Il parco e i giardini del Catajo

Storia del “giardino delle delizie”, parco principale del Castello del Catajo, e descrizione degli esemplari botanici in esso contenuti.

I giardini del Catajo

di Piergiovanna Grossi

* Vengono presentate nelle seguenti pagine solo alcune delle numerose informazioni che ancora racchiudono i giardini del Catajo. Ci si augura tuttavia che queste poche righe possano diventare una traccia per uno studio più approfondito e per un recupero di quel patrimonio storico e botanico che questo complesso rappresenta. Un ringraziamento al dott G. Cassina dell’Orto Botanico di Padova e alla dott.ssa M. Dalla Francesca per la gentile disponibilità e per le preziose informazioni fornitemi.

Il Catajo deve la sua bellezza e la sua evidenza storico-artistica non solo alla maestosità dell’edificio e ai notevoli affreschi che lo decorano, ma anche all’insieme di strutturazioni architettoniche degli esterni, ai giardini e ai cortili che, tramite imponenti opere di terrazzamento e livellamento, si stendono ai piedi e sulle impervie pendici del Ceva.

Veduta aerea della tenuta del Catajo a Battaglia Terme, con il parco principale.

Veduta aerea della tenuta del Catajo a Battaglia Terme. Come si può notare, i rilievi sono disposti ad arco. Proprio per questo l’area prende il nome di Ferro di cavallo.

Foto di Paolo Lanza (part.).

Appartengono al complesso:
• il “parco daini”, realizzato già nel XVI secolo quale sorta di riserva di caccia, oggi riserva naturale (a nord dell’edificio);
• il “giardino di Beatrice”, piccolo giardino su terrazzamento, a ridosso del canale. Poco si conserva oggi della notevole opera di ristrutturazione realizzata nel XVII secolo, di cui rimane tuttavia testimonianza scritta (cfr. BETUSSI 1669, p. CXCIII) (a est dell’edificio);
• il “giardino della Duchessa”, realizzato nel XIX secolo sulle pendici del colle, a ridosso del Castel Nuovo (a ovest dell’edificio);
• il “giardino delle delizie” o parco principale (a sud dell’edificio). Per la peculiarità degli esemplari botanici in esso conservati nonché per la complessità dell’impianto architettonico che lo caratterizza, vengono dedicate a questo parco le seguenti pagine.

Ingresso alla via interna principale del castello del Catajo, Battaglia Terme. A sinistra, il parco principale.

Ingresso alla via interna principale del castello del Catajo. A sinistra, il parco principale.

SIG SG 510, CC0, via Wikimedia Commons, con modifiche.

Il Parco principale

Cenni Storici

L’impianto architettonico che oggi si presenta ai visitatori del parco non è dovuto, così come accade in genere nei giardini storici, all’opera di un architetto o di un giardiniere: è il risultato di numerosi interventi di risistemazione e ristrutturazione susseguitisi fin dalla prima realizzazione del parco e caratterizzati via via dagli influssi culturali dei diversi periodi storici in cui si svolsero, nonché dalla passione che gli Obizzi ebbero per le arti e le scienze.

Il "Giardino delle delizie", o parco principale, visto dal castello del Catajo.

Il “Giardino delle delizie”, o parco principale, visto dal castello del Catajo.

Marcok / it.wiki, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche.

Se di primo acchito il parco appare come un insieme botanico disomogeneo, esso conserva tuttavia traccia dei cambiamenti in esso avvenuti. Grazie alle non poche documentazioni scritte rimasteci, risulta ancor oggi possibile riconoscere i resti (ad es.: confini, viali, partiture, specie botaniche, elementi architettonici) degli impianti che lo hanno caratterizzato in passato e che le innovazioni più recenti non hanno cancellato, ma sfruttato a proprio vantaggio, come base per una nuova impostazione.
Proseguendo per ordine, la prima realizzazione del giardino risale alla seconda metà del XVI secolo, quando, su ordine di Pio Enea degli Obizzi, venne eretto il complesso (1570-1573). Fu al termine della fabbrica che il letterato Giuseppe Betussi, pubblicando la descrizione dei lavori eseguiti, lasciò una breve testimonianza sulla sistemazione del giardino in questione: “… mirate qui di verso la Battaglia dove batte il mezzogiorno… come vi fa dilettare nella vista di questo giardino che vi sta sotto gli occhi tutto di fruttiferi alberi ripieno, con l’acqua del fiumicello di Rialto che così si chiama questo rio, che gli fa riva e muralia dal lato della via comune e da quest’altro a rincontro con quella peschiera, che gli serve per un largo e profondo fosso. Eccovi poi tra il giardino e le mura del cortile questa lunga e spaziosa strada…” (BETUSSI 1573, p. VIII).
Seppure nuove specie arboree abbiano sostituito gli alberi da frutto, oggi come allora il parco ha per confini la riva del canale Rialto a est, un piccolo corso d’acqua derivante dal medesimo canale a sud e una peschiera, nella quale confluisce il corso d’acqua in questione, a ovest.

La peschiera che, a ovest, delimita il parco principale del castello del Catajo.

La peschiera che, a ovest, delimita il parco principale del castello del Catajo. In primo piano si possono scorgere, sullo specchio dell’acqua, le ninfee gialle.

Marcok / it.wiki, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche.

Non passò molto tempo che il giardino subì la prima ristrutturazione con la quale la coltura a frutto venne notevolmente ridotta, o forse limitata ai soli agrumi che decorano ancor oggi i viali del parco. Verso la metà del XVII secolo infatti Pio Enea II, nipote di Pio Enea I Obizzi, decise di apportare alcune modifiche sia agli interni che agli esterni del complesso. Tra le opere più notevoli vi fu la ristrutturazione del giardino a sud, descrittaci dal Conte Francesco Berni nel 1669. Berni scrive: “..dall’altra parte della strada, ove mi si offerisce à gli occhi un vasto spazio, in cui si dispone un giardino, che tuttavia si và perfezionando. Qui apparisce quasi ricamata la terra da quattro grand’arme di bosco, nelle quali verdeggiano le Chiavi di San Pietro, il Leon Veneto, le Palle Toscane e l’Aquila Estense; Imprese di que’ Principi, e Stati, sotto i quali possiede beni e feudi la Casa de’ Signori Obizi. Vi sono egualmente compartite due peschiere intorno limitate da muriciuoli; Sì ne gli angoli di queste, come in quelli dell’arme, s’inalzano cipressi; Detti muriciuoli, molti piedestalli, ed alcune balaustrate han sopra vasi di melaranci; Tutto deve circondarsi da pergolati, e mura con alzarvisi una torre di gelsomini, e vitalbe con sottocupola su le colonne de’ medesimi nel mezo all’orlo dell’interna parte di cadauna delle due peschiere. Fra queste scorre un sentiero trenta piedi largo, e longo centoventi, al termine di cui, tra due pilastri destinati al peso di due gran vasi, vedrassi una caduta d’acque larga dodici piedi à simiglianza di velo. Fuori del recinto del giardino verso il monte già van crescendo un bosco d’olmi, ed un laberinto di bossi; oltre a’ quali nel diritto alle stalle si è cavata un’altra gran peschiera, che per sotterranei riceve l’acque dalla Brenta.” (BETUSSI 1669, p. CLXXXII).

Cipresso comune (Cupressus sempervirens), illustrazione.

Cipresso comune (Cupressus sempervirens)
Melarancio o arancio dolce (Citrus sinensis), illustrazione.

Melarancio o arancio dolce (Citrus sinensis)
Gelsomino comune (Jasminum officinale), illustrazione.

Gelsomino comune (Jasminum officinale)
Vitalba (Clematis vitalba), illustrazione.

Vitalba (Clematis vitalba)
Olmo bianco (Ulmus laevis).Olmo bianco (Ulmus laevis) Bosso comune (Buxus sempervirens), illustrazione.

Bosso comune (Buxus sempervirens)

Attribuzioni. Pierre-Joseph Redouté, Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | Descourtilz, J. Theodore.; Descourtilz, M. E.; Pichard., Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | Bois, D.; Frederick Warne (Firm); Herincq, B.; Step, Edward; Watson, William, Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | Winkler, Eduard., Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | Christian Fischer, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche. | image:Illustration Buxus sempervirens0.jpg, Public domain, via Wikimedia Commons, con modifiche.

Nonostante i cambiamenti successivi, non tutto ciò che compare nella descrizione del Berni è andato perduto. Dell’impianto seicentesco, oltre ai numerosi vasi di agrumi che decorano i viali principali, rimangono ancora riconoscibili lungo il viale maggiore i perimetri dei quattro riquadri, sorta di “parterre de broderie” (superfici ricamate), dove erano ubicate le insegne, così come ci appaiono in una stampa allegata al volume del 1669 raffigurante, assieme al castello, un breve scorcio del parco in questione.

Assieme al castello del Catajo, in questa stampa è raffigurato un breve scorcio del parco principale.

Stampa da incisione di A. Bosio tratta da Benussi G., Ragionamento sopra il Chatajo…, Ferrara 1669.

Riconoscibili sono inoltre le due peschiere minori, oggi interrate, e la peschiera grande, “nel diritto alle stalle”. Più difficile rimane stabilire l’esatta ubicazione del bosco d’olmi e del labirinto in bosso, ma è presumibile che essi si trovassero in quell’area compresa tra il viale principale e la peschiera grande dove ancor oggi rimangono macchie di antiche siepi di bosso, nonché le ceppaie degli olmi abbattuti alcuni anni or sono, in seguito alla grafiosi (una malattia che sta colpendo gli olmi di tutta Italia).
Nel XVIII secolo nuove ristrutturazioni furono dovute principalmente alla grande passione che Tommaso Obizzi (ultimo erede del ramo padovano della famiglia Obizzi e degno figlio della sua epoca) ebbe per il collezionismo.
Il parco venne disseminato di statue ed elementi architettonici, tra i quali forse alcuni reperti archeologici che non avevano trovato posto nel Museo interno; assieme ai nuovi oggetti vennero inserite anche nuove specie botaniche di recente importazione. Nel testamento redatto alla morte di Tommaso, oltre alle suppellettili e agli oggetti conservati nel castello, vennero elencati i pezzi conservati nel giardino, accompagnati di volta in volta da una breve descrizione dell’area di ubicazione. Si legge di un “primo giardino Bottanico”, di un “secondo giardino” di un “Boschetto de’ sempreverdi”, di un “Bosco a Selva”, di un “viale delle Tuglie”, di un “Allies maggiore” e “nel fondo” di una “Montagnolla con sepolcro”, di un “Bosco dei Gelsi”, di un “Labirinto”, di una “peschiera” tutti decorati da statue, colonne ed altri elementi in pietra e marmo (Inventario Obizzi 1803, ff. 127-129).
Ancor oggi riconoscibile, l’Allies maggiore è il viale principale che, in asse con l’ingresso del castello, inizia ai piedi della gradinata di accesso al parco e termina nella piccola piazzetta circolare in fondo al parco, alla quale fanno da sfondo il cenotafio a Barbara Querini, moglie di Tommaso Obizzi morta prematuramente nel 1796, e una collinetta (sepolcro e Montagnolla).

Il cenotafio di Barbara Querini, che si trova nel parco del Catajo.

Il cenotafio di Barbara Querini, che si trova nella parte conclusiva del parco del Catajo.

Marcok / it.wiki, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons, con modifiche.

I giardini botanici dovevano invece essere ubicati nel luogo in cui sorgevano in precedenza, ai lati del vialone, ove ancor oggi si notano due secolari esemplari di magnolia, presumibilmente gli stessi citati in una lettera scritta dal Conte Farsetti di S. Maria di Sala all’amico Tommaso Obizzi sull’invio di alcune piante (TOMMASO OBIZZI, Ms. autografi, 529, lettera del 15 dicembre 1792). Più ardua è attualmente l’identificazione delle altre zone citate, tuttavia si possono formulare alcune ipotesi, sulla base di alcuni punti di riferimento forniti dall’inventario. Nel documento si fa menzione di una “statua di marmo di Rovigno alta piedi 6 c.a rap.te Ercole sopra piedestallo di detto marmo alto piedi 3” ubicata nel viale delle Tuglie. Si tratta con molta probabilità della statua di Ercole ancor oggi presente nel parco e collocata ad una delle estremità del cosiddetto “viale dei tassi”. Se si suppone, data la sua imponenza, che tale statua sia ancora situata nella posizione originaria o nei suoi pressi, se ne deve dedurre che il “viale delle Tuglie” si trovasse nella parte sud/ovest o ovest del parco, proprio in corrispondenza del viale dei tassi o forse meglio in corrispondenza di quel viale che costeggia a ovest la peschiera e che è ancor oggi delimitato da antiche tuie. Mancando altri elementi di riferimento, più difficile risulta stabilire i confini e l’’esatta ubicazione degli altri boschetti e del labirinto. Tuttavia, fermo restando che l’area da essi interessata doveva estendersi nella zona ancor oggi tenuta a bosco, uno studio adeguato delle essenze arboree superstiti e delle tracce di quelle estinte, accompagnato da un recupero degli originari percorsi, oggi solo in parte individuabili, potrebbe portare ad una buona ricostruzione dell’impianto antico.
Gli ultimi restauri vennero commissionati dai Duchi di Modena nel secolo scorso [XIX sec., N.d.R.], quando ormai, “romantici viali” andarono ad intrecciarsi gli uni con gli altri. A queste ultime opere di restauro sono attribuiti un piccolo edificio in stile svizzero (sostituito oggi da una costruzione recente, ma testimoniato da documentazione fotografica: cfr, “Treccani” 1949, IX. p. 402), una vasca per il nuoto (ancor oggi visibile presso la peschiera) e due fontane “rocaille” (ai lati del vialone) tutti elementi, questi, dovuti a quell’eclettismo e a quell’idea di parco come specchio della natura e del mondo diffusisi nel corso del XIX secolo nell’arte dei giardini. D’altra parte, invece, alla fine del Settecento elementi quali il cenotafio, la collinetta, i boschetti non rispecchiavano altro che la nuova influenza dello stile inglese di un giardino dominato dalla natura e cosparso di oggetti con funzione simbolica o evocativa, in contrapposizione al giardino formale dei secoli precedenti in cui il visitatore poteva osservare, tramite la disposizione rigorosa e geometrica degli elementi, il dominio dell’uomo sulla natura.

Francesco V, Duca di Modena e Reggio, nei pressi del castello del Catajo, proprietà della Casa d'Austria-Este.

Francesco V, Duca di Modena e Reggio (1819-1875). Sullo sfondo, il castello del Catajo, proprietà della Casa d’Austria-Este.

Scan by NYPL, Public domain, attraverso Wikimedia Commons, con modifiche.