Don Domenico Leonati e altri concittadini

Biografia di don Domenico Leonati, fondatore delle Suore di San Francesco di Sales (Salesie), nato a Battaglia nel 1703; il testo riporta anche brevi profili di altri illustri concittadini.

FRUTTI DI BUONA TERRA


1 – Don Domenico dott. Leonati (1703-1793).
2 – Schiavetti Mons. Angelo (1693-1783)
3 – Guerra Luigi (1712-1795)
4 – Leonati don Carlo (1700-1761)
5 – Leonati dott. Giovanni Antonio (1725-1800)
6 – Don Bartolomeo dott. Leonati (1727-1793)

1 – Don Domenico dott. Leonati (1703-1793). [L’ ho tenuto per ultimo perché] è l’autentica gemma della famiglia Leonati e forse il figlio più illustre di Battaglia.

Il busto di don Domenico Leonati realizzato da Carlo Balliana, Battaglia Terme.

Il busto di don Domenico Leonati che si trova nell’omonima piazza, a Battaglia Terme. L’opera dello scultore trevigiano Carlo Balliana (in arte Balljana) è stata collocata nel 1990.

Foto ed elaborazione: Carmelo Donà.

Veramente tutta la famiglia Leonati aveva dato lustro alla Chiesa e al paese di Battaglia: alla Chiesa non solo per i molti sacerdoti, ma anche per i laici che furono massari di confraternite ed ebbero a cuore il decoro della casa di Dio, come s’è visto; al paese per la particolare attività svolta: quella delle cure termali.
La Casa patriarcale della famiglia Leonati è tuttora in piedi e si trova a sinistra della Chiesa di S.Giacomo, all’angolo tra Via Androna e Via Maggiore al numero 36. L’ultimo Leonati a morire in quella casa fu Santo, figlio di Francesco, nato nel 1734 e morto a 78 anni il 2 gennaio 1812. Fu sepolto nel cimitero della Chiesa e quindi non nel cimitero comunale che sarà costruito di lì a qualche anno, ma neppure nella tomba di famiglia in Chiesa perché ciò non era più consentito dopo il famoso editto napoleonico di Saint Cloud del 1804. Già nel 1816, quando il parroco di allora descrisse l’anagrafe parrocchiale di Battaglia, la casa Leonati era occupata dalla famiglia Cavazzana Giuseppe detto Brun; una discendente di tale famiglia la abita anche attualmente.

La casa natale di don Domenico Leonati si trova tra la Via Maggiore (Strada Statale 16) e il Vicolo della Chiesa (già Via Androna), a fianco della vecchia parrocchiale. Nelle due foto, la casa natale vista: 1 dal Ponte dei Scaini; 2 da Via Maggiore.

Foto: Carmelo Donà

Nei registri canonici di Battaglia quando si parla dei Leonati non si nomina mai una sola casa, ma si parla sempre di Case. Queste “case, dette anche hostarie, erano vere e proprie locande-albergo dove la gente che veniva da Asiago, Salò del Garda, Concadirame, Cona, ecc., soggiornava per cura. La cura praticata dal nonno, dal padre e dai fratelli di don Domenico era quella delle acque termali di Battaglia ed il medicamento praticato era quello dei fanghi. A Battaglia anche i Tonini, padre e fratelli della madre di don Domenico, erano osti, cioè locandieri-albergatori, e così pure i Borgo e i Pipinato. Queste case-locande non erano sulla strada, come la residenza della famiglia, ma sul colle di S.Elena. Facevano parte degli edifici privati caldi di cui parla il Cittadella e si trovavano vicino all’antico ospedale voluto da Speronella Dalesmanini.
Nell’abitazione dei Leonati in contrada Androna, il 12 febbraio 1703 nacque Domenico Leonati ed il 15 seguente fu battezzato dal parroco don Gentili. Era figlio di Domenico e di Antonia Tonini.

Atto di nascita e battesimo di don Domenico Leonati. Parrocchia di Battaglia Terme.

L’atto di nascita e di battesimo di don Domenico Leonati (Archivio parrocchiale di Battaglia – Battesimi, vol. III). Questo il testo:
Adì 15. Febraio 1703. Giovedì
Domenico figlio del sig.r Domenico Leonato et della sig.ra Antonia sua legittima consorte è stato battezzato dà me D. An.o Gentili Paroco della sudd.a Chiesa. Comadre al catechismo la sig.a Bernarda Moglie del sig. Steffano Schiavetti Compadre al sacro fonte il sig. Michiel Saltarello figlio del q: (quondam) Giacomo da Vastagna hora habitante alla Battaglia: nacque lì 12 in giorno di lunedì a hore 23 in circa.

Foto e ricerca d’archivio: Luciano Donato.

I genitori di Domenico si erano sposati a Battaglia il 30 aprile 1684. Hanno avuto 13 figli; don Carlo era il nono, don Domenico il decimo. Il 13° nacque tre mesi dopo la morte del padre, avvenuta il 13 aprile 1710 ad appena 44 anni e mezzo di età; per questo fu chiamato egli pure Domenico che chiameremo junior. Era il beniamino della famiglia; fu educato e tenuto sempre vicino dall’omonimo fratello maggiore; anch’egli fu sacerdote e morì nelle braccia di don Domenico senior, che lo assistette fino all’ultimo respiro, il 20 gennaio 1769.
Il nostro don Domenico fu educato ed istruito nel catechismo e nei primi elementi della grammatica e dell’aritmetica dal suo parroco don Antonio Gentili. Il parroco vide il fanciullo sveglio, intelligentissimo e soprattutto buono e non gli fu difficile scoprire in lui la stoffa buona per diventare un ottimo sacerdote. Date le condizioni economiche della famiglia dopo la morte del padre, il buon parroco ottenne dal patriarca di Venezia un posto gratuito presso il Seminario Patriarcale a S.Cipriano di Murano. Dopo una solida formazione spirituale e culturale umanistica, nel 1720, sempre per intercessione del patriarca card. Pietro Barbarigo, passò a Padova nel Collegio Universitario Ecclesiastico Tornacense in via Vignali, ora Galilei. Lì Domenico si preparò alla laurea in entrambe le leggi, che conseguì brillantamente l’8 agosto 1722 a poco pìù di 19 anni. Al Tornacense rimase ancora per circa 4 anni; ed in questo tempo ebbe un’accuratissima preparazione al sacerdozio che conseguì nel 1726. Per altri 4 anni Don Domenico rimase a Padova dove, probabilmente in borgo S.Croce, s’era trasferito da Battaglia il fratello Giovanni Maria. Intraprese un’attività originale, nuova in favore degli studenti universitari: il Collegio Convitto. Durante la sua permanenza al Tornacense egli aveva avvertito con tutta chiarezza i gravi pericoli di dissipazione e di corruzione morale che incombevano sui giovani costretti a lasciare la famiglia per attendere agli studi. Alla salvezza di questa gioventù studiosa pericolante fu rivolta la prima attenzione sacerdotale di don Domenico. C’erano allora a Padova ben 23 collegi Universitari; ma se pensiamo che il Tornacense poteva contenere al massimo 12 studenti in tutto, essi potevano accogliere poco più di 300 giovani privilegiati che erano in grado di sostenere le spese del Collegio; ma gli alunni dell’Università raggiungevano qualche migliaio. C’erano anche delle pensioni per studenti a Padova; ad esempio in piazza Castello una certa Elisabetta Ceroni provvedeva al vitto e all’alloggio d’una ventina di studenti, ma oltre il tetto e il pasto questa pensione non poteva offrire la benché minima assistenza allo studio. La novità originale del Collegio-Convitto di don Leonati era quella di unire insieme le due cose: la convivenza fraternamente vigilata e l’assistenza accurata da parte di un teologo come il fratello don Carlo e di un legista come Don Domenico.
Primo ad entrare nel nuovo istituto fu il fratello minore, Domenico junior, allora appena sedicenne.
Nel 1730 il fratello don Carlo passò a Montagnana e si portò dietro don Domenico come cappellano e Domenico junior. A Montagnana incomincia dunque il ministero pastorale di don Leonati. In quella cittadina-fortezza don Domenico, oltre che dimostrarsi un ottimo Cooperatore parrocchiale, rifece l’esperienza del Collegio-Convitto non più però per universitari, ma per studenti delle scuole superiori. Nel 1732 il Vescovo di Padova Giovanni Minotto Ottobuoni, venendo in visita pastorale a Montagnana, ebbe modo di scoprire in Don Domenico un’autentica perla sacerdotale. Nel settembre del 1734 lo mandò a Battaglia come Vicario Adiutore del suo parroco don Gentili ormai vecchio e infermo. A Battaglia, dove rimase per tre anni, Don Domenico assistette amorosamente il parroco, resse come viceparroco la comunità parrocchiale e risollevò con i suoi risparmi e con il suo equilibrio le condizioni finanziarie della famiglia. Ai primi del 1737 il vescovo invitò don Domenico a concorrere per la parrocchia di S.Margherita d’Adige; don Domenico vinse il concorso e ottenne l’investitura. Nel frattempo si era resa vacante la parrocchia di Pontedibrenta per la morte del parroco, ed il vescovo pregò don Domenico di lasciar perdere S.Margherita d’Adige ed accettare invece l’incarico di parroco di Pontedibrenta. Don Domenico  come sempre, obbedì ed il 3 marzo 1737 fece il suo ingresso in questa nuova parrocchia dove rimase per 14 anni e sette mesi. A Pontedibrenta, facendo buon uso della sua grande esperienza culturale e spirituale finora acquisita, profuse tutte le sue doti e le sue forze. Ingrandì e ristrutturò radicalmente la chiesa parrocchiale con gusto e finezza di artista, tenendo presente la chiesa di S.Giacomo di Battaglia, chiamando ad abbellirla i più grandi artisti del momento. Autentici capolavori: il tabernacolo policromo, opera di ben quattro scultori, e l’altare del S.Cuore mirabilmente scolpito dal più grande dei Bonazza, Antonio, nel 1750.

L'altare Maggiore della Chiesa di San Marco a Ponte di Brenta.

L’altare Maggiore della Chiesa di San Marco a Ponte di Brenta, località a est di Padova che dista circa otto chilometri dal centro. Fa ora parte del quartiere 3 della città.

La foto è tratta dal libro: Sac. Guido Beltrame, Don Domenico Leonati Fondatore delle Salesie, Padova, Erredici, 1987 (per gentile concessione delle Suore Salesie).

Ma l’opera più importante di don Domenico a Pontedibrenta fu quella della trasformazione religiosa e morale della parrocchia. Curò in modo particolare l’insegnamento del catechismo ai fanciulli e agli adulti, la predicazione ordinaria e straordinaria, la formazione spirituale in forma associativa nelle Confraternite religiose, che fece rifiorire, in forma individuale, con la confessione e la direzione spirituale.
In una parrocchia divisa, come Pontedibrenta, da tanti Oratori di nobili e da tante Chiese campestri, seppe convogliare l’attenzione del popolo verso la propria chiesa parrocchiale e ciò senza offendere minimamente nessuno, nemmeno i nobili. In che modo potè ottenere tutto questo? Per mezzo di iniziative intelligenti e originali come l’Ottavario dei morti, le Quarantore e specialmente con l’Adorazione perpetua diurna ch’egli aveva saputo organizzare in una parrocchia di campagna.

Immagine commemorativa del terzo centenario della nascita di don Domenico Leonati.

L’immagine commemorativa del terzo centenario della nascita di don Domenico Leonati.

Nel suburbio periferico di Padova non erano più gli studenti a creare preoccupanti problemi morali e nemmeno i giovani in generale perché molto presto essi erano messi al lavoro manuale. Erano invece le ragazze abbandonate a se stesse nell’ignoranza e nell’inerzia e quindi in pericolo di cadere vittime del vizio, a costituire un problema assai spinoso dalla cui soluzione dipendeva la salvezza della famiglia. Don Domenico Leonati pose un valido rimedio a questa situazione con il suo Conservatorio e le sue scuole gratuite. C’erano, anche al suo tempo, istituti di carità che pensavano alle donne: i brefotrofi per le orfanelle, la Cà di Dio per le abbandonate, la Confraternita di S.Maria della Carità per fornire la dote ad alcune ragazze povere da marito, le casette per vedove a S.Matteo, le Illuminate o le Maddalene per le meretrici pentite, S.Maria del Soccorso per le ragazze cadute e cacciate di casa ed altri simili; ma un istituto di carità per prevenire il male, la caduta, il disonore non c’era. E lui un’opera del genere l’ha concepita e realizzata. Don Domenico Leonati ideò ed attuò il metodo preventivo nell’educazione giovanile circa un secolo prima che San Giovanni Bosco, indicato come scopritore di questa metodo nascesse. A differenza dei precedenti istituti femminili che miravano prevalentemente a riparare i danni, il Conservatorio di don Leonati pensava a rimuovere le cause che potevano condurre alla perdizione. L’idea gli era venuta subito, un anno appena dopo il suo ingresso a Ponte di Brenta, ma potè attuarla solo due anni dopo, nel 1740, quando la Provvidenza gli fornì la Casa Stradiotto, prima in uso, e nel 1745, in morte della proprietaria, in possesso.

Casa Stradiotto, ora Casa don Domenico Leonati, a Ponte di Brenta.

Ponte di Brenta: Casa Stradiotto, ora Casa don Domenico Leonati.

La foto è tratta dal libro: Sac. Guido Beltrame, Don Domenico Leonati Fondatore delle Salesie, Padova, Erredici, 1987 (per gentile concessione delle Suore Salesie).

Intanto egli aveva pensato alla formazione di quelle che dovevano essere le maestre. Prime ad entrare nella casa furono cinque giovani mature di Ponte di Brenta di provata virtù, adeguatamente preparate alla materna missione alla quale erano destinate. All’inizio portavano il loro vestito ordinario; erano semplici vergini secolari senza costituzioni particolari. La loro regola (come voleva S.Filippo Neri per i suoi oratori) era scolpita nel loro cuore e vissuta nella pratica secondo le paterne norme impartite dal Fondatore. Vivevano lo spirito dei consigli evengelici senza pubblica emissione di voti. In quest’opera don Domenico mise quanto di suo possedeva, senza pesare sulla parrocchia, e fu aiutato dal fratello Francesco e specialmente dalla mamma Antonia che non dubitò di erogare la propria dote per aiutare il figlio sacerdote in questa pia opera. Poi vennero alcuni parrocchiani facoltosi ed altri benefattori da Padova e specialmente da Venezia. Il primo ad apprezzare la nuova istituzione fu ancora Giovanni Minotto Ottobuoni in occasione della Visita Pastorale a Pontedibrenta il 14 marzo 1741. Il vescovo Ottobuoni morirà l’anno seguente, ma il suo successore card. Carlo Rezzonico, da vescovo e successivamente da papa, sarà il più grande estimatore, amico e benefattore di don Domenico Leonati. Fu specialmente in occasione della consacrazione della nuova chiesa di Pontedibrenta, il 12 novembre 1747, che il card. Rezzonico constatò di persona la meravigliosa trasformazione operata dal Leonati nella parrocchia e soprattutto i benèfici effetti del Conservatorio. Da allora pensò di far propria l’istituzione del santo parroco trasferendola a Padova per il bene di tutta la Città e don Domenico prontamente, umilmente, gioiosamente, come sempre, obbedì anche se il trasferimento a Padova potè avvenire soltanto nel 1751 quando fu pronta la nuova sede in Vanzo.

Chiesetta del Conservatorio di Vanzo, antico sobborgo di Padova.

Chiesetta del Conservatorio di Vanzo, che si trova all’esterno della prima cinta muraria di Padova.

La foto è tratta dal libro: Sac. Guido Beltrame, Don Domenico Leonati Fondatore delle Salesie, Padova, Erredici, 1987 (per gentile concessione delle Suore Salesie).