Officine di Battaglia Terme, storia di un insediamento industriale

Storia delle Officine di Battaglia Terme: dalle attività artigianali documentate nel 1514 al complesso industriale che, nel 1973, diventa Magrini Galileo.

STORIA DI UN INSEDIAMENTO INDUSTRIALE
A BATTAGLIA TERME

DAL XVI AL XX SECOLO

L’ampia zona che, a pochi chilometri da Padova, si estende ai piedi dei colli Euganei ha sempre goduto fin da tempi remoti notevole fama.
Il vantaggio di essere incastonata in un ampio scenario paesaggistico e la fortuna di custodire nelle viscere di origine vulcanica acque e fanghi con proprietà terapeutiche, quasi miracolose, ha sempre fatto di questi territori la meta di assidui visitatori.
È forse superfluo ricordare Francesco Petrarca, Ugo Foscolo, Shelley, Byron e molti altri che nella pace dei colli Euganei trascorsero parte della loro vita. Del resto la storia documenta che già all’epoca di Roma imperiale, considerando il grande amore dei romani per le terme, questa zona godeva di grande splendore e rinomanza.
Abano, Montegrotto e Battaglia (molto recentemente si è aggiunto anche Galzignano) sono le località che più hanno goduto nello svolgersi dei tempi della fortuna loro elargita dalla natura con grande generosità.

Esaminando la storia di queste località, balza però subito evidente la diversa vocazione di Battaglia rispetto alle altre. Questa cittadina attraversata da una arteria fluviale una volta estremamente importante per l’economia della zona, ha infatti sempre affiancato nei secoli all’attività termale la laboriosità delle sue industrie.
Questo nome «Battaglia» parrebbe richiamare alla memoria eventi bellici di particolare evidenza, e tale ipotesi potrebbe essere avvalorata da notizie storiche di scontri armati fra Carraresi ed eserciti della Serenissima sempre in costante espansione. Risulterebbe invece accertato che il nome di questo antico borgo medioevale abbia origini meno tipiche: nel bel mezzo dell’abitato di Battaglia ad un sostegno a tre luci denominato «Arco di Mezzo» convergono tuttora le acque del fiume Frassine e quelle derivate dal Bacchiglione che insieme precipitano in un bacino sottostante. Dal boato di questa cascata, che unito al frastuono degli opifici vicini ricordava il fragore di una battaglia rumorosa quanto incruenta, sembra quindi derivare il nome del villaggio, «La Battaja», così come lo possiamo riscontrare in antiche carte topografiche. Anche il nome quindi si ricollega alle tradizioni di laboriosità di Battaglia.

Battaglia, il canale Sottobattaglia (poi Vigenzone) e il porto in una foto che risale agli inizi del '900.

La foto, risalente agli inizi del ‘900, mostra il porto di Battaglia. In fondo, l’Arco di Mezzo, attraverso cui le acque dei canali Battaglia e Bisatto si riversano nel canale Sottobattaglia (poi Vigenzone). A sinistra, il mulino della Società Veneta di Macinazione, già dei Quattro; a destra, i fabbricati che ospitavano il mulino dei Sei e la cartiera.

(Foto Fiorentini)

L’intento di queste brevi note è appunto quello di ricostruire l’origine e l’evolversi di quel primo agglomerato artigianale che pare essere nato con Battaglia e che a Battaglia ha rappresentato col suo sviluppo a livello industriale la fonte di maggior sostentamento e benessere.
Già sotto i Carraresi Padova aveva costruito nel 1189 il canale di Battaglia per collegare il Bacchiglione con il Frassine attraverso Monselice, Este ed il canale Bisatto, come abbiamo già detto. A Battaglia questo nuovo canale sovrappassava il canale di Sotto Battaglia o Vigenzone che ricevendo in cascata le acque del Bacchiglione superiore, le riconduceva a Pontelongo, al Bacchiglione inferiore ed al mare. Fra i due canali a Battaglia sussisteva un dislivello di metri 7,50 (per il quale furono poi costruite conche di navigazione) il quale rendeva disponibile una continua forza motrice.

Battaglia e la sua arteria fuviale in una carta del 1860 circa.

L’immagine, ricavata da una carta della provincia di Venezia (Vallardi, 1860 circa), mostra la particolare posizione di Battaglia. Il paese si trova alla confluenza di tre canali: il canale Battaglia proveniente da Padova, il Bisatto proveniente  da Monselice  e il Vigenzone, che incontrandosi con altre acque consente di arrivare sino al mare.

Di F. Naymiller (Beinecke Rare Book & Manuscript Library) [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

È probabile che già da allora questa forza venisse utilizzata per muovere ruote e macchinari ma, come era intrinseco della vita feudale, l’uso ed il prodotto erano a vantaggio esclusivo dei bisogni del signore intendendosi la bottega artigiana solo come servizio limitato al feudo senza alcuno scopo commerciale.

Risulterebbe comunque che Battaglia già nel 1232, a cura della Repubblica Padovana era divenuta sede di importanti molini, potenziati nel 1236 dal Principe Marsilio da Carrara; e che nel 1339 vi era sorta una cartiera, costruita da Pace da Fabriano il quale vi fece trasferire operai specializzati per farla funzionare. Questa cartiera durò anche durante la Repubblica Veneta e godeva di privilegi speciali abrogati solo nel 1765.
Si hanno pure notizie della costruzione di una sega e mole nell’anno 1343, ma non ci risulta nulla di certo e documentato. Le prime notizie certe e documentate di una attività artigiana commerciale di Battaglia, stante ormai l’amministrazione veneziana, si trovano quindi in un atto di donazione fatto dal Consiglio dei «Dieci Savi» nel 1514 ai nobiluomini ser Francesco e ser Gerolamo da Pesaro di «una Siega ed altri edifici da Guar» [«guar», «agguar», «agguzzar» = affilare].
Doni di questo genere venivano fatti dalla Serenissima a persone che avevano guadagnato grandi meriti in imprese belliche o commerciali. In questo caso, appunto, è probabile che ai due nobiluomini pesaresi fosse fatta donazione, non accompagnata da alcuna proprietà terriera, delle botteghe artigiane preesistenti in Battaglia, per l’abilità commerciale dimostrata al servizio di Venezia. Con la famiglia da Pesaro la fortuna di questo primo artigianato battagliese non ebbe certo comunque molto vigore. Sembra infatti che i da Pesaro non avessero particolare cura di questi beni. Un loro discendente per parte di madre, N.H. ser Gerolamo Ruzzini, provvide nel 1655, previo accertamento del suo diritto delle proprietà da parte «dei Signori Provveditori alli Beni Inculti», a vendere le botteghe ad un certo Anzolo Bassan (o da Bassano), e nell’atto di vendita risulta chiaro che non vi era stato certo un particolare sviluppo.

E’ da considerarsi assai significativo nella storia di Battaglia questo trapasso degli opifici dal N.H. Ruzzini al «Domino» Bassan. L’avvento di un piccolo artigiano che lavorava in proprio garantiva lo sviluppo e la valorizzazione di quelle attività che fino ad allora erano rimaste legate alla loro natura di privilegi feudali.
L’operosità del Bassan si rese subito manifesta ed è del 1658 la sua supplica per l’autorizzazione alla costruzione di un edificio da «Maggio da fero».
I provveditori a beni inculti mandarono due periti che, esaminata la situazione, fecero separate relazioni. La lettura di tali perizie risulta tutt’oggi molto interessante. Infatti il metro di giudizio che ne risulta appare legato al desiderio, non solo di incoraggiare il nascente artigianato, ma anche di salvaguardare l’ambiente ed i diritti degli altri abitanti del borgo.
I periti considerando che non vi era necessità di allargare la bocca di caduta dell’acqua, essendo questa sufficiente a muovere un maglio oltre che la sega e le ruote d’agguar preesistenti e che non vi era nocumento alcuno ai diritti dei vicini, consigliavano di dare esito favorevole alla supplica; il che fu fatto previo pagamento alla pubblica cassa di cinquanta ducati. E’ interessante vedere la piantina disegnata dai due periti, Alvise Scola ed Antonio Menorelli, risalente ancora all’atto di vendita da Ruzzini a Bassan e che allegata alla perizia del 1658 serve a meglio chiarire agli illustri provveditori il campo di giudizio.
La piccola bottega feudale si era ora quindi allargata ad un opificio adatto a varie attività. Il naturale salto dell’acqua muoveva tutti i macchinari per il funzionamento della sega, delle mole e, ultimo, il maglio. Non era ancora una gran cosa, come si può rilevare dalla Supplica del Bassan per ottenere l’autorizzazione ad aggiungere il maglio.
Era appena sufficiente al decoroso mantenimento di una famiglia ma era già un piccolo concentramento di attività artigiane. E’ il segno rivelatore di una tradizione antica che fa di Battaglia un paese con vocazione industriale.

Ma i tempi storici non erano ancora favorevoli da far sì che un piccolo artigiano potesse vivere tranquillo e prosperare. Le guerra sempre ricorrenti, le pestilenze, il declino sempre più avvertito della fortuna della Serenissima, creavano squilibri economici non sopportabili da chi non disponesse di cospicui beni alle spalle.
Fu così che Anzolo Bassan non riuscì più a far fronte ai propri impegni.
Nel 1670 dovette vendere al suo creditore N.H. Michiel Bernardo l’edificio del Maglio da Ferro.
Nel 1671 la Camera Fiscale di Padova confiscò al povero Bassan anche la Siega e le Ruote d’agguar per mancato pagamento delle decime dovute.
La vendita all’incanto di queste sue ultime proprietà vide ancora aggiudicatorio il N.H. Michiel Bernardo che riunì così sotto di sé tutti gli opifici mossi dal salto d’acqua.
La famiglia Bernardo doveva essere di origine e censo assai elevati considerando il complicato giro di parentele importanti che dal 1671 al 1818 si alternarono al possesso di beni acquisiti. I Bernardo, i Balbi, i Collalto Loredan, i Mazzoleni Camarata si sostituirono in un giro intricato di parentele alla gestione degli opifici comprendendoli in un ampio giro di proprietà immobiliari in cui si confondono.
Inizialmente finché rimase una discendenza diretta maschile alla famiglia Bernardo con il N.H. Ezio Bernardo ed il fratello Gerolamo le fortune sembravano proseguire con notevole vigore.
Nel 1726 la N.D. Rosa Balbi, vedova di Ezio Bernardo, chiese al provveditore ai beni inculti la riconferma e la vultura delle concessioni per usufruire del salto d’acqua; qualche anno dopo si provvide a migliorare ed allargare la bocca di caduta dell’acqua.
Successivamente con la fine del ramo diretto dei Bernardo l’interesse per questa proprietà in Battaglia sembrò scemare.

La fine del 1700 fu un periodo di grandi sconvolgimenti, la scena storica cambiò sotto la spinta inarrestabile della rivoluzione francese che causò un terremoto in tutta Europa.
Cominciava a brillare ora la stella di Napoleone e questa stella fu purtroppo infausta per la gloriosa Repubblica di Venezia.
Il 17 ottobre 1797 il trattato di Campoformio pose fine ai tanti secoli di storia della Serenissima, che passava sotto il dominio austriaco. Il Leone di San Marco finiva di sventolare sulle province così saggiamente amministrate.
Nell’ottobre del 1798 le N.D. Giuliana contessa di Collalto Loredan e Bianca di Collalto Camarata de Mazzoleni, ultime eredi Bernardo, ritennero opportuno, data l’incertezza del momento, confermare con atto pubblico la proprietà «dell’Edificio da Battiferro posto in Villa della Battaglia Distretto di Conselve unitamente ad una Sega e mole d’agguzzar ferri mosse dall’acqua della Brenta».

Ma anche la bufera napoleonica finì a Waterloo e la pace tornò in una Europa alfine tranquilla mentre il Veneto venne a trovarsi sotto il dominio austriaco.
Gli eredi del fu N.H. Michiel Bernardo erano allora sparsi per l’Italia e non sembravano aver più molto interesse per le proprietà lontane.
Nell’ottobre del 1818 infatti il N.H. Pacifico dei conti Camarata Mazzoleni Bernardo erede e procuratore della famiglia Bernardo, domiciliato ad Ancona nello Stato Pontificio cedette «in nome di Sua Sacra Apostolica Imperiale Maestà Francesco I» numerosi beni siti nella provincia di Padova ad un certo signor Agostino Meneghini possidente e commerciante padovano. Tra questi beni gli opifici di Battaglia allora comprendenti anche un magazzino.
Non si può sapere esattamente quanto fosse il prezzo pattuito, poiché si conosce solo il totale di L. 42.500 riguardante anche altre proprietà terriere a Volta Barozzo, Vigodarzere, Bovolenta, Castelnuovo sotto Teolo, San Pietro Montagnon, ma si può presumere che l’importo fosse approssimativamente di L. 15.000.

Copia del rogito che attesta la cessione di numerosi beni degli eredi Bernardo al possidente Agostino Meneghini.

La copia dell’atto notarile (rogito) in data 19 ottobre 1818 che attesta la cessione di numerosi beni siti nella provincia di Padova da parte dell’erede e procuratore della famiglia Bernardo al possidente e commerciante padovano Agostino Meneghini.

Immagine tratta da: PIZZOLON Arrigo (a cura di), La Nuova Magrini Galileo di Battaglia Terme, Padova, La Garangola, 2002, pag. 13.

La proprietà risultava piena di servitù e livelli oltre a non essere più in ottime condizioni di manutenzione.
Infatti fra i primi atti del Meneghini vi fu l’opera di sistemazione e riattamento della bocca di caduta dell’acqua.
Nel 1828 il Meneghini riuscì a liberare la proprietà di Battaglia da ogni servitù o livello, riscattati dal N.H. veneziano Marcantonio Secondo detto Pietro Priuli.

Agostino Meneghini commerciante e possidente di rendite certamente assai cospicue fu un personaggio significativo nella storia di Battaglia.
Le sue proprietà erano molto estese comprendendo solo nei comuni di Battaglia, Pernumia, Galzignano, Monselice più di mille campi padovani.
Inoltre il Meneghini risultava proprietario degli stabilimenti Termali che rese migliori perfezionandone i servizi, aumentandone la fama e richiamando una numerosa clientela fra cui figurava anche un Arciduca d’Austria.
Per quanto riguarda gli opifici, che abbiamo seguito dal nascere lungo il loro sviluppo, ebbero sotto l’abile gestione del Meneghini un ulteriore ampliamento di attività.
All’antica concessione per Ruote da guar e Sega cui era seguito un Maglio da Ferro si aggiunsero ora un mulino da macina a sei ruote, un opificio da Pilla per Riso e una Macina da Olio. Il salto naturale dell’acqua era ancora alla base della fortuna di Battaglia come unica fonte di energia disponibile.
Il giro d’affari del Meneghini diventava quindi sempre più vasto, anche se qualche nube si avvicinava.
Nel 1844 qualche difficoltà economica lo convinse a cedere le proprietà site in Battaglia, Pernumia, Galzignano e Monselice alla contessa Maria Wimpfen nata baronessa Exkeles, donna che alla nobiltà della casata univa ricchezza e cultura. Essa si stabilì nella villa sul colle di Battaglia (attuale villa Emo Capodilista) e coadiuvata dal proprio amministratore Marco Sanfermo iniziò un’opera di miglioramento ed abbellimento delle sue proprietà.