Il parco e i giardini del Catajo

Percorso

La visita inizia dalla breve gradinata che, scendendo al parco, collega quest’ultimo all’ingresso del castello, al di là della strada che conduce al parcheggio lungo un filare di piante di robinia. Già dalla gradinata si possono notare i filari di vasi di agrumi disposti nella buona stagione lungo il viale trasversale del parco e conservati in periodo invernale in ambiente riscaldato. La coltivazione degli agrumi viene ricordata già nella descrizione del Berni del 1669; nel medesimo volume compare inoltre una veduta del castello dove numerosi vasi sono disposti a decorazione di muri e balaustre. Alcuni agrumi sono ancor oggi coltivati in antichi vasi.
Discesa la gradinata si percorre il viale principale, visibile nello scorcio del 1669 e citato nell’inventario del 1803 (Allies maggiore). Nei primi due riquadri, ubicati rispettivamente a destra e a sinistra del viale, dove nel XVII sec. erano le aiuole con le insegne e nel XVIII sec. il primo giardino Bottanico, si trovano le due imponenti magnolie (Magnolia grandiflora) identificabili, come già accennato, con quegli esemplari donati. assieme ad altre piante esotiche di recente importazione, dal Conte Farsetti a Tommaso Obizzi, sul finire del XVIII sec.; nel riquadro di destra inoltre si trovano una Thuja occidentalis e una Thuja orientalis, nel riquadro di sinistra un’altra Thuja orientalis.

Magnolia sempreverde (Magnolia grandiflora), illustrazione.

Magnolia sempreverde (Magnolia grandiflora)
Tuia occidentale o Cedro bianco (Thuja occidentalis), illustrazione.

Tuia occidentale o Cedro bianco (Thuja occidentalis)
Tuia orientale (Platycladus orientalis), illustrazione.

Tuia orientale (Platycladus orientalis)

Attribuzioni. Biodiversity Heritage Library, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons, con modifiche. | Millspaugh, Charles Frederick, Public domain, via Wikimedia Commons, con modifiche. | Philipp Franz von Siebold and Joseph Gerhard Zuccarini, Public domain, via Wikimedia Commons, con modifiche.

Nei due riquadri seguenti, occupati nel XVII sec. sempre dalle insegne in bosso, sono oggi visibili due fontane “rocaille”, due sofore pendule (Sophora japonica pendula) disposte simmetricamente lungo il bordo interno dei riquadri e inoltre ancora tuie occidentali e orientali a sinistra, un cefalotasso (Cephalotaxus), un tasso ( Taxus baccata) della varietà fastigiata e uno stupendo esemplare di albero del Mammut ( Sequoiadendron giganteum) a destra.

Sofora (Sophora japonica), illustrazione.

Sofora (Sophora japonica)
Cefalotasso (Cephalotaxus harringtonia).

Cefalotasso (Cephalotaxus harringtonia)
Tasso ( Taxus baccata), illustrazione.

Tasso ( Taxus baccata)
Albero del Mammut (Sequoiadendron giganteum).

Albero del Mammut (Sequoiadendron giganteum)

Attribuzioni. M.S. del., J.N.Fitch lith., Public domain, via Wikimedia Commons, con modifiche. | Via Wikimedia Commons, con modifiche. | Via Wikimedia Commons, con modifiche. | Jean-Pol GRANDMONT, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons, con modifiche.

Subito oltre i riquadri, proseguendo lungo il vialone, dove inizia la parte a bosco, si trovano un faggio (Fagus sylvatica) a destra, un carpino bianco ( Carpinus betulus), un cefalotasso, un bagolaro (Celtis australis) e un notevole esemplare di sequoia (Sequoia sempervirens) a sinistra. Sempre a sinistra, subito dopo una magnolia, un piccolo sentiero perpendicolare al vialone conduce ad una colonna, uno dei tanti arredi lapidei posti da Tommaso Obizzi ad abbellire il parco, oggi ridotti a sporadici resti. Proseguendo lungo il viale principale ci si addentra nella zona a bosco, costituita da ippocastani, bagolari, aceri ricci e carpini bianchi; il sottobosco è composto da arbusti di lauro ceraso (Prunus laurocerasus) e aucuba (Aucuba japonica), da rusco (Ruscus aculeatus) e da macchie di antiche siepi di bosso (Buxus sempervirens) che marcavano in passato i percorsi interni.

Faggio comune (Fagus sylvatica), illustrazione.

Faggio comune (Fagus sylvatica)
Carpino bianco (Carpinus betulus), illustrazione.

Carpino bianco (Carpinus betulus)
Bagolaro (Celtis australis), illustrazione.

Bagolaro (Celtis australis)
Sequoia (Sequoia sempervirens).

Sequoia (Sequoia sempervirens)
Acero riccio o platanoide (Acer platanoides), illustrazione.

Acero riccio o platanoide (Acer platanoides)
Lauroceraso (Prunus laurocerasus), illustrazione.

Lauroceraso (Prunus laurocerasus)
Aucuba (Aucuba japonica), illustrazione.

Aucuba (Aucuba japonica)
Rusco o pungitopo (Ruscus aculeatus), illustrazione.

Rusco o pungitopo (Ruscus aculeatus)
 

Attribuzioni. Carl Axel Magnus Lindman, Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | Carl Axel Magnus Lindman, Public domain, via Wikimedia Commons, con modifiche. | Via Wikimedia Commons, con modifiche. | Jason Hollinger, CC BY 2.0, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | User:Kilom691, CC BY-SA 3.0, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | Brandt, Wilhelm; Gürke, M.; Köhler, F. E.; Pabst, G.; Schellenberg, G.; Vogtherr, Max., Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | Abraham Jacobus Wendel, Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | Amédée Masclef, Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche.

A sinistra si nota un platano (Platanus acerifolia); sempre a sinistra si osservano ancora le ceppaie degli olmi abbattuti in seguito alla grafiosi e tra queste un esemplare di frassino (Fraxinus). Si arriva dunque alla montagnola con il cenotafio a Barbara Querini. A ridosso del monumento un tasso (Taxus baccata) a destra e un cefalotasso a sinistra. A delimitare la piazzetta sulla sinistra, un gelso bianco (Morus alba), un ippocastano (Aesculus hyppocastanum), un frassino, un carpino bianco e più oltre, quasi dietro la montagnola, una notevole farnia (Quercus robur); a destra del monumento un acero (Acer pseudoplatanus) e, quasi di fronte, un’altra farnia.

 Platano (Platanus acerifolia), illustrazione.

 Platano (Platanus acerifolia)
Frassino comune (Fraxinus excelsior), illustrazione.

Frassino comune (Fraxinus excelsior)
Gelso bianco (Morus alba), illustrazione.

Gelso bianco (Morus alba)
Ippocastano o castagno d'India (Aesculus hippocastanum), illustrazione.

Ippocastano o castagno d’India (Aesculus hippocastanum)
Farnia (Quercus robur), illustrazione. Farnia (Quercus robur) Acero di monte (Acer pseudoplatanus), illustrazione.

Acero di monte (Acer pseudoplatanus)

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Proseguendo verso destra, si arriva ad un viale che costeggia un fossato. Tale sentiero. fiancheggiato da una serie di tassi, da cui il nome “viale dei tassi”, conduce alla statua d’Ercole di cui precedentemente detto. Da qui ci si addentra verso destra nel bosco, lungo un sentiero delimitato da cespugli di aucuba, lauro ceraso, bosso e sambuco, fino ad arrivare alla peschiera. La sua superficie è punteggiata qua e là da ninfee bianche (Nymphaea alba) e nannufari (Nuphar lutea). Vi si specchiano a nord una siepe di bosso, a sud un salice ed una paulonia (Paulownia tomentosa), a est ed ovest due filari di magnolie.

Sambuco comune (Sambucus nigra), illustrazione.

Sambuco comune (Sambucus nigra)
Ninfea bianca (Nymphaea alba), illustrazione.

Ninfea bianca (Nymphaea alba)
Ninfea gialla o nannufero (Nuphar lutea), illustrazione.

Ninfea gialla o nannufero (Nuphar lutea)
Salice (Salix babylonica), illustrazione.

Salice (Salix babylonica)
Paulonia (Paulownia tomentosa), illustrazione.

Paulonia (Paulownia tomentosa)

Attribuzioni. Amédée Masclef, Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | Carl Axel Magnus Lindman, Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | Amédée Masclef, Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | Pierre-Joseph Redouté, Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | Orbigny, Charles Dessalines d’, Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche.

Il filare a ovest forma, assieme ad una serie di tuie e tassi, una bellissima galleria che delimita il parco dalla campagna circostante. Prima di percorrere questo viale verso il castello, si noti la notevole radura nel bosco a sud, proprio ai limiti con la campagna, unico ricordo di un campo da tennis di inizio secolo caduto in disuso.
Ritornati sul viale trasversale e oltrepassata la peschiera, si notano due piccoli prati rettangolari soprelevati: si tratta delle due peschiere minori citate nella descrizione del 1669, oggi interrate. Le due peschiere sono delimitate da due carpinate ottocentesche (alle quali se ne aggiunge una terza lungo il confine orientale del parco). Percorrendo il sentiero che corre tra le due peschiere, si giunge ad una zona ricamata con siepi di bosso. Oltrepassate le siepi si può osservare la vasca per il nuoto voluta dai Duchi di Modena e rimasta in funzione fino ad alcuni anni fa. Della originaria copertura, oggi scomparsa, rimane testimonianza solo in alcuni basamenti in pietra con foro quadrangolare che circondano la vasca. Vicino, una piccola costruzione in mattoni ha sostituito di recente un piccolo edificio in stile svizzero di cui rimangono oggi solo testimonianze fotografiche. Oltrepassata la vasca ovale, una piccola zona a prato conserva i resti di una fontana e di altri elementi decorativi in pietra. Di qui si può ritornare al viale trasversale lungo la carpinata a est delle peschiere, recentemente ripulita e pertanto percorribile. Si può a questo punto terminare la visita o ritornare nella zona a bosco e percorrere i vialetti interni rimasti esclusi da questo percorso.

Bibliografia essenziale:
manoscritti: TOMMASO OBIZZI, BCPD, Ms. autografi, 1109; TOMMASO OBIZZI, Lettere ad Antonio Farsetti, BCPD, Ms. autografi, 529 (cfr. in partic. lettere del: 15/12/1792, 22/03/1793, 05/09/1798, 22/12/1800); Inventario Obizzi 1803, 28 Giugno, BCPD, Ms B. P. 1386/IV, ff. 127-129; FRANCESCO IV D’AUSTRIA D’ESTE, BCPD, Ms. autografi 494 e 495;
testi a stampa: BETUSSI G., Ragionamento sopra il Chataio luogo dello illustre Sig. Pio Enea Obizzi, Padova 1573, pp. VIII-IX; BETUSSI G., Ragionamento sopra il Chataio luogo dello illustre Sig. Pio Enea Obizzi, con l’aggiunta del Co. Francesco Berni delle fabriche e altre delizie accresciutevi in 18 anni dal Marchese Pio Enea, Ferrara 1669, p. CLXXXII; “Treccani, Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti”, 1949, IX, p. 402; AZZI VISENTINI M., Il Catajo, Battaglia, in Il giardino Veneto dal tardo Medioevo al Novecento, Milano 1988, pp. 114-117; PASETTI MEDIN A., PIVA B., Feste e sovrani nei giardini del Catajo, in I giardini del “Principe”, IV Convegno internazionale, Parchi e giardini storici, parchi letterari, Cuneo 22-24 sett. 1994, pp. 91-98; BALDAN ZENONI-POLITEO G., Il giardino del Catajo a Battaglia Terme in Nei giardini del Veneto (a cura di M. Cunico e P. Giulini), Milano 1996, pp. 122-128.
Abbreviazioni: BCPD: Biblioteca Civica Padova;
f. / ff. : foglio/i; p. / pp.: pagina/e.

Architettura degli alberi

a cura di Lachanius

A chi entra in questo parco i grandi alberi offrono ristoro e introducono l’attento turista a riconoscere siti ideali per collocarvi storie romanzesche di epoche in cui non erano conosciuti i rapidi cambiamenti di ritmo e intensità odierni.
I due grandi platani (Platanus hybrida), posti all’ingresso, si ergono maestosi con il tronco diritto, scolpito da numerosi rigonfiamenti, impreziosito da una corteccia che si sfalda in grandi placche sottili. Poco oltre si ritrova una grande magnolia (Magnolia grandiflora), albero sempreverde, di notevoli dimensioni, a crescita lenta, dal tronco dritto e chioma conica, regolare e densa. Linneo le attribuì questo nome per ricordare Pierre Magnol, il direttore del Giardino botanico di Montpellier, morto nel 1745, che la scoprì, sulle montagne dell’America settentrionale. Proseguendo in questo itinerario, non poteva mancare un ricordo all’oriente con le tuie (Thuja orientalis e T. occidentalis) e la sofora (Shopora japonica), dalla chioma globosa, elegante e leggera, il tronco sinuoso e con complesse nodosità, avvolto da una corteccia liscia e scura nelle parti più giovani e poi impreziosito da screpolature verticali. Giunti a questo punto la prima raccomandazione sarà quella di non aver fretta, di andare senza meta e osservare tutto ciò che gli occhi incontreranno. Si potrà vedere così che anche l’America è rappresentata da alcuni grandi alberi appartenenti al genere Sequoia. Ad esempio il gigantesco albero del mammut (Sequoiadendron giganteum), che viene dai monti della California ove vive protetto e forma boschi di limitata estensione. Accade di incontrare alcuni alberi di casa nostra, il faggio (Fagus sylvatica), un albero che rinvia i ricordi a Virgilio e al latino studiato nei banchi del liceo (Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi… Titiro, tu sdraiato al riparo di un grande faggio), il carpino (Carpinus betulus), con il suo fusto scanalato, dalle screpolature a spirale, e poi il tasso (Taxus baccata), l’albero della morte, con il suo fusto dalla corteccia bruno-rossastra e la massa del fogliame lucido di un verde scuro, impreziosito, negli esemplari femminili, dagli arilli, i curiosi semi che diventano rossi in autunno. Infine muovendo dal percorso verde suggerito, lo sguardo si porta sull’arido rilievo del Monte Ceva, che sembra sfidare l’arte, in un progressivo, nitidissimo disegno naturale.

Gi alberi del parco principale del Catajo.
Il Castello del Catajo e i suoi Giardini, copertina.

Testo e immagini tratti da: Il Castello del Catajo e i suoi Giardini, Nuova edizione, Battaglia Terme, La Galiverna, 2016 – pagine 12-17.

Tutte le immagini, tranne la stampa da incisione di A. Bosio, e le relative didascalie sono a cura di Battagliatermestoria.
Dal momento che la figura indicata nella pubblicazione non è invece presente, sono stati tolti tutti i riferimenti, anche numerici, ad essa collegati.