LE VIE NAVIGABILI E LA DOMINAZIONE VENEZIANA
Il perfezionamento e l’ampliamento delle vie navigabili costituiva indubbiamente la più necessaria ed efficace tra le opere pubbliche, soprattutto in realtà ambientali, come per l’appunto quelle della padania, caratterizzata ancora da una situazione idraulica alquanto precaria. Nel tratto di pianura compresa tra Padova e Monselice, a oriente dei colli Euganei, doveva essere facile imbattersi in vaste estensioni di paludi e ristagni d’ acqua, intercalati da fitte selve.
La peculiare posizione geografica di Battaglia, sorta all’incrociarsi dell’omonimo canale con il Vigenzone, ha favorito l’espansione della navigazione fluviale e delle occupazioni ad esse connesse. Durante il lungo arco di tempo che va dal Medioevo fino alla prima metà di questo secolo, la fisionomia del paesaggio rivierasco ha subito molteplici trasformazioni, assecondando le oggettive esigenze di tale attività, fondamentale per l’economia di una zona dove i trasporti via terra erano resi poco agevoli dalle frequenti esondazioni.
Il motivo fondamentale che determinò nel XII secolo il lungo lavoro per l’escavo di un canale artificiale che collegasse Padova ai centri di Monselice ed Este, rispecchia la sorprendente vivacità economica che coinvolse in quell’epoca la più parte dei liberi comuni padovani. Il canale di Battaglia non fu unicamente utilizzato per la navigazione, sia militare che commerciale, tra i centri della Bassa pianura e Padova; fu considerato altresì conveniente itinerario per raggiungere le lagune meridionali e Chioggia, importantissima per le sue saline. Esaminando il progressivo consolidarsi e differenziarsi delle attività economiche in tutta la pianura veneta prima dell’annessione alla Serenissima, è facile constatare come fiumi e canali abbiano esercitato una costante attrazione per quanto riguarda le scelte insediative, dato che i siti rivieraschi sono favorevoli non solo per la navigazione, ma anche per l’approvvigionamento idrico, la pesca, la disponibilità di energia, l’organizzazione difensiva, gli usi agricoli. A partire dai primi anni del XVI secolo, superate le pericolose e drammatiche fasi della guerra contro gli alleati di Cambray (1516), la Dominante palesò un rinnovato e concreto interesse nei confronti dei suoi possedimenti al di là delle lagune 49.
Ecco quindi che la navigazione fluviale si rivela una delle attività fondamentali per la riformulazione di un diverso rapporto economico tra Venezia e la Terraferma, in grado di giovare non solo ai mercanti realtini ed ai proprietari terrieri appartenenti all’aristocrazia lagunare, ma anche alle città e alle ville del contado. L’istituzione di specifiche Magistrature preposte al controllo ed alla pianificazione degli interventi da eseguirsi in Terraferma, sono il chiara segno di una volontà di asservire dal punto di vista non solo politico-economico ma anche culturale un assetto ambientale “altro”, ben diverso cioè da quel mare su cui per secoli la Repubblica aveva fondato il suo benessere 50. Quindi, già dai primi documenti cartografici cinquecenteschi, raffiguranti l’entroterra veneziano, è possibile constatare come nella descrizione fisica dei territori soggetti a Venezia sia dedicata particolare attenzione al reticolo idrografico, il quale viene rilevato con sorprendente precisione, evidenziando inoltre la sua funzione di tramite tra la laguna e il fitto punteggiarsi di centri abitati, anch’essi altrettanto bene posti in evidenza dai redattori delle carte 51.
In questo clima di generalizzata rivalutazione della navigazione 52, il canale di Battaglia riveste un ruolo primario per i collegamenti tra la laguna e il Veneto centrale e da qui, per via terrestre, con la Lombardia 53. L’efficienza di questa via d’acqua era però costantemente compromessa sia da fattori fisici (interramento dell’alveo) che antropici (costruzione di roste e prese d’acqua) 54 a vantaggio degli opifici idraulici. Da questa situazione ne consegue tutta una serie di questioni, litigi, suppliche, istanze e perizie che, al di là delle specifiche ragioni che ne hanno determinato la stesura, costituiscono un’eloquente testimonianza degli interessi economici, fiscali e sociali che convergono su questa asta fluviale 55. Il problema più grave per la navigazione sul canale di Battaglia era comunque costituito dagli interramenti, per cui fu stabilito che regolari lavori di dragaggio dovevano essere eseguiti ogni 25 anni. Le scadenze furono rispettate per tutto il XVII secolo, ma in seguito, questo impegno per l’ordinaria e regolare manutenzione del canale non potè più essere sostenuto a causa della costante carenza di pubblici denari. Onde favorire il reperimento dei fondi fu istituita l’imposizione di un Campatico 56 e si perfezionò l’approntamento di palade lungo il canale per la riscossione di dazi e tributi 57.
Alcune delle vie d’acqua minori che defluivano dal versante orientale dei colli Euganei verso il canale di Battaglia erano utilizzate per il trasporto della pietra trachitica e di altro materiale lapideo estratto dalle colline. Per quanto riguarda il territorio di Battaglia, in una mappa settecentesca del Poleni 58 è raffigurato il canale di Lispida, il quale viene definito canaletto delle Pietre dalle cave collinari al canale che va a Bovolenta e da qui verso la laguna. Il disegno, ben corredato da esaurienti didascalie (fig. 5), offre altre interessanti informazioni circa questo particolare aspetto della navigazione fluviale: in esso appaiono infatti ben rappresentate delle banchine d’ approdo, dette porti, sia in prossimità della cava che al di là del ponte canale; sono indicati inoltre due diversi tipi di natanti a seconda della morfologia del canale utilizzato 59.
(fig. 5) Territorio a sud di Battaglia, 1725.
Il disegno mette in evidenza le difficoltà connesse al trasporto fluviale delle “Pietre di Lispida”. Il materiale, caricato ai piedi del monte, passava sotto la “botte” di Rivella e veniva scaricato dalle “burchielle” per essere trasbordato sui “burci” ormeggiati suI Vigenzone per il viaggio verso la laguna.
(A.S.V. – Secr. Arch. Poleni, reg. 5, c. 56)
I naviganti che solcavano le acque del canale di Battaglia erano per lo più associati alle Fraglie, o corporazioni, di Este e Monselice. Tali sodalizi assolvevano non solo la funzione della mutua assistenza, sia materiale che spirituale, sostenuta dalla partecipazione a cerimonie religiose, ma cercavano anche di favorire il buon andamento dell’attività, nel rispetto degli Statuti. Numerose carte d’archivio tramandano però, soprattutto a partire dalla seconda metà del XVII secolo, situazioni di disagio dovute alle gravezze imposte ai “barcaroli” delle Fraglie per finanziare una regolare escavazione del canale, oltre alle prestazioni d’opera gratuite che a turno dovevano assicurare ciascun fradeo nelle pubbliche galere 60.
Per concludere questa breve analisi della navigazione sul canale di Battaglia in epoca veneta bisogna menzionare anche i trasporti fluviali di nobili passeggeri, che utilizzavano la via d’acqua per gli spostamenti tra le loro proprietà e i centri urbani di Padova e Venezia. E infatti lungo il canale, anche se in misura minore rispetto alle riviere di Brenta e Sile, è possibile riscontrare la presenza di alcuni pregevoli ville nobiliari, con le facciate che fronteggiavano una banchina d’approdo sul canale. Significativa a tal riguardo è la ben nota incisione di villa Selvatico (tratta dall’opuscolo “Descrittione degli stabili del sig. cavalier Benedetto Selvatico alla Battaglia nel Padovano”, Venezia, 1657), ove l’approdo sul canale è collegato alla villa, posta sulla modesta altura del colle di S. Elena, da un sontuoso viale a cui fa seguito una scalinata, certamente anch’essa non scevra da evidenti intenti auto-celebrativi 61. Anche villa Molin-Kofler era dotata di un suo approdo come appare in un affresco all’interno della stessa villa 62.
IL DECLINO OTTOCENTESCO DELLA NAVIGAZIONE
Nei primi anni del secolo scorso la navigazione fluviale continuò ad avere ancora un certo rilievo in buona parte del territorio veneto, anche perché le condizioni della viabilità terrestre continuavano ad essere precarie, soprattutto durante la stagione invernale 63. Ma nonostante che l’uso delle vie d’acqua fosse un’importante alternativa ai trasporti su strada, la rete idrografica, non più sottoposta a regolari interventi di manutenzione, era in più punti inadeguata.
Dalla Descrizione dei fiumi navigabili della Provincia Padovana del Capitano del Genio Pietro Antonio Leter, la rete di vie navigabili che solcava il territorio di Battaglia appare immutata rispetto ai secoli precedenti; tale accurata descrizione si rivela assai interessante poiché di ogni tratto navigabile vengono evidenziate le “diverse affezioni di ognuno, colle lunghezze rispettive, determinando anche i Ponti e scoli della maggiore importanza” 64. Così, ad esempio, per quanto riguarda il canale di Cagnola si precisa che la sua navigabilità dipende “dalla sufficienza dell’acqua, che oltre all’ordinaria in esso canale, derivante dagli edifizij della Battaglia, ed altri […] si fa discendere coll’apertura dell’Arco di mezzo della Battaglia”. Per aumentare il flusso di traffici su questa via d’acqua il Leter rileva che con un “sostegno a porte si potrebbe aprire la comunicazione col suaccennato Canal Superiore” 65. Utilizzando imbarcazioni di modesta dimensione era possibile risalire il Biancolino fino a Pontemanco e la Fossina di Lispida 66.
Ciò che accomuna i trattatisti dell’epoca, nelle loro disquisizioni sui canali navigabili del territorio padovano, è la costatazione di una generalizzata inefficienza della rete fluviale, incapace non solo di sostenere una regolare pratica della navigazione, ma anche, talora, di consentire il deflusso delle acque provenienti dagli scoli campestri. Tali vie d’acqua sono infatti “ad uno stato ridotte da non poter ricevere gli scoli di più terreni che sono ad esse inclinati: disordine che va ad essere aggiunto alla navigazione in esse perduta e in tempo di piena e di magra, e stentata e precaria nello stadio intermedio” 67.
Dopo la fase di incertezza politica che caratterizza il periodo napoleonico, durante il quale furono soppresse le fraglie dei “barcaroli”, determinando in tal modo una sorta di anarchia legislativa nell’ambito di tale attività 68, nei primi decenni della dominazione Austriaca è possibile rilevare una certa ripresa dei trasporti fluviali, soprattutto sulle vie d’acqua di maggiore importanza 69. Però, a seguito della costruzione della linea ferroviaria Milano-Venezia (il tratto Padova-Venezia fu inaugurato il 2 dicembre 1842), la navigazione lungo la Riviera del Brenta inizia la sua inarrestabile decadenza.
La formidabile concorrenza della strada ferrata si fece sentire anche lungo il canale di Battaglia soprattutto dopo che furono realizzati i collegamenti ferroviari tra Padova e Bologna (1866) e tra Monselice e Montagnana (1885). Se tale vistoso potenziamento e miglioramento della viabilità terrestre modificò notevolmente l’organizzazione e l’ubicazione della portualità di Padova (definitiva decadenza degli antichi porti del Portello e di S. Giovanni delle Navi a vantaggio del bacino dei Carmini e del Bassanello), Battaglia mantenne invariate la sua antica fisionomia di scalo fluviale, la cui importanza era dovuta soprattutto ai collegamenti con la laguna e la rete idrografica del basso Polesine.
Significativa testimonianza della vivace attività che caratterizzava verso la metà del secolo lo scalo fluviale di Battaglia è la proposta di migliorare la strada d’accesso agli approdi posti in contrada Ortazzo, su istanza degli abitanti della contrada stessa; tale strada conduceva infatti non solo alla banchina d’ormeggio, ma metteva anche in comunicazione le case in riva al fiume con il centro del paese. La particolarità di quel tratto di via pubblica, come pure dello spazio antistante il tipico insediamento “a riviera” (fig. 6) era compromesso da un grande traffico di carri poiché “lungo la sinistra parte del Canale di Sotto, quasi fino alla confluenza di Rialto, si esercita in più punti il commercio di macigni, calce ed altri materiali da fabbrica; e ciò specialmente dopo che fu impedito quell’esercizio alla parte opposta ove si è ridotto il piazzale per uso di pescaria” 70. La scelta della sponda sinistra per il carico del materiale lapideo fu determinata dal fatto che poteva essere raggiunta con maggiore facilità dai carri provenienti dalle cave con il loro carico di pietre 71.
(fig. 6) Contrada Ortazzo (Battaglia), metà Ottocento.
Progetto di sistemazione della via di accesso agli approdi. L’intervento si rese necessario per l’intenso passaggio dei carri che trasportavano “macigni, calce ed altri materiali da fabbrica”.
(A.C.B.)
Dopo l’annessione del Veneto al Regno d’Italia fu dedicata molta attenzione alla progressiva decadenza della navigazione fluviale, causata soprattutto dall’espansione della ferrovia. Il fatto destava preoccupazioni perché una troppo repentina crisi della navigazione poteva compromettere quel complesso equilibrio tra uomo e fiume le cui vicende secolari avevano determinato una specifica organizzazione antropica lungo i corsi d’acqua della pianura veneta. Crisi della navigazione poteva significare infatti il declino economico delle attività ad essa collegate e anche di peculiari assetti territoriali, come ad esempio i borghi fluviali (di cui l’Ortazzo costituisce un probante esempio), o gli insediamenti industriali localizzati lungo i corsi d’acqua 72.
Verso la fine del secolo l’ingegnere Francesco Turola esaminò la possibilità di rivitalizzare la navigazione fluviale nel territorio padovano individuando nelle vie d’acqua Padova-Venezia e Padova-Este le direttrici principali da utilizzare per questo tipo di trasporti. Le suddette vie d’acqua scorrono pressoché parallele a due importanti linee ferroviarie e questa situazione, secondo il Turola, è assai favorevole; egli rilevava infatti che “i due mezzi di trasporto [sono] da ritenersi piuttosto di ajuto reciproco, anziché istrumenti di antagonismo pregiudizievole” 73.
Nella sua relazione, al di là dei dati tecnici relativi alle soluzioni da adottare per potenziare la navigazione sul canale di Battaglia 74, l’autore si sofferma sulla peculiare struttura del paesaggio padovano, caratterizzato da una fitta rete di corsi d’acqua e da fisionomie insediative prevalentemente sparse, il cui frequente ubicarsi in prossimità appunto di fiumi e canali bene si adegua alle proposte di potenziare la navigazione fluviale 75. Incentivando infatti un uso più efficiente delle imbarcazioni per i trasporti commerciali queste “potranno avere ragione di fermarsi dovunque, di fare, cioè, molteplici stazioni per caricare i prodotti del suolo […] opereranno così fra brevi distanze quei piccoli scambi tanto utili e tanto economici” 76. Questa attività quindi, anche se già avviata verso un inarrestabile declino, suscitava ancora gli entusiasmi di chi vedeva nell’assetto territoriale della pianura padovana la presenza di un sempre vivo legame tra attività umana e idrografia.
LE ULTIME FASI DEL TRASPORTO FLUVIALE
Gli ottimistici programmi del Turola non ebbero pratiche conseguenze nel favorire un ampliamento della rete di vie d’acqua da utilizzare per i trasporti fluviali; la navigazione quindi non fu praticata in fiumi e canali minori, ma continuò ad utilizzare come di consueto i più importanti segmenti dell’idrografia padano-veneta.
Dalla documentazione relativa ai primi anni di questo secolo, lo scalo fluviale di Battaglia appare ancora caratterizzato da un’intensa attività, favorita probabilmente dal sorgere dei primi insediamenti industriali tra Padova e Marghera e dall’intensificarsi delle colture su vasta scala di cereali e barbabietole con il conseguente potenziamento degli impianti per la macinazione (Società Veneta di Macinazione) e la produzione dello zucchero (Pontelongo). Oltre a ciò, nell’archivio comunale di Battaglia esistono numerose licenze di fluitazione concesse, da parte del Magistrato alle Acque, a ben cinque diverse ditte per la condotta di legnami dalle vallate prealpine verso la Bassa padovana e il Polesine; tale fluitazione si esercitava per una parte in tronchi sciolti e per la restante in zattere 77.
Il grande afflusso di barche nel canale di Sotto, per il carico del sasso trachitico, determinava gli stessi gravi inconvenienti agli abitanti della riviera dell’Ortazzo che già erano stati rilevati nelle relazioni di metà Ottocento. Infatti le cattive condizioni della strada che conduceva agli approdi posti sulla sponda sinistra del canale di Sotto costringevano “il passaggio continuo di carri pesanti carichi di sasso che vengono scaricati sugli approdi del Vigenzone [a portarsi] sul marciapiede con grave danno della pubblica incolumità” 78. Ma l’inconveniente più grave di questo grande movimento di materiali inerti era causato dal fatto che talvolta “dal deposito di trachite scivolano dentro il Vigenzone dei grossi sassi che impediscono la libera navigazione delle barche” 79.
Assai interessante è la coeva documentazione fotografica che raffigura lo scalo fluviale dell’Ortazzo: nella foto 1 la banchina, o meglio la sponda, appare infatti completamente occupata da un cospicuo cumulo di trachite in attesa di essere caricato. Le operazioni di carico venivano effettuate dagli scariolanti che con apposite carriole o con le barche, in un estenuante andirivieni su rudimentali passarelle poste tra la fiancata del burcio e l’argine, rovesciavano i pesanti sassi nelle stive a refusa.
(foto 1) Battaglia, primo Novecento.
La contrada Ortazzo, il canale di Sotto e il porto Mulino con alcune barche in attesa di carico.
(cartolina)
Nella foto 2, sempre dei primi anni del Novecento, si ha un’altra suggestiva immagine del traffico di natanti che affluiva a Battaglia per il carico della trachite (cumuli a destra) e delle farine macinate al grande mulino (sullo sfondo); in questa foto è visibile anche un batèlo attrezzato per la pesca con la balànsa. A questo proposito, il fitto intrecciarsi dell’idrografia della zona, consentiva anche l’attività di pesca, praticata non solo da barcari e contadini con evidenti scopi di integrare la sussistenza alimentare, ma anche da alcuni pescatori di professione che vendevano il loro pescato ai mercati della zona. La foto 3, oltre ad offrire un’altra significativa immagine del paesaggio fluviale di Battaglia (con la “riviera” dell’Ortazzo, il canale di Sotto, gli approdi del mulino, i depositi di trachite), mostra due pescatori con la rete e le ceste per il pesce.
(foto 2) Battaglia, primo Novecento.
Il canale di Sotto vivacizzato dalla presenza di numerose barche ormeggiate.
(cartolina)
(foto 3) Battaglia, primo Novecento.
La riviera dell’Ortazzo e il porto Mulino, visti da via Sega.
(cartolina)
A seguito della costruzione della conca, inaugurata da Benito Mussolini il 1 giugno 1923, Battaglia divenne uno dei più frequentati scali fluviali dell’entroterra veneto, posto all’incrocio di molteplici rotte di navigazione interna. Il fatto che la conca fosse stata realizzata per il passaggio di natanti da 300 tonnellate, stava ad indicare la volontà di adeguare questa attività alle esigenze suscitate dall’aumento del volume dei traffici connesso all’espansione di industria, agricoltura e dell’impegno nei lavori pubblici 80. I canali di Battaglia e Sottobattaglia però, consentivano a malapena la navigazione di natanti di 120 tonnellate e per questo motivo l’ingegnere del Genio Civile Giuseppe Tortarolo elaborò un progetto per adeguare tali vie d’acqua all’ampiezza della nuova conca.
Battaglia, anni Venti. La conca di navigazione nei primi anni di funzionamento.
(racc. D. Grossi)
Battaglia T., anni Cinquanta. Conca di navigazione. Alcune imbarcazioni stanno superando il dislivello tra il canale di sopra e quello di Sotto.
(cartolina)
L’aspetto più interessante della proposta era quello di utilizzare il canale di Battaglia esclusivamente per la navigazione, escludendo qualunque sua funzione di diversivo delle acque di piena del Bacchiglione 81. Un altro intervento previsto dal progetto era la costruzione di “un apposito sostegno a conca poco a valle di Pontelongo allo scopo di sostenere gli scarsi deflussi di magra, che attualmente recapitano al mare inutilizzati. In tal modo, mentre verrebbe assicurata la navigazione nei canali superiori, anche durante gli stati di forte magra, si potrebbe disporre di buona parte dei deflussi del fiume per la irrigazione” 82.
A conferma che questo periodo è stato caratterizzato da un rinnovato interesse per i trasporti fluviali va menzionata la proposta di istituire un nuovo “Comitato Promotore di Navigazione Veneto-Berico-Euganea”, rifondando un’analoga iniziativa realizzata ad Este nel 1909 e che aveva lo scopo di “sviluppare la navigazione fluviale lungo i numerosi corsi d’acqua che attraversavano la parte sud-orientale della provincia di Vicenza e la parte meridionale delle Province di Padova e Venezia, principali tra questi il Canale Bisatto inferiore (da Albettone in giù), il Canale di Este-Monselice-Battaglia e il Gorzon” 83. Dopo la parentesi bellica e in relazione a quanto stava accadendo a Battaglia (i lavori per la conca iniziarono nel 1919), il vecchio Comitato cerca infatti di ampliare la sua base di partecipanti invitando ad aderire non solo gli Enti pubblici, ma anche le ditte private 84. Il costituendo Comitato elabora una carta idrografica del territorio di sua competenza, indicando le vie navigabili esistenti, su cui intervenire per consentire il passaggio di imbarcazioni da 300 tonnellate; il tratto che più necessitava di una sistemazione era il Bisatto inferiore da Albettone fino a Este e Monselice (fig. 7). Due altri consistenti interventi auspicati dal Comitato erano l’escavo di un nuovo canale, che doveva consentire il collegamento tra Vicenza e il Bisatto e la riattivazione del canale Restara da Este a Pra d’Este, fino all’incontro del nuovo alveo dello scolo di Lozzo, adattando alla navigazione anche quest’ultimo fino alla sua confluenza nel Gorzone.
(fig. 7) Progetto per l’integrazione della navigazione fluviale nella pianura tra Vicenza e l’Adige.
(A.C.B. ˗ Cat. V, 1921)
Gli intenti del suddetto Comitato furono però convogliati in una più ampia struttura organizzativa, facente capo alla Camera di Commercio di Padova, che fu definita Comitato per la Navigazione Interna; quest’ultimo, assecondando la diffusa ideologia autarchica del periodo, doveva valorizzare la particolare ubicazione della provincia di Padova “posta nel mezzo della Regione Veneta e di una vasta e ricca pianura […]. Poche città infatti possono dire d’essere centro di importanti linee ferroviarie come Padova e pochissime provincie in Italia hanno il vantaggio di essere solcate in ogni senso da canali irradiantisi dalla Città capoluogo verso i grossi e piccoli centri” 85.
Trascorsa l’euforia prebellica, gli eventi tragici del secondo conflitto mondiale sconvolsero anche tutta l’organizzazione della navigazione fluviale veneta 86; la requisizione di gran parte dei natanti da parte delle truppe germaniche, per assecondare le loro esigenze, li espose ai frequenti attacchi dell’aviazione alleata. Nell’immediato dopoguerra, il tentativo di ricostruire una cooperativa di barcari non ebbe successo poiché già nel 1947 “sia per la riduzione della flotta a causa delle vicissitudini belliche, sia per l’impostazione politica che preferì potenziare il trasporto via terra e abbandonare quello fluviale, la società venne disciolta e si ritorno alla gestione individuale. Fu questo l’inizio dell’ultima fase del definitivo abbandono dell’attività da parte di quasi tutti i barcari 87.
I “BARCARI” E LA VITA DI BORDO
Il mestiere del “barcaro” costituiva dunque una delle attività più caratteristiche praticate nelle borgate fluviali dell’entroterra veneto, dove la presenza di vie d’acqua navigabili aveva determinato un cospicuo flusso di relazioni commerciali tra i centri della bassa pianura e il litorale. La fine della navigazione ha ovviamente coinciso con la definitiva scomparsa della figura professionale del barcaro e senza volermi dilungare in questa sede sui consueti rammarichi e impotenti rimpianti per l’incombente affievolirsi dei significati e dei valori connessi alle culture materiali del passato, cercherò di evidenziare alcuni degli aspetti che caratterizzavano la vita a bordo dei burci prima della fine dell’attività.
Come di consueto, quando si tratta di affrontare simili ricerche, mi sono affidato alle testimonianze orali, insostituibili e preziose fonti di informazione per ricostruire ambienti sociali secondari, al di fuori cioè degli interessi e degli eventi che di solito hanno l’onore di essere tramandati per iscritto 88. A questo riguardo, a Battaglia vivono ancora numerosi ex-barcari e tra essi ho potuto trovare facilmente informatori assai disponibili e oltremodo precisi nel descrivere gli aspetti e le fasi della loro attività di un tempo 89.
L’esistenza dei barcari trascorreva in gran parte sul ponte e tra le fiancate del loro natante, navigando da un porto all’altro della pianura padana, caricando e scaricando le merci più disparate, utilizzando diversi mezzi di propulsione che si adeguavano via via alle varie situazioni ambientali (fiumi, canali, lagune) e climatiche (bonaccia, giornate ventose).
La vita di bordo dei barcari di Battaglia, al di là delle impegnative fasi connesse al carico e scarico delle merci o alle manovre di navigazione, era fatta spesso di lunghi tempi morti, soprattutto per il superamento delle conche, o nell’attesa delle condizioni favorevoli per la discesa del canale Vigenzone (la ben nota butà). E infatti come si può osservare nella foto 4 il bacino soprastante la conca di Battaglia prima della butà era assai affollato di imbarcazioni, dove i barcari facevano la pulizia del ponte, ordinavano le cime di bordo e preparavano le catene da utilizzarsi nella discesa a seconda (cioè la navigazione che sfruttava la forza della corrente); esse venivano impiegate per la manovra del burcio in corrispondenza delle anse 90. Gli informatori concordano nel riferire che la navigazione sul Vigenzone, fin quasi a Bovolenta, era assai difficile, sia per la notevole velocità della corrente che per l’andamento tortuoso del canale e che il pericolo di collisioni tra natanti era sempre incombente, soprattutto quando si incrociavano imbarcazioni che risalivano la corrente trainate da cavalli 91.
(foto 4) Battaglia, anni Cinquanta.
Flottiglia di barche ormeggiate nel ‘mandracio superiore’, in attesa della “butà” che consenta la partenza per Venezia.
(foto S. Miotto)
La giornata a bordo iniziava con la sveglia che veniva data dal parón battendo in coperta o sulle fiancate; il mozzo, si trattava per lo più di un giovane apprendista, doveva spaccare la legna sul paramesàle 92 e accendere il fuoco sulla fogàra, che era una rudimentale struttura in lamiera di forma cilindrica posta sotto uno dei due boccaporti. Qui si preparava non solo il caffè d’orzo, che il mozzo si affrettava a portare al paron, ma si cucinava anche per gli altri pasti della giornata, che erano soprattutto a base di pesce, quasi sempre pescato durante la navigazione, mentre ogni sera si preparava la polenta. Dopo la prima colazione bisognava pulire il ponte e bagnarlo con l’acqua, quindi, se non si doveva navigare, era importante l’approntamento di tendalini parasole, oppure potevano essere adattate le vele per ottenere più ombra possibile (foto 5).
(foto 5) Battaglia, fine Ottocento.
Barca all’ormeggio con il caratteristico “tendalino”.
(cartolina)
Se era prevista una sosta prolungata, si provvedeva, dove necessario, al calafataggio e ad altre riparazioni dello scafo; era importante infatti la sostituzione della stoppa umida, attraverso la quale potevano altrimenti verificarsi infiltrazioni all’interno del burcio. Altre operazioni di manutenzione erano dedicate alle vele e ai tendalini; a questo proposito si faceva a gara tra i giovani di bordo per la migliore cucitura e riparazione delle vele: una volta issate, e quindi esposte al vento, si vedeva la cattiva o la buona riparazione 93.
Chioggia, anni Quaranta.
“Barcari” intenti alla riparazione delle vele.
(AA. VV, Canali e burci, 1980)
Grande cura era inoltre rivolta alla pulitura delle cime utilizzate per le manovre a vela: molto spesso infatti, durante la navigazione, si sporcavano di fango per cui era necessario lavarle in acqua e poi stenderle ad asciugare.
Un altro interessante aspetto della vita di bordo era l’attività di pesca che veniva praticata quasi quotidianamente sia dallo scafo del burcio che a bordo del batelo, piccola imbarcazione a remi costantemente legata a poppa del burcio anche durante la navigazione e utilizzata per le più disparate esigenze 94. Numerosi erano i tipi di attrezzi tenuti a bordo e si utilizzavano a seconda dell’ambiente in cui ci si trovava; tra essi vanno menzionati i tramàci (tramagli), i bertovei (piccole nasse da collocare lungo le sponde dei canali), la fòssina (fiocina, con la quale si pescava dal batelo), la trata (lunga lenza con circa un centinaio di ami che veniva calata dal batelo seguendo la corrente). Ovviamente è superfluo sottolineare che all’epoca della navigazione fluviale la qualità dell’acqua era buona e che quindi la pesca era quasi sempre fruttuosa, assicurando in tal modo alla sera cene a base di pesce 95.
La fine della navigazione commerciale, anch’essa determinata dal processo di trasformazione economico-produttiva avviatosi ormai da qualche decennio, non ha però del tutto cancellato il secolare legame tra la gente di Battaglia e i suoi canali. Al di là infatti delle numerose testimonianze orali a cui attingere, è lo stesso centro storico di Battaglia, con la sua peculiare organizzazione urbanistica, che palesa con grande evidenza il suo antico e proficuo legame con i trasporti fluviali.
A tal riguardo va menzionata l’importante iniziativa del Museo per la Navigazione Fluviale, la cui ricca raccolta di natanti e oggetti relativi a questo peculiare aspetto della cultura materiale, troverà fra non molto un’adeguata sede nei locali dell’ex Macello comunale.
La sua realizzazione contribuirà al definitivo recupero e conservazione degli elementi essenziali che costituiscono la cultura fluviale di tutto il Veneto, risolvendo il sempre più urgente “problema di raccogliere, restaurare, catalogare ed esporre tutto il materiale reperibile prima che sia troppo tardi” 96.
In altre parole, facendo riferimento al caso qui considerato, il paesaggio fluviale attorno a Battaglia, proprio perché non ancora compromesso nelle sue più peculiari fisionomie, costituisce una preziosa base territoriale in grado di soddisfare le necessità di nuovi modelli di comportamento. Il progressivo consolidarsi di questi ultimi va posto in relazione all’aumento del tempo libero e alla consapevolezza dell’importanza di valori non monetizzabili quali la qualità dell’ambiente, la riscoperta di una propria identità storica e culturale 97 (99), il godimento estetico del paesaggio 98. (100)
CONCLUSIONE
A conclusione di quanto è stato esposto in questo breve saggio, si può rilevare che l’odierno assetto del paesaggio fluviale nel territorio di Battaglia, se da un lato palesa ancora evidenti fisionomie di notevole pregio storico ambientale, che si sono sedimentate e via via modificate assecondando nei secoli specifiche dinamiche sociali ed economico-produttive, dall’altro si avverte una progressiva crisi di queste strutture, determinata in gran parte dalle stesse forze e condizionamenti strutturali che, da più decenni ormai e su tutta l’area veneta, stanno operando profonde trasformazioni territoriali. Anche nel nostro caso, quindi, si possono rilevare gli elementi che caratterizzano le complesse dinamiche scaturite dal rapporto tra condizioni “ereditate” (o date) e condizioni “prodotte”, connesse cioè alla realizzazione di infrastrutture in grado di sostenere il diffondersi ed il consolidarsi delle “opportunità locali e regionali dello sviluppo” 99.
Senza scendere in ulteriori approfondimenti può bastare, in questa sede, sollevare alcune questioni relative al sempre più urgente bisogno di riproporre delle forme di valorizzazione delle zone “periferiche” che, come nel caso del territorio di Battaglia, siano in grado di avvalersi del substrato storico-ambientale non solo come semplice supporto all’invadenza, molto spesso gravemente ottusa, delle nuove strutture produttive, ma come occasione per avviare un consapevole recupero funzionale di tale substrato a vantaggio anche delle molteplici esigenze sociali e culturali 100.
NOTE
49 F.C. LANE, Storia di Venezia, Torino, 1978, p. 288.
50 I. CACCIAVILLANI, Le leggi veneziane sul territorio 1471-1789. Boschi, fiumi, bonifiche e irrigazioni, Limena (Padova), 1984, p. 123/126.
51 ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA, Laguna, lidi, fiumi: cinque secoli di gestione delle acque, Catalogo della mostra 10 giugno-2 ottobre 1983, Venezia, 1983.
52 Si fa riferimento anche a quel fitto intrecciarsi di contatti e relazioni, di cui è scarsa la documentazione storica, che dovevano sussistere tra le numerose località stabilmente popolate, poste in riva ai fiumi o canali navigabili, e suscitate dalle modeste esigenze di un cabotaggio quotidiano, peculiari di un modo di vita in ambiente anfibio. A tal riguardo si vuole qui sottolineare la carenza di studi specifici sulla complessa evoluzione storica riguardante l’organizzazione delle comunità rivierasche del nostro paese.
53 “La strada per vantaggio del Comercio trà Venezia e la Lombardia, sarà più sicura e meno dispendiosa, quella da Padova sino à Este per aqua, indi con caretta sino à Milano, in confronto delle altre strade per Po’, per l’Adice e per il Gorzone”, Arch. Correr, Ms PD C. 2710, fasc. 1, colonna 100, Informazione di Pietro Gentilini Sindaco del territorio di Padova al Mag.to della Deputazione al Commercio del 21 luglio 1740.
54 “Roste: riparo o sostegno che si fa né fiumi per rivolgere il corso delle acque à molini o simili edifizii”, da G. BOERIO, Dizionario del dialetto veneziano, Venezia, 1856, p. 585.
55 È bene però precisare che contrasti simili sono rilevabili anche per quasi tutti gli altri fiumi e canali della pianura veneta e le fonti documentarie relative a ciò sono rinvenibili per lo più nel fondo Savi Esecutori Acque dell’Archivio di Stato di Venezia. Ma nel caso particolare del canale di Battaglia, esso, come appare da una mappa cinquecentesca, assume anche la funzione di collettore delle acque drenate dalle valli e paludi che si susseguono lungo i margini orientali dei colli Euganei. Vedi A.S.V. – S.E.A., dis. 130, rot. 37, denominato “Territorio Padovano: comprensorio a sud degli Euganei con canali ed abitati da Este a Battaglia”.
56 La gravezza del Campatico doveva essere corrisposta dai proprietari dei terreni di recente bonifica che si erano avvalsi, per il miglioramento fondiario dei loro beni, del canale di Battaglia come collettore principale delle acque drenate. Tali beni erano: “Retratto del Gorzon, il Territorio di Montagnana, il Retratto della Brancaglia, tutti li campi del Territorio d’Este, quelli del Retratto di Lozzo, quelli del Territorio di Monselice, quelli del Retratto di Monselice, quelli del Consorzio di Carrara, quelli del Territorio di Conselve”, A.S.V. – S.E.A., b. 541, fasc. 3, decreto e stampa del 15 luglio 1732, emanato da Nicolò Venier Capitano di Padova.
57 L’istituzione della palada era assai diffusa su tutti i corsi d’acqua navigabili della Terraferma ed erano costituite da “una fitta palificata posta trasversalmente alla corrente e interrotta in corrispondenza della maggiore profondità dell’alveo. Lo spazio libero veniva chiuso con una grossa catena.”, da C. GRANDIS, Uomini e barche. Navigazione e trasporto, in La Riviera Euganea…
58 A.S.V. – Poleni, reg. 5 (T. IV), denominato “Disegno relativo alla canalizzazione dal Monte Lispida al canale della Battaglia” del 2 gennaio 1727.
59 Si accenna infatti all’impiego di burchielle nel canaletto di Lispida, stretto e poco profondo, e di burci nel più ampio canale di Bovolenta. Vedi inoltre R. PERGOLIS, Il naviglio del canale della Battaglia, in La Riviera Euganea…
60 C. GRANDIS, Uomini…, op. cit.
61 “Dal Fiume Navigabile suddetto à questo Colle si và per un Stradone lungo 117 Pertiche Padovane, e dieci largo, molto commodo e maestoso, con passeggio di terra asciutta, portatavi dal purgo di Venezia, spalierato di Cipressi, con rivi larghi che lo dividono dalla campagna, e comincia dalle sponde del Fiume, sopra di cui è una Ripa con ben intesi gradini per agiatamente uscir di Barca, il tutto costruito e salicato di pietre vive, per tutto quel spazio che vien occupato dalla medesima, e anco sopra l’argine”, da Descrittione degli stabili del sig. cavalier Benedetto Salvatico alla Battaglia nel Padovano, Venezia, 1657, p. 4.
62 L’affresco è stato riprodotto in G. MAZZOTTI, Ville venete, Roma, 1973, p. 235.
63 “Le strade di questa provincia [di Padova], generalmente parlando si deve dire che sono nella peggiore condizione, si eccettui la postale di Vicenza, si eccettui il primo tratto di quella di Venezia sino a Stra… le altre sono così guastate e disastrose che nella stagione del verno non sono assolutamente praticabili, e praticar non si possono senza rischio”, da Piano e regolamento stradale per la provincia di Padova, Ms di anonimo del primo Ottocento, B.C.P., segnato B.P. 824, fasc. XXV.
64 P.A. LETER, Descrizione dei fiumi navigabili della Provincia Padovana, Ms B.C.P., segnato B.P. 824, fasc. XXIV.
65 Ibidem, prospetto canale Cagnola.
66 Detta anche “Canal dé Sassi appunto perché serve alla navigazione di piccole barche colle quali si trasportano i sassi delle Priare di Lispida”, ibidem.
67 P. COPPIN, Breve saggio intorno ai canali irrigatorij e navigabili, Padova, 1818, p. 25. Già un decennio prima l’Erizzo aveva osservato che il generalizzato dissesto idrologico dei fiumi veneti era dovuto al loro carattere di pensilità (G. ERIZZO, Memoria sui Veneti Fiumi, Milano, 1807.
68 Vennero tolti ai nobili i diritti di riscossione dei pedaggi, mentre i barcari ottemperavano con sempre minore puntualità i loro obblighi fiscali. Vedi C GRANDIS,… op. cit.
69 M.S. LINEA, La navigazione fluviale sul Po durante la dominazione austriaca, in “Studi Polesani”, X-XI, 1982, p. 41/44.
70 A.C.B., busta anno 1876, fasc. Approdi Strada Ortazzo, carta senza numero del 12 ottobre 1857.
71 È proprio a causa di questo continuo andirivieni di carri che “il danno reclamato dai stessi abitanti si fa sentire nel disaggio e pericolo di transito pella via che sono costretti frequentare di giorno e di notte onde recarsi dal centro del paese alle loro abitazioni, per quella strada unica è manomessa e sconvolta dai carri ed è ingombra quà e là di materiali”, ibidem. Nella relazione qui citata e riportata un’accurata descrizione della successione dei lavori, precisando inoltre le tecniche adottate.
72 A CANDIO, La navigazione del Brenta, Padova, 1868, p. 17.
73 F. TUROLA, La navigazione fluviale e la Provincia di Padova, Padova, 1889, p. 5.
74 F. TUROLA,… op. cit., pp. 34/37.
75 “Qui il territorio è ferace e tutto produttivo, è ricco di Città, Borghi e Villaggi, che sorgono nel maggior numero, lungo corsi d’acqua navigabili; le case coloniche sono qui nel sito stesso delle colture… onde riesce importante presso noi anche il movimento commerciale di scambio a piccola distanza” da F. TUROLA,… op. cit., p. 10.
76 F. TUROLA…, op. cit., p. 18.
77 A.C.B., busta anno 1913, carte sparse e modelli per le licenze di fluitazione.
78 A.C.B., busta anno 1914, copia di Deliberazione Consigliare del 29 maggio 1914.
79 Ibidem. Gli approdi lungo la sponda sinistra del canale erano dati in affitto dal Comune a varie ditte private per potervi depositare la trachite, ma per l’incuria degli affittuari si verificava spesso che in alveo “si sono formati dei rilevanti ingombri di sasso caduto e di detriti, i quali hanno ristretto la sezione liquida del canale in quel tratto in guisa tale che con acque ordinarie riesce difficile il transito lungo esso tratto di una barca carica ed impossibile l’incrocio di due barche”, ibidem, missiva del Corpo Reale del Genio Civile al sindaco di Battaglia del 24 dicembre 1912.
80 L’incremento del trasporto di materiale lapideo va posto infatti in relazione con i lavori di sistemazione delle arginature delle aste terminali dei fiumi padani.
81 Escludendo la funzione di scaricatore, secondo il Tortarolo non era più necessario il mantenimento delle robuste arginature longo il canale. Così, abbattendo la sponda sinistra, si sarebbe ottenuto un ampliamento del canale stesso. “Tale soluzione recherebbe inestimabile beneficio della viabiità, in quanto l’abbattimento dell’argine sinistro, che trovasi tra il canale e la strada Statale Padova-Rovigo, consentirebbe un notevole allargamento dell’ormai troppo angusta sede di quell’arteria congestionata di intenso traffico di autoveicoli: L’ing. Tortarolo nel suo progetto, compilato nel 1922, previde pertanto di riportare il canale di Battaglia alla sue originarie funzioni di canale navigabile ed industriale e non assegnò quindi al canale stesso quella portata di piena che era stata ritenuta compatibile con le sue attuali condizioni di difesa”, da L. MILANI, Le piene…, op. cit., p. 273/274.
82 Ibidem. p. 276.
83 A.C.B., busta anno 1921, cat. V, missiva e stampa del 24 maggio 1920. Nella stessa busta è conservata la carta idrografica di cui si fa riferimento nel testo. Ringrazio ancora una volta Giuseppe Bonafè che mi ha segnalato tale documentazione.
84 Il 6 gennaio 1920 in una riunione in cui si deliberò di costituire un Comitato per la Navigazione Veneto Berico Euganea “provvedendovi con le direttive seguenti: raccogliere immediatamente le adesioni degli Enti provinciali e comunali, delle Banche, Ditte industriali e commerciali e privati delle provincie di Vicenza, Padova e Venezia”, ibidem.
85 E. CIGANA, Sulla navigazione interna nel Padovano, “Comitato Padovano per la Navigazione Interna”, Padova, 1926, p. 18.
86 “Essendo inoltre stato semidistrutto, pure da azioni belliche, il sostegno Arco di Mezzo, si approfittò della messa in asciutto del canale per effettuare lo sgombero delle macerie in alveo e riattare parzialmente le opere murarie subacquee ed in elevazione”, da I. SANTIN, L’Arco di Mezzo, centro del sistema Idraulico, in La riviera Euganea, op. cit.
87 A. ROMANO, La navigazione interna nella pianura veneta, in AA.VV., Canali e burci, Battaglia T., 1980, p. 37.
88 F. VALLERANI, Uomini e fiumi in Padova, in “Quaderni del Sile”, Anno II, n. 1, 1981, p. 30/35.
89 Voglio qui ringraziare gli ex-barcari Riccardo Cappellozza e Geremia Rosada con i quali ho avuto numerosi e interessanti colloqui circa il loro passato a bordo dei burci. Entrambi di Battaglia, hanno navigato fino alla definitiva decadenza dell’attività.
90 Questa catene, come riferisce Cappellozza, fungevano da freno: esse venivano calate da poppa in base alle esigenze. Era assai faticoso issare le catene a bordo, poiché mancavano i verricelli; questo continuo trascinamento delle catene sul fondo del canale rallentava i fenomeni di interramento.
91 È a causa di questi problemi che le barche provenienti da altre zone utilizzavano un pilota locale per la navigazione discendente del Vigenzone. Questi sbarcava a Bovolenta o a Pontelongo e ritornava quindi a Battaglia in bicicletta.
92 “Paramezzale, trave centrale, sovrapposta alle [ordinate] del fondo, che va da poppa a prua e che serve a rinforzare la struttura longitudinale dell’imbarcazione. Era leggermente incastrato nelle [ordinate]”, da AA.VV. Canali e burci…, op. cit., p. 188.
93 Cappellozza riferisce che alcuni barcari si fabbricavano le vele: essi compravano nelle velerie gli sferzi già tagliati che poi univano; si trattava di un lavoro eseguito per lo più durante l’inverno.
94 “Era considerato la manforte del barcaro, cioè il mezzo indispensabile per le necessità della navigazione. A volte poteva navigare anche con l’ausilio di una piccola vela: la veleta da batelo. Talvolta serviva per rompere il ghiaccio davanti al burcio trainato dai cavalli.”, AA.VV., Canali… , op. cit., p. 163.
95 Geremia Rosada mi ha raccontato che suo padre sapeva pescare con il rezzaglio (detto anche giacchio), tipo di rete non peculiare dell’alto Adriatico, il cui impiego esigeva un occhio esperto nell’individuare il pesce e notevole destrezza nel lancio della stessa.
96 R. PERGOLIS, Proposte per un Museo della navigazione interna a Battaglia T erme alla luce di altre esperienze consimili, in Albaredo d’Adige: un museo da costruire, Albaredo, 1984, p. 63.
97 G. DEMATTEIS, Valorizzazione e trasformazioni territoriali. Problemi teoricometodologici con riferimento all’Italia centrosettentrionale, in U. LEONE (a cura di), Valorizzazione e sviluppo territoriale in Italia, Milano, 1988, p. 48.
98 L’odierno paesaggio di Battaglia ad esempio, come si è evidenziato nelle pagine precedenti, palesa ancora peculiari fisionomie attraverso le quali è facilmente leggibile I’antico passato marinaro; esse però devono essere sottoposte ad un intervento di tutela onde consentire tale lettura anche alle generazioni successive. La consapevolezza e la riappropriazione dei valori culturali costituisce dunque la base ideologica cui si deve fare riferimento per elaborare una programmazione del territorio capace di privilegiare “gli elementi più vicini alla condizione culturale delle comunità locali e alla loro capacita di produrre l’autonomia”. C. CALDO, Trasformazione dell’Italia metropolitana e cultura locale, in U. LEONE (a cura di), Valorizzazione…, op. cit., p. 113.
99 A.M. CIRESE, Oggetti, segni, musei, Torino, Einaudi, 1977.
100 Con quest’ultima affermazione si vuole sottolineare anche l’importanza di un diverso e più maturo approccio nei confronti del tempo libero e del turismo, da intendersi cioè come occasione di arricchimento personale e di conoscenza del territorio. Vedi E. BIANCHI, I beni culturali ambientali, in Turismo. Come e perché. Il territorio varesino., Milano, 1985, p. 101/196.
Testo e immagini tratti da: Francesco VALLERANI, I problemi idraulici e la navigazione in Battaglia Terme. Originalità e passato di un paese del Padovano, a cura di Pier Giovanni ZANETTI, Comune di Battaglia Terme, La Galiverna, 1989, pagine 143-166.