La zona di Battaglia al tempo degli antichi Veneti

Alcuni cittadini di Battaglia hanno avanzato in più occasioni la proposta di presentare, in breve, la storia del nostro paese per soddisfare la curiosità e le esigenze di chi ha poco tempo da dedicare alla lettura o rimane perplesso di fronte ad opere impegnative, storicamente ineccepibili, ma non sempre di facile approccio. Ed eccomi qui a riflettere su come impostare un lavoro sintetico, senza venir meno ai presupposti della semplicità e della chiarezza.

Dapprima gli Euganei, poi gli antichi Veneti

Partiremo da molto lontano, dal periodo in cui la zona di Battaglia assunse probabilmente importanza come luogo di passaggio e di collegamento tra i due centri paleoveneti di Padova e di Este e perché vicina a Montegrotto, dove era situato un importante santuario.
Torniamo dunque indietro nel tempo, a mille anni prima della nascita di Cristo, quando cioè si sviluppò la civiltà paleoveneta, ricca di testimonianze archeologiche. Ma chi erano i Paleoveneti e quale era la loro cultura materiale?
Omero, primo tra i Greci, chiamò questo popolo “Enetoi”, mentre i latini, traducendo il termine greco, li dissero “Veneti”.
Erano dunque gli “antichi Veneti“, così detti dagli studiosi moderni per distinguerli dai Veneti attuali.
Gli scrittori classici che parlano della loro origine ne affermano concordemente la provenienza dall’Asia Minore ed è di età romana la tradizione che collega il loro arrivo nella nostra regione ad Antenore, esule dopo la caduta della città di Troia in mano greca, nel 1300-1200 avanti Cristo.
Qui essi trovarono un popolo preesistente, ricordato con il nome di Euganei, lo vinsero e lo spinsero verso le Alpi, dando inizio ad una civiltà che si sviluppò lungo il primo millennio e che finì poi per integrarsi con quella romana.

Civiltà degli antichi Veneti. Il territorio di Battaglia si trova tra Patavium e Ateste.

Territorio in cui si è sviluppata la civiltà degli antichi Veneti. La zona di Battaglia si trova tra Patavium ed Ateste.

Di Topographic_map_of_Italy.jpg: F l a n k e rderivative work: Bostjan46 (Topographic_map_of_Italy.jpg) [Public domain], attraverso Wikimedia Commons, con modifiche.

Vita quotidiana e attività degli antichi Veneti

Gli abitanti della pianura vivevano in capanne di forma quadrangolare di 25 metri quadrati circa, con le pareti in argilla o in mattone, sostenute da un’intelaiatura di travi di legno; il tetto era coperto di foglie o di paglia, il pavimento era in terra battuta o in argilla cotta.
All’interno della capanna la parte più importante era il focolare, usato per cuocere i cibi e per riscaldarsi; si nutrivano di miglio, orzo, fave, lenticchie, di frutta e di bacche raccolte qua e là. Praticavano l’agricoltura e l’allevamento del bestiame (buoi, pecore, maiali, animali da cortile e cavalli), e dunque l’attività più importante di coloro che vivevano nei villaggi era probabilmente quella di coltivare i terreni vicini e di curare gli animali portandoli al pascolo.
Sappiamo come vestivano dai ritrovamenti fatti nei luoghi in cui sorgevano i loro cimiteri o necropoli e i loro santuari.
Nelle tombe infatti erano custoditi spilloni, anelli, bracciali, alte cinture decorate, che ornavano le vesti di uomini e donne, mentre nei luoghi di culto gli ex-voto, costituiti da statuette di bronzo, li rappresentavano con semplici tuniche e con i piedi calzati, talvolta, di ampi stivali.

Ceramisti, vasai e bronzisti

Gli antichi Veneti conoscevano l’arte della ceramica che ottenevano impastando l’argilla con l’acqua e poi modellandola in vasi che venivano essicati al sole e poi cotti a fuoco vivo affinché si indurissero e diventassero impermeabili.
Più tardi impararono ad usare il tornio che, girando su se stesso, faceva girare la massa di argilla e ciò rendeva più facile dare una forma regolare ai recipienti. Ma come risolvere il problema dei vasi che si rompevano a causa della temperatura irregolare del calore del fuoco? Ecco dunque che incominciarono a servirsi di forni appositi, come facciamo anche noi oggi, dove si potevano raggiungere gli 800°-900° e per più giorni.

vaso degli antichi Veneti con decorazioni geometriche

VASO VENETO. Ornato con stile geometrico, è risalente al VI-V sec. a.C.

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Ceramisti, vasai e bronzisti: sì, perché i Paleoveneti sapevano lavorare anche il bronzo con grande abilità e gli oggetti da loro fabbricati sono stati ritrovati ad Este, in tutta la valle padana e nelle terre del Danubio; il che significa che erano apprezzati da popolazioni che abitavano molto lontano dai loro centri e che con loro commerciavano. Spesso li decoravano con animali reali e fantastici, alberi e fiori e con scene di vita quotidiana, come testimonia la “situla Benvenuti“, ritrovata nei territori di Este, così chiamata dal nome del proprietario del terreno in cui venne rinvenuta. Si tratta di un vaso contenente le ossa di un defunto, scoperto in una ricca tomba, che si pensa risalga al seicento avanti Cristo.

Situla Benvenuti decorata con motivi a sbalzo, Museo Nazionale Atestino

SITULA BENVENUTI. Contenitore a secchiello decorato con motivi a sbalzo, Museo Nazionale Atestino.

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Pressappoco nello stesso periodo i nostri antenati iniziarono a lavorare il materiale ferroso che proveniva dalle miniere dell’isola d’Elba, dalla Toscana e da alcune località del Trentino-Alto Adige; con il ferro fabbricavano utensili di ogni genere che erano di aiuto nella coltivazione dei terreni, nell’allevamento degli animali e in tutte le attività quotidiane.

Le donne paleovenete

E le donne? Nelle società antiche tessere e filare era loro compito, fossero esse principesse o regine o appartenessero a classi sociali inferiori; così anche le paleovenete sapevano realizzare con i telai coperte, stuoie, indumenti di lana, di lino e di altre fibre naturali. Lo testimoniano i fusi, le conocchie, le fusarole, i pesi da telaio e i telai in miniatura che sono stati ritrovati nelle tombe femminili.
Questo perché si usava deporre nella tomba, oltre alle ossa o alle ceneri custodite in vasi ossuari o cinerari, anche gli ornamenti cari al defunto e gli oggetti specifici della sua attività lavorativa (spille, cinture, giocattoli, rasoi, spade, raspe, ami da pesca … ).

Este, il principale centro paleoveneto

A Este sono state trovate più di mille tombe, situate tutt’attorno all’antico centro abitato, con i loro inestimabili tesori in termini di documentazione e di testimonianza di un passato remoto.
Importanti le necropoli, importanti i santuari. Sorgevano all’aperto, probabilmente presso corsi d’acqua o piccoli laghi. Il più significativo era quello dedicato alla dea Reitia, frequentato fin dal sesto secolo avanti Cristo.
Si trovava nei pressi di Este, non lontano dall’Adige o da uno dei suoi rami e i Paleoveneti vi si recavano per pregare la divinità al fine di ottenere la guarigione da una qualche malattia e poi ringraziavano portando in dono dei bronzetti raffiguranti loro stessi o la riproduzione delle parti del corpo risanate.
Tutta questa interessantissima documentazione viene offerta a godimento del pubblico dal Museo Nazionale Atestino che contiene svariate collezioni di oggetti relativi alla storia degli antichi abitanti del territorio veneto. I musei, infatti, qualunque sia il loro carattere e la loro organizzazione, sono custodi di testimonianze preziose di ciò che siamo stati per non perderne la memoria.

L’antico santuario di San Pietro Montagnon

Ma torniamo a Battaglia. Il santuario importante di cui parlavo all’inizio era quello di San Pietro Montagnon (ora Montegrotto) dove sono stati rivenuti migliaia di ex-voto, deposti nei laghetti di acqua termale, quasi a riconoscerne le virtù curative. Vi si recavano gli abitanti dei posti vicini, provenienti dai centri di Este e di Padova che transitavano attraverso il territorio del nostro paese.
Purtroppo noi non disponiamo di reperti archeologici significativi, fatta eccezione per un vassoio in bronzo che presumibilmente serviva per i riti religiosi, databile al sesto secolo avanti Cristo, e quindi di età paleoveneta, acquistato nel 1903 dal Museo Archeologico di Padova.

Lucia Boaretto

Questo articolo è stato pubblicato nel numero di marzo 1996 de “La Finestra”, periodico della Pro Loco di Battaglia Terme, con il titolo “Battaglia: la nostra storia tra ipotesi e realtà”.

Le immagini e le relative didascalie sono a cura di BATTAGLIATERMESTORIA.