Padova medievale, da libero Comune alla signoria dei Carraresi

Pietro d’Abano

La Basilica di Sant’Antonio fu danneggiata tre volte dal fuoco.
La prima volta nel 1394, perché colpita da un fulmine; la seconda, la notte del 30 novembre 1567, quando i campanili vennero illuminati per festeggiare l’elezione del doge Pietro Loredan, e caddero alcuni fuochi sui tetti che appiccarono l’incendio alle strutture in legno; la terza nel marzo del 1749 quando andarono distrutte le cupole del coro e del presbiterio, tutto il coro e le cantorie con i loro preziosi sedili elegantemente intarsiati.
Un personaggio illustre di quel tempo fu Pietro d’Abano, medico, filosofo, matematico ed astrologo, a cui è intitolato il nostro stabilimento termale.

Pietro d'Abano.

Pietro d’Abano, opera del pittore fiammingo Joos van Wassenhove, noto come Giusto di Gand (Gand, 1430 circa – 1480 circa).

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Figlio di un notaio, nacque nel 1250 ad Abano. Dopo i suoi studi viaggiò in Oriente, dove imparò la lingua greca; in seguito tenne la cattedra di medicina a Padova che, da allora, venne considerata tra le più rinomate d’Italia. Si applicò appassionatamente allo studio dell’astrologia, nella quale progredì talmente da essere considerato uno stregone ed un mago. Fu accusato di eresia e di ateismo, ma il Comune di Padova lo prese sotto la sua protezione. Morì nel 1316 a 66 anni. Sue sono  le teorie che ispirarono il piano iconografico del ciclo affrescato da Giotto nel salone del Palazzo della Ragione a Padova.

La Repubblica di Venezia e Marco Polo

Continuando a illustrare i fatti notevoli accaduti vicino a noi, tali da interferire con la storia socioeconomica del nostro paese, è d’obbligo parlare brevemente della Repubblica marinara di Venezia, che allora dominava i commerci con l’Oriente, grazie anche alla solidità del suo governo, retto da un numero ristretto di nobili e ricchi mercanti.

La Serenissima nel Mediterraneo orientale.

Rete commerciale e possedimenti della Serenissima nel Mediterraneo orientale.

-kayac- di Wikipedia in italiano [CC BY-SA 3.0], attraverso Wikimedia Commons con modifiche.

Alla fine del 1200 Venezia mostrava un aspetto tumultuoso e vario. Per tutta la giornata una folla di soldati, marinari, commessi, scaricatori di porto, barcaioli, mendicanti e mercanti popolava le calli, i “campi” e i “campielli” attorno al Rialto o a San Marco.
Qui convenivano affaristi da tutto il mondo che trovavano a loro disposizione i “banchieri da scritta”, dei cambiavalute, grazie ai quali, senza bisogno di denaro liquido ingombrante, con uno scritto e una firma potevano far passare somme di denaro dal conto del compratore a quello del venditore.
L’arte dei vetrai, quasi dimenticata durante le invasioni barbariche, si era riaffermata e veniva gelosamente custodita, pena la confisca dei beni a chi avesse fatto uscire dalla città materie prime, informazioni sulla tecnica di fabbricazione, o anche solo campioni di vetro in pezzi.

Gentile Bellini, Processione in Piazza San Marco, 1496.

Gentile Bellini, Processione in Piazza San Marco, 1496. La tempera su tela di notevoli dimensioni (373×745 cm) è conservata nelle Gallerie dell’Accademia a Venezia.

Gentile Bellini [Public domain], via Wikimedia Commons

Viaggi regolari si effettuavano per la Romania, per Costantinopoli e per Cipro con non meno di otto navi che viaggiavano in convoglio, e talora si arrivava fino a venti, cariche di tessuti pregiati all’andata e di spezie, medicinali, materie colorate, pietre preziose e seta greggia, al ritorno.
Nell’Arsenale si costruivano navi da guerra e negli “squeri” o piccoli cantieri, barche di qualsiasi tipo.
Nel 1275 il mercante veneziano Marco Polo arriva a Cambaluc (l’attuale Pechino) e racconta in uno straordinario libro di viaggi, “Il Milione“, la sua incredibile avventura.

Il palazzo del Gran Khan.

Il palazzo del Gran Khan. L’illustrazione si trova nel libro The story of Marco PoloNew York, The Century co., 1899. 

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Fra le altre meraviglie narra che in Cina gli scambi commerciali si fondavano sulla circolazione di biglietti “tutti neri”, di grandezza diversa a seconda del valore rappresentato. Erano le monete di nuovo tipo, non di metallo, ma fatte di una materia ricavata dalla scorza del gelso e ancora sconosciuta all’Occidente, la “carta”.

Dai Comuni alle Signorie

Ma, intanto, che cosa succedeva nell’Italia divisa in un centinaio di stati e staterelli?
Nessun Comune aveva confini che coincidevano con le mura del centro urbano. I cittadini avevano conquistato le terre intorno e la campagna dove un tempo si alzava il castello del feudatario; questo fatto metteva inevitabilmente in contrasto fra loro i Comuni confinanti e all’interno delle singole città si assisteva al sorgere di lotte tra le classi sociali e tra gruppi di persone che parteggiavano per una o più famiglie importanti. La vittoria di una parte significava morte, esilio, case distrutte, beni confiscati per gli avversari sconfitti.
Ed è proprio in questo clima che finiva spesso per riaffermarsi un “Signore”, e cioè un uomo energico ed astuto, capo della fazione vincitrice, il quale riusciva a prendere in mano stabilmente il potere e, in seguito, a trasmetterlo in eredità ai propri discendenti.
Il Signore era un borghese arricchitosi con il commercio o con l’attività bancaria; più spesso era un aristocratico di origine feudale.

La signoria dei Carraresi

Le vie per giungere alla Signoria erano molto diverse.
A volte un aristocratico, forte del malcontento del popolo, con promesse “elettorali” si metteva alla sua testa, affermando il proprio potere nei confronti dei ricchi borghesi; ci fu chi approfittò di una nomina di podestà, altri divennero Signori dopo aver esercitato qualche incarico nel Comune.
In genere essi volevano dare a tutti l’impressione di essere dei pacificatori e degli arbitri imparziali delle lotte tra le parti, ma, in realtà, la Signoria quasi sempre si manteneva al potere in virtù di alleanze tra la nobiltà cittadina e i ricchi mercanti, ai danni del popolo minuto.
A Verona divenne Signore Cangrande della Scala che, di conquista in conquista, arrivò quasi alle porte di Padova, per cui i Padovani, impauriti, decisero di eleggere un solo Capo al quale affidare la sicurezza della città.

Statua equestre di Cangrande della Scala, l'esponente più noto della Signoria di Verona.

La statua equestre marmorea di Cangrande della Scala. Si trova nel Museo di Castelvecchio di Verona.

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Fu così che il 24 luglio 1318 Jacopo da Carrara, membro di una delle famiglie più ricche e più illustri, venne eletto “Protettore e Governatore e Capitano e Signore generale di Padova e del popolo padovano”.
Iniziava la signoria dei Carraresi che durò fino al 1405, quando la Serenissima estese il proprio dominio nell’entroterra, giungendo fino a Brescia e al lago di Garda.

Cittadella, lo stemma dei Carraresi.

Il carro rosso, stemma della famiglia dei Carraresi che si trova in una delle torri di Cittadella (PD).

Di Alain Rouiller (Citadella 154) [CC BY-SA 2.0], attraverso Wikimedia Commons con modifiche.

Battaglia intanto cresceva e, nonostante il cambiamento di regime da Comune a Signoria, lo sfruttamento idrico non subiva interruzioni.
Il fatto nuovo è costituito dalla nascita dell’industria cartaria, l’unica che era autorizzata alla produzione nel padovano.
Questa attività, che determinò a Battaglia uno sviluppo economico considerevole, viene ricordata per la prima volta nel 1339 durante la signoria di Ubertino da Carrara, che mette a disposizione dei maestri cartai i suoi mulini di Battaglia.

Chiesa degli Eremitani, tomba di Ubertino da Carrara.

La tomba di Ubertino da Carrara, opera di Andriolo de Santi. Si trova a Padova, nella Chiesa degli Eremitani.

Lucia Boaretto

Questo articolo è stato pubblicato nel numero di dicembre 1997 de “La Finestra”, periodico della Pro Loco di Battaglia Terme, con il titolo “Battaglia: la nostra storia tra ipotesi e realtà – 7a parte”.

Le immagini (tranne l’ultima) e le relative didascalie sono a cura di BATTAGLIATERMESTORIA.