Recupero delle vie d’acqua padovane

Il recupero delle vie d’acqua del territorio padovano, ricco di un anello fluvio-lagunare di 135 Km, con la descrizione degli itinerari fluviali tra Padova, Colli Euganei, Chioggia e Venezia.

DAI MONTI ALLA LAGUNA IN BARCA

PIER GIOVANNI ZANETTI

Una nuova attenzione per i problemi dell’ambiente va sempre più rivalutando le funzioni dei corsi d’acqua. Il territorio padovano ricco di un anello fluvio-lagunare di 135 Km, qui ricordato nei tratti più interessanti, attende una sistemazione e una rivalutazione, anche in prospettiva turistica.

Chi l’avrebbe mai detto che nel torno di poco tempo potessero sorgere a Padova ben quattro imprese di trasporto turistico fluviale, oltre alla New Siamic Express che gestisce il servizio di linea Burchiello? Sino a pochi anni fa la navigazione nei nostri canali sembrava non avesse più prospettive, ora, invece, scommettere sul futuro turistico delle vie d’acqua padovane non è più da considerare un fatto di pochi appassionati, ma un evento economico che fa ben sperare.
I profondi legami tra il territorio e il sistema delle arterie fluviali, che la cartografia storica documenta, sono stati allentati, quando non totalmente recisi, da una serie di cambiamenti che, soprattutto negli anni ‘50-“70 del ‘900, hanno brutalmente trasformato il volto di Padova facendole perdere quasi del tutto gli originari connotati di “città d’acque”. Questo è avvenuto, sia pure in misura minore, anche in provincia al punto di chiedersi se abbia ancora senso questa espressione per i suoi abitanti e i suoi visitatori, o se possa riacquistarlo nel prossimo futuro. Il fatto che generalmente non siano più compresi i significati di termini un tempo usuali, quali maresàna, brìcola, squero, cavàna, sabionàro, cavalànte, peòta, bùrcio, butà, vaso, sàndolo e così via, ci dà la misura del profondo distacco che si è creato con la cultura fluviale.

Vie di acqua della città di Padova.

Nodo fluviale di Padova.

A seguito dapprima del superamento dell’energia idrica per muovere le ruote di mulini, magli ed altri opifici, poi dell’abbandono del trasporto su barca e della riduzione delle attività sportive sull’acqua, si è formata l’idea che i fiumi e i canali possano provocare solo danni, attraverso l’inquinamento e le brentàne (piene). Molti corsi d’acqua per decenni sono stati ridotti a vie senza traffico e valore, trasformati spesso in collettori fognari, in discariche o sono stati considerati semplicemente degli ostacoli all’espansione urbanistica e al traffico stradale, superabili attraverso le strozzature dei ponti. Ciò si è verificato nonostante si sia potuto constatare che voltare le spalle ai fiumi significa la rimozione di tradizioni nonché l’alterazione di equilibri secolari di rapporto e convivenza con le acque, con il risultato disastroso in termini ambientali che tutti conosciamo.
Alla negatività di queste constatazioni si contrappongono diversi e significativi segni di un’inversione di tendenza emersa negli ultimi anni attraverso una presa di coscienza che, mossa all’inizio da associazioni culturali, remiere ed ambientaliste, sembra maturare finalmente anche nelle amministrazioni pubbliche. Importante è non limitare, come purtroppo molti piani urbanistici tuttora fanno, l’opzione culturale al solo recupero di tipo estetico con la sistemazione del verde, delle strade arginali o alzaie e di tutto ciò che fa da cornice all’acqua trasformandola in mero ‘ornamento’, ma anche recuperare la fruibilità dell’acqua stessa per il turismo, lo sport e il tempo libero in genere, in altre parole la sua funzione ‘produttiva’. Rivalutare il ruolo ecologico, paesistico e culturale del sistema acque ovviamente risulta difficile se non se ne considerano compiutamente le implicazioni economiche, idrauliche e idrogeologiche, riportando queste problematiche ad assumere quella centralità che avevano giustamente in passato.
L’idea è di attrezzare e di rendere agevolmente percorribile con barche l’anello fluvio-lagunare, lungo circa 133 km, che collega Padova, i Colli Euganei, Chioggia e Venezia, attraverso i canali Piovego, San Gregorio, Scaricatore, Battaglia, Vigenzone, Cagnola, Pontelongo, il Naviglio Brenta e la laguna, dalla conca di Brondolo a Fusina. Una parte di questo percorso, e in particolare quella in provincia di Venezia (riviera del Brenta e laguna), è già intensamente utilizzata con natanti di vario tipo ed uso, mentre quella padovana dev’essere generalmente sistemata ed attrezzata sia in acqua che a terra e su questa è importante incentrare la nostra attenzione. Oltre all’anello sopra descritto, a sua volta collegato ad una rete più ampia di vie d’acqua interne, come la “Litoranea Veneta” che va da Monfalcone a Brondolo e da lì – attraverso il canale di Valle – sino al Po e alla media Valle Padana, l’ipotesi progettuale prevede la sistemazione di una serie di diramazioni in territorio padovano di indubbio valore storico, idraulico, paesaggistico e naturalistico, allo scopo di richiamare nell’entroterra parte del flusso turistico-nautico e sportivo che gravita attomo a Venezia e la sua laguna.

Vie di acqua tra i Colli Euganei e la laguna di Venezia.

Anello fluvio-lagunare Padova – Colli Euganei – Chioggia – Venezia e sue diramazioni.

Si tratta per questo di sistemare il fiume Bacchiglione, ora percorribile con imbarcazioni da Padova-Bassanello a Creola-Saccolongo attraverso Tencarola e Selvazzano Dentro, percorso che con alcuni lavori, sarebbe prolungabile fino a Vicenza. Infatti sino a tutto l’800 su questa via d’acqua veniva fluitato il legname e venivano trasportate sabbia e, soprattutto, pietra di Nanto e di Costozza. Il tragitto, oltre ad offrire interessanti aspetti naturalistici, come le numerose e serrate anse, le ampie maresàne, la flora e la fauna tipicamente ripariale, permetterebbe il raggiungimento di manufatti d’interesse storico-architettonico-idraulico, come la piccola conca e lo sbarramento idraulico a Debba, gli ex mulini e la conca a Colzè, il castello di Montegalda, i piccoli musei di Santa Maria di Veggiano e di Cervarese Santa Croce, il castello di San Marino, ora sede del Museo del Bacchiglione, la villa di Montecchia, la pieve di San Michele a Selvazzano Dentro e l’ex squero Nicoletti a Bassanello-Padova.
Altra area di notevole vocazione turistica è la riviera Euganea del canale Battaglia da Bassanello a Battaglia Terme, prolungabile a Monselice ed Este lungo il canale Bisatto e persino, con barche di modeste dimensioni, a Vo’ Vecchio. Si tratta della diramazione del Bacchiglione a sud dei Colli Euganei scavata tra il XII e il XIII secolo per motivi strategico-militari e in particolare per il trasporto della scaja e della trachite, largamente utilizzata nella costruzione di selciati veneziani e padovani e nelle difese marittime e fluviali. Lungo il percorso, che costituiva una sorta di “superstrada” di collegamento tra i monti e la città di Padova, s’incontrano la villa Molin a ponte della Cagna Mandria-Padova, gli ex mulini e i resti della teleferica della cava Bonetti a Mezzavia, l’imponente castello Catajo, la vicina Botte del Pigozzo (pontecanale), l’Arco di Mezzo e la villa Selvatico a Battaglia Terme, il giardino all’italiana di villa Emo a Rivella, il porto e la villa palladiana Pisani a Monselice, la villa Buzzaccarini a Marendole, il porto e la torre di Porta Vecchia ad Este, la Cava Bomba, ora museo geologico dei Colli Euganei, ed infine lo scalo di Vo’ Vecchio.
Un altro tratto di fiume interessante per la navigazione è il Brenta da Stra a Limena, sulle cui acque si specchiano gli abitati di Ponte di Brenta, Busa di Vigonza, Torre, Cadoneghe, Meianiga, Pontevigodarzere, Altichiero, Vigodarzere, Limena e Saletto. Oltre ai borghi abitati siti uno di fronte all’altro nelle rispettive rive e oltre ai loro inconfondibili campanili che dalla barca si vedono svettare sopra i possenti argini descritti da Dante Alighieri nella Divina Commedia, s’incontrano la Certosa di Vigodarzere, incastonata in un’ampia ansa del fiume, la chiesa parrocchiale e l’oratorio Gaudio di Torre, la grandiosa villa Pisani di Stra.
Altrettanto suggestivo è il canale Piovego, da Stra a Porte Contarine, fiancheggiato dalla villa seicentesca Giovanelli a Noventa Padovana. Arrivato alla golena San Massimo, a Padova, corre sul solco della vecchia fossa difensiva che lambisce le mura veneziane. Superati l’imponente bastione Castelnuovo, l’ex deposito di sabbia e ghiaia Finesso (archeologia industriale), il vecchio porto di Portello con la bella Porta Ognissanti e la scalinata da poco restaurata, giunge al ponte del Corso del Popolo e alla conca di Porte Contarine, ora raggiungibile in barca grazie al riscavo dell’ultimo tratto del Naviglio Interno, con la vicina Cappella degli Scrovegni e il museo mineralogico dell’Università. Il percorso sarebbe prolungabile, mediante alcuni importanti lavori per rendere navigabile il Tronco Maestro (conca a Ponte S. Agostino e modifiche ai ponti Saracinesca) sino a Ponte dei Cavalli a Bassanello attraverso il cuore medievale della città, vale a dire i ponti Molino, San Leonardo, Tadi, San Giovanni e Specola. Questo canale, che potrebbe sostituire il Naviglio Interno, ora in gran parte interrato, consentirebbe l’effettuazione della circumnavigazione della città ed anche una breve deviazione, con piccole barche, sul primo tratto del Naviglio Interno rimasto scoperto, dal ponte della Specola a ponte San Gregorio.
Penalizzati dalla cronica carenza d’acqua sono i canali Vigenzone, Cagnola e Pontelongo (il basso Bacchiglione), da Battaglia Terme a Chioggia, che costituiscono la così detta via brevis tra i monti e il mare. L’itinerario inizia con il passaggio della conca di navigazione di Battaglia, vero gioiello dell’ingegneria idraulica del primo ’900, recentemente restaurato (salto d’acqua sino a 7,4 m, porte vinciane che si muovono con la sola pressione dell’acqua senza ausilio di motori, cratere arditamente di calcestruzzo). Poco più a valle, nell’ex macello in borgo Ortazzo, sorge il Museo della Navigazione Fluviale che raccoglie, tra l’altro, imbarcazioni tipiche venete per il carico (bùrcio, gabàra, peàta, caorlìna, topo) e per diporto (mascaréta, gondola, saltafossi ed altri battelli) e anche un rimorchiatore di ferro. Scendendo ulteriormente il Vigenzone si sottopassa il ponte di Riva a Due Carrare, non molto lontano dalla chiesa di Santo Stefano che conserva la tomba di uno dei più noti esponenti dei Da Carrara, signori di Padova. Poi si incontrano il ponte e la villa Malipiero a Cagnola, a Bovolenta, la pontàra, vecchio borgo nel punto di confluenza del canale Roncajette con il canale Cagnola, e la chiesa parrocchiale con il suo campanile, dall’alto del quale il re Umberto I ebbe modo di constatare la vastità dell’inondazione del 1882. Giunti a Pontelongo, si notano la cortina di case rivierasche difese da alti argini rinforzati con muraglioni che fanno capo a villa Foscarini (sede municipale) e, più a valle, il canale-porto dello zuccherificio, la corte benedettina di Correzzola, le gastaldie benedettine e l’architettura rurale a Brenta d’Abbà, a Cà Bianca, dove vi è uno dei più cospicui impianti idrovori del Veneto, la vecchia conca a due vasi a Brondolo e, infine, Chioggia.
Oltre a queste vie d’acqua, tuttora ufficialmente classificate come navigabili, si potrebbe recuperare alla navigazione, sia pure con piccoli natanti, il canale Santa Chiara, nel cuore di Padova, dall’ex mulino Grendene (Ponte delle Torricelle) al giardino Treves {zona Ospedale), purtroppo non facilmente collegabile con la rete degli altri canali per i tombinamenti effettuati. Arriva nei pressi dell’Orto botanico, uno dei più antichi d’Europa, poi del vecchio porto dei frati di Sant’Antonio e termina nel suggestivo giardino jappelliano Treves de’ Bonfili.
La sistemazione di questi tratti fluviali presenta vari problemi che riguardano il restauro e il ripristino di manufatti esistenti (es. conca di Colzè), la loro corretta gestione e la realizzazione di nuove opere. Riguardo all’esistente sì tratta perlopiù di garantire livelli d’acqua compatibili con le esigenze della navigazione, garanzia spesso messa a repentaglio per la quantità di enti competenti in materia d’acque e per il loro agire scoordinato. La situazione attuale è anche frutto di una pluridecennale carenza di manutenzione, con alvei spesso interrati ed ostruiti, sponde sconnesse, golene utilizzate come qualsiasi altro terreno agricolo, alzaie malandate e a volte anche occupate abusivamente e malamente usate per il traffico automobilistico, piccole discariche abusive, scarichi inquinanti, prelievi furtivi e/o eccessivi d’acqua per uso agricolo o industriale. Ad avere subìto i peggiori danni che li hanno resi inagibili sono, però, le conche (Colzè e Debba) e i ponti mobili (Monselice), mentre alcuni di questi costruiti a raso o modificati sui canali declassificati (Tronco Maestro), o edificati senza tenere conto della navigazione (Selvazzano), ostacolano il recupero della stessa.
Le nuove opere da realizzare consistono nella costruzione di una conca a Pontelongo, per rendere più facile la navigazione nel Vigenzone, a Ponte Sant’Agostino a Padova per consentire l’attraversamento della città in barca (o in alternativa sarebbe auspicabile riaprire il Naviglio Interno), e a Creola, per poter risalire il Bacchiglione almeno sino al Castello di San Martino di Cervarese Santa Croce. Inoltre, dovrebbero essere costruiti pontili e allestite piccole mostre sui temi legati all’acqua nei vari punti di interesse storico-idraulico-paesaggistico, installate opportune segnaletiche per natanti e mezzi terrestri, realizzate ‘stazioni di servizio turistico’ per informazioni, noleggio barche e biciclette, a Battaglia, a Bassanello e a Porte Contarine.
L’intento è quello di rivalutare gli aspetti positivi che dalle acque possono scaturire e di cancellare l’idea che da queste si possano avere solo pericoli. In tal modo si potrebbero utilizzare i fiumi e i canali per il soddisfacimento di bisogni non più legati al trasporto delle merci o all’energia idraulica, come è avvenuto in passato, bensì turistici, culturali e sportivi; si tratta in sostanza di fare in modo che le vie d’acqua tornino ad essere frequentate sia per scopi commerciali che per diporto. Così si dimostrerebbe che si può fare qualcosa di utile e valido dal punto di vista culturale, oltre che di economicamente vantaggiosi, conservando ed utilizzando, e non già abbandonando. come è stato fatto sin d’ora, risorse ed opere idrauliche ancora esistenti che per la loro realizzazione hanno comportato immani fatiche. Ci sono tutte le premesse perché la riscoperta e il riuso compatibile dei corsi d’acqua continuino per rispondere in modo adeguato alle nuove sensibilità ed attenzioni emerse negli ultimi anni. Le ricadute sono sufficientemente incentivanti sia sul piano della valorizzazione culturale sia su quelli espressamente economico-turistico e sportivo.
I corsi d’acqua sistemati e recuperati possono svolgere importanti funzioni urbanistico-territoriali per salvaguardare e valorizzare tutto il territorio direttamente legato o influenzato dai corsi d’acqua. Questi dovrebbero essere principalmente dei connettivi “via acqua” (navigazione turistico-commerciale e da diporto) e “via terra” (sommità arginali recuperate ad usi ciclopedonali e per l’ippica) e dei pretesti per una riorganizzazione territoriale ecocompatibile (parchi ed aree ad uso pubblico). Possono fungere da connettivo di aree verdi e di parchi regionali ed urbani con la valorizzazione della funzione che i fiumi e canali già svolgevano in passato come vie di collegamento di avamposti fortificati, ville e giardini. Tra le altre, si propongono connessioni navigabili tra i parchi regionali funzionanti, come quello dei Colli Euganei, o in corso di costituzione o di progetto, quelli del Brenta e del Bacchiglione, e i numerosi parchi urbani, come lsonzo lungo il Tronco Comune del Bacchiglione a Bassanello, Treves lungo il canale Santa Chiara a Padova, Sgaravatti lungo il canale Scaricatore a Voltabarozzo, Giusti del Giardino Lungo il canale Battaglia a Mandria, INPS lungo il canale Monselice a Battaglia, Roncajette lungo il canale San Gregorio, Giovanelli lungo il Canale Piovego a Noventa Padovana e Villa Pisani e Tron lungo il Naviglio Brenta, rispettivamente a Stra e a Dolo.

Il burcio “Nuova Maria", adibito a trasporto passeggeri, sul Canale Piovego, di fronte alla villa Giovanelli di Noventa Padovana.

Il burcio “Nuova Maria”, recuperato per il trasporto passeggeri dall’Associazione “Lo Squero”, sul Canale Piovego, di fronte alla villa palladiana Giovanelli di Noventa Padovana.

Ovviamente i corsi d’acqua possono soprattutto ridiventare vie navigabili. Scontata l’impossibilità di recuperare la rete di fiumi e canali per il trasporto delle merci pesanti, si ritiene fattibile il recupero della navigabilità per il turismo commerciale, per la cultura e il tempo libero, che diventerebbero così gli elementi più vitalizzanti oltre che per l’uso diretta in loco, anche per la riqualificazione delle aree circostanti, come del resto già da sempre è stato realizzato in altri paesi curopei, come Francia, Inghilterra ed Olanda. La possibilità di accedere dai diversi centri urbani ai grandi parchi, alle ville o ai complessi storico-naturali lungo canali o navigli, con adeguati e moderni natanti e soprattutto con imbarcazioni tradizionali venete, potrebbe offrire una moderna utilizzazione del trasporto di persone e dell’attività sportiva.
I manufatti idraulici possono ritornare a produrre energia come si è fatto sin dalle origini. Decaduta la convenienza a produrre energia meccanica verso la fine dell’800, si passò alla produzione di elettricità. Oggi, essendo anche evoluta e perfezionata la tecnologia delle turbine per piccoli salti d’acqua, la funzione viene ritenuta riproponibile sia nei sostegni a conca da realizzare ex novo (a ponte Sant’Agostino a Padova, a Pontelongo e a Creola) sia per quelli già esistenti come a Voltabarozzo (a Battaglia già questo viene fatto per iniziativa di una ditta privata).
Infine, le arterie fluviali possono svolgere funzioni irrigue, funzione che i corsi d’acqua non hanno mai cessato di svolgere. Si tratta di migliorare la qualità dell’acqua attraverso il disinquinamento e di razionalizzare la distribuzione e le tariffe.
La strategia proposta può dunque essere definita come quella di un recupero plurifunzionale, ottenuto attraverso un ripensamento e una riproposizione delle antiche funzioni, adattate agli usi e ai bisogni contemporanei. Il sinergismo dei diverti interventi settoriali dovrebbe poi suscitare, nel corso del recupero, nuovi spunti e nuovi pretesti progettuali ai diversi operatori e soggetti interessati.
Ma il recupero e la valorizzazione, oltre a puntare sull’incremento quantitativo, devono incentivare la qualità delle attività turistiche e sportive sull’acqua mettendone il più possibile in risalto le peculiarità. Si tratta in sostanza di favorire in tutti i modi l’uso di barche tipiche venete sia per il turismo commerciale sia per l’attività sportiva: devono essere preferiti natanti tradizionali di legno per il trasporto di persone come il bùrcio, la gabàra, la caorlìna, il batelón, la burcèla, la peàta e per l’attività sportiva la mascaréta, il sàndolo, la diesóna-dodesóna-disdotóna, la bissóna, la caorlìna da regata, la gondola, ed altri tipi meno noti come il saltafossi, il batèlo. Molte di queste sono ‘specie’ in estinzione, altre, come la padovàna, da tempo scomparse e ciò nonostante fossero in passato molto comuni sia nell’entroterra che in laguna. Occorre tutelare questi mezzi di trasporto perché anch’essi fanno parte del paesaggio e come tali devono essere salvaguardati alla stessa stregua degli edifici monumentali.
Allo stato attuale vengono riconosciute delle agevolazioni nel pagamento della tassa di proprietà (ex bollo di circolazione) soltanto alle automobili d’epoca, ma non ai natanti. La Regione Veneto, con la sua legge 16 gennaio 1996 n. 1, ha inteso tutelare le barche tradizionali della laguna, ma non quelle dell’entroterra, generando tra l’altro una discriminazione da noi più volte segnalata come culturalmente inaccettabile. La stessa Regione era intervenuta (L.R. 55/1987) per favorire le barche tradizionali del Lago di Garda, ma sempre con una visione particolare del problema.
L’intervento degli enti pubblici è assolutamente indispensabile se non altro per porre nelle medesime condizioni di competitività commerciale tra l’armatore di imbarcazioni di legno che deve sostenere gravi oneri per il mantenimento in efficienza del mezzo, peraltro solitamente più lento dei mezzi moderni, e quello di natanti di ferro o di vetroresina che richiedono minori esigenze in ordine alla manutenzione e alle persone d’equipaggio. Occorre perciò prevedere lo sgravio della tassa di proprietà su natanti tradizionali e della tassa di occupazione spazio acqueo, offrire inoltre contributi a fondo perduto per chi vuole costruire una barca tradizionale da squeraroli abilitati e altri contributi per chi provvede alla manutenzione ordinaria e straordinaria di natanti d’epoca.
Nel settore della pratica sportiva i giovani sono più attratti dalla voga all’inglese perché più veloce, generalmente più praticata a livello nazionale e riconosciuta come disciplina olimpionica. Se non fosse stato per l’impegno di alcuni anziani vogatori della Rari Nantes e della Canottieri che in qualche modo hanno continuato ad insegnare la voga alla veneta (stando in piedi, guardando avanti ed usando i remi anche come mezzo direzionale), questa pratica a Padova sarebbe da tempo scomparsa.
Per questo sono auspicabili maggiori finanziamenti alle varie società remiere per l’effettuazione di corsi di voga alla veneta. Per il servizio di noleggio con o senza conducente, sarebbe opportuno prevedere motivi di preferenza nella graduatoria di assegnazione delle autorizzazioni, in base alla L.R. 30 dicembre 1993 n.63, a chi dispone ed utilizza barche di legno tradizionali. Inoltre, si dovrebbero istituire divieti di circolazione a barche che provocano moto ondoso (es. gommoni) e imporre limiti molto bassi di velocità a barche motorizzate non tradizionali da diporto.
Sono passati esattamente cent’anni da quando fu nominata la speciale commissione ministeriale, presieduta dal deputato padovano Leone Romanin Jacur, per la situazione delle vie d’acqua che già a quel tempo stentavano a reggere la concorrenza delle ‘vie di ferro”.
Da allora sino ai primi decenni del secolo scorso di opere in favore della navigazione interna ne furono fatte parecchie. Ora questo immenso patrimonio di fatiche che abbiamo ereditato, dobbiamo conservarlo e metterlo possibilmente a frutto. La sistemazione dell’anello fluviale Padova-Battaglia-Chioggia-Venezia-Padova e delle sue varie diramazioni risponde a questa sentita esigenza.

 

NOTA

Le vie d’acqua sommariamente descritte sono state sperimentate, sin dal 1992, in itinerari guidati dall’associazione “Lo Squero” con il motoburcio “Nuova Maria” (lunghezza 20 m, larghezza 4,4, max 40 persone) e con il mototopo “Giorgio” (lunghezza 16,5 m, larghezza 3,2, max 40 persone), imbarcazioni tradizionali di legno ora gestiti da “Navigare con Noi” di Florio Fumani.

L’anello fluviale e le varie diramazioni, salvo diversa indicazione, sono percorribili con natanti a fondo piatto di lunghezza non superiore ai 28 m e di larghezza massima di 5,20 m, limiti imposti dalle dimensioni della conca di Moranzani sul Naviglio Brenta, la più piccola fra tutte quelle esistenti nei percorsi ipotizzati: le altre conche di superare sono a Battaglia Terme, Voltaharazzo-Padova, Noventa Padovana, Stra, Dolo, Mira e Brondolo-Chioggia.

Per ulteriori approfondimenti si vedano: AA.VV., Paderno d’Adda, storia di acqua e di uomini, Centro di iniziative culturali Habitat, Paderno d’Adda 1989; P.G. Zanetti – M. Roncada, Conche & Navigli, il sostegno a porte di Battaglia Terme e il recupero della navigazione tra Padova, Colli Euganei e Laguna di Venezia, Parco Regionale dei Colli Euganei, Padova 1999; Roberto Gambino, Padova città delle acque, in “Polis idee e cultura nella città”, 15 (IV), Padova; Il recupero paesistito dell’Adda di Leonardo. Progetto per la valorizzazione del paesaggio dei Navigli. Programma comunitario “Terra”, Regione Lombardia BUR 2.10.98; AA.VV., Il canale Navile, com’è e come potrebbe essere, anzi come sarà, a cura di P.L. Cervellati. G. Dallerba, C. Salomoni, Comune di Bologna Assessorato alla Programmazione, Bologna 1980 (rist.); T. Celona – G. Beltrame, I navigli milanesi, storia e prospettive future, Silvana Ed., Milano 1982; Silis, annali di civiltà dell’acqua, 1 (1999), Centro Internazionale della civiltà dell’acqua, Preganziol (Treviso).

 

Copertina della rivista: Padova e il suo territorio, n. 84.

Questo articolo è stato pubblicato nel numero 84 (aprile 2000) della Rivista di storia arte e cultura PADOVA e il suo territorio, alle pagine 9-13.

La foto di copertina è di Francesco Danesin.

Logo dell'Associazione LO SQUERO di Padova.

L’associazione Lo Squero è nata nel 1984 con finalità esclusivamente culturali. Promuove studi, ricerche, convegni, escursioni guidate ed ogni altra attività volta ad ampliare le conoscenze del territorio e a tutelare la sua salvaguardia. Particolare attenzione dedica alla cultura fluviale anche attraverso il recupero di imbarcazioni tradizionali venete.

Associazione LO SQUERO
Via Guizza 79 – 35125 Padova – Tel 049 8807422 – e-mail: [email protected]

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