zendrini, 1811]. E in effetti nei secoli successivi la Brenta Nova fu disattivata, affidando il compito di allontanare dalla laguna di fronte a Venezia le acque di piena della Brenta al nuovo taglio del Novissimo (fig. 5), che inizia a Mira e con un tracciato più breve sfocia in laguna all’altezza di Chioggia [Caporali, Zecchin, 1980; Vallerani, 1995]. L’attuale alveo della Brenta, definito “Taglio della Cunetta”, è stato attivato nel 1858 da Stra a Brondolo, in modo da risolvere in via definitiva la questione degli interramenti lagunari [Zunica, 1974; Vallerani, 2004].

Mappa con i consorzi di Sesta e Settima Presa. Inizi XVII secolo.

Fig. 5 | Mappa di anonimo degli inizi del XVII secolo con i consorzi di Sesta e Settima Presa. Si noti sul margine destro l’inalveazione della Brenta Novissima. (Biblioteca Museo Correr, riportata in Il Brenta, Sommacampagna, Cierre, 2003, p. 55)

Fondazione Musei Civici di Venezia

Oltre a questi principali segni idraulici va menzionata la densa rete idrografica minore, non sempre ad essi direttamente collegata, ma ugualmente protagonista del fitto sistema idrografico di cui ancora oggi è necessario preservare il precario equilibrio, tra esigenze irrigue e necessità di drenaggio, tra tutela delle arginature e manutenzione del sistema scolante, tra lo sfalcio di alghe e canne palustri e la protezione della biodiversità. È bene precisare che la realizzazione, tra Medioevo e età Moderna, di importanti tracciati artificiali come il canale Battaglia, la Brenta Nova, il taglio del Novissimo e quello della Cunetta costituiscono di fatto una significativa intrusione sulla preesistente orditura idrografica, sia che si tratti di deflussi naturali che di sistemazione scolante frutto di precedenti interventi antropici. Queste importanti canalizzazioni si possono infatti ritenere invasive intersecazioni da nord a sud che interrompono il drenaggio naturale dei terreni in base alle pur deboli pendenza piegate verso sud est. La coeva razionalità ingegneristica era comunque in grado di risolvere tali pericolose interruzioni della rete scolante minore con l’artificio della botte a sifone [Marzolo, 1963], veri e propri sotto passi scavati sotto gli argini e il fondo della nuova inalveazione per consentire il passaggio delle acque secondarie e proseguire in tal modo il deflusso verso valle (fig. 6).

Corte di Piove di Sacco, antico manufatto con botte a sifone.

Fig. 6 | Località Corte: antico manufatto con botte a sifone per consentire alle acque del Fiumicello di Piove di Sacco, il sottopasso della Brenta Nova

Tornando alla mappa menzionata poc’anzi, e attribuita al Sabbadino, appare assai evidente il ricorrere di questo specifico intervento di artificialità idraulica, tanto da poter identificare agevolmente i principali segmenti drenanti. Per quanto riguarda il canale di Battaglia, dei tre principali scoli provenienti dai colli Euganei l’idronimo specifico è indicato nella mappa solo per il fosso Rialto, il cui tracciato viene fatto iniziare, con trascurabile variazione rispetto a quanto oggi accade, tra le localita di Treponti e Montemerlo. Gli altri scoli, pur senza l’indicazione dell’idronimo, corrispondono con lieve approssimazione ai principali collettori del drenaggio delle basse terre tra i colli di Galzignano e Arquà Petrarca. Allo stesso modo l’escavo della Brenta Nova divise in modo netto quel tratto di bassa pianura prelagunare, bloccando il sistema scolante dalle basse terre poste a sud est di Padova; anche in questo caso l’inconveniente fu superato con la costruzione di numerose botti a sifone per il sottopasso dei canali scoladori provenienti dalle campagne padovane. La mappa qui in esame, come anche un disegno più dettagliato (fig. 7) realizzato nel XVIII secolo per raffigurare il nodo idraulico facente capo al tratto inferiore della Brenta Nova [ASPd, S. Giustina 316, dis. 2], è molto accurata nell’indicare sia il percorso degli scoli principali, sia gli idronimi (da nord: Cornio, Fiumicello, Cavaiza, Fossa Schilla) che si sono mantenuti fino ai giorni nostri, come facilmente rilevabile nelle tavolette 1:25.000 dell’I.G.M. (Istituto Geografico Militare).

Nodo idraulico prima dello sbocco a Brondolo, disegno del XVIII secolo.

Fig. 7 | In questo disegno settecentesco appare ben delineato il complesso nodo idraulico ove convogliano gran parte delle acque della bassa padovana prima dello sbocco a Brondolo. (ASPd, Corporazioni Religiose Soppresse, S. Giustina, b. 316, dis. 2)

Archivio di Stato di Padova

Il medesimo problema idraulico lo si riscontra lungo la successiva (1611) inalveazione realizzata proprio a ridosso della conterminazione meridionale della laguna, tra Mira e la confluenza nel collettore terminale di Brenta Nova e Bacchiglione, indicata come Brenta Novissima. Ancora oggi questo lungo tratto rettilineo si affianca alla Statale Romea ed è sottopassato dai numerosi scoli che allontanano le acque dalle pertinenze degli antichi consorzi di Sesta e Settima Presa. È interessante notare che una volta superato il ponte canale, questi canali di scolo costituiscono comodi accessi per la navigazione verso la laguna di Venezia.

1.3 Il canale medievale
Lo scavo del canale di Battaglia costituisce il primo dei tre rilevanti interventi che la città Stato di Padova realizza tra la fine del XII e gli inizi del XIV secolo, perfezionando la favorevole rete idrografica che bagna il suo sito. Si allude pertanto anche al taglio del canale Piovego (1209) che, con andamento ovest-est, connette il porto di Ognissanti, a est del nucleo urbano medievale, con l’antico ramo della Brenta defluente verso la foce lagunare di Fusina, e al taglio della Brentella (1314), derivato dalla sponda destra della Brenta a Limena, una decina di chilometri a monte della città, per confluire in Bacchiglione e contribuire alla portata di quel fiume prima dell’ingresso in Padova. Si era infatti accennato in precedenza al diversivo di Longare realizzato dai Vicentini per alimentare la riviera Berica e quindi l’itinerario fluviale verso Este e Chioggia. Ne consegue che tali interventi siano strettamente correlati, soprattutto per il governo degli apporti idrici veicolati dal Bacchiglione, la cui portata, in caso di ostilità tra Padovani e Vicentini poteva essere da questi ultimi sensibilmente ridotta proprio grazie alla suddetta derivazione di Longare.
Il taglio da Padova verso Monselice si tratta di un’opera idraulica assai complessa soprattutto perché fu necessario risolvere il problema dello smaltimento delle acque eccedenti defluite dal margine orientale dei colli Euganei e trattenute dagli argini del nuovo canale che, con il passare dei secoli, andò accentuando il suo carattere di pensilità. Il nuovo canale (fig. 8) tagliava infatti le direttrici di scolo che defluivano verso est, le quali seguivano le pendenze naturali fino al margine lagunare, per cui, come già indicato più sopra, si rese necessaria la costruzione dei sottopassi (botti a sifone) del Pigozzo e della Rivella, tuttora in funzione [Zanetti, 1989].

Il canale di Battaglia che lambisce i Colli Euganei e il connesso sistema idrografico.

Fig. 8 | Il canale di Battaglia e il connesso sistema idrografico in una efficace raffigurazione di Pier Giovanni Zanetti (Zanetti, 1989, p. 30)

Le marinerie di terraferma acquisiscono una discreta espansione a seguito dell’allentarsi della presenza veneziana, soprattutto a seguito del rafforzarsi delle consuetudini commerciali della Serenissima verso l’oltremare dalmata e del Mediterraneo orientale, culminante con il successo della IV crociata [Lane, 1978]. La posizione strategica della rocca e del centro di Monselice, alle cui banchine fluviali sul già menzionato canale Bisato attraccavano le imbarcazioni provenienti da Este e dal territorio vicentino, era certamente un ulteriore valido motivo che si aggiunge alla prospettiva di incremento dei traffici per vie d’acqua assicurata dal nuovo canale.
Il suo carattere di pensilità imponeva però dei trasbordi delle mercanzie su natanti che consentissero il trasporto delle merci verso le destinazioni lagunari e tale punto nodale fu identificato tra le botti a sifone del Pigozzo e di Rivella, all’altezza cioè del congiungersi dei deflussi provenienti da Padova con quelli di Monselice. Su questo peculiare sito idraulico fu necessario realizzare uno sfioratore per consentire alle acque di proseguire il percorso verso valle, ovvero in direzione del principale ramo del Bacchiglione, per confluirvi in corrispondenza del villaggio rivierasco di Bovolenta. Il dislivello tra il canale pensile da Padova e Monselice e la sottostante, e preesistente, rete idrografica è di circa sette metri. La presenza di un così rilevante salto d’acqua costituisce una significativa disponibilità di energia idraulica, davvero insperata all’interno delle modeste quote altimetriche della bassa pianura, favorendo in breve il consolidarsi del centro marinaro e proto-industriale di Battaglia. Ecco che la polarità nautica di Battaglia era già definita nei primi anni del XIII secolo, “collegata con Padova, con Este-Montagnana e l’Adige, ma pure con Chioggia e le lagune, divenne una infrastruttura commerciale d’avanguardia, che determinò in Battaglia il sorgere del primo vero centro industriale della Bassa” [Valandro, 1989, p. 73]. Non di meno anche Monselice si avvantaggiò del taglio del nuovo canale, evidenziandosi in tal modo lo scenario di un intervento territoriale di ampia portata, che consentirà nei secoli successivi di porre le basi economiche e infrastrutturali per la bonifica e l’estensione di un popolamento stabile tra colli Euganei e laguna veneta [Grandis, 2003].

Francesco Vallerani

Tra Colli Euganei e Laguna Veneta, copertina.

Francesco Vallerani, Tra Colli Euganei e Laguna Veneta. Dal Museo della Navigazione al turismo sostenibile. Venezia, Regione del Veneto, 2013 – pagine 11-39 (Premessa e Capitolo 1).