Storia della legge speciale che ha salvato i Colli Euganei

Articolo del 17 maggio 1971

Superato anche l’ostacolo Misasi, il progetto di legge n. 2954 viene assegnato, in sede deliberante, il 20 febbraio, alla Commissione Pubblica Istruzione della Camera.
La controffensiva dei cavatori si fa sempre più rabbiosa e massiccia. Vengono mobilitati i vertici delle associazioni di categoria, come l’ANEPLA (Associazione Nazionale Estrattori e Produttori Lapidei e Affini), che fanno pressioni in particolare su ministri e parlamentari (e più d’uno si mostrerà decisamente favorevole alle loro tesi). Le manovre e le strumentalizzazioni più spinte ruotano attorno agli operai delle cave, i quali, nonostante le cautele di fondo delle Organizzazioni sindacali, vengono trascinati a proteste plateali. Così a metà marzo una valanga di telegrammi (alcune migliaia!) invade i vari ministeri.
La prima settimana di maggio è una settimana di fuoco, e non in senso metaforico, particolarmente a Monselice: scioperi, blocchi stradali e ferroviari, incendi, cortei e caroselli con camion e ruspe… Quasi una sollevazione.
Ma sull’altro fronte non ci si lascia intimorire. Ormai è stata messa in moto una articolatissima azione di sensibilizzazione: giornali locali e nazionali, radio e televisione si interessano quotidianamente del caso. Ogni parlamentare viene tenuto sotto… costante controllo: chi mostra cedimenti viene bersagliato sul piano locale e su quello nazionale. Non c’è mossa dei cavatori che non venga contestata con denunce agli amministratori, all’autorità giudiziaria, all’opinione pubblica.
Il 13 maggio, all’unanimità, sullo sfondo dei gravi tumulti di Monselice, la Commissione Pubblica Istruzione della Camera (presenti diversi parlamentari padovani) approva la proposta di legge speciale.
La parola passa ora al Senato. La sensazione è che qui l’ambiente sia decisamente meno favorevole alla legge. Ma si confida sul Presidente del Senato Fanfani perché almeno la legge venga assegnata alla Commissione Pubblica Istruzione (proprio Fanfani si era reso promotore in quei giorni di una delle prime iniziative ecologiche del parlamento: la nomina di una commissione di senatori per una indagine conoscitiva sullo stato dell’ambiente).
Inevitabile il ricorso a Monelli.

Colli Euganei, maggio 1971: una settimana di fuoco.
Colli Euganei: un passo in avanti. Articolo del 17 maggio 1971.

Articolo del 18 luglio 1971

Ma Fanfani, “dispettoso”, la legge la assegna alla Commissione Industria, certo quella più lontana, per formazione e mentalità dei componenti, dalle “romanticherie” degli ecologi.

Lettera del Presidente Fanfani del 20 luglio 1971.

Lettera del Presidente del Senato Fanfani all’on. Romanato del 20 luglio 1971.

La Commissione, tanto per cominciare, non ritiene di aver bisogno di un sopralluogo. E i Comitati portano a Roma, su suggerimento e con l’aiuto del padovano sen. De Marzi, una mostra sui disastri in atto, mostra che viene allestita proprio nella sede DC del Senato. Quasi tutti i senatori sono “costretti” a visitarla. Per più d’uno lo shock è notevole. Ma per altri gli argomenti dei cavatori, ormai mobilitati su tutti i fronti, sono più convincenti.
Così, tra difficoltà e ostruzionismi, la legge in Commissione Industria non va avanti. Bisogna accentuare le “pressioni” sui senatori.

Euganei: il "collicidio" continua. Articolo del 18 luglio 1971.

L'industria estrattiva all'assalto dei Colli.

L’industria estrattiva continua il suo assalto ai Colli.

Articolo del 14 novembre 1971

Seguono delle convulse giornate con epicentro a Roma e con tutti i protagonisti della vicenda in frenetica attività.
I cavatori giocano tutte le loro carte. Ma le loro pressioni sono bilanciate e sopraffatte in particolare da quelle dei Comitati: ogni senatore, della Commissione Industria è costretto a giocare a carte scoperte.
Il 27 luglio la Commissione Industria incontra una delegazione di rappresentanti del Consorzio Valorizzazione Colli Euganei, degli enti locali, delle associazioni sindacali, dei parlamentari padovani e naturalmente anche dei Comitati. Tra chi vuole la legge subito e chi vorrebbe ritardarne la approvazione viene raggiunto un compromesso: approvare la legge si, ma prorogando i termini previsti per la chiusura delle cave.
Il 29 luglio la legge viene approvata: secondo le modifiche concordate la chiusura delle cave di tra chi te viene ritardata al 31 marzo 1972, questo per consentire la predisposizione da parte di Governo, Regione e Provincia di misure atte ad attenuare gli effetti della chiusura sulla occupazione.
La legge, per le modifiche apportate, deve ritornare alla Camera. I giochi sembrerebbero fatti e la conclusione positiva vicina. In realtà la situazione diventa invece quanto mai incerta e pericolosa. Alle manovre dei padroni delle cave si aggiungono le iniziative dei lavoratori, facilmente strumentalizzabili per la comprensibile loro preoccupazione per il posto di lavoro. Ad esasperare queste preoccupazioni è la incertezza, anzi la incapacità dei vari organismi pubblici di avviare delle serie attività alternative: eppure le possibilità e le offerte non sarebbero mancate. Manifestazioni, scioperi, petizioni e appelli si succedono incessantemente.
Ma soprattutto si avvicina inesorabilmente, ormai data per scontata da tutti, la fine anticipata della legislatura: ai primi di dicembre si deve eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, poi, è certo, ci saranno la crisi del Governo e lo scioglimento delle Camere. Per chi non vuole la legge è questa l’insperata ancora di salvezza: riuscire a ritardare la messa in discussione della legge alla Commissione Istruzione della Camera può voler dire il suo sicuro, definitivo affossamento (chi avrebbe avuto infatti mai più la forza di riproporla partendo da zero?).
E questa, della chiusura anticipata delle Camere, diventa l’ancora di salvezza anche per tutti i parlamentari padovani: l’aria da clima elettorale fa loro perdere il coraggio per uno scontro frontale coi cavatori, ma anche coi gruppi di pressione a questi contrari. L’affossamento “naturale” della legge sembra il modo indolore per uscire dal dilemma: tutti allora fanno pressione, sia pure con modi diversi, sull’on. Romanato perché la legge non venga messa in discussione. Bastino, a testimonianza di questo clima, che l’on. Romanato definirà di “squagliamento totale”, i due eloquenti documenti originali che riportiamo.

 

Lo sforzo dei Comitati, di Italia Nostra e di quanti hanno a cuore la legge diventa straordinario su tutti i fronti. Una valanga di telegrammi viene fatta arrivare alla Commissione Istruzione. E non solo di cittadini e associazioni, ma di sindaci, imprenditori, scuole, uomini di cultura…
I parlamentari padovani vengono apertamente “diffidati” con volantini, comunicati sui giornali e altro, dall’insistere nel loro ostruzionismo.
Naturalmente viene nuovamente sollecitato, tra gli altri, l’intervento di Monelli. Che non manca: ed è il quinto articolo del 1971!
I “richiami” a qualche parlamentare padovano non sono certo casuali!

Nulla di fatto per gli Euganei. Articolo del 14 novembre 1971. Immagini del monte Ricco e della mobilitazione contro la legge.

Articolo del 26 maggio 1972

In un clima, potremmo dire, da ultima spiaggia, in cui ognuno gioca tutte le sue carte, si va inesorabilmente verso la fine della legislatura.
La parola decisiva spetta all’on. Giuseppe Romanato, presidente della Commissione Pubblica Istruzione: mettere o no in discussione il progetto di legge in una delle ormai ultime sedute disponibili? Dare ascolto a chi insiste per un rinvio (e su questa posizione, in modo scoperto o subdolo, sono allineati pressoché tutti i politici locali) o anteporre il problema della tutela dei Colli, caldeggiato dalla parte più sensibile dell’opinione pubblica?
L’on. Romanato sceglie coerentemente e coraggiosamente questa seconda alternativa.
Il 24 novembre, ultima seduta della Commissione, mette in discussione la legge: nessuno ha il coraggio di opporsi e per il tanto atteso provvedimento è l’approvazione definitiva!
I primi di dicembre le Camere sospendono i lavori (e li riprenderanno solo dopo le elezioni anticipate del 7 maggio 1972!).

Il 22 dicembre la legge viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale: è passato meno di un anno dalla sua presentazione alla Camera!

Fino al 31 marzo 1972 tutti possono comunque continuare a scavare. Dopo questa data oltre 30 cave dovranno cessare completamente l’attività; le altre potranno continuare solo dopo l’approvazione da parte del Soprintendente ai Monumenti di un dettagliato progetto di coltivazione.
Il ritmo dell’escavazione in questi mesi è impressionante in tutte le cave. Ma almeno, si pensa, dopo il 10 aprile…

E invece no! Anche dopo il 10 aprile l’attività in tante cave continua, come niente fosse cambiato. E questo a bella posta, lo si intuisce subito, proprio per provocare delle denunce all’autorità giudiziaria. Infatti le denunce arrivano, inevitabilmente.
I cavatori mettono allora in atto la loro ultima strategia: davanti ai giudici sostengono che la legge è incostituzionale. Per questo si affidano a difensori illustri (come Aldo Sandulli, ex presidente della stessa Corte Costituzionale) ma anche a personaggi discutibili (come l’avv. Girolamo Bellavista, del foro di Palermo, iscritto alla P 2!).
I giudici, e cioè i pretori di Este e di Monselice, danno loro ragione e rinviano la legge all’esame della Corte Costituzionale. In particolare la sentenza del giudice di Este, Leonida Gorlato, è estremamente dura contro la legge (la sentenza è riportata per esteso nel Quaderno n. 1).
Non si può certo ancora abbassare la guardia: tutto il lavoro svolto potrebbe venire vanificato. E neanche Monelli abbandona il campo: l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale deve restare concentrata sul caso dei Colli Euganei.

Colli Euganei senza pace. Articolo del 26 maggio 1972, prima parte. Colli Euganei senza pace. Articolo del 26 maggio 1972, seconda parte.

Articolo del 6 gennaio 1973

Anche se accusata di incostituzionalità la legge, in attesa della sentenza della Corte Costituzionale, resta operante a tutti gli effetti.
Ma i cavatori hanno accumulato nei piazzali di cava quantità enormi di materiale da smaltire: di proroga in proroga, per tutto il 1972 viene loro concesso di “far pulizia” di questo materiale. Più d’uno continua negli abusi e scava anche dai fronti.
Per le cave non di “trachite vile” comincia l’esame dei progetti: un lavoro che vede impegnati in particolare Consorzio Valorizzazione Colli Euganei e Soprintendenza ai Monumenti e che i Comitati seguono e “controllano” da vicino.
Entro il luglio 1972, nei termini previsti dalla legge, vengono esaminati tutti i progetti presentati. Alcuni vengono bocciati, altri approvati con varie limitazioni. Alcuni casi sollevano polemiche accesissime, come la cava Cucuzzola a Cinto Euganeo, ma soprattutto la cava che l’Italcementi vorrebbe aprire a Valle San Giorgio: un fronte pericolosissimo che, come già abbiamo accennato, l’Italcementi da anni cerca di sfondare. E questa volta l’azienda di Pesenti tra gli alleati trova, in modo fin troppo accondiscendente, vari politici regionali, nonché vari funzionari dell’ufficio cave sempre della Regione che dal 10 aprile 1972 esercita le funzioni amministrative in materia di attività estrattiva al posto dello Stato (brutto avvio, purtroppo, della attività della Regione, come tanti altri fatti in seguito confermeranno). In sostanza si vorrebbe far passare il progetto della cava di Valle San Giorgio, nonostante la cava non risultasse in attività al 10 ottobre 1970. Alla fine, ma dopo episodi di dura polemica, il progetto viene respinto.
L’attenzione di tutti è però rivolta in particolare alla Corte Costituzionale. Da parte dei difensori della legge si cerca di essere pronti per quando la Corte la esaminerà. Memoriali, materiale documentario e fotografico, ecc. vengono inviati ad ogni giudice. Ministero della Pubblica Istruzione e Consorzio Valorizzazione Colli Euganei si costituiscono parti civili.
Dopo vari falsi allarmi, finalmente viene dato per certo che il 10 gennaio ’73 la legge verrà discussa. Anche Monelli… è pronto! La terza pagina del Corriere ospita il suo ultimo appassionato articolo sui Colli.

Sorte incerta per i Colli Euganei. Articolo del 6 gennaio 1971. Il cementificio Zillo a Este. Sullo sfondo, il monte Cero.

I “fumacchi” del cementificio Zillo sotto il colle del Principe a Este; sullo sfondo l'”elegante piramide boscosa del monte Cero sgretolata dalle cave”.

Articolo di Paolo Barile del 1 marzo 1973

Il 18 gennaio la legge viene discussa dalla Corte. Il 22 febbraio, in un clima di ansiosa attesa, si conosce finalmente la sentenza: la legge è perfettamente costituzionale!
Si chiude un capitolo decisivo di questa battaglia di civiltà.

La vecchia parrocchiale di Galzignano e le pendici del monte Cimisella.

Contrastanti esempi di intervento dell’uomo: la vecchia parrocchiale di Galzignano e, sullo sfondo, le pendici del monte Cimisello.

“La sentenza della Corte Costituzionale sulla protezione dei Colli Euganei trascende la (pure importante) questione di specie, per assurgere ad autentica e consolidata “dottrina”, cioè ad un insegnamento destinato a valere per ogni caso simile: e, in Italia, i casi di distruzione dell’ambiente paesaggistico sono, come ognuno sa, deplorevolmente innumerevoli”: è il commento, sul Corriere, del costituzionalista Paolo Barile. Un commento che per la sua “attualità” val la pena di riportare per esteso.

L'ambiente maltrattato. Articolo dell'1 marzo 1973.La cava Cucuzzola, ai piedi del monte Rusta.

Ai piedi del monte Rusta, costellato di cave, il cratere ancora “modesto” della cava Cucuzzola.

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TESTO DELLA LEGGE 29 novembre 1971, n. 1097

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Storia della legge che ha salvato i Colli, copertina.

Gianni Sandon (a cura di), Storia della legge che ha salvato i colli, Battaglia Terme, Editrice La Galiverna, 1988, Colli Euganei Quaderni di documentazione 3.